riassunto di gruppo
Riassunto sui i bottoni di napoleone gruppo 4:Giada Vignini, Francesco Flores, Niccolò Lai, Alice Caldani
indice
1. LA CELLULOSA
2. L'ISOPRENE
3. I COLORANTI
4. I CFC
LA CELLULOSA, CAPITOLO 4
La pianta del cotone era inizialmente sconosciuta in Europa anche se era già coltivata in India, in Pakistan, in Messico e in Perù da ben 5000 anni, la pianta rimase sconosciuta in Europa fino a 300 a.C, fu scoperta durante le guerre condotte da Alessandro Magno. il frutto della pianta di cotone è una capsula che contiene semi oleosi racchiusi dentro una massa di fibre di cotone, inoltre la pianta è sensibile al gelo e ha bisogno di terreni umidi, condizioni poco adatte a quello che è il continente europeo. In Inghilterra, il Lancaster, una regione umida divenne nel periodo del colonialismo, un grandissimo centro industriale intorno alla manifattura del cotone. Nell’Ottocento aumentò esponenzialmente la lavorazione di questa fibra, ciò portò a innovazioni meccaniche come ad esempio lo sviluppo della sgranatrice meccanica per separare la fibra grezza, i filatoi per filale e a torcere il filato ed altri.
CONSEGUENZE DELL' INDUSTRIALIZZAZIONE
Le conseguenze del commercio di questa fibra furono enormi, varie regioni inglesi si trasformarono in terreni industriali e luoghi di commercio, il lavoro nelle Industrie era duro, in condizioni terribili, pericolose e salari molto bassi. I lavoratori vivevano intorno alle fabbriche, le case erano disposte in vie strette e le famiglie erano ammassate in locali freddi , sporchi e sovraffollati. Molti bambini morivano, quelli che sopravvivevano lavoravano nelle fabbriche affrontando turni di 12-14 ore. Le cattive condizioni dei lavoratori fecero insorgere vari movimenti sindacali a favore di riforme sociali, questo cambiamento però non si svolse facilmente. L’Industrializzazione cambia anche l'aspetto delle città che diventano molto più inquinate, furono costruite ferrovie, canali.
I POLISACCARIDI
POLISACCARIDI ESPLOSOVI
Tra 1830 e il 1840 Si scoprì che la cellulosa si scioglieva in acido nitrico concentrato, questa soluzione se versata in acqua formava una polvere Bianca altamente infiammabile ed esplosiva. Lo svizzero Friedrich Schonbein nel 1845 fece una grande scoperta, egli mentre mischiava acido nitrico e acido solforico rovesciò il miscuglio e per asciugare il danno fatto utilizzo un grembiule di cotone. In seguito appese il grembiule sopra la stufa per farlo asciugare, e questo esplose con un grande lampo. Il composto che si era creato era nitrocellulosa, questo può essere un composto davvero pericoloso a meno che non trattata con molta cura, infatti a quei tempi varie fabbriche furono distrutte accidentalmente. Nel tempo però furono creati altri tipi di nitrocellulosa , come la celluloide usata in precedenza come pellicola per i film e anche per la fotografia.
sitografia capitolo 4: la cellulosa
- https://it.wikipedia.org/wiki/King_Cotton
- Libro "I Bottoni di Napoleone"
L'isoprene
L’isoprene è un idrocarburo insaturo con formula molecolare C₅H₈. Appartiene alla classe dei dieni coniugati, poiché presenta due doppi legami separati da un singolo legame, caratteristica che gli conferisce una particolare reattività chimica.
A temperatura ambiente si presenta come un liquido incolore e volatile, facilmente
infiammabile, con un odore simile alla benzina
L'isoprene
L'isoprene può avere origine naturale o sintetica:
- Natura: molte piante, specialmente gli alberi lo emettono spontaneamente. Nell’atmosfera terrestre vengono emesse circa 500 milioni di tonnellate di isoprene ogni anno, rendendolo uno dei composti organici volatili (VOC) più abbondanti. La funzione biologica di questa emissione non è ancora del tutto chiara, ma si pensa che l'isoprene aiuti le piante a resistere agli stress termici e ossidativi.
