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Transcript

La Divina Commedia

a riveder le stelle

È notte fonda e il libro della Divina Commedia che stai leggendo ti sfinisce. Per cui, decidi di finalmente di raggiungere il tuo comodo letto e riposare...Ti svegli all'improvviso nella notte tra il 7 e l'8 aprile del 1300 nella selva oscura descritta da Dante nel canto I dell'Inferno. Se vuoi salvarti, risolvi gli enigmi e raccogli gli indizi che ti consentiranno di uscire a riveder le stelle. Il tuo viaggio sta per iniziare...

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IL VIAGGIO DI DANTE

INFERNO

PURGATORIO

PARADISO

L’Inferno di Dante è formato da nove “cerchi che continuano verso il basso fino a raggiungere il centro della Terra dove si trova conficcato Lucifero dal tempo della sua caduta. La Città di Dite è il nome della zona più profonda dell’Inferno che si apre dopo il quinto cerchio. Questa zona è ulteriormente ramificata: il settimo cerchio conta tre diversi “gironi” al suo interno, l’ottavo cerchio è a sua volta ripartito in dieci zone diverse dette “bolge”. Dopo le dieci bolge si apre il tetro pozzo dei giganti dopo il quale giungiamo al nono cerchio, dove sono puniti i traditori ripartiti in quattro zone diverse.

L'' INFERNO DANTESCO

CANTO I

CANTO V

CANTO VI

CANTO III

INFERNO

MISSIONE CANTO I

Siamo finiti nel primo canto dell'Inferno, come faremo a fuggire da qui?

Clicca per proseguire la missione

Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita.Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura! Tant’è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai, dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte. Io non so ben ridir com’i’ v’intrai, tant’era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai. ( Inf. I, vv. 1-12)

LA SELVA OSCURA

Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta,una lonza leggiera e presta molto, che di pel macolato era coverta; e non mi si partia dinanzi al volto, anzi 'mpediva tanto il mio cammino, ch'i' fui per ritornar più volte vòlto. Temp' era dal principio del mattino, e 'l sol montava 'n sù con quelle stelle ch'eran con lui quando l'amor divino mosse di prima quelle cose belle; sì ch'a bene sperar m'era cagione di quella fiera a la gaetta pelle ( Inf. I, vv. 31-42)

LE TRE FIERE

l'ora del tempo e la dolce stagione; ma non sì che paura non mi desse a vista che m'apparve d'un leone. Questi parea che contra me venisse con la test'alta e con rabbiosa fame, sì che parea che l'aere ne tremesse. Ed una lupa, che di tutte brame sembiava carca ne la sua magrezza, e molte genti fé già viver grame, questa mi porse tanto di gravezza con la paura ch'uscia di sua vista, ch'io perdei la speranza de l'altezza. ( Inf. I, vv. 43-54)

VIRGILIO

Mentre ch'i' rovinava in basso loco, dinanzi a li occhi mi si fu offerto chi per lungo silenzio parea fioco. Quando vidi costui nel gran diserto, «Miserere di me», gridai a lui, «qual che tu sii, od ombra od omo certo!». Rispuosemi: «Non omo, omo già fui, e li parenti miei furon lombardi, mantoani per patrïa ambedui. acqui sub Iulio, ancor che fosse tardi, e vissi a Roma sotto 'l buono Augusto nel tempo de li dèi falsi e bugiardi. ( Inf. I, vv. 61-72)

Poeta fui, e cantai di quel giusto figliuol d'Anchise che venne di Troia, 75poi che 'l superbo Ilïón fu combusto. Ma tu perché ritorni a tanta noia? perché non sali il dilettoso monte h'è principio e cagion di tutta gioia?». «Or se' tu quel Virgilio e quella fonte che spandi di parlar sì largo fiume?», rispuos' io lui con vergognosa fronte. «O de li altri poeti onore e lume vagliami 'l lungo studio e 'l grande amore che m'ha fatto cercar lo tuo volume. Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore; tu se' solo colui da cu' io tolsi lo bello stilo che m'ha fatto onore. ( Inf. I, vv. 73-87)

Di quella umile Italia fia salute per cui morì la vergine Cammilla, Eurialo e Turno e Niso di ferute. Questi la caccerà per ogne villa, fin che l'avrà rimessa ne lo 'nferno, là onde 'nvidia prima dipartilla. ( Inf. I, vv. 100-111)

Molti son li animali a cui s'ammoglia, e più saranno ancora, infin che 'l veltro verrà, che la farà morir con doglia. Questi non ciberà terra né peltro, ma sapïenza, amore e virtute, le sua nazion sarà tra feltro e feltro.

LA PROFEZIA DEL VELTRO

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Ripassa il primo canto e poi risolvi gli enigmi. Troverai l'indizio che ti servirà per proseguire il tuo viaggio...

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Hai superato il primo step, ma fai attenzione. Sta calando la notte e Dante segue Virgilio lungo la strada che li condurrà alla porta dell'inferno.

