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DEA CIBELE

Alla scoperta del culto della

INTERACTIVE GUIDE

A Palazzolo Acreide, città nell'entroterra siracusano, fondata intorno al 664-663 a.C, si trova il santuario dei Santoni, dedicato al culto della Magna Mater, la dea Cibele. I Santoni sono dodici sculture rupestri della dea Cibele di età ellenistica o forse arcaica, si trova sul fianco meridionale di Colle Orbo. Dei dodici rilievi, dieci riproducono con piccole variazioni la stessa figura, due contengono scene più complesse. Si estendono per una trentina di metri su un basso gradino di roccia; undici si collocano quasi su uno stesso piano orizzontale, l’ultimo, in un ripiano più basso. Le figure si trovano dentro i naiskoi (nicchie), e sedute di prospetto. Oltre Cibele, vi sono altre figure: il suo compagno Attis, i sacerdoti Galli e Coribanti che la onoravano con danze selvaggie, accompagnate da strumenti a fiato. Durante le danze spesso i sacerdoti si autoflaggevano e arrivavano ad evirarsi. In onore di Attis, il primo evirato, onoravano il pino. Il complesso offre nella ricchezza delle sue figurazioni una sorta di sintesi delle dottrine religiose connesse al culto metroaco. Il numero dodici è simbolo dell'armonia cosmica, prodotta dalla moltiplicazione del numero quattro (terrestrità) per tre (divinità).

Introduzione Santoni

Il sito dei "I Santoni" è stato menzionato per la prima volta nel 1771 dal Principe Ignazio V di Biscari nel suo "Viaggio per tutte le antichità della Sicilia", seguito nel 1787 dal pittore francese Jean Houel. Nel 1809, il barone Gabriele Iudica liberò alcune figure ancora semi interrate e ne scoprì delle nuove, attribuendogli un significato funerario. Gli archeologi Biagio Pace e Paolo Orsi li interpretarono come edicole votive funerarie, mentre l'archeologa Giulia Sfameni Gasparro li individuò come un santuario per riti di iniziazione. Altri studiosi come Alexander Conze e Heinrich Bulle hanno collegato "I Santoni" ai monumenti relativi al culto di Cibele in Anatolia.

Hecate

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Hecate, figlia di Asteria, è una divinità antichissima il cui culto fu ripreso e trasportato poi nei culti greci e romani. Era la dea della magia e degli incroci ed era la potente signora dell’oscurità, inoltre era la depositaria del sapere erboristico, delle pozioni magiche, dei farmaci e dei veleni (phàrmakon). Oltre a Zeus era l’unica in grado di far avverare i desideri degli uomini o di negarne la realizzazione. La Dea era capace di passare dal mondo dei vivi a quello dei morti ed era una divinità psicopompa, accompagnava uomini in vita nel regno degli Inferi. Hecate era una divinità ctonia, legata al mondo degli inferi, come Cibele. La Dea è, inoltre, definita “la fonte della vita” in quanto bi-sessuata, ovvero dotata di entrambi i entrambi i principi della generazione, il maschile e il femminile. I suoi simboli sono il serpente, che raffigura le strade della vita e della morte; il coltello, che dà la vita recidendo il cordone ombelicale ma può uccidere; la chiave, che apre e chiude le porte, soprattutto quelle della vita. Hecate era raffigurata come una giovane donna con delle fiaccole in mano, vestita con il chitone. Spesso rappresentata accanto a Cerbero, cane mostruoso guardiano e protettore degli inferi, è venerata insieme a Demetra e a Cibele ed è raffigurata trimorfa, cioè con tre corpi diversi, oppure con tre teste: la giovane, la madre e l'anziana. Il numero tre è infatti il suo numero sacro.

https://izi.travel/en/15a0-4-gli-altri-personaggi-del-mito-di-cibele/it#/browse/021d8b38-d538-4370-a473-cf226fd0e742/it

Cibele era la Magna Mater: Madre degli Dei, Grande Madre o Matros Megalas. La sua iconografia mai definitivamente stabilita, fu sempre in bilico fra una singola raffigurazione ed una “doppia”. Era la principale divinità venerata in Oriente, in particolare in Anatolia, l’attuale Turchia, ed era ritenuta madre di tutti i viventi, protettrice della fecondità, signora degli animali e della natura selvaggia, divinità della Terra e protettrice dei campi e dell’agricoltura. Era una divinità ambivalente in quanto simboleggiava sia la forza creatrice che quella distruttrice della natura. Cibele era Vergine, come tutte le Dee mediterranee e asiatiche; ciò non significa che si astenesse dall'accoppiamento, bensì che non possedeva un marito.

