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LA STORIA DELL'EDUCAZIONE FISICALo sviluppo dell'attività motoria durante le diverse epoche storiche

Platone, nella sua idea di Paìdeia (nel V secolo a.C. significava allevamento e cura dei fanciulli e diventava sinonimo di cultura e di educazione mediante l'istruzione), inseriva accanto a discipline come la grammatica, la retorica, la matematica, la geometria, l’astronomia e la musica anche la ginnastica. La parola ginnastica ha un etimologia peculiare, da un lato è intesa propriamente come arte dell’esercitare e addestrare (Gimnastiké sott. Techné, arte), dall’altro la radice della parola Gimna è Gymnos, che significa “nudo”, in quanto l’esercizio fisico fra i greci si praticava nudo. Ma la parola Gymnos nasconde molto di più, come recenti studi di iconologia e simbologia hanno dimostrato, per l’antica Grecia, mostrare il corpo nudo, sia nell’arte che nella ginnastica, aveva un valore trascendente. L’abito simbolizza il corpo propriamente fisico, mentre la nudità simbolizza la potenza incorporea che resta separata dal corpo, ossia dal proprio abito.

I fruitori medi della palestra forse non si soffermano a riflettere sul fatto che ogni volta che entrano in questa si stanno collegando ad un processo cominciato ben 2500 anni or sono. L’etimologia della parola palestra, come molte parole ha un origine greca ( dal greco palaìstra comp. di pàle lotta). Questo era il luogo ove si praticava la lotta, non intesa esclusivamente in termini marziali, ma anche in termini di miglioramento del sé.

Per i greci la palestra era il luogo ove si imparava a lottare attraverso l’esercizio (ginnastica in senso generale), un esercizio però che passava attraverso la nudità dell’anima, quindi esercizio fisico atto a mostrare l’anima, ma anche a migliorarla e fortificarla. Quando si compie un qualsiasi esercizio sono sempre presenti vari fattori, primi fra tutti la motivazione (perché farlo) e la volontà (voglio farlo). Oggi a differenza dei greci la motivazione media è generalmente la vanità, intesa come voglia di essere più belli esteticamente, di essere in salute, di invecchiare bene. Ma mettendo un attimo da parte la motivazione di fondo (molto individuale), ciò che conta è la volontà che viene messa in atto, il fatto che dobbiamo “spogliarci” di abiti normali ed iniziare ad agire volontariamente. Questa scelta di spogliamento e di azione volontaria, ha un beneficio incredibile non solo sulla parte meramente fisica, ma anche e soprattutto su quella animica. Volendo tradurre è riproporre l’essenza dell’idea che i greci avevano della palestra e della ginnastica nella nostra epoca, dovremmo pensare alla palestra in una maniera diversa. Vado in palestra non solo per togliere chili di troppo ed avere un corpo armonico e in forma, ma anche per lottare contro i difetti caratteristici che ognuno mediamente ha, come la pigrizia, la timidezza, la facile demotivazione, la disorganizzazione ecc. Quindi la palestra e le varie forme modernizzate di ginnastica diventano il luogo per formarsi nel corpo e nella mente/anima, acquisendo un’ampia gamma di virtù ( dal latino Vis, forza, trad. dal greco di areté, capacità di agire rettamente) quali: Per il corpo: resistenza, agilità, coordinazione, energia, vitalità, elasticità. Per l’anima: forza di volontà, determinazione, umiltà, socialità, autostima, presenza mentale, entusiasmo.

L'Educazione Fisica nell'antica Grecia.

Le attività si svolgevano all'aperto, in uno spazio quadrato in cui gli atleti si esercitavano nudi, il corpo veniva unto di olio e cosparso di sabbia e polvere per agevolare le attività sportive. La gara classica in cui si cimentavano gli atleti greci era il pentathlon, e consisteva in cinque diverse discipline: Lotta: questo era lo sport più seguito, , i lottatori si avvicinavano con la testa bassa e le mani in avanti cercando di afferrarsi per la testa, il collo, il busto o le braccia Corsa: poteva essere di velocità o di resistenza Salto in lungo: gli atleti bilanciavano la muscolatura delle braccia afferrando manubri di peso variabile Lancio del disco: si svolgeva con il tiro di un piattello bronzeo che pesava da 1 a 4 kg. Lancio del giavellotto: il giavellotto aveva la stessa altezza dell’atleta che lo utilizzava ed era spesso uno/due cm. Oltre agli sport del pentathlon erano molto praticati e seguiti la boxe e il pancrazio, una variante della lotta piuttosto violenta. La frequentazione dei greci per i ginnasi era sostanzialmente la stessa che i romani dedicavano alle terme, ma l’attività principale di questi luoghi era la preparazione sportiva agonistica e non il diplomatico relax della sauna. L’ingresso ai bagni pubblici costava poco e in alcuni bagni c’erano sale anche per le donne, ma solo quelle di basso ceto le frequentavano, sostanzialmente per lavarsi, la maggior parte delle donne viveva tutte le proprie giornate all'interno del gineceo.

