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il tardo

Leonardo Da VinciRaffaello SanzioMichelangelo Buonarroti GiorgioneTiziano VecellioCorreggio

inizio

breve biografia

Leonardo da Vinci nacque a Firenze il 15 aprile 1452 ed è considerato uno dei massimi esponenti del Rinascimento. Era molto talentuoso e ha lavorato indiversi campi, tra cui scienza, pittura, arte, matematica, anatomia, botanica, design, ingegneria, inventiva, architettura e filosofia. Secondo lui, ogni fenomeno può essere compreso solo attraverso i nostri 5 sensi e soprattutto attraverso la vista. Leonardo non si fidava molto delle veritàconvenzionali basate solo su autori dell'Antichità, ma preferiva sperimentare e basare le sue conoscenze sull'esperienza concreta. Leonardo introdusse nei suoi dipinti una nuova tecnica prospettica, chiamata "prospettiva aerea", che rende lo spazio in modo più realistico: notò che l'aria diventava sempre più densa verso il basso e lontano, e quindi i suoi volumi sullo sfondo sono meno definiti e assumono un colore più chiaro a causa dell'atmosfera. Nonostante si definisse un "uomo senza lettere", intendendo che la sua formazione non era basata sulla tradizione letteraria classica, ma sull'esperienza concreta, Leonardo da Vinci è diventato uno dei più grandi artisti, scienziati e inventori del suo tempo. Morì il 2 maggio 1519 in Francia.

LEONARDO DA VINCI

Inoltre, per dare profondità all'architettura utilizzò la prospettiva lineare, una tecnica che conosceva molto bene, basata nel posizionare il punto di fuga nello sfondo, tra le montagne. I due personaggi principali, Maria e l'angelo, hanno già tutte le caratteristiche tipiche dello stile leonardesco: volti sfumati, panneggi ben dettagliati e chiaroscurati, pose aggraziate. Maria si ritrae dal suo leggio di stile classico. L'angelo si inginocchia tenendo in mano dei gigli bianchi. Anche le due figure sono legate agli studi scientifici: l'angelo ha l'ala di un vero rapace, mentre il braccio destro di Maria è molto allungato, forse per correggere la prospettiva rasente del dipinto, presumibilmente destinato ad un altare laterale di una chiesa.

prospettiva aerea, una tecnica per dare profondità al paesaggio; siccome Leonardo capì che l'aria non era trasparente, ma modificavala visione degli oggetti, rendendoli più chiari quanto più si allontana- no dall'occhio, nel dipinto schiarì le montagne più lontane, con tinte più fredde e contorni più sfocati.

Leonardo da Vinci nel 1472 si iscrisse alla Compagnia dei Pittori di Firenze e in quel periodo dipinse l'Annunciazione, un grande dipinto ad olio con un formato orizzontale; questo dipinto è il primo in cui un'episodio sacro è ambientato all'aperto, in un giardino di fronte a un palazzo rinascimentale. Nel primo piano del dipinto, Leonardo dipinse un giardino fiorito, che sembra molto realistico grazie ai suoi numerosi studi di botanica, mentre al di là del parapetto, inserì una fila di alberi illuminati in controluce, riproducendoli con grande precisione scientifica. Sullo sfondo si può vedere una città portuale circondata da montagne che furono dipinte utilizzando la

L'ANNUNCIAZIONE

Un altro elemento innovativo è l'atteggiamento degli astanti: anziché inscenare un'elegante parata come nelle tradizionali adorazioni, si agitano e gesticolano per mostrare il loro stupore di fronte all'evento miracoloso. Ciò è un'altra dimostrazione del talento di Leonardo, che è riuscito a raffigurare le emozioni attraverso le pose del corpo umano.

Nel 1481 Leonardo da Vinci iniziò a dipingere un altare per la chiesa di San Donato a Scopeto a Firenze, dedicato all'Adorazione dei Magi. La commissione gli diede trenta mesi di tempo per completare l'opera, ma Leonardo si trasferì a Milano l'anno successivo, lasciando il dipinto incompiuto. Tuttavia, l'opera era abbastanza avanzata da mostrare l'innovazione di Leonardo. La composizione era molto più complessa delle tradizionali adorazioni: al centro si trovavano Maria e il Bambino che ricevevano l'omaggio dei tre Magi inginocchiati, mentre attorno a loro c'erano numerosi personaggi che osservavano la scena; sullo sfondo a sinistra c'era un edificio parzialmente in rovina o in costruzione e a destra c'erano cavalieri che si scontravano, simbolo delle agitazioni dell'animo umano che ancora non aveva conosciuto il figlio di Dio. La struttura geometrica su cui si basava la distribuzione degli elementi includeva una piramide centrale formata dalla Madonna con i Magi, un semicerchio formato dalla folla e una serie di elementi verticali che facevano da perni alla composizione. Leonardo aveva fatto numerosi studi preliminari per realizzare qusta complessità: tra essi, si è conservato un disegno prospettico che l'artista aveva usato per dare forma all'architettura dello sfondo. Non è chiaro se si tratti di un tempio pagano in rovina (simboleggia la la vittoria del Cristianesimo) o una chiesa in costruzione (ricorda il presbiterio di San Miniato al Monte a Firenze), ma è comunque una prova della grande capacità di Leonardo di padroneggiare lo spazio costruito e naturale.

L' ADORAZIONE DEI MAGI

espressioni del volto umano. In questa maniera, Leonardo si distinse come uno dei primi artisti ad unire l'arte con la scienza, contribuendo notevolmente alla comprensione del corpo umano e alla nascita dell'illustrazione anatomica.

Questi disegni non erano caricature nel senso contemporaneo del termine, volte a ridicolizzare personaggi noti accentuandone i difetti, ma erano veri e propri studi utili per esplorare le molteplici

Leonardo da Vinci, a differenza dei suoi contemporanei, si distinse per il suo approccio scientifico nello studio del corpo umano, inaugurando così la tecnica dell'illustrazione anatomica. Fin dagli anni Ottanta del Quattrocento, iniziò a interessarsi ai meccanismi interni del corpo umano e, nel decennio successivo, iniziò a sezionare cadaveri per disegnare gli organi interni e i vari apparati. Questa pratica era possibile solo grazie all'amicizia con Marco Antonio della Torre, professore di anatomia presso l'Università di Pavia, che gli procurava i corpi per i suoi studi. Leonardo si dedicò anche al disegno di caricature, volti con tratti esagerati per esplorare non solo la bellezza, ma anche la bruttezza, l'invecchiamento e la deformità del corpo umano.

L'ADORAZIONE DEI MAGI

Tuttavia, i disegni dei rispettivi affreschi divennero così celebri che nel 1574 lo scultore Benvenuto Cellini li definì "la scuola del mondo".

Nel 1499, dopo la fuga di Ludovico il Moro da Milano a causa dell'invasione delle truppe francesi, Leonardo da Vinci lasciò la città e fece ritorno a Firenze nel 1500. Qui, nel 1503, gli venne commissionata la realizzazione di un affresco nella Sala del Gran Consiglio del Palazzo Vecchio (oggi Salone dei Cinquecento) raffigurante la Battaglia di Anghiari, un episodio del 1440 in cui i Fiorentini avevano sconfitto i Milanesi. Sulla parete opposta, Michelangelo avrebbe dovuto dipingere la Battaglia di Cascina, uno scontro del 1364 in cui i Fiorentini avevano vinto sui Pisani. Leonardo realizzò un grande cartone e numerosi schizzi preparatori per ogni personaggio: secondo la tradizione, iniziò a dipingere la scena centrale, ovvero la furiosa lotta tra cavalieri per strappare i vessilli. Tuttavia, a differenza dell'affresco, Leonardo decise di utilizzare la tecnica dell'encausto, un metodo romano descritto da Plinio il Vecchio, che prevedeva il fissaggio del colore tramite l'applicazione di calore vicino alla parete; Leonardo, allora, posizionò una serie di bracieri alla base della parete, ma invece di fissare il dipinto, il calore lo fece sciogliere, danneggiandolo irrimediabilmente. L'opera venne abbandonata, ma i frammenti ancora visibili suscitarono l'ammirazione di numerosi artisti, che visitarono il luogo per ridisegnare quella dinamica immagine di uomini urlanti e cavalli, proprio come fecero Giorgio Vasari nel 1565 e Pieter Paul Rubens nel 1615. Anche l'affresco di Michelangelo ebbe una sorte simile, poiché l'artista riuscì a realizzare solo il cartone prima di trasferirsi a Roma. Rimane solo una copia realizzata nel 1542, che raffigura il momento in cui le truppe fiorentine vennero allertate e si riorganizzarono velocemente per andare a combattere.

