Want to make creations as awesome as this one?

Transcript

Don Abbondio è il personaggio che apre la narrazione de "I Promessi Sposi". E' il curato incaricato di sposare Renzo e Lucia, ma durante la sua consueta passeggiata incontra due Bravi, sgherri di Don Rodrigo, che gli intimano di non celebrare il matrimonio. Don Abbondio, che un primo momento cerca di giustificarsi e di prendere tempo, accondiscende alla volontà dei bravi. Solo alla fine del romanzo, venuto a conoscenza della morte di Don Rodrigo, Don Abbondio celebrerà le nozze tra Renzo e Lucia.

Lucia Mondella è un personaggio immaginario, la protagonista femminile de I Promessi Sposi. È la promessa sposa di Renzo Tramaglino: ragazza povera, modesta e molto semplice, appartiene al popolo e si guadagna da vivere lavorando. Si trova in una situazione di modesta comodità economica, lavora in casa o in filanda e come Renzo è rimasta orfana di padre. La giovane è molto timida, umile e il rossore che compare più volte sul suo volto ne sottolinea la purezza.

Renzo Tramaglino è il protagonista maschile del romanzo manzoniano. È un ragazzo ventenne, orfano dall’adolescenza, che lavora come filatore di seta per tradizione familiare, come molti attorno a Lecco, città nella quale è nato. È un personaggio fortemente dinamico, che nel corso del romanzo, grazie alle esperienze di cui è protagonista, subisce varie trasformazioni che lo rendono migliore. Nei primi capitoli, il narratore lo fa apparire come un giovane schietto e coraggioso, preda di forti cambiamenti di stato d’animo e caratterizzato da una forte sete di giustizia. Manzoni esprime attraverso questo personaggio uno degli aspetti del suo cristianesimo democratico: l’esigenza di giustizia, che si contempera con il messaggio religioso del romanzo, di cui Lucia è la principale portatrice. Lucia, grazie al suo nobilissimo orizzonte morale, influenza il fidanzato e si rende fautrice del perfezionamento e della definizione del carattere del ragazzo. Dopo il rinvio del matrimonio, Renzo fa di tutto per estorcere a Don Abbondio il nome del prepotente e si sente impotente di fronte al “latinorum” del curato che non riesce a comprendere dal momento che è analfabeta. Costretto a subire soprusi e torti, manifesta la sua rabbia immaginando agguati e vendette ai danni di Don Rodrigo. Supportato da Agnese, la madre di Lucia, Renzo non si perde d’animo e accetta di recarsi dal dottor Azzeccagarbugli: la sua ingenuità, però, lo espone a una delle tanta esperienze negative che vivrà nel corso del romanzo. La sua ingenua ingegnosità è oggetto della comprensiva ironia del Manzoni: egli è solo un umile rappresentante di una società senza potere, costretta ad arrabattarsi per uscire fuori dalle maglie delle prepotenze. La sua ingenuità lo porterà a mettersi nei guai durante il tumulto di Milano. Ma tutte le difficoltà serviranno a farlo diventare una persona migliore.

Don Rodrigo è il personaggio cattivo della storia. Di lui, a differenza di tutti gli altri personaggi del romanzo, Manzoni non ne fa una descrizione fisica ma ci racconta che costui era un uomo che viveva nel crimine e che la sua malvagità non conosceva limiti. Alla fine morirà di peste, come punizione per la sua cattiveria.

Agnese è la madre di Lucia, un'anziana vedova che vive con l'unica figlia in una casa posta in fondo al paese: è presentata come una donna avanti negli anni, molto attaccata a Lucia per la quale "si sarebbe... buttata nel fuoco", così come è sinceramente affezionata a Renzo che considera quasi come un secondo figlio.

È un avvocato che vive a Lecco ed è intimo amico di don Rodrigo a cui trova spesso delle scappatoie legali: è un personaggio secondario ed è descritto come un uomo alto, magro, con la testa pelata, il naso rosso (ciò è dovuto probabilmente al vizio del bere) e una voglia di lampone sulla guancia. Viene introdotto quando Agnese consiglia a Renzo di recarsi da lui per chiedere un parere legale circa il sopruso subìto da parte di don Rodrigo, che ha minacciato don Abbondio perché non celebrasse il matrimonio: la donna spiega al giovane che quello di "Azzecca-garbugli" è un soprannome (allude alla presunta capacità di sbrogliare le questioni giudiziarie), mentre il vero nome dell'avvocato non viene mai fatto.

È la monaca del convento di Monza dove si rifugiano Agnese e Lucia in seguito alla fuga dal paese e al fallito tentativo di rapire la giovane da parte di don Rodrigo. È detta anche la "Signora". È presentata come la figlia di un ricco ed influente principe di Milano, la quale grazie alle sue nobili origini gode di grande prestigio e di una certa libertà all'interno del convento.

