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PRESENTAZIONE
DIRITTI DA DIFENDERE
Anche se la globalizzazione economica è ormai una realtà, la “globalizzazione” dei diritti umani non lo è. I diritti umani di tutti i popoli non sono ancora sufficientemente tutelati. Nel 1984 l’Onu ha approvato la “Dichiarazione universale dei diritti umani”, che comprende trenta articoli, relativi ai diritti e ai doveri dei cittadini, che ogni Stato deve tutelare. Purtroppo però, molti di questi diritti vengono calpestati, come ad esempio in Tibet, in Myanmar, in Afghanistan, in India, in Egitto, in Iran, in Brasile e negli Stati Uniti.
Le condizioni di vita dei bambini poveri
I migranti
Le donne
I bambini
I più deboli
Chi non li segue
Tutti i diritti
La dichiarazione universale dei diritti dell'uomo
Che cosa sono i diritti umani?
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che cosa sono i diritti umani
Per diritti umani si intendono quei diritti riconosciuti all’uomo semplicemente in base alla sua appartenenza al genere umano.Compito degli stati è tutelare,favorire e promuovere questi diritti, che sono prerogative di ogni persona
La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani è un documento internazionale adottato dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite che sancisce i diritti e le libertà di tutti gli esseri umani. Redatta da un comitato delle Nazioni Unite presieduto da Eleanor Roosevelt, fu accettata dall'Assemblea Generale come Risoluzione 217 durante la sua terza sessione il 10 dicembre 1948 al Palais de Chaillot a Parigi, Francia. Dei 58 membri delle Nazioni Unite dell'epoca, 48 votarono a favore, nessuno contrario, otto si astennero e due non votarono.
Gli orrori della Seconda Guerra Mondiale, la morte di oltre 50 milioni di persone e lo sterminio del popolo ebraico resero necessaria la creazione di uno strumento in grado di salvaguardare i diritti fondamentali e la dignità di ciascun individuo senza distinzione.
DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL'UOMO
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La Dichiarazione è considerata un “documento fondamentale” per il suo “linguaggio universalista”, che non fa alcun riferimento a una particolare cultura, sistema politico o religione. Ha ispirato direttamente lo sviluppo del diritto internazionale dei diritti umani ed è stato il primo passo nella formulazione della Carta internazionale dei diritti umani , che è stato completato nel 1966 ed è entrato in vigore nel 1976. Sebbene non giuridicamente vincolante , il contenuto della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo è stato elaborato e incorporato nei successivi trattati internazionali , strumenti regionali sui diritti umani e costituzioni nazionali e codici legali
Un testo fondamentale nella storia dei diritti umani e civili, la Dichiarazione è composta da 30 articoli che descrivono in dettaglio i “diritti fondamentali e le libertà fondamentali” di un individuo e affermano il loro carattere universale come intrinseco, inalienabile e applicabile a tutti gli esseri umani
La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani è un documento internazionale adottato dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite che sancisce i diritti e le libertà di tutti gli esseri umani. Redatta da un comitato delle Nazioni Unite presieduto da Eleanor Roosevelt, fu accettata dall'Assemblea Generale come Risoluzione 217 durante la sua terza sessione il 10 dicembre 1948 al Palais de Chaillot a Parigi, Francia. Dei 58 membri delle Nazioni Unite dell'epoca, 48 votarono a favore, nessuno contrario, otto si astennero e due non votarono.
Gli orrori della Seconda Guerra Mondiale, la morte di oltre 50 milioni di persone e lo sterminio del popolo ebraico resero necessaria la creazione di uno strumento in grado di salvaguardare i diritti fondamentali e la dignità di ciascun individuo senza distinzione.
DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL'UOMO
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i 30 diritti umani
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i 30 diritti umani
Anche se la globalizzazione economica è ormai una realtà, la “globalizzazione” dei diritti umani non lo è. I diritti umani di tutti i popoli non sono ancora sufficientemente tutelati. Nel 1984 l’Onu ha approvato la “Dichiarazione universale dei diritti umani”, che comprende trenta articoli, relativi ai diritti e ai doveri dei cittadini, che ogni Stato deve tutelare. Purtroppo però, molti di questi diritti vengono calpestati, come ad esempio in Tibet, in Myanmar, in Afghanistan, in India, in Egitto, in Iran, in Brasile e negli Stati Uniti.
