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Sebbene cadano tutte negli stessi 50 anni, dalle ricerche svolte vengono segnalate varie date d’inizio dell’Inquisizione; a causa di questa discrepanza, non si può definire una data di inizio preciso, ma una serie di tappe e di eventi, dove sono stati presi dei provvedimenti in conseguenza alle eresie. Una prima tappa dell’inizio dell’Inquisizione, risale al 1184, con la bolla Ad Abolendam di papa Lucio III, con cui egli forma un gruppo di specialisti col compito di indagare sulle ortodossie e invitava i vescovi a recarsi nelle proprie diocesi alla ricerca di eretici almeno due volte l’anno. Una successiva modifica nel corpo inquisitoriale lo abbiamo nel 1231, quando papa Gregorio IX nomina i primi inquisitori permanenti, incaricando domenicani e successivamente francescani di compiere missioni di indagine sugli eretici. Due anni dopo sempre papa Gregorio IX dà il via ad un tribunale contro gli eretici. Nacque così tra il 1231 e il 1233 l’Inquisizione monastico-papale. A partire da quel momento i tribunali si diffusero in tutta Europa, retti da inquisitori permanenti nominati dal papa. Gli inquisitori dovevano render conto esclusivamente al papa, ed erano quindi assolutamente liberi di muoversi nelle diocesi, essendo svincolati dalla giurisdizione vescovile. Il compito venne appunto affidato ai nuovi ordini mendicanti: francescani e domenicani, che davano maggiori garanzie, per cultura, per fedeltà al papato, perché potevano contare sui già numerosi conventi del loro ordine come basi d’appoggio, e sull’aiuto dei loro confratelli. L’anno successivo, il 1234, Gregorio IX emana una bolla nella quale parla del dovere di stanare e catturare gli eretici. La situazione cambiò alla fine del Quattrocento, nella penisola iberica, dove l'istituzione assunse un carattere particolare. In Spagna e in Portogallo l'Inquisizione, per concessione pontificia, dipendeva direttamente dalle rispettive corone. Per questo l'Inquisizione spagnola (1478) e quella portoghese (1492) furono in sostanza dei "tribunali di Stato". Nate allo scopo di sorvegliare ebrei e arabi convertiti, sospettati di non aver mai abbandonato le loro religioni, acquisirono presto competenze subito molto più vaste: si estendevano a qualsiasi fenomeno in odore di eresia (comprese magia e stregoneria) o di dissidenza di pensiero o politica. Sia in Spagna che in Portogallo l'abolizione dei tribunali dell'Inquisizione avvenne nei primi decenni dell'Ottocento.

