Apollo e Marsia
Francesco Bellini
Created on March 17, 2024
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Transcript
Francesco Bellini
Dal libro VI delle Metamorfosi di Ovidio
Apollo e marsia
Secondo il mito Atena inventò uno strumento a fiato, l’aulòs, un flauto a doppia canna. Tempo dopo, al termine di un banchetto degli dei, la dea per compiacere Zeus e gli altri convitati, prese il suo strumento ed iniziò a suonare. La musica era piacevole, ma ciò nonostante Era e Afrodite scoppiarono a ridere, prendendosi gioco di lei. Offesa, Atena fuggì dall'Olimpo, fermandosi nei pressi di un lago; qui riprese a suonare lo strumento, ma vedendo il suo volto riflesso nell’acqua capì il motivo delle risate delle due dee: soffiando nelle canne del flauto, infatti, il viso della dea si gonfiava, arrossava e deformava. Adirata, Atena gettò via lo strumento musicale maledicendo chiunque l’avesse raccolto. L’aulòs fu trovato e raccolto da Marsia, un satiro di origine frigia, che esercitandosi divenne abilissimo nel suonarlo. La fama acquisita era tale che un giorno il satiro osò lanciare una sfida ad Apollo, dio della musica, (anche se in versioni diverse del mito fu il dio a lanciare la sfida al fauno) certo di poterlo battere. Il dio accettò e chiamò le Muse a giudicare la contesa.
Apollo e marsia
Trama generale del mito
+ info
Inizialmente le muse rimasero colpite dalle melodie dell’aulòs di Marsia; Apollo quindi – temendo una sconfitta – iniziò a suonare la sua lira e a cantare contemporaneamente, sfidando il rivale a fare altrettanto (in altre versioni del mito il dio sfidò marsia a capovolgere lo strumento e continuare a suonare, azione impossibile): chiaramente, la natura stessa dello strumento a fiato del satiro non gliel’avrebbe consentito, e così la vittoria fu assegnata al dio. Come punizione per aver osato sfidare un dio Apollo sottopose Marsia ad una tortura atroce (ed è proprio da questo punto che parte il racconto ovidiano): legatolo ad un albero, lo scorticò vivo. Satiri, ninfe e fauni accorsero per piangere un ultima volta il compagno, e dalle loro lacrime nacque un fiume.
Apollo e marsia
Trama generale del mito
In questo passo Ovidio pone l’accento sull’aspetto più crudo dello scuoiamento e sulle suppliche della vittima che vorrebbe evitare la tortura più che sugli antefatti, conosciuti per certo dall’autore. Sceglie di porre al centro dell’azione il processo metamorfico.
Il Mito nell'arte
Come nella maggior parte delle opere di Ovidio, anche in questo estratto si trova un'accenno eziologico all'origine di uno dei fiumi dell'asia minore, in particolare dell'antica regione della Frigia, attuale regione dell'Anatolia centrale, in Turchia.
i fiumi dell'asia minore
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Sub 1 rel.
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Marsyas fit fluvius
382. Così appena lo sconosciuto terminò di narrare 383. la fine dei Lici, un altro si ricordò del Satiro che, vinto 384. dal figlio di Latona con il flauto di Minerva, 385. fu punito. «Perché mi strappi da me stesso?» gridava; 386. «Mi pento, mi pento!» strillava «non valeva tanto un flauto!». 387. Gridante, la pelle è completamente strappata dalle membra,388. non era nulla se non un'unica ferita: ovunque sgorga il sangue, 389. scoperti si distinguono i muscoli, pulsano palpitanti le vene 390. senza alcuna pelle; si potrebbe contargli le viscere 391. che fremono e che gli traspaiono sul petto.
(Sic ubi nescio quis Lycia de gente virorum rettulit exitium,) satyri reminiscitur alter, (quem Tritoniaca Latous harundine victum affecit poena.) «Quid me mihi detrahis?» inquit: «A! piget, a! non est», clamabat, «tibia tanti!» Clamanti, (cutis est summos direpta per artus), nec quicquam nisi vulnus erat: cruor undique manat, detectique patent nervi, trepidaeque sine ulla pelle micant venae:salientia viscera possis et perlucentes numerare in pectore fibras.
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Sub 1 tem.
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Sub 1 rel.
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Marsia diviene fiume
392. Lo piansero le divinità dei boschi, i Fauni delle campagne 393. e i Satiri suoi fratelli, Olimpo a lui sempre caro 394. e le ninfe, e con loro tutti coloro che su quei monti 395. pascolano greggi da lana e mandrie di bovini. 396. Di quelle lacrime cadenti s'intrise la terra fertile, 397. che in sé le accolse impregnata, assorbendole nei fondi dei ruscelli; 398. poi mutatele in acqua, le liberò disperse nell'aria. 399. Da allora, procedendo rapidamente lungo le rive in pendio verso il mare, 400. possiede il nome di Marsia, il fiume più limpido della Frigia.
Illum ruricolae, silvarum Numina, Fauni et Satyri fratres et tunc quoque carus Olympus et Nymphae flerunt, et quisquis montibus illis lanigerosque greges armentaque bucera pavit. Fertilis immaduit madefactaque terra caducas concepit lacrimas ac venis perbibit imis; quas ubi fecit aquam, vacuas emisit in auras. Inde petens rapidum ripis declivibus aequor Marsya nomen habet, Phrygiae liquidissimus amnis.