Battaglia di Anghiari

Il dipinto più famoso di Leonardo da Vinci è La Gioconda, anche conosciuta come Monna Lisa. Il ritratto fu realizzato tra il 1503 e il 1506 a Firenze e rappresenta Monna Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo. Leonardo continuò a modificare il dipinto negli anni successivi e le radiografie hanno rivelato tre versioni precedenti. Nel 1517, il re francese Francesco I invitò l'artista a lavorare per lui e Leonardo portò con sé il dipinto in Francia, dove fu acquistato dal re per quattromila scudi d'oro. Questo è il motivo per cui La Gioconda si trova oggi al Louvre. La sua straordinaria fama è dovuta principalmente al furto subito nel 1911 da Vincenzo Peruggia, un ex impiegato del Louvre che cercò di rivenderla clandestinamente. Dopo due anni il dipinto tornò al Louvre, ancora oggi la sua principale attrazione. Nel dipinto, Monna Lisa è seduta su una poltroncina con un panorama di sfondo. Indossa un velo trasparente usato dalle donne che avevano appena partorito. La tecnica dell'utilizzo dello sfumato e l'assenza di linee di contorno rendono la figura morbida e la fondono con lo sfondo. Il suo sorriso è unico, in quanto Leonardo ha sollevato solo l'angolo destro delle labbra. Il paesaggio sullo sfondo è indeterminato, probabilmente un luogo di fantasia. Leonardo morì nel 1519 a Amboise, lasciando i suoi disegni al suo allievo Francesco Melzi e il suo lascito artistico che continuerà per sempre.

LA GIOCONDa

Raffaello, nato nel 1483 a Urbino, perse la madre a otto anni. Suo padre, Giovanni Santi, era un famoso pittore dell'epoca e la sua bottega era un luogo di incontro per gli artisti. Raffaello si formò con Pietro Vannucci, un noto artista del tempo. Fin da giovane, Raffaello amava l'arte e realizzò diversi dipinti per i signori dell'Umbria, stringendo amicizia con il Pinturicchio. Successivamente, si trasferì a Firenze, dove entrò in contatto con Leonardo e Michelangelo. Ammirava le loro opere e le glorificava per trarne ispirazione per i suoi dipinti. Le opere di Raffaello erano caratterizzate da una visione morale, serena e da un'armonia perfetta tra uomo e natura. Questa concezione derivava dalla filosofia ellenistica, che lo distingueva dal pensiero di Michelangelo. Raffaello rappresentava lo stile del Rinascimento, caratterizzato da precisione e nitidezza: venne considerato il punto di riferimento della pittura aclassica e la sua morte segnò la fine di questo periodo. Fu influenzato dalla prospettiva, argomento su cui Piero della Francesca stava scrivendo trattati. Raffaello si concentrò molto sul disegno originale e utilizzò spesso la tecnica di disegnare modelli nudi, prestando attenzione ai dettagli e all'anatomia.

RAFFAELLO SANZIO

È probabile che Raffaello abbia visto la tavola di Perugino in una fase ancora incompleta, dato che quest'ultima fu terminata solo nel 1504: mentre Perugino si ispirava all'affresco della Consegna delle chiavi, dipinto da lui stesso nella Cappella Sistina, Raffaello si stava muovendo verso uno stile più coinvolgente e realistico, superando le influenze del Quattrocento. Lo Sposalizio della Vergine rappresenta il momento del matrimonio tra Maria e San Giuseppe. La scena è ambientata in un tempio e vi partecipano molti personaggi, con una grande attenzione alla resa dei dettagli e delle espressioni dei volti. Questo dipinto è considerato un capolavoro dell'arte rinascimentale e

Lo Sposalizio della Vergine è un famoso dipinto del pittore Raffaello Sanzio, realizzato nel 1504. Misura 170x117 cm ed è stato commissionato dalla famiglia Albizzini per la cappella di San Giuseppe nella chiesa di San Francesco a Città di Castello. Quest'opera è l'ultima importante commissione ricevuta dall'artista quando era ancora giovane e si trovava in questa città. Raffaello, per questo dipinto, si ispirò ad una tavola simile di Perugino, che stava realizzando nello stesso periodo per il Duomo di Perugia.

sinistra regge un piccolo ramo fiorito. La Vergine Maria ha un aspetto molto giovane: i suoi capelli sono raccolti in un'acconciatura modesta e un nastro trasparente è avvolto intorno al suo collo; indossa un abito rosso, bordato di blu, che cade fino ai suoi piedi, un mantello blu scuro, che avvolge quasi interamente la figura. Il sacerdote, invece, indossa un'ampia veste cerimoniale decorata con dettagli dorati; il suo viso anziano viene incorniciato da una lunga barba divisa in due parti.

testimonia il talento e l'evoluzione artistica di Raffaello. Il dipinto raffigura il Sommo Sacerdote che tiene la mano destra di San Giuseppe e di Maria. I due sposi si trovano ai lati dell'uomo di fede: a sinistra, San Giuseppe offre un anello a Maria, che accoglie il gesto con la mano; lui indossa un abito lungo e sobrio di colore blu scuro, arricchito da un mantello giallo-arancio. I suoi capelli sono corti e scendono sul collo, mentre sulla sua barba, che è piccola, c'è poco pelo. Il suo volto è quello di un uomo maturo e con la mano

LO SPOSALIZIO DELLA VERGINE

Nel 1504 Raffaello diventa un artista indipendente e decide di lasciare Perugia per cercare nuove opportunità a Firenze, dove ha modo di incontrare Leonardo e Michelangelo. Studia le loro opere e ne assimila il linguaggio, soprattutto l'uso dello sfumato di Leonardo. Questa influenza è evidente nelle opere fiorentine commissionate da famiglie ricche, che principalmente comprendono Sacre Famiglie e ritratti. Una di queste opere è la Madonna del cardellino, dipinta nel 1506 per le nozze di un ricco commerciante. La composizione richiama la tavola di Leonardo con Sant'Anna, la Madonna, il Bambino e San Giovannino, ma in questo caso vi sono solo tre figure, disposte secondo la solita forma triangolare. Il piccolo Giovanni offre a Gesù un cardellino, un uccello simbolo della Passione poiché vive tra le spine dei cardi, che richiamano le spine della corona di Cristo, e per la macchia rossa sulla testa, simbolo del sangue versato. Nonostante questo presagio di morte, la scena emana grande dolcezza. Lo sguardo tra le figure, le pose armoniose e il delicato paesaggio incarnano la grazia divina che Raffaello sapeva infondere nei suoi dipinti. Questa grazia sembra essere stata una caratteristica della sua personalità, essendo ricordato per la sua straordinaria amabilità. La stessa armonia compare anche nei ritratti, come nel caso dei coniugi Agnolo Doni e Maddalena Strozzi (gli stessi che commissionarono a Michelangelo il Tondo Doni), dove i personaggi assumono pose eleganti ma naturali. Come nella Gioconda, le due scene si aprono su un delicato paesaggio in prospettiva aerea, ma l'orizzonte è più basso e i protagonisti emergono nettamente grazie alla luce limpida che ne modella le forme. Si nota inoltre una cura dei dettagli quasi fiamminga nei decori dei vestiti di Maddalena e nei capelli vaporosi di Agnolo.