La Paideia

I bambini provenienti da ceti medi e facoltosi, invece, potevano permettersi un’educazione formale e mandare i loro figli a studiare in una scuola pubblica o assumere un tutore. Va ricordato, inoltre, che per i greci era molto importante essere fisicamente in forma e in salute, tanto che l’educazione fisica iniziava subito dopo l’inizio delle elementari e proseguiva con il Gymnasium e, dopo i quattordici anni, i ragazzi che ne avevano la possibilità, potevano proseguire i loro studi presso la scuola secondaria. Questo tipo di istruzione era molto importante e potevano annoverarsi materie quali la biologia, la chimica, la retorica, l’astronomia e la geometria. Dopo questo periodo si poteva accedere alla formazione efebica intesa come educazione militare e seguita, per l’appunto, da due anni di servizio militare vero e proprio.

La Paideia era il termine coniato dagli antichi greci per definire la formazione dei futuri cittadini. Con questo vocabolo veniva identificato il modello pedagogico ateniese nel V secolo a.C. con cui si faceva riferimento anche allo sviluppo morale, etico e spirituale dell’individuo, ma non solo: la formazione era necessaria anche per rendere i futuri cittadini liberi e completi al fine di un loro proficuo ingresso nella società. La Paideia era un vero e proprio processo, e il principio ispiratore era centrato sulla teoria che senza educazione non poteva esserci cultura e che quest’ultima era un fattore indispensabile per esercitare la propria cittadinanza.

Innanzitutto è bene specificare che esistevano due forme di istruzione, ovvero quella formale che veniva perseguita attraverso la frequenza di una scuola pubblica o grazie un tutore (a pagamento), oppure, l’istruzione informale fornita da un insegnante non retribuito e praticata in un contesto privato. Mentre l’educazione formale era destinata a un pubblico prettamente maschile (e non accessibile a schiavi, operai e a donne), l’educazione informale era riservata per lo più alle ragazze ed erogata generalmente dalla madre. La prima fase educativa avveniva tra le mura domestiche, spesso sotto la guida di un pedagogo, cioè di un maestro. Tutto ciò aveva luogo fino ai sette anni d’età, poiché successivamente, i bambini venivano avviati all’istruzione elementare dove imparavano a leggere, scrivere a far di conto e a disegnare. È bene ricordare che la scuola elementare rappresentava l’unica modalità di istruzione per la classe sociale meno abbiente; infatti, i più poveri potevano permettersi solo l’educazione informale e il loro sapere dipendeva molto dalle conoscenze dei loro genitori.

Successivamente, tra i dodici e i diciotto anni, iniziava una fase in cui le prove fisiche e gli sport divenivano sempre più pressanti e duri, in modo da indurre la mente e il corpo a prove di resistenza che stimolavano qualità irrinunciabili per lo spartano come coraggio e obbedienza. Terminato il periodo denominato Agoghé, verso i diciotto anni, gli allievi divenivano efebi. Una volta raggiunto questo titolo, efebo, il ragazzo dichiarava completa fedeltà a Sparta e veniva invitato a continuare la formazione militare e sportiva per circa due anni, fino quando, ventenne, veniva considerato ufficialmente un soldato.

Il sistema spartano era concentrato sul fatto che tutti i maschi diventassero soldati delle loro poleis. Cogliamo l’occasione per fare una precisazione. È credenza popolare che a Sparta si uccidessero i bambini deboli, ma non è così. Questa convinzione è stata trasmessa dal famoso filosofo greco Plutarco. In realtà il Consiglio decideva se un bambino poteva vivere oppure no: semplicemente lo rifiutava e così lo condannava a morte per abbandono. Diverso, però è affermare che i bambini fragili venissero uccisi sistematicamente.

E le spartane? Le ragazze spartane, diversamente dalle loro coetanee ateniesi che si dedicavano maggiormente al focolare domestico e che erano seguite per lo più dalla madre, ricevevano un’educazione controllata dallo Stato. Anche per il sesso femminile l’istruzione spartana andava a vertere soprattutto sull’educazione fisica, infatti, fino all’età di diciotto anni anche le ragazze imparavano a lanciare il disco, il giavellotto e a combattere, ma non solo. Al sesso femminile era dedicato anche l’insegnamento del canto, della danza e di alcuni strumenti musicali. Si ricorda, comunque, che questo tipo di educazione era molto rigido perché lo scopo ultimo era quello di formare le madri dei futuri soldati al fine di perpetuare la forza e il coraggio della comunità Spartana.

Per quanto riguarda l’educazione formale, anche a Sparta i bambini iniziavano verso i 7 anni, e la loro vita era dedicata quasi esclusivamente alla formazione militare, periodo denominato anche “Agoghé”. La cultura non aveva lo stesso spazio come in altre città greche, ma era comunque tenuta in grande conto. In ogni caso lo scopo era quello di fare dei ragazzi Spartani dei soldati e guerrieri indistruttibili, tanto che la caserma diventava la vera e propria casa del bambino spartano. La figura di riferimento, in questo periodo, era rappresentata dall’istruttore, il quale non solo imponeva la disciplina, ma si prodigava in modo tale che i futuri soldati ricevessero quantità di cibo e vestiario minimi. Questo atteggiamento, almeno in teoria, serviva per fortificare il ragazzo e renderlo il più autonomo possibile, in grado di provvedere a sé stesso, soprattutto in caso di guerra.