Un primo inizio dell’Inquisizione in Italia risale al 1225 quando Brescia era quasi diventata domicilio di eretici. Eretici e loro sostenitori, fortificavano le torri della città, incendiavano chiese e bestemmiando cantavano contro la Chiesa Romana e i suoi fedeli. Con queste premesse papa Onorio III ordina di abbattere le torri di queste persone, tali torri non potranno essere ricostruite senza autorizzazione della santa chiesa. Nelle legislazioni italiane l’eresia è stata tenuta di poco conto almeno fino al 1230. Una svolta decisiva alla battaglia contro le eresie, lo ha dato lo statuto di Brescia nel 1230 usato come modello per quelli di Padova, Verona, Vicenza, Treviso, Bologna, Ferrara. Verona nel 1270 inserisce alcune norme antiereticali. Gli statuti di Verona e Treviso hanno previsto al loro interno la distruzione delle case degli eretici. L’8 giugno 1254 Innocenzo IV con la bolla Cum super inquisitione, divideva l’Italia in 8 province inquisitoriali; Lombardia e regno di Sicilia affidate ai domenicani, le altre sei che erano Marca Trevigiana, Romagna, Toscana, Marche, Umbria e Lazio ai frati minori. La nascita vera e propria dell’Inquisizione è riconducibile però al 1542, quando papa Paolo III, attraverso la bolla Licet ad initio, istituisce il Sant’Uffizio dell’Inquisizione. La bolla fu creata per far fronte alla Riforma protestante, che andava diffondendosi anche in Italia e suscitava grandi timori nella maggior parte delle alte autorità ecclesiastiche. Ebbe due organismi centrali: la Congregazione del Sant'Offizio, presieduta direttamente dal papa, e la Congregazione dell'Indice, fondata nel 1571 e diretta da un cardinale. Poco si sa dell'azione effettiva svolta dalle due Congregazioni, a parte alcuni processi contro personaggi famosi per le loro idee filosofiche e scientifiche, come Giordano Bruno, Tommaso Campanella, Galileo Galilei e la pubblicazione di diversi Indici di libri proibiti (Controriforma). Le sedi periferiche dell'Inquisizione romana nel Seicento erano 47, dislocate nell'Italia centrosettentrionale, mentre nel Regno di Napoli operavano principalmente i vescovi. Gli inquisitori erano domenicani e in piccola parte francescani. Particolare importanza ebbero i nunzi apostolici in alcune capitali e i vescovi in tutte le sedi. I tribunali del Sant'Offizio funzionarono con il sostanziale appoggio delle autorità secolari e solo la Repubblica di Venezia riuscì a esercitare un limitato controllo sul loro operato. La prima grande campagna di repressione venne condotta contro i sostenitori delle idee della Riforma, assai diffuse in Italia con caratteristiche particolari rispetto alle dottrine professate dalle Chiese evangeliche in Europa. Dopo un lento avvio, l'Inquisizione processò figure ecclesiastiche importanti come il cardinale Giovanni Morone, alcuni vescovi e molte persone soprattutto in Piemonte, Lombardia, Toscana, nella Repubblica di Venezia, a Modena e Napoli. Nella Repubblica di Venezia furono inoltre duramente repressi gli anabattisti antitrinitari che negavano il dogma cattolico della Trinità (Padre, Figlio e Spirito Santo), ritenuti dalle autorità ecclesiastiche e statali pericolosi sovvertitori dell'ordine costituito. Negli ultimi decenni del Cinquecento l'Inquisizione cominciò a perseguire sempre di più la magia e la stregoneria, che divennero in seguito i reati predominanti. Questa azione repressiva fu tuttavia molto meno dura della sanguinosa caccia alle streghe che venne organizzata nell'Europa centrale dai tribunali statali cattolici e soprattutto protestanti. Gli ebrei e gli ebrei convertiti furono processati in Italia in pochi casi, e meno ancora gli aderenti all'Islam. Si può ragionevolmente stimare che l'Inquisizione romana abbia processato in senso stretto da 65.000 a 95.000 persone, mettendone probabilmente a morte da 1.200 a 2.000 circa (l'ultima sentenza capitale nel 1761 a Roma), numeri relativamente inferiori a quelli delle due Inquisizioni iberiche. La Congregazione del Sant'Offizio, competente per tutto il mondo cattolico dopo l'abolizione delle Inquisizioni iberiche all'inizio dell'Ottocento, processò agli inizi del Novecento i modernisti, teologi che volevano rinnovare lo studio della Bibbia e la storia della Chiesa. Nel 1965, alla fine del Concilio ecumenico Vaticano II, è stata sostituita dalla Congregazione per la dottrina della fede, tuttora operante.