Il satiro Marsia

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La Dea Atena, dopo la decapitazione di Medusa, inventa uno strumento contenente le urla delle sorelle della gorgone. Suonandolo ad un banchetto si rende conto che lo strumento rende il suo viso gonfio e deformato così lo getta via, a trovarlo è poi il satiro Marsia. Quest’ultimo si esercita tanto con lo strumento che decide di sfidare Apollo, il dio della musica, contro il quale perde la sfida ricevendo così una punizione: il satiro fu infatti legato ad un albero e scorticato vivo tra strazianti lamenti.

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https://www.sanmauropascolinews.it/storia/miti-e-leggende-dell-antica-grecia/10367-marsia.html

Il culto di Cibele - ha la sua origine collegata con la Grande Madre anatolica. Già a Catal Hüyük sono state scoperte delle piccole figure fatte 6000 anni a.c., rappresentanti “la signora degli animali” - la divinità femminile seduta sul trono fra due leoni. In epoca più recente veniva venerata come Grande Dea da parte di Hurriti ed Hittiti, i quali vedevano in lei “La madre delle montagne” , venne anche identificata con diverse divinità, in particolar modo con Gaia, Rea e Demetra, ma anche Afrodite. A Karkemish viene chiamata Kubaba. Verso il 1200 a.c. ha inizio la migrazione dei Frigi dalla Tracia al territorio di Anatolia, i quali collegano Kubaba alla propia dea-madre creando una dea alla quale viene dato il nome di Cibele. L’etimologia del suo nome non è chiara e non lo era neanche per gli antichi. Alcuni lo fanno derivare dalla forma cubica del meteorite, usato per rappresentarla, altri dalle caverne usate spesso come posto per venerare il suo culto. Come già detto precedentemente, per quanto riguarda la sua iconografia, la Grande Madre era solitamente raffigurata sul carro trainato da due leoni.

I due leoni corrispondono ai personaggi mitologici di Melanione e Atalanta, trasformati in belve da Zeus e condannati a trascinare il carro della dea come punizione per aver profanato un suo tempio. Un'altra variante la raffigura seduta su un trono come avviene ad esempio nel santuario di Acre, sempre fra due leoni. I suoi strumenti tipici con i quali viene rappresentata sono il tympanum – tamburello fatto con la pelle del toro, patera – tipo di bacino di culto e ancora la corona muralis – corona composta da mura e torri, in qualità di signora delle città. Questa iconografia viene poi ripresa anche dai Greci e Romani. Un elemento caratteristico di Cibele sono i suoi “propoloi”, ovvero dei personaggi che accompagnano la dea, tra cui i più importanti sono il suo compagno o figlio Attis (di cui vi descriveremo il mito successivamente) e i suoi sacerdoti, chiamati Galli e Coribanti. Altri personaggi che possono accompagnare la dea sono anche il satiro Marsia, i Dioscuri, Ermes e la dea Ecate; di queste figure parleremo in modo ampio successivamente. In Anatolia il culto di Cibele si è sviluppato in alcune zone da cui sono derivati i suoi sopranomi a carattere geografico, come: Mater Dindymene (dalla montagna Dindymus) o Mater Idea (dalla montagna Ida nella Troide). Ma il suo principale e più importante luogo di culto rimane sempre Pessinunt (adesso chiamato Balthisar, ad sud-ovest di Ancyra), nella valle della montagna Agdos, sulla riva del fiume Gallus – affluente di Sangarius (adesso Sakarya). Qui si trovava, fino alla III secolo a.C. la rappresentazione della dea sotto la forma di un meteorite nero.