- Industria: l'isoprene viene prodotto principalmente tramite processi petrolchimici, come la pirolisi del nafta. Una parte importante dell'isoprene industriale viene utilizzata per la sintesi del gomma sintetica, in particolare la poliisoprene.
L'isoprene
Una delle caratteristiche più importanti dell’isoprene è il suo ruolo come unità strutturale fondamentale dei terpeni e terpenoidi, una vasta classe di composti naturali. Il concetto di "unità isoprenica" è alla base della regola dell’isoprene, formulata da Otto Wallach e poi sviluppata da Leopold Ruzicka. Secondo questa regola, molti composti naturali sono formati da un numero intero di unità di isoprene unite in modo "testa-coda" Questi composti svolgono ruoli fondamentali nei processi biologici e sono alla base di oli essenziali, resine, ormoni, vitamine (come la vitamina A, E, K) e pigmenti naturali.
L'isoprene
La principale applicazione industriale dell’isoprene è la produzione di gomma sintetica, in particolare:
- Poliisoprene sintetico: imita le proprietà della gomma naturale ed è usato in pneumatici, guanti, nastri e dispositivi medici.
- Copolimeri stirene-isoprene-stirene (SIS): elastomeri termoplastici usati in adesivi, sigillanti e materiali flessibili.
- L'isoprene viene utilizzata anche nella sintesi di composti chimici e nella farmaceutica
L'isoprene
L'isoprene ha un impatto significativo anche sull’atmosfera terrestre. Essendo un COV biogenico, reagisce con radicali liberi come l'ossidrilico (OH) e l'ozono, contribuendo alla formazione di aerosol e influenzando il bilancio energetico dell'atmosfera. Sebbene non sia di per sé un gas serra, può interagire con altri composti atmosferici e influenzare la qualità dell’aria e il clima locale.
L'isoprene
l’isoprene è considerato un materiale cancerogene all’uomo poiché nell’industria
l’eccessiva esposizione ad esso lo rende tossico ai polmoni:questo porta ad avere
delle precise norme di regolamento nel suo uso
sito dove si può vedere le attenzioni e i pericoli dell'isoprene
Riassunto capitolo 9
Fin dall’antichità l’uomo ha ricercato sostanze capaci di tingere tessuti e oggetti, ricavandole da piante, animali e minerali. Alcuni esempi celebri sono l’indaco, ottenuto da piante del genere Indigofera, la preziosissima porpora di Tiro estratta dai molluschi e simbolo di potere, la robbia che dava un rosso intenso grazie alle sue radici, e lo zafferano, utilizzato per sfumature giallo-arancio. Questi coloranti naturali erano estremamente costosi, instabili e di difficile utilizzo: spesso necessitavano di mordenti per fissarsi ai tessuti, offrivano una gamma cromatica limitata e tendevano a sbiadire alla luce e ai lavaggi.
Riassunto capitolo 9
Il colore che vediamo è determinato dalle lunghezze d’onda della luce assorbite o riflesse da una sostanza, e la possibilità per una molecola organica di apparire colorata dipende dalla presenza di legami doppi coniugati che permettono la delocalizzazione degli elettroni. Esempi sono il β-carotene, responsabile del colore arancione delle carote grazie alla lunga catena di legami doppi alternati, e l’alizarina, principale colorante della robbia, che mostra un rosso vivo grazie alla coniugazione unita a gruppi ossidrilici. La comprensione di questi principi lega la chimica strutturale alla percezione visiva del colore.
Riassunto capitolo 9
La vera rivoluzione avviene però nell’Ottocento, quando nel 1856 William Henry Perkin, nel tentativo di sintetizzare un farmaco contro la malaria, scopre accidentalmente la mauveina, il primo colorante artificiale prodotto su scala commerciale. Da questa svolta nasce l’industria dei coloranti sintetici, che in pochi decenni supera e sostituisce quella dei coloranti naturali. Seguono altre conquiste, come la produzione artificiale dell’alizarina, dell’acido picrico e soprattutto dell’indaco sintetico, che a fine secolo rende superflua la coltivazione tradizionale. I coloranti sintetici hanno numerosi vantaggi: costano meno, possono essere prodotti in grande quantità, offrono una varietà di colori molto più ampia e risultano più stabili alla luce e ai lavaggi, eliminando la dipendenza da materie prime rare o stagionali.