LA MADONNA DEL PRATO

L'influenza di Michelangelo è evidente nel Trasporto di Cristo o Pala Baglioni, una delle ultime opere del periodo fiorentino di Raffaello. Dipinta nel 1507, è stata commissionata da Atalanta Baglioni in memoria del figlio Grifonetto, ucciso in una congiura. Originariamente composta da diversi pannelli, oggi conservati in vari musei, la grande tavola mostra il momento in cui Cristo viene trasportato al sepolcro dopo essere stato deposto dalla croce. Giuseppe d'Arimatea trattiene il busto di Cristo, mentre Nicodemo (che potrebbe essere il ritratto di Grifonetto) sorregge le gambe. Maddalena stringe la mano cadaverica di Cristo accanto a Giovanni. Sullo sfondo si vedono le croci sul Golgota, mentre a destra, sullo sfondo, la Madonna sviene tra le braccia delle compagne. L'iconografia richiama il Trasporto di Meleagro, un bassorilievo romano del II secolo a.C. che Raffaello potrebbe aver visto a Roma, ma la posa di Cristo sembra ispirata dalla Pietà di Michelangelo. Raffaello imita anche la posa serpentina della donna inginocchiata a sorreggere Maria, simile a quella della Madonna del Tondo Doni, e utilizza colori vivaci e contrastanti come Michelangelo. Tuttavia, la scena è molto più dinamica rispetto alle tradizionali deposizioni, con le figure principali disposte lungo due direttrici oblique che lasciano un vuoto al centro dell'immagine. Questa opera segna una svolta nello stile di Raffaello, che diventa più vigoroso e troverà piena applicazione nelle sue opere successive.

PALA BAGLIONI

Tra il 1511 e il 1514, Raffaello decorò la Stanza di Eliodoro, una sala utilizzata per udienze private. Tra il 1514 e il 1517, affrescò la Stanza dell'Incendio di Borgo, dipingendo personalmente solo l'affresco che dà il nome alla stanza. Per la quarta e ultima stanza, chiamata Stanza di Costantino e iniziata nel 1517, Raffaello riuscì solo a preparare i cartoni perché morì prematuramente nel 1520, e quindi gli affreschi furono realizzati dal suo allievo Giulio Romano.

Questi ambienti richiedono un programma iconografico complesso e ricco di allegorie, poiché non si tratta solo di semplici decorazioni, ma di immagini concepite con uno scopo politico preciso: affermare il potere della Chiesa sulla terra e sottolineare il ruolo del papa come detentore di quel potere. La prima stanza, chiamata Stanza della Segnatura e affrescata tra il 1508 e il 1511, era lo studio privato del papa. Il nome deriva dalla funzione della Segnatura Gratiae et lustitiae, il tribunale della Santa Sede che ospitava in quel periodo.

Nel 1508, Raffaello lascia Firenze per trasferirsi a Roma, dove entra a far parte del gruppo di artisti protetti da papa Giulio II grazie alla conoscenza di Donato Bramante. Nonostante abbia solo 25 anni, il pontefice gli affida un importante incarico: decorare le Stanze Vaticane, 4 grandi ambienti che erano in fase di realizzazione per la residenza del papa.

STANZE VATICANE

Accanto a Platone, a destra, c'è Aristotele con l'Etica posata su una gamba e la mano rivolta verso il basso, simbolo che la verità va cercata osservando il mondo reale.

Altri filosofi rappresentati sono Socrate, intento a discutere con i suoi discepoli, Diogene che si sdraia sulle scale, e Pitagora in primo piano a sinistra, mentre scrive su un libro. Sono inoltre visibili Euclide che insegna geometria, Zoroastro che tiene in mano il globo celeste e Tolomeo con quello terrestre. L'uomo con il berretto nero a destra, che guarda l'osservatore, è un autoritratto di Raffaello. Il prezioso cartone dell'affresco, un disegno preparatorio in scala reale creato per mostrare la scena al pontefice prima di iniziare la pittura, è stato conservato. Tuttavia, in questa versione manca Eraclito, il filosofo pensoso ai piedi delle scale. È stato aggiunto in seguito per forse omaggiare Michelangelo, le cui fattezze facciali sono rappresentate, che nello stesso periodo stava dipingendo la volta della Cappella Sistina adiacente.

La Stanza della Segnatura, all'interno delle Stanze di Raffaello, è dedicata all'esaltazione dei valori più elevati dell'uomo: il Vero, il Bene e il Bello. Un'importante rappresentazione del Vero è l'affresco chiamato la Scuola di Atene. Dipinto tra il 1509 e il 1510, questo allegorico affresco celebra la conoscenza scientifica e filosofica, raffigurando i più grandi pensatori del passato, principalmente dell'antica Grecia. Al centro del dipinto si trovano Platone e Aristotele, i due massimi filosofi dell'antichità. Platone, a sinistra, indica l'Iperuranio, il luogo celeste delle idee, con il braccio alzato mentre tiene il Timeo sotto il braccio. Il suo volto barbuto potrebbe essere un autoritratto di Leonardo da Vinci.

SCUOLA DI ATENE

INCENDIO DI BORGO

Nella Stanza di Eliodoro, utilizzata per le udienze private del Papa, il programma iconografico si concentra sulla protezione di Dio nei momenti difficili della Chiesa. Papa Giulio II scelse questo tema in relazione al difficile periodo del proprio Stato Pontificio, minacciato lungo i confini. Tra gli affreschi presenti, si distingue quello della Liberazione di San Pietro, in cui l'apostolo viene salvato da un angelo inviato da Dio mentre è rinchiuso in carcere in attesa dell'esecuzione. L'affresco rappresenta tre momenti consecutivi dell'episodio: al centro, Pietro, incatenato e rinchiuso, viene risvegliato dall'angelo; a destra, l'apostolo viene condotto fuori dal carcere mentre i soldati di guardia dormono profondamente; a sinistra, infine, i soldati si svegliano dopo essersi accorti dell'evasione. Per separare i tre momenti, Raffaello usa la finestra al centro della parete come podio per la stanza della prigione. Ma ciò che sorprende maggiormente è l'uso della luce: proveniente da diverse fonti presenti nella scena, come la torcia del soldato a sinistra, la luna tra le nuvole e l'angelo stesso, la luce permette alle figure di emergere dalle tenebre con riflessi metallici e effetti di controluce innovativi. Quest'opera rappresenta uno dei primi esempi di pittura notturna nella storia dell'arte.

incendio di borgo

Il nuovo committente, papa Leone X, chiese a Raffaello di illustrare storie di papi di nome Leone. Uno degli episodi scelti, che dà il nome all'intera stanza, è l'Incendio di Borgo, accaduto realmente nell'847 nel quartiere antistante la Basilica di San Pietro. Questo episodio rievoca l'incendio di Troia, con cui inizia l'Eneide, ed è un'allusione al ruolo politico del nuovo pontefice come pacificatore dei conflitti in Europa. L'affresco, dipinto principalmente da Raffaello e completato dal suo allievo Giulio Romano, rappresenta la fuga disperata degli abitanti, mentre papa Leone IV, sullo sfondo, spegne il fuoco impartendo una solenne benedizione dal suo loggiato. Si può anche osservare la facciata originale della Basilica costantiniana, ricoperta di mosaici dorati. Nello sfondo, le colonne classiche richiamano i ruderi del Foro Romano, mentre le figure centrali esprimono pathos: un uomo porta sulle spalle il vecchio padre, affiancato da un bambino, simboleggiando Enea e Anchise con il piccolo Ascanio, che rappresentano le origini mitiche di Roma. Un uomo nudo si lascia cadere dal muro, mentre una madre cala il suo neonato in fasce. Al centro, una donna si inginocchia con le braccia al cielo, implorando pietà, mentre altri accorrono per aiutare. Le figure, muscolose e dinamiche, richiamano gli stili di Michelangelo e ispireranno la celebre opera di Picasso, Guernica. L'agitazione è palpabile anche nelle figure più piccole, poco prima che avvenga il miracolo.

ritratto di leone x

dei dettagli, come i materiali delle vesti e le espressioni sul volto dei papi: queste opere rappresentano un punto di svolta nell'arte del ritratto, introducendo un nuovo modo di rappresentare i pontefici con pose espressive e realiste, infatti, hanno influenzato molti artisti nel corso dei secoli, consolidando la reputazione di Raffaello come uno dei più grandi pittori del Rinascmento. Inoltre, sono la testimonianza della grande maestria artistica di Raffaello e il suo talento nel catturare non solo l'aspetto fisico dei suoi soggetti, ma anche la loro psicologia e personalità.