Anche se la globalizzazione economica è ormai una realtà, la “globalizzazione” dei diritti umani non lo è. I diritti umani di tutti i popoli non sono ancora sufficientemente tutelati. Nel 1984 l’Onu ha approvato la “Dichiarazione universale dei diritti umani”, che comprende trenta articoli, relativi ai diritti e ai doveri dei cittadini, che ogni Stato deve tutelare. Purtroppo però, molti di questi diritti vengono calpestati, come ad esempio in Tibet, in Myanmar, in Afghanistan, in India, in Egitto, in Iran, in Brasile e negli Stati Uniti.
Anche se la globalizzazione economica è ormai una realtà, la “globalizzazione” dei diritti umani non lo è. I diritti umani di tutti i popoli non sono ancora sufficientemente tutelati. Nel 1984 l’Onu ha approvato la “Dichiarazione universale dei diritti umani”, che comprende trenta articoli, relativi ai diritti e ai doveri dei cittadini, che ogni Stato deve tutelare. Purtroppo però, molti di questi diritti vengono calpestati, come ad esempio in Tibet, in Myanmar, in Afghanistan, in India, in Egitto, in Iran, in Brasile e negli Stati Uniti.
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i paesi che non seguono i diritti umani
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Essa è praticata anche nei Paesi più ricchi a scopo razzista o ai danni di detenuti e persone fermate dalle forze dell’ordine. Uno dei problemi più grandi è che proprio i Paesi industrializzati producono strumenti di tortura, come ad esempio apparecchi per la somministrazione delle scosse elettriche, che vengono prodotte in paesi come Belgio, Cina, Francia, Israele, Usa, Lussemburgo, Olanda, Regno Unito, e vengono utilizzate da Cina, Arabia Saudita, Cipro, Libano e Usa.
Più di novanta stati del mondo condannano i propri cittadini alla pena di morte, anche se la “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” proibisce le pene crudeli e sancisce il diritto alla vita. L’unico Paese in cui è stata abolita la pena di morte è il Sud Africa, grazie all’intervento dell’Onu. Ma ci sono ancora troppi Paesi che non l'hanno abolita, tra i quali il Guatemala, l’Iran, l’Ucraina, la Russia, gli Stati uniti e la Cuba; la tortura viene applicata in più di centoventi Paesi e colpisce migliaia di persone ogni anno.
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gli stati che non seguono i diritti umani
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Essa è praticata anche nei Paesi più ricchi a scopo razzista o ai danni di detenuti e persone fermate dalle forze dell’ordine. Uno dei problemi più grandi è che proprio i Paesi industrializzati producono strumenti di tortura, come ad esempio apparecchi per la somministrazione delle scosse elettriche, che vengono prodotte in paesi come Belgio, Cina, Francia, Israele, Usa, Lussemburgo, Olanda, Regno Unito, e vengono utilizzate da Cina, Arabia Saudita, Cipro, Libano e Usa.
Essa è praticata anche nei Paesi più ricchi a scopo razzista o ai danni di detenuti e persone fermate dalle forze dell’ordine. Uno dei problemi più grandi è che proprio i Paesi industrializzati producono strumenti di tortura, come ad esempio apparecchi per la somministrazione delle scosse elettriche, che vengono prodotte in paesi come Belgio, Cina, Francia, Israele, Usa, Lussemburgo, Olanda, Regno Unito, e vengono utilizzate da Cina, Arabia Saudita, Cipro, Libano e Usa.
Più di novanta stati del mondo condannano i propri cittadini alla pena di morte, anche se la “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” proibisce le pene crudeli e sancisce il diritto alla vita. L’unico Paese in cui è stata abolita la pena di morte è il Sud Africa, grazie all’intervento dell’Onu. Ma ci sono ancora troppi Paesi che non l'hanno abolita, tra i quali il Guatemala, l’Iran, l’Ucraina, la Russia, gli Stati uniti e la Cuba; la tortura viene applicata in più di centoventi Paesi e colpisce migliaia di persone ogni anno.
