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CANTO X - inferno
Maria Carmela Rescina
Created on March 24, 2024
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Transcript
Maria Carmela Rescina, Gabriele Stella, Giuseppe Mantovani
INFERNO - CANTO X
Dante Virgilio Farinata degli Uberti Cavalcante de' Cavalcanti
PERSONAGGI
eretici giacciono in sepolcri arroventati
PECCATORI E PENA
dopo la mezzanotte del venerdì santo del 1300
TEMPO
sesto cerchio, città di Dite
LUOGO
Il turbamento di Dante (vv. 121-136)
La discussione sulla preveggenza dei dannati (vv. 94-120)
Il secondo colloquio con Farinata (vv. 73-93)
L’apparizione di Cavalcante (vv. 52-72)
Il primo colloquio tra Dante e Farinata (vv. 1-51)
Sequenze narrative
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Farinata degli Uberti, di nobile famiglia ghibellina, nasce a Firenze nei primi anni del XIII secolo. Diventa capopartito ghibellino nel 1239. Riesce a cacciare i Guelfi fiorentini una prima volta nel 1248, grazie all’aiuto dell’imperatore Federico II; questi ultimi però nel 1251 rientrano a Firenze e mandano a loro volta in esilio, a Siena, Farinata e la sua fazione nel 1258. Con l’appoggio del re Manfredi, Farinata sconfigge ed esilia una seconda volta i guelfi, nella battaglia di Montaperti nel 1260. Nella riunione dei capi ghibellini, a Empoli, fu proposto, in particolare dai pisani, di radere al suolo Firenze per cancellare definitivamente il partito guelfo di quella città, ma Farinata fu il solo a opporsi. Muore a Firenze nel 1264.
Farinata degli Uberti
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confronto
Appartenente a una famiglia nobile fiorentina di origine mercantile e di parte guelfa, è padre del poeta stilnovista Guido. È podestà di Gubbio nel 1257. In seguito alla battaglia di Montaperti (1260), è stato esule a Lucca e rientra a Firenze dopo il 1266. È un seguace dell'epicureismo in quanto non ammette l'immortalità dell'anima. Anche se non proprio eretico, è un rappresentante del pensiero laico e materialista.
Cavalcante de' Cavalcanti
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Individuiamo una prima sequenza dal verso 1 al verso 51, anche se volendo, sarebbe possibile dividere ulteriormente questa sequenza in due distinte , di cui la prima dal verso 1 al verso 21 , e la seconda dal verso 22 al verso 51. Virgilio, guida Dante fra le tombe della città di Dite. Alighieri in questa fase è molto incuriosito e chiede al suo maestro se sia possibile andare a vedere le anime giacenti nei sepolcri poiché non sono presenti demoni a custodire le arche . A questo punto, Virgilio risponde che le tombe verrano chiuse in eterno in occasione del Giudizio Universale, ovvero quando le anime risorte si saranno riappropriate del corpo nella valle di losafat. Spiega anche che qui giacciono tutti i seguaci di Epicuro promettendo poi a Dante che la richiesta di quest’ultimo verrà presto soddisfatta. In realtà , Dante aveva un altro desiderio nascosto, scoperto da Virgilio, ovvero sapere se in questo luogo è presente l’anima di Farinata Degli Uberti. Questo inizio è molto pacato ed il registro invece, di tono elevato, come evidenziato da vari latinismi come per esempio VOLVI (v.5) o il doppio dativo di SODDISFARE ai versi 6 e 16-18.
IL PRIMO COLLOQUIO TRA DANTE E FARINATA
VV. 34-36
Io avea già il mio viso nel suo fitto; ed el s’ergea col petto e con la fronte com’avesse l’inferno a gran dispitto.
VV. 25-27
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La tua loquela ti fa manifesto di quella nobil patria natio a la qual forse fui troppo molesto»
Richiamo dell'interlocutore misterioso
VV. 22-24
«O Tosco che per la città del foco vivo ten vai così parlando onesto, piacciati di restare in questo loco.
A questo punto, la pacatezza del colloquio viene bruscamente interrotta dal prevalere di suoni chiusi e cupi racchiusi dal richiamo di un misterioso interlocutore al verso 22. Si verifica un vero e proprio cambiamento di scena con l’apparizione di un nuovo personaggio, Farinata Degli Uberti. L’approccio iniziale tra i due avviene senza mediazioni ma , al verso 26-27 segue un accenno personale che introduce in modo implicito il tema politico trattato in precedenza fondamentale in questo canto. Il capo ghibellino viene introdotto con una descrizione rivelatrice del suo carattere. Le parti più visibili sono dunque quelle più nobili come le sedi dei sentimenti e della ragione (<<s’è dritto>> con una statuaria imponenza <<da la cintola in su>>) (si erge col petto e con la fronte / com’avesse l’inferno a gran dispitto). Al contrario Dante si ritrova ai piedi della tomba in posizione più bassa. In poche parole Farinata giganteggia col suo passato e la sua statura politica mentre Dante ha un po’ di timore. Segue a questo punto , al linguaggio di sguardi del verso 34, un attacco privo di preliminari di alcun tipo (<<Chi fuor il maggior tui?>>). L’eretico vuole si conoscere gli avi di Dante , ma sempre in funzione della passione politica che ancora lo anima. A questo punto Dante , vuole soddisfare la richiesta del ghibellino anche per scaricare un po’ quella tensione generatasi, ma a questo punto, Farinata ricorda a quest’ultimo come gli avi del poeta (i guelfi) fossero stati avversari politici del suo partito.