È uno dei frati cappuccini del convento di Pescarenico, padre confessore di Lucia e impegnato ad aiutare i due promessi contro i soprusi di don Rodrigo, non sempre con successo: è descritto come un uomo di circa sessant'anni, con una lunga barba bianca e un aspetto che reca i segni dell'astinenza e delle privazioni monastiche, anche se conserva qualcosa della passata dignità e fierezza. Viene introdotto quando Lucia spiega di avergli raccontato in confessione delle molestie di don Rodrigo. Il personaggio compare direttamente attraverso un lungo flashback che racconta la vita precedente di Cristoforo e le circostanze che lo indussero a farsi frate: si chiamava Lodovico ed era figlio di un ricco mercante che viveva come un nobile e aveva allevato il figlio con modi signorili. Un giorno Lodovico in uno scontro tra signorotti, uccise il suo rivale. Nel duello morì anche il suo servitore Cristoforo. Quest'evento determinò la conversione di Lodovico che prese i voti con il nome del suo fedele servitore.

È il potente bandito cui si rivolge don Rodrigo perché faccia rapire Lucia dal convento di Monza in cui è rifugiata, cosa che l'uomo ottiene grazie all'aiuto di Egidio, suo complice e amante della monaca Gertrude: in seguito a una crisi di coscienza e all'incontro decisivo col cardinal Borromeo giunge a un clamoroso pentimento, decidendo così di liberare la ragazza prigioniera nel suo castello e di mandare a monte i piani del signorotto, che dovrà successivamente lasciare il paese e andare a Milano. L'autore non fa mai il suo nome e infatti lo indica sempre col termine "innominato", dichiarando di non aver trovato documenti dell'epoca che lo citino in maniera esplicita, tuttavia la sua figura è chiaramente ispirata al personaggio storico di Francesco Bernardino Visconti, noto bandito vissuto tra XVI e XVII secolo e passato alla storia per la sua vita turbolenta e criminosa, salvo poi convertirsi ad opera proprio del cardinal Federigo.

Si tratta di uno dei tanti personaggi del romanzo esponente di un popolo colorito e molto variegato. Perpetua è una donna vivace, una fedele servitrice sempre legata e attenta alle faccende che interessano la vita e l’attività del curato Don Abbondio.

Chi sono i bravi? Quello dei bravi può essere definito un vero e proprio fenomeno che Alessandro Manzoni decide di includere all’interno della vicenda de I Promessi Sposi. Ma, d’altro canto, caratterizzano il tempo in cui la stessa storia è ambientata.Parlare dei bravi significa, quindi, contestualizzare alcune particolari figure comparse nella narrazione, con il momento storico di riferimento di cui gli stessi rappresentano, se vogliamo, un prodotto.L’Italia, suddivisa com’è in tanti piccoli stati, vede proprio nelle zone del milanese e del nord Italia il dominio degli spagnoli contrastato da quello dei Francesi che regnano in altre zone della penisola.Questi bravi sono la faccia della malavita e della criminalità locale che commette azioni volgari e violente al soldo di signorotti senza scrupoli o in piena autonomia, ma per l’inevitabile necessità di sostenersi e riuscire a sopravvivere anche a costo di bassi e turpi atti di violenza. Si tratta del prodotto dell’inettitudine dei governanti, dei personaggi potenti ed esponenti di queste due grandi potenze dell’epoca impegnate in tante battaglie per la spartizione della penisola italiana, ma non in quella per l’eliminazione del brigantaggio dalle terre controllate.Nell’esempio dell’incontro di Don Abbondio con i due malviventi, Manzoni non inventa alcun linguaggio, ma riprende proprio il modo espressivo che queste orde di criminali utilizzavano nel terrorizzare e trattare la gente comune durante i loro attacchi: quindi è naturale e comprensibile il timore serbato nell’anima e in corpo dal povero curato. Assistiamo all’imposizione, al furto della libertà dell’uomo di poter e voler rispettare la promessa di matrimonio fatta da Renzo e Lucia, quindi alla minaccia; la vita è messa in pericolo da una scelta contraria a quella prospettata dai due bravi.Si tratta di un modo di operare standardizzato e classico di questo tipo di persone che non hanno nulla da chiedere e tutto da pretendere; chiude il confronto tra i due e il curato l’inclusione del perfido e temuto Don Rodrigo. Quasi fosse una firma a rafforzare la durezza e l’assoluta serietà della minaccia avanzata.E guai a non rispettarne la volontà: la fama negativa dell’arrogante Rodrigo è legata anche alla coraggiosa sfrontatezza con cui i suoi bravi eseguono le loro minacce e le promesse di morte.