Raffaello, uno dei più famosi pittori del Rinascimento italiano, è noto per i suoi ritratti dei papi Giulio II e Leone X, per i quali ha lavorato. Ciò che rende queste opere così innovative è il fatto che Raffaello ha scelto di rappresentare i papi in pose di tre quarti, con espressioni facciali molto espressive, a differenza dei ritratti precedenti che mostravano i pontefici solitamente in posizioni rigide e di profilo. Nel ritratto del papa Leone X, realizzato nel 1518, vediamo un papa calmo e concentrato e siede al tavolo da lettura, mentre studia un manoscritto miniato con l'aiuto di una lente di ingrandimento; il dipinto mostra anche i cardinali Giulio de' Medici e Luigi de' Rossi. Raffaello utilizza abilmente la prospettiva accidentale, i diversi sguardi dei personaggi e un'architettura aperta per creare uno spazio vitale e realistico all'interno del dipinto. Questo ritratto è stato realizzato per permettere al papa di partecipare alle nozze del nipote Lorenzo. Il ritratto di Leone X e di papa Giulio II sono caratterizzati da un grande realismo e da una resa impressionante

La Trasfigurazione di Cristo, l'ultimo dipinto di Raffaello, rappresenta il culmine del suo stile artistico. Realizzato tra il 1518 e il 1520, è un'opera affascinante e vitale, che racconta un evento miracoloso con la naturalezza tipica di Raffaello. Nella parte superiore del dipinto, Cristo appare risplendente di luce, sospeso in aria e circondato dai profeti Mosè ed Elia. Nella parte inferiore, invece, viene rappresentata la guarigione di un ragazzo indemoniato a opera di Cristo, dopo che gli altri apostoli avevano tentato invano di guarirlo. Le due parti del dipinto sono nettamente contrastanti: la parte superiore è luminosa e gli apostoli devono coprirsi gli occhi per non essere abbagliati, mentre la parte inferiore è più oscura e i personaggi sono agitati dalla paura e dallo stupore. La figura sospesa in cielo sembra emettere luce propria grazie a questo contrasto. Quando completò il dipinto, Raffaello era all'apice della sua carriera e ammirato da molti. Tuttavia, morì improvvisamente il 6 aprile 1520 a soli 37 anni. Secondo Vasari, l'artista morì dopo quindici giorni di febbre, inutilmente curata con salassi e causata da misteriosi eccessi amorosi. Raffaello fu sepolto nel Pantheon di Roma come da sua volontà. Sulla sua tomba, il cardinale Pietro Bembo fece scrivere una citazione che sottolineava il talento e la potenza dell'artista: Ille hic est Raphael, timuit quo sospite vinci rerum magna parens et moriente mori, cioè "Qui giace Raffaello: da lui, quando visse, la natura temette d'essere vinta, ora che egli è morto, teme di morire"

TRASFIGURAZIONE DI CRISTO

Michelangelo Buonarroti è stato un artista di un livello artistico senza precedenti, capace di superare persino la natura e gli artisti antichi. Nato a Caprese nel 1465, si trasferì presto a Firenze, dove entrò nella bottega del Ghirlandaio. Tuttavia, si dice che si sia formato anche alla corte di Lorenzo il Magnifico, tra il neoplatonismo e l'antichità classica del giardino di San Marco. Fin da giovane dimostrò un grande talento per il disegno, prendendo ispirazione da Giotto, Masaccio e dagli antichi presenti nella collezione medicea. Michelangelo realizzò opere di altissimo livello in pittura, architettura e scultura, ma si considerava principalmente uno scultore. Nel 1496 si trasferì a Roma, dove realizzò le prime opere importanti, tra cui la Pietà vaticana. Tornò poi a Firenze nel 1501 e creò il famoso David e il Tondo Doni, oggi conservato agli Uffizi. Nel 1505 fu invitato da Papa Giulio II a tornare a Roma, dove si trasferì definitivamente nel 1536. Michelangelo iniziò a lavorare sulla tomba del pontefice, un progetto tormentato che fu completato solo nel 1544 dopo molti ritardi e modifiche. Nel 1508 il Papa gli offrì l'opportunità di affrescare la volta della Cappella Sistina, che l'artista completò incredibilmente in soli 4 anni. Poi, circa vent'anni dopo, dipinse il grande Giudizio Universale. Tra la Cappella Sistina e il Giudizio Universale, Michelangelo si dedicò anche a progetti architettonici come la Sagrestia Nuova della Basilica di San Lorenzo a Firenze e la sistemazione della piazza del Campidoglio a Roma. Tornato a Roma, oltre al Giudizio Universale, si occupò anche della costruzione della Basilica di San Pietro, completando l'immensa cupola. Negli ultimi anni di vita, Michelangelo si concentrò principalmente sulla scultura, realizzando opere come la Pietà Rondanini, la sua ultima opera, poichè morì a Roma nel 1564 all'età di 89 anni.

MICHELANGELO BUONARROTI

In estate del 1498, Michelangelo riceve l'incarico di creare una scultura della Pietà per il cardinale Jean Bilhères de Lagraulas, ambasciatore francese al Vaticano. Michelangelo si reca personalmente alle cave di Carrara per scegliere il blocco di marmo migliore per la realizzazione della scultura. La Pietà era un soggetto tipicamente nordico, rappresentato tradizionalmente in piccole statue lignee. Michelangelo crea una versione unica in cui la Madonna tiene il corpo di Cristo morto sulle sue ginocchia. Le due figure si fondono in una sola cosa, simboleggiando l'unione di Cristo e Maria nel loro destino di sacrificio e salvezza. Maria accetta pienamente il destino del figlio, come si può vedere dalla sua mano aperta. La scelta di rappresentare entrambi giovani causò alcune polemiche, ma Michelangelo la giustifica spiegando che Maria è figlia del suo stesso figlio, poiché Cristo è anche Dio. La bellezza dei corpi scolpiti è esaltata dal movimento dei panneggi che avvolgono Maria, ispirati all'Annunciazione di Leonardo. La scultura è così perfetta che alcuni contemporanei attribuirono l'opera a un artista lombardo, non credendo che un giovane scultore di soli ventitré anni potesse realizzare qualcosa del genere. Michelangelo firma la scultura, cosa che non fece mai in altre opere. La Pietà venne collocata nella cappella di Santa Petronilla, ma successivamente fu spostata a causa delle demolizioni della vecchia Basilica di San Pietro. Infine, nel 1749, fu posizionata nella prima cappella a destra, dove può ancora essere ammirata oggi.

