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Educatrice di studentesse, novizie, mamme di famiglia. Pazienza e bontà attinte al cuore di Dio

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1. 1847- AOSTA Giulia Valle nasce ad Aosta il 26 giugno 1847, donando tanta felicità a una coppia giovane e benestante di Donnas che aveva già perso prematuramente i due figli precedenti.

2. 1847-1862 UN’INFANZIA SEGNATA Segue la nascita del fratello Vincenzo. L'infanzia di entrambi trascorre serena, tra il lavoro di modista della mamma e i viaggi e i commerci del padre, fino al 1850, quando -per esigenze di lavoro - Anselmo Valle deve trasferirsi in Francia, a Besançon e decide di portare con sé l’intera famiglia.

3. 1852 GIULIA RESTA ORFANA Quando Giulia ha solo cinque anni, la mamma muore. I due fratelli devono rientrare in Italia per essere affidati al nonno paterno e a una zia nubile, in un ambiente troppo austero, che acuisce la tristezza di sapersi orfani.

4. 1862-1866 UNA GIOVINEZZA IMPEGNATA Quando Giulia compie 11 anni, per continuare gli studi viene mandata di nuovo a Besançon, in un educandato delle Suore della Carità, dove apprende bene il francese, diventa abile nel suonare il pianoforte, nel ricamare e nel dipingere, arricchisce la sua cultura e si accosta ai testi dei grandi maestri della spiritualità cattolica, da Vincenzo de’ Paoli a Francesco di Sales.

5. UNA NUOVA FAMIGLIA Dopo aver ultimato gli studi, Giulia ritrova il padre risposato a Pont-Saint-Martin. A causa dei difficili rapporti con la seconda moglie di Anselmo Valle, avverte dolorosamente l'estraneità dell'ambiente, soprattutto dopo l’allontanamento volontario del fratello Vincenzo. E Giulia, inspiegabilmente, non saprà mai più dove sia finito l’amato fratello.

6. A FIANCO DELLE SUORE DELLA CARITà Per Giulia è facile ritrovare nelle Suore della Carità, stabilitesi a Pont-Saint-Martin, le sue insegnanti di Besançon che la incoraggiano e la sostengono. Diventa presto un’assidua frequentatrice della comunità e collabora con loro nel catechismo e nel ricamo su telaio.

7. 1866-1903 UN NOME NUOVO, UNA NUOVA VITA Quando per Giulia è il momento di interrogarsi sul proprio futuro, è maturata in lei un’autentica predilezione per la figura dell’insegnante, capace di rappresentare per i giovani un punto di riferimento e una guida per la loro vita. L’8 settembre 1866 Giulia entra nel noviziato delle Suore della Carità a Vercelli: è la nascita a una vita nuova, nella pace e nella gioia, pur tra le lacrime di un nuovo distacco.

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1. GIULIA DIVENTA SUOR NEMESIA Al temine del noviziato, Giulia riceve l’abito religioso e un nome nuovo: suor Nemesia, nome di un martire dei primi secoli. Ne è contenta e ne fa il suo programma di vita:”Testimoniare il mio amore a Gesù, fino in fondo, a qualunque costo, per sempre”. L’inizio della sua missione avviene a Tortona. Una scuola elementare e media, un educandato, un orfanotrofio riconoscono presto in suor Nemesia un punto di riferimento per ogni iniziativa formativa, apostolica e missionaria.

2. LA BONTà ALL'ISTITUTO SAN VINCENZO DI TORTONA “Oh, il cuore di Suor Nemesia”! Le allieve, le famiglie, le orfane, i poveri, i seminaristi, i vicini militari di leva che l’avvicinano per una lettera, per chiedere di rammendare un indumento, per farsi lenire una nostalgia di casa, tutti sono convinti di avere un posto particolare nel suo cuore, a maggior ragione dopo la nomina a Superiora che ella accetta solo per poter servire meglio.

3. carità a tutto campo Gli impegni sono tanti, deve anche far quadrare i conti sempre in rosso dell’Istituto, ma se qualcuno ha bisogno di parlarle, ascolta attentamente, come non avesse nessun altro pensiero. Non mancano gli attriti con le consorelle, ma la sua calma è disarmante. Sferruzza continuamente, provvedendo così alla biancheria delle orfanelle, dei seminaristi per i quali ha una speciale predilezione e anche dei soldati del vicino distretto militare. Le generazioni si susseguono: tutti vogliono mantenere i rapporti con suor Nemesia, ritornano al collegio per presentare un fidanzato o far conoscere un bimbo appena nato.