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gli stati che non seguono i diritti umani
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i migranti
i bambini
le donne
le persone più deboli
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Thailandia: il 32% dell'intera forza lavoro è costituito da minori; Filippine: i minori che lavorano sono 2.200.000; India: 55-60 milioni; Nepal: il 60% dei bambini svolge lavori che impediscono il loro sviluppo; Bangladesh: 15 milioni; Nigeria: lavorano 12 milioni di minori; Pakistan: sono 8 milioni i bambini ridotti in schiavitù per debiti; Perù: il 20% dei lavoratori nelle miniere del Perù ha fra 11 e 18 anni; Egitto: lavorano 4 milioni di bambini; Indonesia: 300.000 bambini lavorano nelle industrie manifatturiere; Brasile: lavorano 7 milioni di bambini.
Thailandia: il 32% dell?intera forza lavoro è costituito da minori; Filippine: i minori che lavorano sono 2.200.000; India: 55-60 milioni; Nepal: il 60% dei bambini svolge lavori che impediscono il loro sviluppo; Bangladesh: 15 milioni; Nigeria: lavorano 12 milioni di minori; Pakistan: sono 8 milioni i bambini ridotti in schiavitù per debiti; Perù: il 20% dei lavoratori nelle miniere del Perù ha fra 11 e 18 anni; Egitto: lavorano 4 milioni di bambini; Indonesia: 300.000 bambini lavorano nelle industrie manifatturiere; Brasile: lavorano 7 milioni di bambini.
i bambini sfruttati al lavoro
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bambini sfruttati
tutte le forme di schiavitù o pratiche analoghe alla schiavitù, quali la vendita o la tratta di minori, la servitù per debiti e l’asservimento, il lavoro forzato o obbligatorio, compreso il reclutamento forzato o obbligatorio di minori ai fini di un loro impiego nei conflitti armati; l’impiego, l’ingaggio o l’offerta del minore a fini di prostituzione, di produzione di materiale pornografico o di spettacoli pornografici; impiego, l’ingaggio o l’offerta del minore ai fini di attività illecite, quali, in particolare, quelle per la produzione e per il traffico di stupefacenti, così come sono definiti dai trattati internazionali pertinenti; qualsiasi altro tipo di lavoro che, per sua natura o per le circostanze in cui viene svolto, rischi di compromettere la salute, la sicurezza o la moralità del minore.
i lavori svolti sotterra, sottacqua, ad altezze pericolose e in spazi ristretti; i lavori svolti mediante l’uso di macchinari, attrezzature e utensili pericolosi o che implichino il maneggiare o il trasporto di carichi pesanti; i lavori svolti in ambiente insalubre tale da esporre i minori, ad esempio, a sostanze, agenti o processi pericolosi o a temperature, rumori o vibrazioni pregiudizievoli per la salute; i lavori svolti in condizioni particolarmente difficili, ad esempio con orari prolungati, notturni o lavori che costringano il minore a rimanere ingiustificatamente presso i locali del datore di lavoro.
Thailandia: il 32% dell'intera forza lavoro è costituito da minori; Filippine: i minori che lavorano sono 2.200.000; India: 55-60 milioni; Nepal: il 60% dei bambini svolge lavori che impediscono il loro sviluppo; Bangladesh: 15 milioni; Nigeria: lavorano 12 milioni di minori; Pakistan: sono 8 milioni i bambini ridotti in schiavitù per debiti; Perù: il 20% dei lavoratori nelle miniere del Perù ha fra 11 e 18 anni; Egitto: lavorano 4 milioni di bambini; Indonesia: 300.000 bambini lavorano nelle industrie manifatturiere; Brasile: lavorano 7 milioni di bambini.