Agoghé

(mosaici di Piazza Armerina)

Prima che la Grecia venisse conquistata da Roma, nel 186 a. C. il console e censore Marco Fulvio Nobiliore introdusse nella città i giochi ginnici greci, scontrandosi con la società romana che vedeva questi come esibizioni immorali, poiché il senso del pudore dei Romani non tollerava la nudità degli atleti e soprattutto perché questi giochi erano privi di quelle finalità che davano senso all’addestramento militare. Anche il Senato non apprezzava lo sport greco, tanto da essere profondamente avverso anche a quegli imperatori affascinati dalla civiltà greca e che si cimentavano personalmente nei giochi, come Caligola e Nerone.

Nell’antica Roma lo sport era molto praticato e diffuso. La concezione dello sport che avevano i Romani era però completamente differente da quella dei Greci. Se nell’Urbe lo sport era inteso come mezzo di intrattenimento e spettacolo, in Grecia era visto in maniera senz’altro più spirituale, finalizzato all’elevazione morale e alla gloria degli atleti.

Sport nell'antica Roma

Lo sport per eccellenza nel mondo greco e poi in quello romano fu sicuramente la corsa. Persino la parola “stadio”, un’antica unità di misura, indicava la lunghezza che gli atleti dovevano percorrere durante questa gara .Si definisce come "corsa" l'andatura umana o animale composta da una prosecuzione di balzi, in cui, in una prima fase, un piede rimane a contatto con il terreno; nella fase successiva il piede si stacca da terra insieme al resto del corpo (per questo si chiama fase di volo), fino a quando atterra l'altro piede.

La corsa

Oltre agli sport di matrice violenta, i Romani apprezzavano anche la corsa, il pancrazio, la lotta, il pugilato, il lancio del giavellotto, il lancio del disco, il lancio del peso, che erano stati presi a modello dalla Grecia. Quest’ultime si differenziavano tra corse di bighe, trighe e quadrighe (a seconda del numero dei cavalli) e avvenivano in grandiose costruzioni a pianta rettangolare, coi lati curvati ad emiciclo. La gara terminava dopo che ogni concorrente aveva percorso sette giri e tagliato il traguardo. Augusto durante il suo regno cercò, senza successo, di reintegrare i giochi greci dove prevaleva in particolare lo spiritico agonistico e nei quali la competizione e l’esercizio fisico fungevano da sano allenamento per il corpo.

(nell'antica Roma)

Sport principali

Il pugilato è uno sport da combattimento in cui due persone, che di solito indossano guanti protettivi e altri dispositivi di protezione (come fasce per le mani e paradenti), si affrontano colpendosi a pugni per una durata di tempo predeterminata in un apposito ring di pugilato. I Romani come ''protezione'' usavano il caestus. Il caestus è un antico guanto da combattimento, talvolta usato nel pancrazio. La parola latina caestus, che significa "colpire''. La prima versione di un caestus per combattere era costituita da una serie di cinghie di cuoio che venivano allacciate sulla mano. I greci lo usavano nei loro combattimenti corpo a corpo, nei quali l'unico risultato che contava era il fuori combattimento. I romani ne modificarono la struttura aggiungendovi delle parti di metallo, incluse punte, borchie e placche di ferro. Il caestus fu usato frequentemente nei combattimenti gladiatorii romani, dove contendenti senza altre armi - soprattutto degli schiavi – lottavano fino alla morte. Questa forma di pugilato divenne sempre più sanguinosa finché il caestus fu proibito ufficialmente nel I secolo a.C.

Pancrazio, lotta e pugilato

Il pancrazio è un antico sport da combattimento, che faceva parte dell'atletica pesante di origine greca antica e consisteva in un misto di lotta e pugilato. Un combattimento era dichiarato terminato quando l'avversario era immobilizzato e impossibilitato a muoversi. Questa disciplina fu ammessa ufficialmente ai Giochi olimpici nel 648 a.C..Il pancrazio era un agone (ovvero uno sport da contatto) da combattimento totale in cui tutte le tecniche erano ammesse, tranne il mordere e l'accecare: queste venivano punite severamente con frustate dall'arbitro o dall'allenatore di turno. Il fine di questa disciplina è sottomettere l'avversario ed assurgere a diventare il più potente. Logicamente con questo asserto, le prese e i colpi di potenza e la spettacolarità nel sottomettere con forza, la facevano da padrone; questa disciplina era un insieme di tecniche prese dalla lotta e dal pugilato. Difatti il pancrazio veniva visto come forma unita e superiore dei due tipi di lotta da cui deriva. Una caratteristica peculiare era il poter combattere a tutti i livelli di altezza e a tutte le distanze.Gli incontri di pancrazio venivano effettuati a mani nude. Non c'erano né riprese né limiti di tempo, si combatteva fino alla resa di uno dei due che poteva essere per cedimento.