IL PRIMO COLLOQUIO TRA DANTE E FARINATA
Il passato remoto getta nello sconforto Cavalcante, che lo interpreta come indizio di morte del proprio figlio.
La posizione che assume il personaggio non può che rivelare la sua psicologia; se ne sta in ginocchio e parla piangendo
Cavalcante è stupito di non vedere in compagnia di Dante anche il figlio perché ritiene che il viaggio sia compiuto per altezza d’ingegno.
pronome relativo latineggiante
Allor surse a la vista scoperchiata un’ombra, lungo questa, infino al mento: credo che s’era in ginocchie levata. 54 [...] piangendo disse: «Se per questo cieco carcere vai per altezza d’ingegno, mio figlio ov’è? e perché non è teco?». 60 E io a lui: «Da me stesso non vegno: colui ch’attende là, per qui mi mena forse cui Guido vostro ebbe a disdegno». 63
L'apparizione di Cavalcante
metafora attraverso cui Cavalcante chiede se davvero suo figlio sia morto
Le sue parole e ’l modo de la pena m’avean di costui già letto il nome; però fu la risposta così piena. 66 Di subito drizzato gridò: «Come? dicesti "elli ebbe"? non viv’elli ancora? non fiere li occhi suoi lo dolce lume?». 69 Quando s’accorse d’alcuna dimora ch’io facea dinanzi a la risposta, supin ricadde e più non parve fora. 72
Il passato remoto getta nello sconforto Cavalcante, che lo interpreta come indizio di morte del proprio figlio.
La posizione che assume il personaggio non può che rivelare la sua psicologia; se ne sta in ginocchio e parla piangendo
Cavalcante è stupito di non vedere in compagnia di Dante anche il figlio perché ritiene che il viaggio sia compiuto per altezza d’ingegno.
pronome relativo latineggiante
Allor surse a la vista scoperchiata un’ombra, lungo questa, infino al mento: credo che s’era in ginocchie levata. 54 [...] piangendo disse: «Se per questo cieco carcere vai per altezza d’ingegno, mio figlio ov’è? e perché non è teco?». 60 E io a lui: «Da me stesso non vegno: colui ch’attende là, per qui mi mena forse cui Guido vostro ebbe a disdegno». 63
L'apparizione di Cavalcante
Ond’io a lui: «Lo strazio e ’l grande scempio che fece l’Arbia colorata in rosso, tal orazion fa far nel nostro tempio». 87 Poi ch’ebbe sospirando il capo mosso, «A ciò non fu’ io sol», disse, «né certo sanza cagion con li altri sarei mosso. 90 Ma fu’ io solo, là dove sofferto fu per ciascun di tòrre via Fiorenza, colui che la difesi a viso aperto». 93
eufemismo
doppia perifrasi e inversione
Ma quell’altro magnanimo, a cui posta restato m’era, non mutò aspetto, né mosse collo, né piegò sua costa: 75 e sé continuando al primo detto, «S’elli han quell’arte», disse, «male appresa, ciò mi tormenta più che questo letto. 78 Ma non cinquanta volte fia raccesa la faccia de la donna che qui regge, che tu saprai quanto quell’arte pesa. 81 E se tu mai nel dolce mondo regge, dimmi: perché quel popolo è sì empio incontr’a’ miei in ciascuna sua legge?». 84
Il secondo colloquio con Farinata
Il drammatico intreccio di vicende politiche così coinvolgenti per entrambi ha creato una qualche intimità tra i due personaggi, tanto che Dante coglie l'occasione per ottenere un chiarimento teologico sulla capacità dei dannati di prevedere il futuro. Farinata spiega che i dannati vedono, sì, il futuro, ma in modo imperfetto, riuscendo a scorgere gli eventi solo quando sono molto lontani; quando si avvicinano nel tempo non sono in grado di saperne nulla. Perciò alla fine dei tempi, dopo il Giudizio Universale, la loro conoscenza del futuro sarà del tutto annullata. Dante comprende l'errore commesso e prega Farinata di informare Cavalcante che suo figlio Guido è in realtà ancora nel mondo dei vivi.
La discussione sulla preveggenza dei dannati
Il canto si chiude con il turbamento di Dante per la predizione di Farinata, colma di sventure sulla propria sorte. Virgilio lo conforta, affermando che conoscerà da Beatrice ("quella il cui bell'occhio tutto vede") l'esito delle profezie dei dannati. Poi il poeta latino lascia le mura per imboccare un sentiero che conduce alla parte esterna del Cerchio, da dove si leva un puzzo estremamente spiacevole.