Il Griso è un "braccio destro" molto furbo, e in tutta la trama è fedele a Don Rodrigo. Alla fine però, quando Don Rodrigo si ammala di peste, sarà proprio il Griso a tradirlo e a chiamare i monatti. Da buon "bravo" ha un carattere egoista, ma prova anche compassione per Lucia...

Don Ferrante è il marito di donna Prassede nel romanzo I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni e riveste un ruolo secondario nello svolgimento della vicenda. Manzoni lo ritrae con i tipici caratteri dell'erudito seicentesco, immerso nello studio morboso di qualsiasi disciplina, dalla storia alla scienza alla medicina alla filosofia. Tuttavia, vengono ironicamente sottolineati la sua profonda passione per studiosi oggi dimenticati e i pungenti giudizi verso quelli che oggi sono considerati i grandi capostipiti della filosofia; nella descrizione della sua grande biblioteca, appare più volte il nome del Cardano, e il nobiluomo considera Aristotele semplicemente "il filosofo" e il Machiavelli un "mariolo". Le sue principali passioni, sono comunque l'astrologia e la cavalleria, inoltre in astrologia non possedeva solo nozioni generiche ma ne sapeva parlare a proposito. Infatti, pensa che tutti gli eventi sul mondo terreno siano causati dall'influenza degli astri e, quando si scatena il contagio della peste, non vi crede, formulando strane antitesi astrologiche e soprattutto filosofiche. Però, morirà proprio per questa causa, maledicendo le stelle "come un eroe di Metastasio".

Il Cardinale Federigo Borromeo è un personaggio storico molto importante che Alessandro Manzoni ha inserito nel suo Romanzo con tutto il suo carico e la sua levatura etica e morale.

Donna Prassede è un personaggio secondario del romanzo di Alessandro Manzoni I Promessi Sposi. Compare nella seconda parte della vicenda, specialmente nei capitoli XXV e XXVII; tenta di aiutare Lucia, protagonista del romanzo insieme al promesso sposo Renzo, a superare il trauma della prigionia da lei patita presso il castello dell'Innominato. Donna Prassede è un personaggio esemplarmente bigotto, che si intromette negli affari di tutti e lo dimostra con il comportamento di protezione che assume con le sue figlie. Si convince che Renzo sia un poco di buono per via degli ordini di cattura che lo riguardano, ed è quindi risoluta a far sì che Lucia lo dimentichi offendendo la persona di costui.

Il conte Attilio è il cugino di don Rodrigo, e lo aiuta nel suo infame obiettivo, ovvero quello di catturare Lucia.Costui si presenta con le stesse caratteristiche del cugino. Scommette con lui sul fatto che non sarebbe riuscito ad impossessarsi di Lucia, ed è proprio a causa di questa scommessa che inizia tutta la vicenda che si svilupperà in diversi capitoli. Il conte Attilio in seguito cercherà di aiutare don Rodrigo andando a Milano per fare in modo che padre Cristoforo non interferisca con la scommessa, anzi cercherà di farlo trasferire. Al termine del romanzo il conte Attilio morirà di peste; proprio nell'occasione del suo funerale don Rodrigo contrarrà lo stesso morbo.

Tonio è un amico di Renzo, e sarebbe dovuto essere il testimone del matrimonio a sorpresa, se le cose fossero andate nel verso giusto. Renzo per convincerlo a far da testimone si offre di pagare i suoi debiti di gioco.Ha una famiglia numerosa, e un fratello sempliciotto, Gervaso, che sarebbe poi dovuto essere l'altro testimone.

Appare come cugino di Renzo e gli offre asilo a casa sua nel bergamasco poiché Renzo era ricercato come rivoluzionario dal governo di Milano. Costui è lavoratore in una filanda; per questo Renzo può offrirgli il proprio ausilio nel lavoro, siccome di mestiere eseguiva il filatore di seta. Questo personaggio non compare mai direttamente, se non in un solo frangente in cui dialoga con il cugino. Bortolo si rivela comunque di estremo aiuto per il cugino, dato che non solo lo ospita per un anno, ma gli offrirà un lavoro per il resto della vita dal momento in cui Renzo si trasferirà con la moglie Lucia nel territorio di Bergamo e vi metterà su casa con la propria famiglia.

I monatti erano addetti ai servizi più pericolosi della pestilenza: trasportavano i morti e i moribondi al lazzaretto sui carri

ESERCITO MERCENARIO DEL SACRO ROMANO IMPERO GERMANICO

Non conosciamo il suo nome, sappiamo solo che è la mamma della piccola Cecilia, la bimba morta di peste a soli 9 anni. Consapevole della morte incombente, non perde tempo a disperarsi inutilmente: accetta pacatamente la sua sorte, in vista di una vita ultraterrena migliore

È anche lui un frate cappuccino, come Fra Cristoforo

È il fratello di Tonio. È descritto come un personaggio sempliciotto.

È il cancelliere della città di Milano.

È la serva dell'Innominato