Riassunto capitolo 9
Le conseguenze sociali ed economiche sono immense: i colori, un tempo privilegio delle élite, diventano accessibili a tutti; l’industria chimica, soprattutto in Germania e in Svizzera, assume un ruolo guida nello sviluppo scientifico e tecnologico, dando impulso anche ad altri settori come i farmaci, i profumi, le vernici e gli inchiostri. Questo processo non si limita a trasformare la moda e l’estetica, ma contribuisce a modificare in profondità l’economia, i commerci e le strutture sociali.
APPROFONDIMENTI CAPITOLO 9
sitografia capitolo 9 e approfondimento
- NATURE
- BRITANNICA
- SCIENCE HISTORY INSTITUTE
- NATIOAL LIBRARY OF MEDICINE
- C EDUCATION
- IL LIBRO I BOTTONI DI NAPOLEONE DI PENNY LE COUTEUR E JAY BURRESON
Capitolo 16: i cfc
I CloroFluoroCarburi (CFC) sono composti chimici formati da atomi di carbonio, fluoro e cloro. Sono incolori, inodori, non tossici e chimicamente molto stabili. Queste proprietà li hanno resi, per decenni, sostanze ideali in vari settori industriali.
I CFC
I CFC sono stati introdotti negli anni ’30 e si sono rapidamente diffusi perché più sicuri dei gas tossici e infiammabili usati fino ad allora (come ammoniaca, zolfo di metile o anidride carbonica).
principali applicazioni
Refrigerazione econdizionamento
Produzione di schiume isolanti
Solventi e detergenti
Propellenti in bombolette spray
effetti sull'ambiente
Il problema dei CFC nasce dalla loro longevità atmosferica: non reagendo facilmente, raggiungono la stratosfera dopo anni. Lì vengono scomposti dai raggi ultravioletti, liberando atomi di cloro (Cl·). Questi atomi partecipano a reazioni catalitiche che distruggono l’ozono (O₃). Il risultato è la conversione dell’ozono in semplice ossigeno, con una perdita netta dello strato protettivo.Un singolo atomo di cloro può distruggere fino a 100.000 molecole di ozono prima di essere neutralizzato.
Cl· + O₃ → ClO· + O₂ ClO· + O· → Cl· + O₂
Reazioni politiche e scientifiche
Negli anni ’70, gli scienziati Molina e Rowland dimostrarono per primi il legame tra CFC e distruzione dell’ozono (premio Nobel per la Chimica nel 1995). Il passo decisivo fu il Protocollo di Montréal (1987), firmato da oltre 190 Paesi:
Al giorno d'oggi
Oggi i CFC sono quasi del tutto eliminati dal mercato legale. I dati satellitari mostrano che il buco dell’ozono si sta lentamente riducendo, con prospettive di ritorno ai livelli pre-1980 entro la metà del secolo. Tuttavia, continuano a esserci problemi: emissioni illegali di CFC in alcuni Paesi, e la necessità di bilanciare le alternative per evitare ulteriori contributi al riscaldamento globale.
sitografia capitolo 16: i cfc
- NOAA – Global Monitoring Laboratory
- American Chemical Society (ACS)
- Libro "I Bottoni di Napoleone"
Approfondimento
La “chimica del colore” ha spiegazione quantitativa: una molecola è colorata quando possiede un cromoforo — tipicamente una sequenza di legami π coniugati — che rende possibile l’assorbimento di fotoni nel visibile; all’aumentare della coniugazione si osserva uno spostamento batocromico (assorbimento verso lunghezze d’onda maggiori) e un aumento dell’intensità (ipercronismo). Questa è la ragione per cui carotenoidi, antrachinoni (come l’alizarina della robbia) e indigoidi mostrano colori intensi: la loro struttura elettronica abbassa l’energia del salto HOMO→LUMO, assorbendo luce visibile. Dal punto di vista pratico, molte tinture naturali non “restano” sui tessuti se usate da sole: entrano in gioco i mordenti (salì metallici come allume, sali di ferro o stagno) che formano complessi coordinativi con il colorante e con la fibra, migliorando la fissazione e talvolta alterando la tonalità. Soluzioni moderne (spettroscopia UV-Vis, calcoli molecolari) permettono oggi di prevedere come piccole modifiche strutturali spostino il colore. Per chi studiasse chimica organica: gli antrachinoni (alizarina) e gli indigoidi sono classi paradigmatiche per collegare struttura a proprietà ottiche.