La lotta (anticamente "lutta", dal latino lŭcta) consiste nel combattimento corpo a corpo tra due avversari o anche la fase del combattimento in cui i due contendenti finiscono avvinghiati in contatto diretto. Il termine si riferisce in particolare a tecniche, movimenti e contromosse applicate al fine di ottenere un vantaggio fisico, come posizioni di dominanza, uscite e sottomissioni, o per infortunare un avversario. Esistono molti stili di lotta ognuno con regole diverse sia tra gli sport tradizionali (la lotta popolare) che tra le discipline di combattimento moderne; ognuna adotta un vocabolario ed una terminologia diversa anche in occasione delle stesse tecniche ed azioni, questo perché ognuno di essi possiede una propria storia ed ha risentito del condizionamento culturale della società in cui si è evoluto.

Il getto del peso è una dell'atletica leggera, in cui l'atleta cerca di scagliare il più lontano possibile una sfera metallica. Le regole sono simili a quelle delle altre prove di lancio: i concorrenti hanno a disposizione tre lanci e vengono valutati in base al loro miglior lancio valido. Vince chi ha effettuato il lancio valido più lungo.

Il lancio del disco è una specialità dell'atletica leggera in cui l'atleta cerca di scagliare il più lontano possibile un attrezzo di forma lenticolare fatto di legno, con un'anima in metallo (il disco). Il lanciatore si posizionava nella pedana di tiro, detta balbis, e, impugnato il disco, tendeva il braccio all’indietro per un quarto di giro, si ripiegava su se stesso per alzarsi di scatto con tutta la persona e scagliava l’attrezzo in avanti. Si gareggiava al meglio di cinque lanci e le misure raggiunte variavano a seconda del peso del disco.

Nel lancio del giavellotto si utilizzava un’asta leggera di legno (con o senza punta metallica) munita di una funicella che veniva legata intorno al baricentro allo scopo d’imprimere al giavellotto un movimento rotatorio che consentiva maggiore stabilità e gittata. L’atleta impugnava l’attrezzo infilando l’indice e il medio nel laccio, inclinava l’asta con la punta verso l’alto e iniziava la rincorsa. Quindi il braccio destro si abbassava all’indietro per prendere lo slancio necessario e il giavellotto veniva infine scagliato raddrizzando il corpo. Ogni concorrente poteva effettuare più lanci (tre o cinque), e lo stesso avveniva per i discoboli.

I lanci: giavellotto, peso e disco

Questo periodo provocò una riconsiderazione della ginnastica intesa non più come strumento di preparazione alla guerra, ma come fondamento dell'educazione e della formazione del fisico, rivalutando quella dimensione corporea per lungo tempo estromessa dal processo educativo. Nel panorama culturale dell'Umanesimo, tra gli autori che nelle loro opere affrontarono il tema del corpo e dell'attività fisica, ricordiamo Pier Paolo Vergerio e Vittorino da Feltre.

L'Umanesimo rappresentò il punto di partenza di un processo che propose un nuovo modo di concepire la cultura. Sullo sfondo di questo nuovo panorama culturale si svilupparono nuovi metodi di insegnamento-apprendimento, nel tentativo di dare ai fanciulli un'educazione globale che comprendesse non solo lo sviluppo delle facoltà cognitive, ma anche delle potenzialità fisico-motorie. In questo periodo infatti si parlò di educazione umanistica perché si fece riferimento all'uomo nella sua integrità fisica, psichica, culturale e spirituale, assistendo ad una vera e propria rivoluzione che coinvolse ogni aspetto del contesto scolastico. Sorsero numerose scuole pubbliche, cambiarono metodi e contenuti, si svilupparono nuovi insegnamenti, anche se si continuò ad insegnare con i vecchi metodi e le vecchie grammatiche

L'attività motoria nell'età Umanistico-Rinascimentale

Il pensiero di Vittorino da Feltre seguì un orientamento differente, fissando gli scopi dell'educazione fisica in un contesto più ampio che considerò come fondamenti della persona umana il corpo, il cuore e lo spirito. Vittorino mirò ad uno sviluppo armonico della personalità attraverso l'attività intellettuale e l'esercizio fisico; la pratica della ginnastica, da questo punto di vista, risultò fondamentale per la cura del corpo in quanto consentiva di allontanare dai vizi dell'ozio, accrescendo il vigore e migliorando la salute e le funzioni organiche e mentali. Per realizzare le sue teorie, Vittorino istituì la "Casa Giocosa", un complesso di edifici scolastici concepiti come un luogo ideale dove poter realizzare il processo educativo e dove i fanciulli avevano a disposizione dei locali da poter utilizzare esclusivamente per l'esercizio dell'educazione fisica

Vergerio assegnò all'educazione un compito importante: formare i fanciulli alle virtù, attraverso la ricerca di un equilibrio perfetto tra la cura del corpo e la cura dell'anima. Lo sviluppo delle virtù, infatti, non riguardò solo l'anima, ma coinvolse anche il corpo che avrebbe dovuto essere educato e curato non solo attraverso pratiche di carattere igienico, ma anche attraverso un'educazione fisica strettamente collegata all'istruzione militare. Le attività educative in questa visione vennero integrate ed alternate a passatempi come la caccia, la pesca, l'equitazione, le passeggiate e i giochi con la palla che rilassavano, ma nello stesso tempo, grazie all'azione del movimento, rassodavano le membra del corpo