MISSIONE CANTO III

Sono contento di aver conosciuto Virgilio, ci sta aiutando tanto nel nostro cammino anche se il viaggio vero e proprio deve ancora cominciare!

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"Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l’etterno dolore, per me si va tra la perduta gente. Giustizia mosse il mio alto fattore: fecemi la divina podestate, la somma sapienza e ’l primo amore. Dinanzi a me non fuor cose create se non etterne, e io etterno duro. Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate". ( Inf, III vv. 1-9)

LA PORTA DELL'INFERNO

"E io: «Maestro, che è tanto grevea lor, che lamentar li fa sì forte?».Rispuose: «Dicerolti molto breve. Questi non hanno speranza di morte e la lor cieca vita è tanto bassa, che ’nvidiosi son d’ogne altra sorte. Fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna: non ragioniam di lor, ma guarda e passa». E io, che riguardai, vidi una ’nsegna che girando correva tanto ratta, che d’ogne posa mi parea indegna; e dietro le venìa sì lunga tratta di gente, ch’i’ non averei creduto che morte tanta n’avesse disfatta. ( Inf, III vv. 43-57)

Ed ecco verso noi venir per nave un vecchio, bianco per antico pelo, gridando: «Guai a voi, anime prave! Non isperate mai veder lo cielo: i’ vegno per menarvi a l’altra riva ne le tenebre etterne, in caldo e ’n gelo.

E tu che se’ costì, anima viva, pàrtiti da cotesti che son morti». Ma poi che vide ch’io non mi partiva, disse: «Per altra via, per altri porti verrai a piaggia, non qui, per passare: più lieve legno convien che ti porti»

E ’l duca lui: «Caron, non ti crucciare: vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare». Inf. III vv. 82-93

CARONTE

Quinci fuor quete le lanose gote al nocchier de la livida palude, che ’ntorno a li occhi avea di fiamme rote. Ma quell’anime, ch’eran lasse e nude, cangiar colore e dibattero i denti, ratto che ’nteser le parole crude. Bestemmiavano Dio e lor parenti, l’umana spezie e ’l loco e ’l tempo e ’l seme di lor semenza e di lor nascimenti. Poi si ritrasser tutte quante insieme, forte piangendo, a la riva malvagia ch’attende ciascun uom che Dio non teme. Caron dimonio, con occhi di bragia, loro accennando, tutte le raccoglie; batte col remo qualunque s’adagia. ( Inf, III vv. 94-111)

MISSIONE CANTO V

Il viaggio si sta rivelando più difficile del previsto, non vedo l'ora di uscire da qui!

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MINOSSE

Così discesi del cerchio primaio giù nel secondo, che men loco cinghia, e tanto più dolor, che punge a guaio. Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia: essamina le colpe ne l’intrata; giudica e manda secondo ch’avvinghia. Dico che quando l’anima mal nata li vien dinanzi, tutta si confessa; e quel conoscitor de le peccata vede qual loco d’inferno è da essa; cignesi con la coda tante volte quantunque gradi vuol che giù sia messa. (Inf. V vv. 1-12)

"Or incomincian le dolenti notea farmisi sentire; or son venutolà dove molto pianto mi percuote. Io venni in loco d’ogne luce muto,che mugghia come fa mar per tempesta,se da contrari venti è combattuto.

I LUSSURIOSI

La bufera infernal, che mai non resta,mena li spirti con la sua rapina;voltando e percotendo li molesta. Quando giungon davanti a la ruina,quivi le strida, il compianto, il lamento;bestemmian quivi la virtù divina. Intesi ch’a così fatto tormentoenno dannati i peccator carnali,che la ragion sommettono al talento. ( Inf, V vv. 25-39)

"Siede la terra dove nata fuisu la marina dove ’l Po discendeper aver pace co’ seguaci sui. Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprendeprese costui de la bella personache mi fu tolta; e ’l modo ancor m’offende. Amor, ch’a nullo amato amar perdona,mi prese del costui piacer sì forte,che, come vedi, ancor non m’abbandona. Amor condusse noi ad una morte:Caina attende chi a vita ci spense».Queste parole da lor ci fuor porte. ( Inf, V vv. 25-39)

PAOLO E FRANCESCA

"SNoi leggiavamo un giorno per diletto di Lancialotto come amor lo strinse; soli eravamo e sanza alcun sospetto. 129 Per più fiate li occhi ci sospinse quella lettura, e scolorocci il viso; ma solo un punto fu quel che ci vinse. 132 Quando leggemmo il disiato riso esser basciato da cotanto amante, questi, che mai da me non fia diviso, 135 la bocca mi basciò tutto tremante. Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse: quel giorno più non vi leggemmo avante». ( Inf, V vv. 127-138)

PAOLO E FRANCESCA

MISSIONE CANTO VI

Ahimè la pena dei lussuriosi; i morti violentemente per amore...L'ultimo canto è ormai vicinissimo, ce la stiamo facendo!

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FINE

Grazie per avermi aiutato ad uscire dai gironi dell'Inferno, adesso proseguirò con Virgilio. Il Purgatorio mi attende!

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