PIETà DI SAN PIETRO

La scultura ha destato grande ammirazione e non fu collocata sul Duomo come inizialmente previsto, ma nella Piazza della Signoria, davanti a Palazzo Vecchio, simbolo del potere civile. La sua collocazione assume quindi un nuovo significato, quello della libertà e dell'indipendenza del popolo fiorentino. Il trasporto della statua fu un'impresa, con il muro del cortile dell'Opera del Duomo abbattuto e la statua ingabbiata in una cassa lignea che fu trascinata su travi unte di grasso da 40 operai. La solenne inaugurazione avvenne nel settembre 1504, dopo le rifiniture finali di Michelangelo. La statua originale si trova oggi presso la Galleria dell'Accademia, mentre davanti a Palazzo Vecchio si può osservare una copia. L'entusiasmo per l'opera fu tale da farla considerare superiore a tutte le statue moderne e antiche, greche o latine, secondo il giudizio di Vasari.

raffigurare David nel momento che precede lo scontro, con slancio di concentrazione e determinazione. La testa è ruotata, la fronte corrugata, lo sguardo diretto e le vene pulsano sul dorso della mano. Nonostante l'assenza di armi, David simboleggia la virtù e la razionalità, ed è già certo della sua vittoria.

Nel 1501, Michelangelo viene richiamato a Firenze per realizzare una statua di David per il Duomo. Tuttavia, a differenza delle volte precedenti, Michelangelo non ha il diritto di scegliere il marmo dalla cava, ma deve utilizzare un blocco di marmo lungo, chiamato "il gigante di marmo", che era stato abbandonato nel cortile dell'Opera del Duomo. I suoi predecessori, Agostino di Duccio nel 1464 e Antonio Rossellino nel 1475, avevano rinunciato a scolpire il blocco a causa dei taroli e delle impurità presenti. Nel settembre del 1501, Michelangelo inizia a lavorare da solo sul masso, che misura originariamente 5,5 metri di lunghezza, al riparo dalla vista dei curiosi. Nel maggio del 1504, la statua è completa. Il David realizzato da Michelangelo è colossale, come il blocco da cui è stato scolpito: alto 5,17 metri e pesante oltre 5 tonnellate. La statua è perfetta come una statua classica, con una totale nudità, un corpo adulto, un'accurata anatomia e una posa che segue la regola della ponderazione di Policleto. La posa segue il principio dell'incrocio tra la gamba destra e il braccio sinistro che sostengono il peso, e la gamba sinistra e il braccio destro che si rilassano. Come nelle statue classiche in marmo, il David ha anche un piccolo tronco di rinforzo dietro la gamba per evitare che le caviglie si spezzino. Michelangelo ha scelto di

DAVID

Michelangelo fu chiamato a Roma nel 1505 per realizzare la tomba del papa Giulio II. Tuttavia, il progetto si trasformò in una lunga e frustrante esperienza che durò quarant'anni. Dopo aver acquistato il marmo necessario per il monumento, Michelangelo si trovò di fronte alla richiesta del papa di ridurre il progetto. Sdegnato, l'artista tornò a Firenze ma alla fine accettò l'incarico per affrescare la Cappella Sistina. Dopo la morte del papa nel 1513, Michelangelo stipulò un nuovo contratto per la tomba ma nessuna delle versioni successive fu realizzata. Solo nel 1542 venne accettata la quinta proposta, che oggi si può ammirare nella basilica di San Pietro in Vincoli. Del secondo progetto rimase solo la statua di Mosè, che si trova alla base del monumento. Michelangelo iniziò anche a scolpire sei prigioni per la tomba, ma completò solo due di esse, conosciute come Schiavo ribelle e Schiavo morente. Queste due opere non furono incluse nella versione finale della tomba, ma furono donate alla famiglia Strozzi di Firenze. Le altre quattro statue di prigioni rimasero incompiute, rappresentando la concezione di Michelangelo della scultura contenuta già all'interno del blocco di marmo. In conclusione, Michelangelo fu coinvolto in un progetto per la tomba del papa che si protrasse per decenni e che alla fine non fu realizzato come originariamente previsto. Le opere scultoree che ne derivarono sono testimonianza della maestria e della visione unica dell'artista.

TOMBA DI GIULIO II

Durante il suo soggiorno a Firenze nel 1505, Michelangelo dipinge la sua prima e unica tavola, nota come Tondo Doni. Il dipinto raffigura una Sacra Famiglia e prende il nome dal formato circolare del pannello e dal cognome del committente, Agnolo Doni. Al centro dell'opera si trovano Maria e Giuseppe seduti su un prato con il Bambino. La loro posizione è insolita, con Maria che ha le gambe rivolte a destra e il busto frontale, mentre Giuseppe le porgere il Bambino. Questa postura, chiamata figura serpentinata, introduce un dinamismo che mancava nelle precedenti opere di altri artisti. Questa innovazione potrebbe derivare dalle scoperte di marmi ellenistici più dinamici rispetto all'arte greca classica. Da questo momento in poi, la figura serpentinata diventa un elemento caratteristico del linguaggio artistico di Michelangelo. Le figure sono caratterizzate da una torsione dei corpi e un rilievo plastico notevole. Michelangelo usa un intenso chiaroscuro e una linea di contorno per separare le figure dallo sfondo. La Madonna ha una muscolatura potente, una caratteristica che Leonardo criticò definendo i corpi troppo muscolosi come "sacchi di noci". In secondo piano, c'è una fila di Ignudi (uomini nudi) che simboleggiano il mondo pagano, mentre il Battista impartisce il battesimo al bambino con una piccola croce sulla spalla. Lo sfondo è costituito solo da una collina azzurra, senza i contorni sfocati o la prospettiva aerea di Leonardo. Michelangelo non è interessato alla natura e alla sua rappresentazione scientifica, ma si concentra solo sui corpi e sulla loro forza.

TONDO DONI

Alla fine, il Papa convinse Michelangelo ad accettare l'incarico offrendogli una parcella da capogiro. L'artista chiamò alcuni collaboratori da Firenze per aiutarlo nelle questioni pratiche, ma la realizzazione delle scene e delle figure rimase principalmente di sua responsabilità. Michelangelo lavorò in solitudine sui ponteggi per quattro anni, subendo gravi danni fisici. Non dipinse la volta da sdraiato, come alcuni film hanno mostrato, ma sempre in piedi con la testa reclinata all'indietro, una posizione molto scomoda. L'artista soffriva di gozzo e problemi alla salute a causa del lavoro intenso. Tuttavia, i risultati del suo lavoro furono straordinari. Il Papa aveva scelto Michelangelo per la sua originalità e creatività, nonostante la sua mancanza di esperienza nella pittura ad affresco. Michelangelo ruppe con la tradizione iconografica del 400, dando vita a una nuova era nell'arte. I dipinti sulla volta della Cappella Sistina superarono in grandezza e originalità gli affreschi realizzati dagli illustri artisti del tempo come Perugino e Botticelli. Le scene sulla volta dovevano essere in relazione con le Storie di Mosè e di Cristo dipinte sulle pareti. Michelangelo elaborò un progetto complesso, diviso in tre parti, con nove episodi che illustravano i momenti salienti della creazione del mondo e della storia dei primi uomini, come raccontati dalla Bibbia. Le scene sono una meditata interpretazione del testo sacro, piuttosto che un'illustrazione letterale. La volta della Cappella Sistina ha rappresentato un grande successo per Michelangelo e una svolta nell'arte rinascimentale. Il suo lavoro ha ridefinito gli standard artistici del tempo e ha influenzato le generazioni future di artisti.

Nel 1508, il Papa Giulio II ha commissionato a Michelangelo di affrescare la volta della Cappella Sistina, che fino ad allora era decorata con un semplice cielo stellato. L'artista era restio ad accettare l'incarico perché non aveva mai dipinto ad affresco prima e temeva di fallire. Inoltre, non voleva delegare alcuna parte del lavoro a collaboratori, poiché credeva che ogni opera d'arte dovesse appartenere interamente al suo creatore. Tuttavia, non poteva rifiutare la richiesta del Papa, proverbiale per le sue ira quando veniva contraddetto. Nonostante gli scontri verbali e fisici tra Michelangelo e il Papa, i due avevano un rapporto privilegiato. Il Pontefice ammirava molto l'artista e Michelangelo sapeva di aver trovato nel Papa il committente ideale.