Nel Rinascimento si diffuse una riscoperta dell'educazione fisica ispirata ai modelli classici greci e romani. Tra gli autori rinascimentali più originali và ricordato Niccolò Machiavelli che dedicò molte sue opere al tema dell'educazione fisica .Girolamo Mercuriale fu considerato l'iniziatore della moderna concezione dell'educazione fisica e rilanciò le teorie di Galeno , sostenendo e riproponendo il valore (non ultimo quello igienico-sanitario) della ginnastica, sostenendo che "un tempo all'arte della ginnastica veniva attribuito un alto valore; oggi essa è una arte oscura e quasi distrutta. Mi ripropongo di rimetterla in luce . Mercuriale dedicò alla ginnastica medica un'intera opera intitolata De Arte Gymnastica, che può essere considerata il primo trattato storico sull'educazione fisica, per la ricchezza di fonti esaminate per approfondire lo studio della ginnastica antica, descrivendola nelle sue divisioni e nei suoi aspetti fondamentali

Da Machiavelli a Mercuriale...

In questo periodo si svilupparono numerosi giochi con la palla dai quali probabilmente derivarono il calcio e il rugby; si svilupparono molte attività legate soprattutto all'arte della guerra come la corsa, il salto in alto, il pugilato, la lotta, la scherma e l'equitazione. La evoluzione umanistico-rinascimentale coinvolse soprattutto l'universo infantile e femminile e il gioco fu concepito come divertimento per il bambino e fu proposto come attività educativa. Tra i giochi più comuni si diffusero la mosca cieca, il catturare farfalle o lucertole e la lotta per strada e si svilupparono attività ludiche connesse ad alcuni attrezzi come le altalene, gli aquiloni, le trottole ed i birilli . Per quanto riguarda le donne, non si sviluppò una specifica educazione fisica femminile, ma iniziarono a diffondersi presso le corti del 400 i balli e le pratiche didattiche codificate che avrebbero fatto da base alla danza classica del 700.

La rivoluzione pedagogica operata dal Rinascimento favorì il ritorno a scuola di quella che ancora non si chiamava educazione fisica, ma ginnastica che si fondava sul riconoscimento e sul riscatto del corpo, autonomo rispetto all'anima. L'età umanistico- rinascimentale rappresentò non solo un forte momento di teorizzazione dell'educazione fisica, ma fu anche un'età che vide la diffusione e la successiva normatizzazione di molte pratiche sportive emerse nel Medioevo che si diffusero in Europa, gettando le basi dei moderni giochi di squadra.

Il Signor Jacques Ballexserd (francese) coniava per la prima volta il termine Ginnico di “Educazione Fisica” alla fine ‘700, con una veduta scientifica e letteraria sull’Educazione Fisica dei Bambini, dai primi mesi di vita per arrivare alla pubertà. Il primo Istituto Universitario nasceva in Francia con riferimento al “Battaglione Militare Joinville” Unità dell’Esercito Scuola di Ginnastica a metà dell`Epoca 1800 sull’altopiano di Gravelle. Insegnamento costante e continuo per la formazione di Istruttori per Palestre Militari e successivamente con l’opportunità concreta di inoltrare l’Attività Sportiva anche nelle Scuole Pubbliche, anche se dotate di poche attrezzature per lo svolgimento di base.

Avvenuta in Francia con Sir. Jacques Ballexserd

La prima comparsa del termine "Educazione fisica" in Francia

“Rifare il sangue, le fibre e ristabilire le forze vitali sia nella Scienza Medica che Pedagogica.”

A fine ‘800 incrementarono l’insegnamento ginnico con la Scherma da qui la formazione professionale prendeva campo con l’obbiettivo di partecipare ai Giochi Olimpici. Con l’avvento della Prima Guerra Mondiale La Scuola chiudeva i battenti, per riaprire due anni dopo prendendo il nome di “Scuola Superiore di Educazione Fisica”. Circa dieci anni dopo, causa della Seconda Guerra Mondiale, le porte si chiudevano nuovamente, per riprendere alla fine del conflitto con nuove approfondimenti e funzioni ginniche all’ Istituto Nazionale di Parigi. Presto l’Educazione Fisica si diffondeva in tutta Europa, nello specifico in Italia; l’insegnamento di questa Materia fu introdotto nel periodo del Regno di Sardegna con la Legge Casati Titolo V con la denominazione di Cultura Sportiva di Ginnastica con l’obbligo di frequenza solo ed esclusivo per il sesso maschile.

Jean-Jacques Rousseau sostiene che la crescita del bambino dipende dall'educazione. Tutto ciò che abbiamo quando nasciamo ci viene fornito dall'educazione, impartita da "tre maestri": la natura, gli uomini e le cose. La natura provvede allo sviluppo interno delle nostre facoltà e dei nostri organi; gli uomini all'uso che ne facciamo; le cose all'acquisizione dell'esperienza e degli oggetti. Se i contributi di queste tre educazioni si contraddicono, l'alunno sarà educato male. Rousseau poi, elenca una serie di errori pratici nell'educazione tradizionale, come l'uso delle fasce che limitano la libertà di movimento, le cure e le precauzioni eccessive, le lusinghe e le minacce.