Approfondimento
I coloranti naturali — in particolare la porpora di Tiro, l’indaco e la robbia — non furono semplici merci decorative ma beni strategici. La porpora estratta da molluschi del genere Murex era così costosa da diventare emblema di autorità (imperatori, aristocrazia) già nell’antichità; la produzione richiedeva enormi quantità di molluschi e lavoro specializzato, cosa che le conferì valore politico e simbolico. Allo stesso modo l’indaco (prodotto da Indigofera e altre specie) generò rotte commerciali e tensioni: dall’Asia all’Europa l’import del “blu” naturale sovvertì mercati locali (il woad europeo) e venne addirittura bollato “devil’s dye” in alcune reazioni protezionistiche; nelle colonie l’indigo divenne coltura da piantagione spesso legata a condizioni di lavoro forzato e schiavitù, mentre in India la pressione dei planters britannici scatenò rivolte contadine come la “Indigo Revolt” (1859–60). Queste dinamiche mostrano che il commercio dei coloranti ha agito come fattore di potere economico, conflitto sociale e dominio coloniale.
Approfondimento
La scoperta accidentale della mauveina da William H. Perkin (1856) è il caso-esempio: dalla sintesi “in provetta” di un colorante su scala prevedibile nacque l’industria chimica organica moderna. Il successo commerciale dei coloranti sintetici (mauveina, fucsina, metilvioletti, ecc.) spinse alla nascita di imprese chimiche integrate — in Germania nascono e si rafforzano gruppi come BASF, Bayer, Hoechst, che investirono su scala industriale in processi a base di carbone e catrami per estrarre aniline e altri precursori (la “coal-tar chemistry”). La sintesi industriale dell’alizarina (Graebe & Liebermann, 1868) fornì un esempio di come una molecola naturale potesse essere replicata e prodotta molto più a basso costo, distruggendo i mercati della madder naturale e consolidando società chimiche che poi si diversificarono (coloranti → farmaci → materie prime). Inoltre, la ricerca sui coloranti portò direttamente a scoperte nel campo medico: dalla chimica dei coloranti derivano i primi programmi di screening su composti azoici che culminarono, decenni dopo, nella scoperta di antimicrobici (Prontosil) e nello sviluppo di classi di farmaci derivanti dalla chimica organica industriale. In sintesi: il settore dei coloranti fu motore tecnologico, fonte di capitali e banco di prova per la chimica farmaceutica moderna.
Approfondimento
Sanità e ambiente: la chimica dei coloranti ha anche un rovescio: molte molecole o loro metaboliti sono tossici o cancerogeni (in particolare alcuni colouranti azoici che possono essere ridotti in ammine aromatiche come la benzidina). Organismi internazionali e agenzie (IARC, NIOSH) hanno documentato il rischio associato ad alcune famiglie di coloranti e aromatici correlati; perciò molti composti sono oggi regolamentati o banditi. Dal punto di vista ambientale, il processo di tintura tradizionale è altamente impattante: grande consumo d’acqua, scarichi colorati ricchi di sali, tensioattivi, metalli e residui di colorante; si stima che fino al 20% dei coloranti non si leghi alle fibre e finisca negli effluenti, con impatti su ecosistemi acquatici e sulla salute delle popolazioni vicine agli impianti. Questi problemi hanno mosso ricerche su sistemi di trattamento degli effluenti e su alternative di processo.