LA VOLTA DELLA CAPPELLA SISTINA

In questa figura è stato identificato un ritratto di Pietro Aretino, l'intellettuale che aveva attaccato Michelangelo, mentre l'artista stesso si è raffigurato nella pelle che San Bartolomeo tiene in mano, come a suggerire che Aretino volesse la sua pelle. La differenza con gli affreschi della volta è enorme. Mentre quelli trasmettevano un senso di forza primordiale, qui prevale un senso tragico dell'esistenza. D'altra parte, a causa della destabilizzazione causata dalla Riforma protestante e dal Sacco di Roma, la visione di Michelangelo era diventata sempre più cupa: secondo lui, il destino dell'uomo era una lotta continua che avrebbe comunque portato alla sua sconfitta. Il Giudizio Universale rischiò di essere distrutto quando, durante il Concilio di Trento (1545-1563), molti chiesero che fosse eliminato a causa delle sue supposte oscenità. Fu salvato grazie alla decisione di coprire le nudità con drappi che fungessero da mutande. Per realizzare queste coperture, nel 1564 fu incaricato il pittore Daniele da Volterra, che per questo motivo è stato ricordato come Braghettone.

Dopo 24 anni dall'ultimazione della volta, Michelangelo viene chiamato nuovamente a lavorare alla Cappella Sistina. Questa volta gli viene chiesto di dipingere l'affresco del Giudizio Universale sulla parete dietro l'altare, un soggetto solitamente adibito alla controfacciata delle chiese. Michelangelo impiegherà 5 anni, dal 1536 al 1541, per completare l'enorme affresco di 14 metri di altezza e 12 di larghezza. A differenza della volta, dove sono rappresentati diversi episodi narrati attraverso una struttura architettonica dipinta, qui la scena è unica e segue l'iconografia tradizionale. Cristo si trova al centro superiore insieme alla Madonna, circondato da santi e beati. Gli eletti sono posizionati in basso a sinistra, mentre i dannati si trovano sul lato opposto. Tuttavia, rispetto ai precedenti come il Giudizio Universale di Giotto, l'affresco di Michelangelo presenta un dinamismo straordinario, con la predominanza di corpi nudi e la sua tipica forza scultorea. La scena è particolarmente apocalittica: Cristo, con il braccio sollevato, sta per pronunciare la sentenza finale, mentre un gruppo di angeli suona le trombe dell'ora del giudizio. Al di sotto, il traghettatore Caronte, con occhi infuocati, colpisce con il remo i dannati che sta trasportando. Anche il momento della resurrezione dei giusti è drammatico: i loro corpi vengono strappati dalla terra e portati verso il cielo. A destra, il movimento è inverso: i dannati, potenti ma disperati, sono trascinati violentemente verso il basso. Anche i santi attorno a Cristo sono titanici e drammatici. Si riconoscono dai loro attributi iconografici: San Pietro, a destra, tiene le grandi chiavi, San Lorenzo, sotto la Madonna, porta sulla spalla la graticola, e San Bartolomeo, in posizione simmetrica, tiene la sua pelle scuoiata.

Il giudizio universale

La richiesta del papa era un segno di riconciliazione tra Michelangelo e la famiglia dei Medici: nonostante i contrasti passati, Michelangelo accettò l'incarico e iniziò a lavorare sulla facciata della chiesa. La facciata della Chiesa di San Lorenzo non era mai stata completata a causa di problemi finanziari e politici, ma Michelangelo, nonostante i vari problemi e ostacoli, era determinato a portare a termine l'opera, infatti, si dedicò con passione al progetto e riuscì a realizzare un'opera di straordinaria bellezza, caratterizzata da un'armoniosa composizione architettonica e dal prezioso utilizzo di marmi pregiati. Michelangelo sviluppò il progetto in modo scultoreo anziché architettonico: questo prevedeva una grande facciata rettangolare con sporgenze e rientranze che ricordavano il prospetto di un palazzo nobiliare, ma non fu mai realizzato e rimase solo un modello ligneo commissionato dal papa. Nel frattempo, nel 1520, Michelangelo costruì la cappella, che per distinguerla dalla Sagrestia Vecchia di Brunelleschi, chiamò Sagrestia Nuova. Questa cappella doveva essere il mausoleo degli ultimi discendenti diretti della famiglia Medici: Giuliano de' Medici, duca di Nemours, e suo nipote Lorenzo de' Medici, duca di Urbino. Michelangelo riprese lo schema architettonico di Brunelleschi, con la pianta quadrata e la presenza di una scarsella, ma aggiunse un livello in più e creò una struttura più slanciata e articolata; inoltre utilizzò la pietra serena per definire gli spazi dell'ambiente. Tutto sommato, quindi, nonostante il progetto della facciata della Chiesa di San Lorenzo non fu mai realizzato, Michelangelo ebbe l'opportunità di lasciare un'impronta nella chiesa con la costruzione della Sagrestia Nuova.

Nonostante l'opera del David a Firenze abbia creato tensioni con la famiglia dei Medici, che erano stati cacciati dalla città per instaurare la Repubblica, il papa Leone X Medici decise di affidare a Michelangelo il compito di completare la facciata della Chiesa di San Lorenzo, che era un edificio di famiglia costruito da Filippo Brunelleschi.

sAGRESTIA NUOVA

L'arrivo di Donatello a Padova e di Antonello da Messina a Venezia nel 400 segna l'inizio di un Rinascimento locale autonomo rispetto a quello toscano. Questo linguaggio artistico era già stato anticipato da Giovanni Bellini, che aveva abbandonato la tradizione locale e inaugurato una pittura innovativa caratterizzata dalla dolcezza della luce sulle figure e sul paesaggio.

Giorgione perfezionò la tecnica del colore tonale, che diventa l'elemento distintivo del Rinascimento veneto. In questa tecnica, le forme vengono costruite solo attraverso il colore, senza l'utilizzo della linea di contorno. Le figure si fondono con lo sfondo, creando un'armonia visiva. A differenza del Rinascimento toscano, a Venezia si apprezza il mito per il puro piacere dei sensi, senza una ricercata reinterpretazione filosofica o religiosa. Le figure mitologiche come Venere e Danae sono rappresentate in modo sensuale e offrono un godimento estetico. Nella pittura di Giorgione e Tiziano si percepisce un'atmosfera tesa, che si discosta dalle immagini solari del Rinascimento toscano.

IL RINASCIMENTO VENETO

Giorgione, nome d'arte di Giorgio da Castelfranco, è stato un importante pittore italiano della scuola veneta, nato a Castelfranco, in Veneto, nel 1478 e morto a Venezia il 17 settembre 1510. Nonostante la sua grande popolarità durante la sua vita, la figura di Giorgione rimane enigmatica nella storia dell'arte: non ha firmato nessuna delle sue opere e la ricostruzione del suo catalogo, così come la definizione dei significati iconografici di molte sue opere, è oggetto di dibattito tra gli studiosi. La sua carriera artistica è durata poco più di dieci anni, ma ha lasciato un'impronta indelebile sulla scena pittorica veneziana. Anche se la sua produzione artistica è stata relativamente limitata, ha avuto un impatto significativo sulla pittura veneta, aprendo la strada alla "Maniera Moderna". Il soprannome "Giorgione" potrebbe essere stato dato in relazione alla sua altezza. Rimane un artista sfuggente e misterioso, tanto che Gabriele D'Annunzio lo considerava quasi un mito piuttosto che un uomo.