L'educazione dell'Emilio di Rousseau

"Sii forte nel corpo, limpido nei pensieri, maestoso negli ideali"

Questo descrive e testimonia l'importanza dell'educazione del bambino anche e soprattutto fisica.

Emilio sarà libero di muoversi e di agire: le piccole cadute lo aiuteranno a conoscere e dominare il dolore; la vita all'aria aperta e il libero esercizio del corpo nel gioco e in piccoli lavori manuali lo renderanno più sano e vigoroso.

Il primo allevamento e il nutrimento del bambino sarà responsabilità esclusiva della madre, il cui compito viene esaltato da Rousseau come apportatore di armonia e felice sviluppo del neonato. Tuttavia egli verrà presto sottratto alla madre per affidarlo alle cure di un precettore. Secondo Rousseau, poi, l'educazione naturale va condotta in mezzo alla natura, dove l'ambiente rinvigorisce il corpo e l'anima, e la società non può esercitare il suo effetto corruttore.

Decisivo fu l'intervento di validi pedagogisti che favorirono l'introduzione dell'attività motoria nel tessuto socio-culturale del Paese, come supporto all'educazione della gioventù. Gaetano Filangeri era convinto assertore dell'importanza dell'esercizio fisico, in quanto concepiva l'educazione fisica come movimento di pensiero. Vincenzo Cuoco il quale ripetutamente affermava che gli esercizi, e le pompe militari dovevano preparare le virtù del cittadino. Bisognerà attendere i precursori che, attraverso l'imperante ideale di patria, cercheranno di fornire una spinta sistematica. L'educazione fisica in Italia, dall'ottocento alla prima metà del '900, è inquadrata in un sistema prevalentemente militare. Nel '900 le nuove esigenze pedagogiche trasformeranno l'attività motoria in un mezzo integrativo di formazione sia per il corpo, sia in senso generale.

L'EDUCAZIONE FISICA IN ITALIA

Risente dell'impronta militareggiante propria dei tempi, avendo il fine di sviluppare nei fanciulli il «sentimento dell'ordine e il coraggio». Ma introduce anche un insegnamento caratterizzato da finalità altamente educative.Lo stesso De Sanctis, a sostegno del suo disegno di legge, disse: “Rifare il sangue, ricostruire la fibra, rialzare le forze vitali è il motto non solo della medicina, ma della pedagogia”.

L'insegnamento dell'educazione fisica in Italia fu introdotto nel Regno di Sardegna dalla Legge Casati del 1859 sotto la denominazione di "Ginnastica", obbligatorio ai soli maschi. Successivamente nel 1878 l'allora Ministro della pubblica istruzione Francesco De Sanctis riordinò la disciplina, rinominandola "Ginnastica educativa". In particolare, la Legge De Sanctis fu la prima, dopo l'Unità d'Italia, a occuparsi interamente della materia. Essa sancì l'obbligatorietà dell'insegnamento della ginnastica educativa anche per le donne, nelle scuole di ogni ordine e grado. Stabilì che i programmi fossero concordati tra Ministro della pubblica istruzione e Ministro della guerra, e che i maestri venissero reclutati tra il personale militare.

LEGGE CASATI E DE SANCTIS

Il ministro della pubblica istruzione Martini nominò nel 1893 una Commissione per lo studio di un programma di insegnamento dell'"educazione fisica". La vera innovazione stava nell'aver sostituito, per la prima volta in maniera ufficiale, le parole "educazione fisica" al termine "ginnastica". La Legge Rava-Daneo-Credaro nel 1910 istituì l'insegnamento dell'educazione fisica. Nel sistema italiano dell'istruzione per un secolo, dal 1910 al 2010, è stata insegnata tale materia. Il nuovo termine della disciplina, dal 1º settembre 2010, è "Scienze motorie e sportive", coerentemente con la denominazione degli istituti universitari che provvedono alla formazione scientifica, tecnica e professionale degli operatori.

DAL 1910 A OGGI

Un modo con cui ha promosso il fascismo e l’unità dell’Italia era con gli sport. Mussolini “vedeva nello Sport un metodo efficacissimo per inculcare la disciplina e lo spirito di squadra in una società che riteneva troppo anarchica e individualista.”Lo sviluppo di successo dello sport in Italia era un modo per i fascisti di preparare i giovani per la guerra e per portare orgoglio alla nazione.

RUOLO DELL'EDUCAZIONE FISICA NELLA PROPAGANDA FASCISTA

Dei GUF facevano parte i giovani dai 18 ai 25 anni. I GUF potevano partecipare ai Littorali dello sport, istituiti nel 1932. Essi erano scelti tramite selezioni provinciali. All'inizio della competizione, gli atleti dovevano pronunciare il giuramento. I vincitori nelle varie discipline si sfidavano poi nei Littoriali nazionali, la cui vittoria valeva il titolo di “Littore d'Italia”. In premio i Littori d'Italia ricevevano un distintivo in oro che riproduceva la “M” di Mussolini.