Ma chi furono le vittime del tribunale della Santa Inquisizione? L’Inquisizione combatteva l’eresia. Ma che cos’era? Il termine eresia, dal greco hàiresis (“scelta”), sta ad indicare una dottrina che si oppone ad una verità sostenuta dalla Chiesa. Talvolta era semplicemente un interpretazione diversa, dai canoni, dei testi sacri. Anche le eresie erano divise in diocesi, gerarchie episcopali e avevano le loro forme di culto. Come esempi di movimenti eretici troviamo i catari (detti anche “albigesi”), i valdesi e i patarini. Alla base della religione catara vediamo la divisione di tutto in due sfere di influenza, quella del bene (spirito) e quella del male (materia) L’umanità deve liberarsi dall’influenza del male, del dio cattivo per raggiungere la pienezza della felicità nella comunione con il bene, con il dio buono. Rifiutano dunque i catari il consumo dei cibi carnei e delle uova, rifiutano il coito, la gerarchia cattolica, negano la resurrezione dei corpi, negano validità ai sacramenti, alle preghiere per i defunti, non credono nella maternità di Maria né nella passione di Cristo; odiano la croce e gli edifici ecclesiastici. Valdo, iniziatore del movimento che poi ha preso il suo nome, è un ricco mercante di Lione che, come San Francesco, vende ciò che ha dandone il ricavato ai poveri. Abbagliato da un racconto sentito sulla piazza, si fa tradurre in volgare alcuni passi della sacra scrittura e comincia a predicare in pubblico. Insistendo a predicare anche quando questo gli viene proibito; questa disobbedienza fa di lui un eretico, lui che aveva iniziato a predicare proprio con l’idea di far ravvedere gli eretici. Gran parte dei suoi seguaci vollero una rottura definitiva con la chiesa cattolica; di per se però negli inizi della predicazione di Valdo non c’è nulla di dottrinalmente eretico. Col passare del tempo i valdesi vennero poi confusi con i catari. Infine abbiamo il movimento eretico dei patarini che era costituito prevalentemente da artigiani e mercanti. Questi eretici denunciarono la Chiesa ma non essendo appoggiati da nessuno, pian piano scomparvero. Si ha poi successivamente un massiccio attacco alle streghe, questo fenomeno dilaga in europa tra i l XV e il XVII secolo. Carestia e pesti durante il trecento fanno diventare la stregoneria, un capro espiatorio a cui attribuire ogni male. Nel 1484 papa Innocenzo VIII incarica Heinrich Institor e Jacob Sprenger, due inquisitori domenicani, di punire i peccatori. Questi ultimi creano il “Malleus Maleficarum” un vero e proprio manuale di caccia alle streghe. I processi di questo periodo introducono le innovazioni giuridiche introdotte in passato, come ad esempio l’uso della tortura ed il rogo. Prima del 1200, si procedeva con l’accusa e successivamente con l’assoluzione o l’accusa della “strega”. In caso di indecisione dovuta a dubbi si ricorreva all’Ordalia: una richiesta a Dio dell’innocenza o colpa dell’accusato, di solito risolvendosi con un duello tra l’Accusa e l’Accusato, il vincitore di tale duello decideva le sorti del processo: in caso di vincita dell’Accusa il responso era, ovviamente, colpevole; in caso contrario l’imputato era assolto dalle sue colpe. Dopo il 1215, in seguito ad un Concilio, la chiesa proibì agli ecclesiastici di partecipare alle ordalie; ed i processi cominciarono ad assumere il sistema inquisitori delle eresie. Con le Ordalie si chiedeva l’intervento divino, mentre con il modello inquisitorio era necessario avere prove decisive.

Gli inquisitori erano uomini di sapere e di salda fede. Essi erano sempre ecclesiastici, nominati direttamente dal papa; molti di essi vennero scelti tra i frati domenicani. L’eresia nascendo dall’ignoranza, occorreva avere uomini di grande cultura e i domenicani rispecchiavano a pieno queste richieste. Inizialmente erano i vescovi ad occuparsi degli eretici, ma successivamente vennero sostituiti da figure “dedicate a questo scopo”, creando non pochi problemi, dal momento che i vescovi vedevano oscurata la loro figura. Successivamente si giunse ad un accordo procedurale stabilito da Bonifacio VIII, il quale sanciva che vescovi e inquisitori potevano procedere parallelamente a patto di tenersi obbligatoriamente informati sui risultati raggiunti. I Domenicani non furono i soli incaricati delle inchieste inquisitoriali; successivamente anche i Francescani, i Carmelitani e gli Eremiti di Sant’Agostino parteciparono anch’essi a questa azione. Altre figure si affiancavano all’inquisitore. I notai, che seguivano l’inquisitore nella sua ricerca degli eretici. Essi erano indispensabili nel momento dell’interrogatorio, momento in cui prendevano appunti, loro era anche la registrazione delle sentenze e degli atti esecutivi, i mandati di comparizione; e spesso scrivevano le lettere dell’inquisitore e le muniscono di sigillo. Se l’inquisitore non poteva recarsi in un certo luogo nominava un vicario: di solito un confratello. I co-inquisitori, attivi autonomamente, ma mai in contrasto con il titolare dell’officio; i soci, assistenti a cui veniva richiesto un parere, ed infine i servi, che si occupavano delle varie necessità del gruppo dell’inquisitore. Tutti erano tenuti, sotto pena di scomunica, al segreto. Bernard Gui, uno dei più famosi inquisitori conosciuti, nel suo Practica Officii Inquisitionis, traccia il ritratto dell’inquisitore ideale. Dopo essersi assicurato che questo giudice avesse almeno quarant’anni, egli scrive: “Deve essere diligente e fervente nel suo zelo per la verità religiosa, per la salvezza delle anime e per l’estirpazione dell’eresia. Tra le difficoltà e le contrarietà deve rimanere calmo, mai cedere alla collera né all’indignazione. Egli dev’essere intrepido, affrontare il rischio sino alla morte, ma senza arretrare di fronte al pericolo, né aumentarlo a causa di un’audacia irriflessiva. Dev’essere insensibile alle preghiere e alle lusinghe di quelli che provano a conquistarlo; tuttavia non deve indurire il suo cuore al punto di rifiutare proroghe o mitigazioni di pena a seconda delle circostanze e dei luoghi… Nei casi dubbi deve essere circospetto, non dare facilmente credito a quello che sembra probabile e spesso non è vero; non deve rifiutare ostinatamente le opinioni contrarie, perché ciò che sembra improbabile finisce spesso per essere la verità. Deve ascoltare, discutere ed esaminare con tutto il suo zelo per arrivare con pazienza alla luce… Che l’amore della verità e la pietà, che devono sempre risiedere nel cuore di un giudice, brillino nel suo sguardo, in modo che le sue decisioni non possano mai sembrare dettate dalla cupidigia e dalla crudeltà”.