GIORGIONE

La Tempesta di Giorgione è un dipinto enigmatico che rappresenta la connessione profonda tra l'uomo e la natura. La vista suggestiva dei personaggi e del paesaggio sullo sfondo caratterizza l'arte del famoso pittore veneto. A differenza dei suoi lavori precedenti, il paesaggio ne La Tempesta è delineato in modo più sfumato e rarefatto, con alberi che emergono dalle cariche nuvole del cielo e creano giochi di luce con precisi cromatismi. Nel corso degli anni, molti critici e studiosi hanno cercato di trovare un'interpretazione unanimemente accettabile, ma senza successo. Alcuni pensano che Giorgione volesse rappresentare i quattro elementi della natura, terra, aria, fuoco e acqua, mentre altri considerano il dipinto come una rappresentazione poetica della conquista di Padova da parte della Repubblica di Venezia, avvenuta circa un secolo prima della realizzazione del dipinto. Nonostante le varie interpretazioni proposte, il significato della Tempesta rimane ancora avvolto nel mistero.

Il capolavoro di Giorgione, la Tempesta, è considerato una delle opere fondamentali del Rinascimento. Si pensa che il quadro sia stato realizzato intorno ai primi anni del XVI secolo. La composizione raffigura un paesaggio campestre con rovine romane ai lati e una città medievale sullo sfondo. Il cielo minaccioso domina il dipinto, che mostra un ruscello e un ponticello circondati dalla vegetazione verde. Ci sono due figure nel quadro: un uomo che osserva il paesaggio sulla sinistra, elegantemente vestito e appoggiato a un bastone, e una donna seminuda che allatta un neonato, con gli occhi rivolti verso lo spettatore, sulla destra. La Tempesta è uno dei primi esempi di pittura in cui il paesaggio è il vero protagonista, ma le figure umane sono comunque presenti e svolgono un ruolo emblematico nell'opera. Il Giorgione ha espresso la sua concezione di arte e natura in quest'opera, che evidenzia la sua abilità artistica e il suo approccio innovativo alla pittura. Il quadro è conservato alla Galleria dell'Accademia a Venezia.

LA TEMPESTA

La Pala di Castelfranco, dipinta da Giorgione intorno al 1504, presenta una Sacra Conversazione dalla situazione enigmatica. La Madonna col Bambino è posta su un piedistallo che si appoggia su un sarcofago, con San Francesco e San Nicasio alla base. La posizione insolita di Maria e l'assenza di una struttura architettonica attorno a lei conferisce alla scena un'atmosfera quasi irreale. Tuttavia, dal punto di vista spaziale, l'immagine è realistica: il cortile con il pavimento a scacchi è reso in prospettiva lineare, mentre il delicato paesaggio oltre il muro è dipinto con una prospettiva cromatica. Ciò che lega ogni elemento è l'uso della pittura tonale, una tecnica già sperimentata da Giovanni Bellini, in cui la luce calda e soffusa avvolge ogni parte della scena, facendo apparire tutti i colori come se appartenessero alla stessa gamma cromatica. Allo stesso tempo, i contorni sono sfumati, tanto da far sembrare le figure umane che si fondono con il paesaggio.

PALA DI CASTELFRANCO

La "Venere dormiente", nota anche come "Venere di Dresda" perché custodita presso la Gemäldegalerie di Dresda, è una delle opere più famose realizzate da Giorgio da Castelfranco, meglio conosciuto come Giorgione. Si tratta di un olio su tela di straordinaria bellezza e di uno stile e una poetica incredibilmente moderni. La "Venere dormiente" è un vero e proprio inno alla bellezza femminile: Giorgione regala alla storia dell'arte una delle prime rappresentazioni di una donna completamente nuda. L'artista si ispira direttamente all'arte antica per questo dipinto, diventando uno dei protagonisti del rinnovamento artistico del suo secolo che porterà alla nascita dell'arte moderna. È il primo a inaugurare un filone che sarà ripreso anche da Tiziano con la sua "Venere di Urbino", probabilmente ispirata proprio da questo quadro che Tiziano completò a causa della prematura morte di Giorgione. A Tiziano venne chiesto di apportare alcune modifiche al dipinto di Giorgione in modo che potesse essere più adatto come regalo di nozze. L'artista quindi decise di aggiungere il morbido lenzuolo bianco e il cuscino coperto da un drappo rosso su cui è adagiato il corpo della dea, così come altri dettagli che avevano lo scopo di accentuare l'erotismo complessivo del dipinto. Purtroppo, a causa di un cattivo restauro nell'Ottocento, un cupido, presente a destra del dipinto, fu coperto. Artisti contemporanei come Tiziano, ma anche pittori più lontani nel tempo come Rubens, Ingres o Manet con la sua Olympia, si ispirarono alla Venere di Giorgione.

LA VENERE DORMIENTE O DI DESDRA

La figura a sinistra, vestita di bianco, potrebbe essere la sposa del committente. Intorno a lei sono presenti vari simboli del matrimonio: un bacile per il parto, conigli che augurano fecondità. Il piccolo Cupido agita l'acqua nella vasca per rappresentare la dualità della donna, che deve essere casta e passionale al tempo stesso. La figura svestita a destra potrebbe rappresentare Venere, il canone della bellezza e dea dell'amore.

Il titolo del dipinto non è originale, ma fu dato alla fine del XVII secolo basandosi su una lettura moralistica della coppia di donne. In realtà, l'intenzione dell'autore era di esaltare l'amore nella sua forma terrestre e celeste.

Tiziano Vecellio, noto come Tiziano, nacque tra il 1488 e il 1490 a Pieve di Cadore, ma si trasferì presto a Venezia. Qui studiò con Gentile e Giovanni Bellini e entrò in contatto con Giorgione. Nel 1508, insieme a Giorgione, affrescò le pareti del Fondaco dei Tedeschi. Sebbene queste opere si siano quasi completamente perse, Tiziano imparò l'uso del colore tonale e sviluppò uno stile personale caratterizzato dall'uso rapido del colore e contorni imprecisi. Tuttavia, nelle prime opere, l'influenza di Giorgione è evidente, tanto che solo di recente si è cominciato ad attribuire queste opere a Tiziano, come il "Concerto campestre" del 1509, che richiama lo stile di Giorgione. Il dipinto rappresenta un incontro insolito tra due donne nude (forse due ninfe invisibili agli altri) e due uomini vestiti, che potrebbe essere un'allusione alla poesia a causa della presenza di strumenti musicali; inoltre, potrebbe rappresentare l'incontro tra l'aristocrazia veneziana e il mondo mitologico. Un'altra allegoria importante è "Amor Sacro e Amor Profano", uno dei primi lavori noti di Tiziano: dipinto per il matrimonio di un nobile veneziano, raffigura due donne e un bambino in mezzo alla natura.

TIZIANO VECELLIO

Il dipinto "Venere di Urbino" del 1538 riprende il simbolismo nuziale. Rappresenta una giovane sposa che attende di essere vestita per la cerimonia, raffigurata come la dea della bellezza. La posa, la nudità e la morbidezza delle carni sono riprese dalla "Venere dormiente" di Giorgione. Tuttavia, in questo dipinto, la donna è sveglia e rivolge uno sguardo sensuale all'osservatore, portando il mito nella realtà quotidiana. La scena è confermata dalla presenza di due ancelle che cercano gli abiti nei cassoni nuziali. Altri elementi simbolici legati al matrimonio sono il cagnolino ai piedi del letto simbolo di fedeltà, la pianta di mirto sul davanzale simbolo di amore costante e le rose nella mano, segno della bellezza destinata a sfiorire. Nel 1545, il tema della donna nuda distesa sul letto ritorna in una serie di dipinti dedicati al mito di Danae: nel primo quadro, Danae, figlia di Acrisio, re di Argo, è raffigurata mentre si unisce con Zeus che scende su di lei sotto forma di pioggia d'oro; ai suoi piedi Cupido si ritrae spaventato dalla nube dorata. La scena si svolge nella stanza in cui Danae era stata rinchiusa dal padre per evitare che generasse un figlio che lo avrebbe ucciso. Dall'unione di Zeus e Danae nascerà Perseo, l'eroe che sconfiggerà Medusa ma causerà anche la morte di Acrisio. Anche Danae ha un corpo morbido e luminoso e il colore tonale crea un'atmosfera soffusa e voluttuosa. In entrambi i dipinti c'è uno scorcio azzurro di cielo a creare contrasto.