Da dove proviene il culto di Cibele?

Il culto di Cibele - ha la sua origine collegata con la Grande Madre anatolica. Già a Catal Hüyük sono state scoperte delle piccole figure fatte 6000 anni a.c., rappresentanti “la signora degli animali” - la divinità femminile seduta sul trono fra due leoni. In epoca più recente veniva venerata come Grande Dea da parte di Hurriti ed Hittiti, i quali vedevano in lei “La madre delle montagne” , venne anche identificata con diverse divinità, in particolar modo con Gaia, Rea e Demetra, ma anche Afrodite. A Karkemish viene chiamata Kubaba. Verso il 1200 a.c. ha inizio la migrazione dei Frigi dalla Tracia al territorio di Anatolia, i quali collegano Kubaba alla propia dea-madre creando una dea alla quale viene dato il nome di Cibele. L’etimologia del suo nome non è chiara e non lo era neanche per gli antichi. Alcuni lo fanno derivare dalla forma cubica del meteorite, usato per rappresentarla, altri dalle caverne usate spesso come posto per venerare il suo culto. Come già detto precedentemente, per quanto riguarda la sua iconografia, la Grande Madre era solitamente raffigurata sul carro trainato da due leoni.

I due leoni corrispondono ai personaggi mitologici di Melanione e Atalanta, trasformati in belve da Zeus e condannati a trascinare il carro della dea come punizione per aver profanato un suo tempio. Un'altra variante la raffigura seduta su un trono come avviene ad esempio nel santuario di Acre, sempre fra due leoni. I suoi strumenti tipici con i quali viene rappresentata sono il tympanum – tamburello fatto con la pelle del toro, patera – tipo di bacino di culto e ancora la corona muralis – corona composta da mura e torri, in qualità di signora delle città. Questa iconografia viene poi ripresa anche dai Greci e Romani. Un elemento caratteristico di Cibele sono i suoi “propoloi”, ovvero dei personaggi che accompagnano la dea, tra cui i più importanti sono il suo compagno o figlio Attis (di cui vi descriveremo il mito successivamente) e i suoi sacerdoti, chiamati Galli e Coribanti. Altri personaggi che possono accompagnare la dea sono anche il satiro Marsia, i Dioscuri, Ermes e la dea Ecate; di queste figure parleremo in modo ampio successivamente. In Anatolia il culto di Cibele si è sviluppato in alcune zone da cui sono derivati i suoi sopranomi a carattere geografico, come: Mater Dindymene (dalla montagna Dindymus) o Mater Idea (dalla montagna Ida nella Troide). Ma il suo principale e più importante luogo di culto rimane sempre Pessinunt (adesso chiamato Balthisar, ad sud-ovest di Ancyra), nella valle della montagna Agdos, sulla riva del fiume Gallus – affluente di Sangarius (adesso Sakarya). Qui si trovava, fino alla III secolo a.C. la rappresentazione della dea sotto la forma di un meteorite nero.

Da dove proviene il culto di Cibele?

VIII Rilievo

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L’ottavo rilievo è uno dei dodici rilievi che si è conservato meglio all’interno del santuario dedicato alla dea Cibele. La dea è situata all’interno del naiskòs, sulla sua acconciatura poggia il modio, un tipico copricapo a forma di vaso. Nel braccio destro si pensa reggesse la pàtera, il piatto sacro delle libagioni, andata perduta, l’altro braccio era sollevato. Ai lati della testa della dea troviamo i Coribanti che portano il timpano, sorta di tamburo con cui suonavano in danze sfrenate. A fianco della dea si può scorgere una piccola figura maschile seduta. Con un braccio appoggiato al ginocchio e con l’altro regge uno strumento allungato, una sorta di flauto. Si pensa che questa figura sia il satiro Marsia. Sulla parte bassa del rilievo, troviamo i leoni e altre tre figure assai rovinate, che potremmo interpretare come i Sacerdoti della dea.

https://izi.travel/en/e50f-2-il-santuario-dei-santoni/it#/browse/71361e9b-9603-4b27-bdfb-749626b7bbd1/it

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