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Quali sono i diritti negati alle donne nel mondo? Nei Paesi più poveri del mondo, alle donne vengono negati i loro diritti fondamentali: non possono lavorare, possedere la terra, avere denaro, dire la loro opinione; non hanno alcun potere decisionale all’interno del nucleo familiare e non sono rappresentate a livello istituzionale. Quali sono i paesi che non rispettano i diritti delle donne? In generale i Paesi dell’Europa centrale e settentrionale, assieme a Nuova Zelanda, Canada e Australia, occupano le posizioni più alte. Tutti i Paesi africani nella zona del Sahel, più Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Yemen e Afghanistan, occupano le ultime posizioni
Parlare di discriminazione delle donne significa fare riferimento a diversi problemi. Ad esempio, benché le donne lavorino per i due terzi del totale delle ore lavorative mondiali, a loro spetta solo il dieci per cento del reddito mondiale. Per non parlare della violenza che subiscono. Secondo le stime, circa il 35 per cento delle donne a livello globale ha subito violenza almeno una volta nella vita. Inoltre, il sessanta per cento di tutti gli analfabeti del mondo è costituito da donne, ragazze e bambine.alcuni paesi lo dimostrano:
le donne
Tra le varie tutela, quindi, c’è anche la protezione dal licenziamento in gravidanza e nel periodo successivo, fino al compimento di un anno del figlio. In passato, infatti, si è verificato spesso che le lavoratrici perdessero il lavoro in coincidenza con la gravidanza. Il divieto inizia dal momento del concepimento, ma dato che non è sempre facile individuare il momento esatto, si applica la presunzione legale che prevede che esso avvenga 300 giorni prima della nascita
le donne in gravidanza
Titolo 1
Il licenziamento in gravidanza è vietato dalla legge, con l’obiettivo di tutelare le lavoratrici madri da un punto di vista economico. Ci sono però delle eccezioni a questa regola. Vediamo quindi cosa succede nel caso in cui venga licenziata una donna incinta. La legge italiana propone diverse tutele in favore della maternità, anche per quanto riguarda il rapporto di lavoro. Il legislatore, infatti, ha cercato di evitare che un evento straordinario come la nascita di un bambino possa diventare un problema per la vita professionale della donna.
art. 18 della legge 300/1970
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Unit 1
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In questo Paese, tra il sessanta e l’ottanta per cento dei matrimoni sono forzati. I casi di violenza, soprattutto sessuale, sono all’ordine del giorno. E il 13 per cento delle donne afghane non sa né leggere né scrivere.
Si trova nel cosiddetto Corno d’Africa ed è uno dei Paesi dove la pratica delle mutilazioni genitali femminili è più diffusa: si stima che questo orrore sia stato subito dal 98 per cento delle donne e delle ragazze.
Afghanistan.
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Molte ragazze di età compresa tra i 15 e i 19 anni sono sposate, divorziate o vedove. Nel 2012, ci sono stati quasi 25mila stupri dichiarati. Nel solo 2008, si stima che circa 250mila bambine siano scomparse al momento del parto.
le donne
Est ei erat mucius quaeque. Ei his quas phaedrum, efficiantur mediocritatem ne sed, hinc oratio blandit ei sed. Blandit gloriatur eam et. Brute noluisse per et, verear disputando neglegentur at quo. Sea quem legere ei, unum soluta ne duo. Ludus complectitur quo te, ut vide autem homero pro. Vis id minim dicant sensibus. Pri aliquip conclusionemque ad, ad malis evertitur torquatos his.
His audiam deserunt in, eum ubique voluptatibus te. In reque dicta usu. Ne rebum dissentiet eam, vim omnis deseruisse id. Ullum deleniti vituperata at quo, insolens complectitur te eos, ea pri dico munere propriae. Vel ferri facilis ut, qui paulo ridens praesent ad. Possim alterum qui cu. Accusamus consulatu ius te, cu decore soleat appareat usu. Has ei solum harum reprimique, id illum saperet.
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La madre di tutte le disuguaglianze è la disuguaglianza di potere, storicamente radicata e che opera ancora oggi, modellando gli ambienti e le opportunità. I sistemi di potere s’intersecano tra loro per perpetuare le disparità: il razzismo converge con i sistemi di oppressione basati su età, genere, abilità e disabilità e stato socioeconomico.