VENERE DI URBINO

La pittura di Tiziano, sin dal suo esordio, ha suscitato grande stupore tra i contemporanei. Il dipinto dell'Assunta, commissionato nel 1518, ha attirato l'attenzione per la nuova tecnica utilizzata dal pittore veneziano: il quadro rappresenta l'ascensione al cielo di Maria e si sviluppa su tre registri sovrapposti. Nel primo piano sono rappresentati gli Apostoli, che esprimono meraviglia di fronte all'evento soprannaturale, mentre nel mezzo si innalza la figura di Maria, simbolicamente distante da Dio e dagli uomini, con il suo vestito rosso che forma un triangolo, conferendo stabilità alla composizione. Maria è circondata da cherubini e la sua figura esprime la tensione ascendente prima di prendere il volo; il suo volto radioso ricorda quello di Cristo nella Trasfigurazione di Raffaello. Tiziano dipinge il mantello di Maria in modo realistico, dando l'impressione di essere gonfiato da un vento ascensionale. Nella parte superiore del quadro è raffigurato il Padre Eterno, simbolo dell'essenza divina: la sua figura appare in controluce, creando un effetto di luce intensa, e questo permette all'artista di creare un'atmosfera sobrenaturale e di illuminare la parte superiore del dipinto. I colori e la luce sono i temi principali della pittura di Tiziano, che riesce a proiettare lo spettatore all'interno della narrazione stessa.

PALA ASSUNTA

Antonio Allegri, noto come il Correggio, è stato uno dei più importanti pittori del Rinascimento della scuola di Parma. Nonostante sia nato e morto a Correggio, venne influenzato da varie città e pittori durante la sua carriera. Non era un artista autodidatta e sin da giovane dimostrò una profonda conoscenza di ottica, prospettiva, architettura, scultura e anatomia. Studiò probabilmente a Modena e Mantova, dove fu influenzato dal pittore Andrea Mantegna e dagli affreschi vaticani di Michelangelo e Raffaello. Le sue prime opere importanti includono il soffitto del salone della badessa del convento di San Paolo a Parma e l'affresco dell'Assunzione della Vergine nella cupola della cattedrale di Parma. Quest'ultimo segna l'apice della sua carriera come pittore murale e anticipa lo stile barocco. Le sue opere più famose comprendono pale d'altare, opere di devozione privata e dipinti mitologici. Molte di queste opere ebbero soprannomi popolari, come "Notte" per l'Adorazione dei pastori e "Il Giorno" per la Madonna di San Girolamo. Correggio sfruttò appieno il mezzo dell'olio nelle sue opere più sensuali e mitologiche, come Danae, Lo stupro di Ganimede, Giove e Io. Pur avendo avuto molti imitatori, non ebbe allievi diretti di rilievo. La sua influenza si rintraccia nella pittura parmense successiva, in particolare nello stile manierista di Parmigianino. Correggio divenne una figura di riferimento per il barocco francese, e le sue opere furono molto copiate dagli artisti del XVIII secolo durante i loro studi in Italia.

CORREGGIO

La parete ovest

La parete sud

La parete est

La Camera della badessa è un'affascinante sala decorata ad affresco nel 1519 dal pittore. La sala fa parte dell'appartamento privato di Giovanna da Piacenza, una nobile e colta badessa del monastero di San Paolo a Parma. I soggetti degli affreschi sono legati al mito di Diana, la dea della caccia e simbolo di castità e fermezza femminile. La sala è dominata da un atmosfera in un padiglione con un pergolato di foglie e frutta, che segue la struttura delle vele della volta. Sui finti oculi che si aprono al cielo, sono raffigurati puttini con gli attributi di Diana, come cani da caccia, corni e frecce. La dea stessa è raffigurata sulla cappa del camino, su una biga trainata da cervi e con la faretra a tracolla. Sotto al pergolato ci sono un finto fregio con oggetti rituali classici e una serie di nicchie a lunetta dipinte come se fossero colpite da luce radente dal basso. Le nicchie raffigurano divinità come Cerere, Pan, Giunone punita per la lussuria, le tre Grazie e figure allegoriche come la Fortuna, la Castità e la Verginità. Questo affresco rappresenta un importante esempio dell'arte rinascimentale e illustra la devozione di Giovanna alla dea Diana.

LA CAMERA DELLA BADESSA

sottolineando una diversa gerarchia di lettura dell'affresco. Correggio rappresenta Gesù come lo immaginiamo che Giovanni lo abbia visto alla fine della sua vita: circondato da una luce dorata, con la veste rossa agitata da un vento invisibile. Nonostante la grandiosa maestosità dell'insieme, l'impressione che si ha è più scenografica che mistica, e la geniale fantasia del Correggio prevale su qualsiasi altro significato religioso o dottrinale. La sapiente graduazione dei colori, dalle tonalità fredde delle nuvole in primo piano ai toni quasi infuocati dei cherubini, i cui contorni dorati si sfumano nel controluce, e la diversità del chiaroscuro, particolarmente evidente negli Apostoli e quasi assente nel Cristo più lontano e soprannaturale, contribuiscono efficacemente a creare un senso di ariosa profondità nell'affresco. Questa profondità spaziale è del tutto indipendente da quella architettonica della cupola. L'effetto di luce che circonda la figura di Cristo ci fa percepire che l'altezza della struttura è maggiore di quella reale. In questo, l'artista anticipa una delle caratteristiche principali dell'arte barocca, che sarà predominante dal XVII secolo: l'ambiguità voluta e continua tra realtà costruita e realtà dipinta.

possono vedere di fronte la visione del Salvatore, mentre i religiosi che siedono negli stalli del coro vedono Giovanni in primo piano,

Il Correggio ha raggiunto un risultato artistico straordinario nella Camera della Badessa, suscitando grande scandalo nell'ambiente parmense. Questo ha portato immediatamente alla sua commissione per la decorazione della cupola della Chiesa di San Giovanni Evangelista. Tra il 1520 e il 1521, ha affrescato la visione di San Giovanni Evangelista, creando una struttura prospettica molto più complessa e impegnativa rispetto a quella sperimentata in precedenza nel Convento di San Paolo. Le difficoltà tecniche nell'esecuzione dei dipinti non sono inferiori a quelle nell'ideazione. A causa delle scarse condizioni di illuminazione e della particolare deformazione richiesta dalla visione prospettica esasperata, l'artista è costretto a realizzare più di uno schizzo per ciascun personaggio, fino a ottenere quello con il giusto equilibrio di forme e proporzioni. Sulla parte inferiore della cupola, sopra una fitta corona di nuvole, sono rappresentati gli Apostoli, in atteggiamento solenne e intenti a dialogare tra di loro. Le nuvole, via via che si avanza verso il centro, diventano sempre più rarefatte, sia in consistenza che in colore, fino a dissolversi in uno squarcio di luce fulgente coronato da una moltitudine di angeli. Su questo sfondo luminoso si innalza, sospeso nella prospettiva ardita, la figura maestosa di Cristo che scende verso il vecchissimo San Giovanni nel suo rifugio di Efeso. Giovanni emerge a mezza figura dal limite dell'affresco, anch'egli rappresentato in una prospettiva ardita, ma in direzione opposta, con le mani aperte verso il cielo e lo sguardo rapito dalla visione divina. In questo modo, i fedeli

CUPOLA DI SAN GIOVANNI EVANGELISTA

Di Tommaso Giuseppina IV CL

Lavoro svolto da