L’inquisitore, poiché non faceva tutto di “testa sua”, aveva degli strumenti su cui basarsi: i manuali. Questi manuali non sono nati di colpo, ma sono il frutto dell’esperienza e di una presa di coscienza sempre più netta dei doveri che si imponevano ai giudici. Gli inquisitori, non erano preparati ad affrontare le eresie e tanto meno a risolverle. I manuali che furono redatti, erano fatti per guidarli nel loro compito. Per questo, in essi fu inserita ben presto una descrizione precisa delle eresie, la cui dottrina differiva dall’una all’altra, suggerendo che cosa convenisse chiedere all’interrogato per poter capire a quale dottrina eretica faceva parte. Descrizione che era la più obiettiva possibile. Occorreva permettere, infatti, agli inquisitori, di orientarsi nella foresta delle eresie e di rintracciare con più facilità i colpevoli. Gli inquisitori utilizzarono, dunque, l’uno o l’altro manuale redatto da qualche confratello esperto: quello di Nicolas Eymeric, o quello di Bernard Gui, nato a Limousin. Inoltre nelle sedi dell’officio c’era un’ampia e variata documentazione. Ogni sede rilevante, conservava i documenti di riconoscimento ufficiale dei poteri e delle competenze territoriali, i mandati speciali al singolo inquisitore, la serie delle nomine degli inquisitori e scritti eterogenei più o meno riguardanti l’officio.

Qual era la modalità di procedere? Giungendo nei luoghi da esaminare, gli inquisitori, facevano convocare dal curato del posto, tutti gli abitanti. Essi erano invitati in piazza per sentire la solenne predica con la quale l'inquisitore invitava e incitava gli eretici a pentirsi dei loro errore; con la stessa predica invitava anche coloro che conoscevano o sospettavano degli eretici a denunciarli. Denunciare gli eretici divenne poi un‘opera pia; gli accusatori rimanevano segreti per evitare rappresaglie da parte dei parenti o amici dei sospettati; e le false accuse venivano punite tanto quanto le eresie. L'inquisitore dava a loro un mese di tempo affinché i colpevoli venissero a denunciarsi di loro spontanea volontà. Passato questo tempo gli inquisiti venivano convocati del vescovo e in caso di rifiuto interveniva la polizia. I sospetti che confessavano gli sbagli di propria spontanea volontà ricevevano comunque delle pene più lievi, in base alla gravità della colpa e di quanto essa fosse conosciuta dalle altre persone. Alcuni che non erano del tutto in pace con la propria coscienza chiedevano di essere esaminati dall'inquisitore al fine di ottenere un certificato di "buona condotta". Nell'esaminare i casi, per quanto si serva di costituzioni (papali o imperiali) in tema di eresia, di modelli forniti dai manuali e di formulari, all'inquisitore rimane comune il compito di esaminare un caso specifico dettato dalle persone e dall'ambiente coinvolti. Non tutti venivano interrogati ma solo coloro che erano in qualche modo sospetti. L’interrogatorio non riguardava affermazioni dottrinali, ma la frequentazione del mondo ereticale, cioè il verificarsi di rapporti con persone già giudicate eretiche. L'Inquisizione non stabilisce cosa sia l'eresia, quello lo hanno già fatto i papi e imperatori; lo scopo dell'attività inquisitoriale è quello di convincere l'eretico che è caduto nell'errore e di assegnargli una pena. La discussione era vietata, per non correre il rischio che le loro convinzioni si aggravino o che si diffondessero tra coloro che non ne avevano ancora il sentore. Una volta deciso quanto e come l'accusato risultasse in rapporto con dei movimenti ereticali, veniva emessa la condanna. Mai, però, dei sospetti sono stati condannati senza ascoltarli e permettergli di difendersi; anche perché il compito dell'Inquisizione era educare la popolazione e far acquistare consapevolezza agli eretici; tra le altre cose l'accusato aveva il diritto di portare dei testimoni a sua discolpa. Con l'avanzare del tempo, la procedura di giudizio divenne sempre più minuziosa e precisa. Contrariamente alla non uniformità dei processi, le sentenze erano molto simili tra di loro, questo perché rispondevano ad un formulario standard in uso da sempre. Nella maggioranza dei casi la punizione era una multa; altre forme di punizioni erano pellegrinaggi, cucirsi delle croci addosso.