L’errata classificazione della razza come costrutto biologico (invece che sociale) continua ad aggravare le disparità di salute; la discriminazione su base etnica, religiosa o sociale è presente in tuti i continenti e ovunque dà i suoi frutti avvelenati, che devono diventare una preoccupazione centrale di professionisti, ricercatori e istituzioni. Moltissimi sono, ormai, gli studi che provano gli esiti più sfavorevoli delle gravidanze di donne nere, ispaniche e dell’Asia meridionale che di quelle bianche, l’associazione dell’espropriazione delle terre agli indigeni con esiti cardiometabolici avversi, gli interventi chirurgici „sconsigliati” a pazienti oncologici neri negli USA, il disagio psichico delle popolazioni aborigene in Australia o la mortalità per Covid-19 degli immigrati del Bangladesh quadruplicata rispetto a quella della popolazione britannica bianca, nel Regno Unito.
L’errata classificazione della razza come costrutto biologico (invece che sociale) continua ad aggravare le disparità di salute; la discriminazione su base etnica, religiosa o sociale è presente in tuti i continenti e ovunque dà i suoi frutti avvelenati, che devono diventare una preoccupazione centrale di professionisti, ricercatori e istituzioni. Moltissimi sono, ormai, gli studi che provano gli esiti più sfavorevoli delle gravidanze di donne nere, ispaniche e dell’Asia meridionale che di quelle bianche, l’associazione dell’espropriazione delle terre agli indigeni con esiti cardiometabolici avversi, gli interventi chirurgici „sconsigliati” a pazienti oncologici neri negli USA, il disagio psichico delle popolazioni aborigene in Australia o la mortalità per Covid-19 degli immigrati del Bangladesh quadruplicata rispetto a quella della popolazione britannica bianca, nel Regno Unito. La madre di tutte le disuguaglianze è la disuguaglianza di potere, storicamente radicata e che opera ancora oggi, modellando gli ambienti e le opportunità. I sistemi di potere s’intersecano tra loro per perpetuare le disparità: il razzismo converge con i sistemi di oppressione basati su età, genere, abilità e disabilità e stato socioeconomico.
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Africa, Asia Meridionale e America Latina. In altre parole, la fame è un problema che colpisce soprattutto i bambini del sud del mondo. A causa della mancanza di cibo, ogni anno quasi sei milioni di bambini non superano il quinto anno di vita. Mentre in occidente aumentano sempre di più i casi di obesità.
Cosa significa essere bambini e vivere in uno dei Paesi più poveri del mondo?
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<img src="https://th.bing.com/th/id/OIP.YCbh9-VP_zJNO9dhlOFpFAHaDz?pid=ImgDet&rs=1" alt="Jambo Africa: Unicef / Rapporto 2012 / I numeri parlano chiaro ...">
HIV, malaria, tubercolosi: queste sono le malattie con cui i Paesi poveri devono fare i conti. E senza avere a disposizione le strutture, le competenze e le tecnologie presenti nei Paesi occidentali. Significa che contrarre una di queste malattie nei Paesi poveri, nella stragrande maggioranza dei casi, non lascia scampo. Malattie come l’AIDS si contraggono fin da bambini, direttamente dai genitori. E il tasso di mortalità infantile è ancora troppo alto.
Povertà e istruzione sono fortemente legate. A farne le spese, come sempre, sono i bambini. L’analfabetismo nel mondo è un problema che riguarda 750 milioni di adulti e 264 milioni di bambini e giovani. Un problema che comincia fin da bambini, quando le scuole sono troppo lontane, sono troppo care, non hanno insegnanti qualificati
Nel mondo più di ottocento milioni di persone soffrono la fame. I più colpiti sono i bambini. Si stima che nel mondo i bambini sottopeso siano circa cento milioni, per loro deficit di sviluppo è la realtà di tutti i giorni e l’80% dei bambini che ne soffre vive in appena venti Paesi. Paesi che si trovano tutti nel Sud del mondo
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Est ei erat mucius quaeque. Ei his quas phaedrum, efficiantur mediocritatem ne sed, hinc oratio blandit ei sed blandit gloraiatur
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His audiam deserunt in, eum ubique voluptatibus te. In reque dicta usu. Ne rebum dissentiet eam, vim omnis deseruisse id.
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da Miruna Andra e Roberta
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