Le donne dovevano essere forti per poter essere delle buone madri, che sanno di dover dare dei figli non solo alla famiglia,ma anche alla Patria. L'ONB insegnava alla donna, accanto all'educazione fisica, l'economia domestica, la puericultura e l' infermiera.

Dunque costituì parallelamente l'ONB e il GUF e tutte le altre organizzazioni giovanili furono soppresse. L'organizzazione nazionale balilla si occupava delle medie e delle elementari e riprendeva il concetto greco-romano dell'attività fisica legata all'attività intellettuale, aggiungendovi il carattere militare per infondere il senso di disciplina.

L'educazione fisica era considerata al pari delle altre discipline scolastiche, e gli insegnanti di ginnastica iniziarono a far parte del Consiglio dei professori. Nelle scuole vennero dedicate 2 ore settimanali all'insegnamento dell'educazione fisica e i programmi prevedevano: • per le prime due classi di elementari un'attività ginnica di carattere ricreativo • dalla terza classe in poi, il programma prevedeva anche il saluto romano, il saluto collettivo in classe e fuori, il saluto individuale, l'attenti, il riposo e la marcia in gruppo. • nelle ultime due classi, erano previste evoluzioni • per i giovani tra i 16 e i 18 anni erano previsti esercizi a corpo libero e agli attrezzi. Fondamentale era alternare l'allenamento individuale con quello collettivo e di utilizzare le forme sportive anche per i fini dell'addestramento militare.

Esistevano dunque delle attività motorie giudicate “appropriate” o quantomeno tollerate per le donne, es., danza, tennis, croquet, equitazione. Forse non è un caso che anche oggi in croquet e equitazione uomini e donne competono senza distinzioni di categoria e il tennis è uno dei pochi sport in cui è ammessa a livello d'élite la competizione per squadre miste.La femminilizzazione precoce di queste discipline è legata più che altro al fatto che si svolgevano in club e circoli frequentati dall'aristocrazia.Caratteristiche comuni:-attività individuale-assenza di contatto fisico-manipolazione di oggetti leggeri -enfatizzazione degli aspetti estetici, ritmici e di coordinazioneAnche negli anni '70 le donne erano incoraggiate a praticare sport che migliorano equilibrio, coordinazione e grazia ( ginnastica ritmica, pattinaggio artistico).

La nascita dello sport femminile

A metà dell'ottocento nascono le competizioni sportive moderne, caratterizzate socialmente come attività disgiunte dal lavoro, limitate alle classi sociali superiori e costruite per enfatizzare le caratteristiche fisiche e psicologiche tipicamente maschili.Dunque la donna non doveva sciupare la sua femminilità attraverso lavori manuali e attività fisicamente impegnative comelo sport.Questa discriminazione doveva essere considerata un onore, dato che le donne delle classi sociali inferiori dovevano per forza farelavori pesanti.La donna ideale doveva essere delicata, tenera, gentile e sensibile, e fisicamente doveva essere pallida e priva di sviluppo muscolare.Quindi le discipline sportive che richiedono aggressività, resistenza, assertivita e spirito competitivo, oltre che sviluppo muscolare, sono in conflitto con l'ideale femminile.

(aspetti strico-sociali)

La figura della donna

Aumenta la partecipazione femminile a sport di squadra e di contatto. In Europa e USA nascono dipartimenti di atletica aperti alle donne. L'educazione fisica diviene materia scolastica anche per le ragazze. La II guerra mondiale, il movimento femminista e quello per i diritti civili, la rivoluzione dei costumi sessuali hanno accelerato i cambiamenti.

Le mutazioni iniziano nel XX secolo, con sconvolgimenti sociali che favoriscono il cambiamento di atteggiamento nei confronti della donna e quindi il cambiamento dei comportamenti socialmente accettabili e condivisi.- Lotta per l'emancipazione femminile e movimento per il suffragio universale- I guerra mondiale: le donne sono andate a lavorare, occupando posti di lavoro maschiliIniziano le competizioni femminili tra le discipline olimpiche. Lo sport aumenta la visibilità internazionale, la partecipazione delle donne è occasione per aumentare il numero di medaglie e il prestigio politico.

Le trasformazioni sociali

Kathy Switzer, la statunitense che partecipò con uno stratagemma alla maratona di Boston del 1967. Il maschilismo post bellico ha impedito per molto tempo alle donne di prendere parte alla competizione. Nonostante i pregiudizi, Kathy si iscrisse alla corsa inserendo solo le iniziali così da passare inosservata. 
La storia è legata ad un episodio di discriminazione molto serio che sfociò in una violenza: Il direttore della gara, riconosciuta Kethy, la raggiunse e la prese per un braccio allontanandola dal circuito così da far spazio al passaggio ai “veri podisti”. Gli atleti intorno a lei ne impedirono di fatto l’allontanamento e l’atleta riuscì così a concludere la competizione con un ottimo risultato;Trebisonda Valla, chiamata Ondina, a soli 14 anni entrò nella nazionale italiana, portando i colori della Virtus Atletica di Bologna. Valla è stata la prima donna italiana a conquistare l’oro olimpico nella corsa ad ostacoli durante le Olimpiadi di Berlino, con il primato di undici secondi e sei decimi. Prima di raggiungere questo risultato era stata convocata, a soli 16 anni, ai giochi olimpici di Los Angeles. Aveva però subito le pressioni del Vaticano, ostile allo sport femminile e dunque a favore della sua esclusione, oltre alla madre, che riteneva indecoroso e inaccettabile vedere una ragazza correre svestita oltreoceano.