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Il turbamento di Dante
“IL “TRAGICO” DISDEGNO DI FARINATA DEGLI UBERTI NEL CANTO X DELL’INFERNO DI DANTE” a cura di Maria Maślanka-Soroweeblywikipedia
“I classici nostri contemporanei 1” – Baldi, Giusso, Razetti, Zaccaria “Dante Alighieri: Per l’alto mare aperto, la Divina Commedia” – a cura di Alessandro Marchi L’inferno a cura di Tommaso di Salvo
Sitografia
Bibliografia
«S’ei fur cacciati, ei tornar d’ogne parte», rispuos’io lui, «l’una e l’altra fiata;ma i vostri non appreser ben quell’arte»
poi disse: «Fieramente furo avversi a me e a miei primi e a mia parte, sì che per due fiate li dispersi»
Il massimo esponente di tale dialogo lo troviamo al verso 47, il quale trasuda di egocentrismo con la ripetizione di aggettivi possessivi di prima persona. Dante non tarda a rispondere ribattendo qualsiasi frase del suo “avversario” con precisa rispondenza grammaticale. Ai pronomi di prima persona si contrappongono quelli di terza. Dante gli rinfaccia poi che i suoi antenati <<non appreser bene quell arte>> avvalendosi dell’improperium, ovvero una prassi verbale aggressiva. A questo punto del passo, sono dunque distinguibili due avversari politici fomentati dall’attaccamento alla propria patria. Il colloquio è ormai accesissimo e rischia di degenerare , ma l’arrivo di un nuovo personaggio cambia le carte in tavola
Insomma, sia Farinata sia Cavalcante, hanno commesso l’errore-peccato di mirare unicamente ad un fine, nobile ma terreno, e di averlo vissuto con la stessa dedizione con cui il vero cristiano vive con umiltà l’esperienza religiosa. Anime degne, ambedue, ma legate ai miti terreni e entrambi incapaci di cogliere le ragioni della loro dannazione. Se Farinata è occupato solo dalla passione politica ed è estraneo al dramma di colui che condivide il suo sepolcro, questi, simmetricamente, è estraneo al dramma politico di Farinata ed è occupato solo da passioni private e familiari, l'amore per il figlio, l'ammirazione per la sua «altezza d'ingegno», l'angoscia sulla sua sorte. Anche dal punto di vista fisico i due personaggi si presentano in forme antitetiche: Farinata si erge «col petto e con la fronte» (v. 35), Cavalcante è in ginocchio e compare fuori dal sepolcro solo dal mento in su; se Farinata si esprime in tono fermo e dignitoso, Cavalcante invece parla «piangendo» e grida per l'angoscia. Con Farinata Dante riassume un aspetto centrale del suo credo politico, la condanna delle fazioni che, scatenatesi in assenza dell'autorità imperiale, rovinano l'Italia; con i versi dedicati al «disdegno» di Guido sintetizza invece il nucleo del suo credo letterario, le ragioni per cui scrive il poema.
II centro della scena è di nuovo occupato da Farinata che, impassibile, replica all'ultima pungente osservazione di Dante sull'incapacità, da parte dei Ghibellini, di rientrare in Firenze. Questa incapacità è motivo per lui di tormento. Si arriva così a un processo di parziale autoidentificazione dell'uomo-Dante col personaggio che gli sta di fronte, accomunati da uno stesso destino di esilio definitivo dalla propria patria, anche se divisi dal credo politico. Farinata è anche desideroso di conoscere la ragione di tanto accanimento da parte dei fiorentini nei confronti della sua famiglia e dei suoi discendenti. Il motivo è il tragico ricordo di quella sanguinosa battaglia di Montaperti del 1260. Si noti, a tal proposito, la replicazione dello stesso sintagma, la seconda volta introdotto, però, dalla congiunzione avversativa «Ma» (vv. 89-91).
Altro caso di doppio dativo del termine SODDISFARE
V.4
V.17
V.16
V.18
Però a la dimanda che mi faci quinc’entro satisfatto sarà tosto, e al disio ancor che tu mi taci»
Primo caso di doppio dativo , al verso 6
V.6
V.5
Il registro in questa fase e' molto elevato come testimoniato da latinismi presenti, come ad esempio l'uso del termine VOLVI
«O virtù somma, che per li empi giri mi volvi», cominciai, «com’a te piace, parlami, e sodisfammi a’ miei disiri.
Figura retorica consistente nel sostituire il nome di una persona o di una cosa con un appellativo o una perifrasi che lo identifichi inequivocabilmente
ANTONOMASIA
Dissemi: «Qui con più di mille giaccio: qua dentro è ’l secondo Federico, e ’l Cardinale; e de li altri mi taccio».
VISIONE TELESCOPICA DEI DANNATI GIA' ACCENNATA NEL CANTO VI RIGUARDANTE LA PROFEZIA DI CIACCO
103 104 105
100 101 102
«Noi veggiam, come quei c’ha mala luce, le cose», disse, «che ne son lontano; cotanto ancor ne splende il sommo duce. Quando s’appressano o son, tutto è vano nostro intelletto; e s’altri non ci apporta, nulla sapem di vostro stato umano.