Ecco alcune delle torture associate al Tribunale della Santa Inquisizione:

  1. Il supplizio dell'acqua: conosciuto anche come "tortura dell'acqua", questo metodo prevedeva il versamento di grandi quantità d'acqua nella bocca e nel naso della vittima, causando una sensazione di soffocamento e un'angoscia estrema.
  2. La ruota: questa forma di tortura consisteva nell'attaccare la vittima a una ruota di legno o metallo e frustarla o colpirla con martelli, rompendo ossa e causando sofferenze fisiche intense. La vittima veniva poi lasciata sulla ruota per un periodo di tempo, a volte fino alla morte.
  3. Il cavalletto: il cavalletto era un'apparecchiatura su cui la vittima veniva legata o legata per estendere il corpo in posizioni innaturali. Questo causava estremo dolore e spesso portava alla dislocazione delle articolazioni o a fratture ossee.
  4. La gabbia: le vittime venivano imprigionate in piccole gabbie di legno o metallo, dove venivano costrette a stare in posizioni scomode e dolorose per lunghe durate. Questo metodo causava sofferenze fisiche e psicologiche.
  5. La tortura delle fiamme: l’uso del fuoco era comune nell'Inquisizione. Le vittime potevano essere sottoposte a bruciature o scottature con l'uso di candele o fuochi, causando lesioni gravi e dolore intenso.

Le pene variavano in base alla gravità del reato, alla reazione dell'accusato e al periodo storico. Ecco alcune delle pene associate al Tribunale della Santa Inquisizione:

  1. Confisca dei beni: Spesso, i beni degli eretici condannati venivano confiscati dalla Chiesa o dalle autorità civili. Questo serviva sia come punizione che come mezzo per sottrarre loro risorse e potere.
  2. Carcerazione: L'Inquisizione poteva imporre la detenzione in carcere come pena per gli eretici. La durata della prigionia poteva variare, da brevi periodi a vita.
  3. Penitenze pubbliche: Gli eretici pentiti potevano essere condannati a penitenze pubbliche, come processioni penitenziali, pubbliche ammissioni di colpa e suppliche di perdono. Queste cerimonie servivano a umiliare e segnalare la sottomissione dell'accusato alla Chiesa.
  4. Esilio: Alcuni eretici condannati venivano esiliati dalle loro comunità e costretti a lasciare il loro paese o la loro regione d'origine. Questo era spesso accompagnato da restrizioni sui movimenti e sulla comunicazione con altri eretici.
  5. Morte sul rogo: La pena capitale più comune inflitta dall'Inquisizione era l'esecuzione tramite rogo. Gli eretici impenitenti, coloro che rifiutavano di ritrattare le loro convinzioni eretiche, venivano bruciati pubblicamente nell'auto-da-fé (atto di fede), un evento spettacolare organizzato dall'Inquisizione per mostrare il potere della Chiesa e intimidire la popolazione.

Nella sua opera, pubblicata nel XVI secolo, presenta una trama complessa e sottintesa che riflette l'ambiente di repressione e la necessità di cautela durante l'Inquisizione.

Nel suo romanzo descrive le ingiustizie subite dai personaggi principali a causa delle azioni dell'Inquisizione spagnola. Questa rappresentazione, critica dell'Inquisizione, contribuì a sensibilizzare il pubblico sull'oppressione e l'ingiustizia del sistema.

Nel suo poema fa riferimento all'Inquisizione e introduce personaggi come Farinata degli Uberti, un politico condannato dall'Inquisizione per le sue convinzioni politiche.

Il suo romanzo è ambientato in un monastero medievale nel quale l'Inquisizione è presente come istituzione che influenza il contesto narrativo e le azioni dei personaggi.