Basti pensare all'esperienza di due donne...

Il primo ISEF nacque a Roma nel 1952, prendendo il posto della Reale accademia della GIL ovvero Accademia fascista maschile di educazione fisica e sciolta dopo la caduta del fascismo. L'ISEF ottenne in seguito il riconoscimento di grado universitario grazie alla legge n. 88. Verrà poi istituita a Torino e successivamente in tutta l’Italia

L'Istituto superiore di educazione fisica (ISEF) era un istituto universitario italiano parificato che a partire dal secondo dopoguerra ha formato gli insegnanti di Educazione fisica tramite corsi triennali che rilasciavano un diploma post-secondario. A partire dal 1998, dopo la riforma che ha reso obbligatoria la laurea per insegnare nelle scuole, ne hanno assunto le funzioni i corsi di laurea in scienze motorie.

La nascita dell' ISEF

Egli stesso racconta di quanto le cose fossero diverse, l'educazione fisica non era considerata così come adesso ed il rischio era di laurearsi per poi non riuscire a sfruttare la laurea. Ma lui non ha mollato e si è laureato nel giugno del 1967, era da solo, orfano di guerra e senza fratelli . Poi arrivò la prima cattedra ad urbino, per poi concludere la sua carriera all'istituto tecnico economico tecnologico Bramante Gena dopo 30 anni di insegnamento

Di cose ne sono cambiate molte in quasi sessant’anni di un corso di laurea e di un Paese che hanno avuto una mutazione velocissima ma che, più nel profondo, hanno conservato tanti valori irriducibili. Mario Agostini ha vissuto questo cambiamento. Una delle prime matricole a vivere questa nuova esperienza

Intervista a una delle prime matricole

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Il ruolo dell'educazione fisica oggi nelle scuole europee

Dati i suoi numerosi benefici, l’attenzione a livello europeo verso la promozione dell’attività fisica è cresciuta sempre di più. Il Trattato europeo di Lisbona del 2009 ha offerto le basi, sul piano giuridico, affinché l’Unione Europea richiedesse lo sviluppo della dimensione europea nello sport e la promozione delle questioni sportive a livello europeo. Nell’ottica di questi sviluppi politici, e per meglio comprendere la condizione attuale dell’educazione fisica in Europa, Il rapporto è da considerarsi il primo tentativo della Commissione europea di individuare i punti chiave di debolezza e di forza dell’educazione fisica a scuola.L’educazione fisica è obbligatoria in tutti i curricoli nazionali esaminati a livello sia primario che secondario inferiore. Per quasi tutti i paesi, l’obiettivo principale dell’educazione fisica è favorire lo sviluppo fisico, personale e sociale dei ragazzi. In alcuni paesi viene invece insegnata con approccio interdisciplinare. Ciò significa che, ad esempio, durante la lezione di educazione fisica entrano in campo le scienze naturali e sociali e viceversa, a dimostrazione della correlazione esistente fra le materie.

In linea generale, più alto è il livello educativo più probabilità ci sono che sia dato l’incarico a docenti specialisti. Nel livello primario l’educazione fisica viene insegnata sia da docenti generalisti che da insegnanti specialisti mentre nel livello secondario inferiore la tendenza è ad avere docenti specialisti della materia.Circa un terzo dei paesi analizzati nel rapporto sta lavorando a riforme che riguardano l’educazione fisica. Il Portogallo e la Finlandia, ad esempio, stanno cercando di elevare il profilo dell’attività fisica aumentando direttamente l’orario minimo di insegnamento. Le riforme nazionali in molti paesi stanno anche cerando di migliorare le condizioni in cui la materia viene insegnata e di promuovere la formazione di coloro che la insegnano.

L’orario di insegnamento prescritto per l’educazione fisica varia in maniera significativa da un paese all’altro e da un livello di istruzione all’altro. Inoltre alcuni paesi stabiliscono a livello centrale le ore minime di educazione fisica, mentre altri lasciano la decisione alle scuole.In generale, la quota di orario raccomandata per l’educazione fisica è piuttosto bassa rispetto a quella prevista per altre materie; ciò rivela che questa materia è comunemente percepita come di minore importanza. Questa differenza è particolarmente evidente nell’istruzione primaria. Qui la proporzione dell’orario destinato all’educazione fisica si avvicina solo alla metà dell’orario dedicato alla matematica. Gli insegnanti di educazione fisica sono spesso specialisti della materia Nella maggior parte dei paesi la decisione se l’educazione fisica deve essere insegnata da un docente generalista o da uno specialista dipende dal livello di istruzione.

Powerpoint realizzato da:Vozza Danilo Abbagnano Maria AngelaBounou AyaArgenziano ChiaraCiaraffa SerenaCommone RosaBellopede LudovicaBraccio Angela