4. Anche se i soldi non bastano mai, si prodiga per le missioni. Il direttore spirituale dell’istituto, don Giuseppe Carbone, fattosi cappuccino, parte per l’Eritrea. Lei lo sostiene e con tante iniziative raccoglie denaro per aiutarlo. Nasce così il primo circolo missionario della città. Aiuta come può il giovane don Luigi Orione, fondatore dei Figli della Divina Provvidenza e ospita più volte la beata Teresa Grillo Michel, fondatrice ad Alessandria delle Piccole Suore della Divina Provvidenza. Con loro stabilisce un’intensa e feconda collaborazione, condividendone gli ideali religiosi e la sollecitudine caritativa.

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Borgaro Torinese

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1. MAESTRA DELLE NOVIZIE Il 10 maggio 1903 suor Nemesia deve lasciare Tortona: è attesa a Borgaro Torinese, dove si sta aprendo un nuovo noviziato. Qui le giovani novizie aspettano una maestra che le accompagni lungo un cammino per loro nuovo, austero, ma impregnato di gioia per la donazione a Dio e ai poveri, secondo lo spirito di santa Giovanna Antida. Suor Nemesia nell’ambiente di Borgaro è presenza attiva accanto alle sue collaboratrici, e soprattutto accanto alle giovani. Il suo metodo di formazione è sempre all’insegna della bontà, della comprensione che educa alla rinuncia per amore, della pazienza che sa attendere e sa trovare la via giusta che conviene a ciascuna. Le sue novizie ricordano: “Ci conosceva ad una ad una, capiva i nostri bisogni, ci trattava ciascuna secondo la nostra indole, ci chiedeva quello che riusciva a farci amare”.

2. MODERNA FORMATRICE Nell’arco di tredici anni, cinquecento novizie imparano da lei la confidenza con Dio, l’amore alla preghiera, la dedizione nel servizio dei poveri, il significato evangelico della comunità; sanno apprezzare la sua testimonianza di fortezza di fronte alle tribolazioni; vogliono imitare una santità così espressa e vissuta giorno dopo giorno: ”La santità non consiste nel fare molte cose o nel farne di grandi, ma nel fare ciò che Dio chiede a noi, con pazienza, con amore, soprattutto con la fedeltà al proprio dovere, frutto di grande amore”. “…Santo è chi si consuma al proprio posto, ogni giorno, per il Signore. L’amore donato è la sola cosa che rimane: prima della tua fine cerca di aver amato molto!”

3. LE ULTIME TAPPE NEL DESERTO Ma la Superiora Provinciale ha un carattere palesemente non concordante con il sentire e l’agire della prima maestra delle novizie. Secondo lei, un metodo più rigido avrebbe forgiato le future religiose in maniera più marcata e affidabile. Tale differenza di vedute genera rilevanti contrasti che portano a rimproveri e umiliazioni anche pubblici. Suor Nemesia accoglie tutto in silenzio e nel silenzio continua il suo cammino, senza venir meno alle sue responsabilità: “Di stazione in stazione percorriamo la nostra via nel deserto…e se il deserto è sordo, Colui che ci ha creato sarà sempre in ascolto… .”.

4.Gli anni di Borgaro Torinese rappresentano per suor Nemesia un’autentica stagione di prova, per le difficoltà e le incomprensioni. Pur così equilibrata e serena nella sua vita interiore e nel metodo di formazione delle novizie, è torturata da un’angoscia senza nome. Le sembra di non capire più, di essere andata fuori strada: la sua Superiora Provinciale, lo si vede chiaramente, non l’approva; e consorelle la accusano di debolezza… Le costanti difficoltà e incomprensioni contribuiscono a peggiorare la sua salute, che si aggrava improvvisamente nell’autunno del 1916. Colpita da una grave polmonite, muore dopo sei giorni di agonia, il 18 dicembre di quello stesso anno. La preghiera che ha fatto sua fin dagli inizi: “Gesù spogliami di me, rivestimi di Te” l’ha accompagnata per tutta la vita. Ora può dire: “non sono più per nessuno”. Lo spogliamento è totale. È l’estrema offerta di un’esistenza tutta donata all’Amore.