riassunto i bottoni di napoleone gruppo 3
Vignini Giada
Created on September 24, 2025
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riassunto di gruppo
Riassunto sui i bottoni di napoleone gruppo 4:Giada Vignini, Francesco Flores, Niccolò Lai, Alice Caldani
indice
1. LA CELLULOSA
2. L'ISOPRENE
3. I COLORANTI
4. I CFC
LA CELLULOSA, CAPITOLO 4
La pianta del cotone era inizialmente sconosciuta in Europa anche se era già coltivata in India, in Pakistan, in Messico e in Perù da ben 5000 anni, la pianta rimase sconosciuta in Europa fino a 300 a.C, fu scoperta durante le guerre condotte da Alessandro Magno. il frutto della pianta di cotone è una capsula che contiene semi oleosi racchiusi dentro una massa di fibre di cotone, inoltre la pianta è sensibile al gelo e ha bisogno di terreni umidi, condizioni poco adatte a quello che è il continente europeo. In Inghilterra, il Lancaster, una regione umida divenne nel periodo del colonialismo, un grandissimo centro industriale intorno alla manifattura del cotone. Nell’Ottocento aumentò esponenzialmente la lavorazione di questa fibra, ciò portò a innovazioni meccaniche come ad esempio lo sviluppo della sgranatrice meccanica per separare la fibra grezza, i filatoi per filale e a torcere il filato ed altri.
CONSEGUENZE DELL' INDUSTRIALIZZAZIONE
Le conseguenze del commercio di questa fibra furono enormi, varie regioni inglesi si trasformarono in terreni industriali e luoghi di commercio, il lavoro nelle Industrie era duro, in condizioni terribili, pericolose e salari molto bassi. I lavoratori vivevano intorno alle fabbriche, le case erano disposte in vie strette e le famiglie erano ammassate in locali freddi , sporchi e sovraffollati. Molti bambini morivano, quelli che sopravvivevano lavoravano nelle fabbriche affrontando turni di 12-14 ore. Le cattive condizioni dei lavoratori fecero insorgere vari movimenti sindacali a favore di riforme sociali, questo cambiamento però non si svolse facilmente. L’Industrializzazione cambia anche l'aspetto delle città che diventano molto più inquinate, furono costruite ferrovie, canali.
I POLISACCARIDI
POLISACCARIDI ESPLOSOVI
Tra 1830 e il 1840 Si scoprì che la cellulosa si scioglieva in acido nitrico concentrato, questa soluzione se versata in acqua formava una polvere Bianca altamente infiammabile ed esplosiva. Lo svizzero Friedrich Schonbein nel 1845 fece una grande scoperta, egli mentre mischiava acido nitrico e acido solforico rovesciò il miscuglio e per asciugare il danno fatto utilizzo un grembiule di cotone. In seguito appese il grembiule sopra la stufa per farlo asciugare, e questo esplose con un grande lampo. Il composto che si era creato era nitrocellulosa, questo può essere un composto davvero pericoloso a meno che non trattata con molta cura, infatti a quei tempi varie fabbriche furono distrutte accidentalmente. Nel tempo però furono creati altri tipi di nitrocellulosa , come la celluloide usata in precedenza come pellicola per i film e anche per la fotografia.
sitografia capitolo 4: la cellulosa
L'isoprene
L’isoprene è un idrocarburo insaturo con formula molecolare C₅H₈. Appartiene alla classe dei dieni coniugati, poiché presenta due doppi legami separati da un singolo legame, caratteristica che gli conferisce una particolare reattività chimica. A temperatura ambiente si presenta come un liquido incolore e volatile, facilmente infiammabile, con un odore simile alla benzina
L'isoprene
L'isoprene può avere origine naturale o sintetica:
L'isoprene
Una delle caratteristiche più importanti dell’isoprene è il suo ruolo come unità strutturale fondamentale dei terpeni e terpenoidi, una vasta classe di composti naturali. Il concetto di "unità isoprenica" è alla base della regola dell’isoprene, formulata da Otto Wallach e poi sviluppata da Leopold Ruzicka. Secondo questa regola, molti composti naturali sono formati da un numero intero di unità di isoprene unite in modo "testa-coda" Questi composti svolgono ruoli fondamentali nei processi biologici e sono alla base di oli essenziali, resine, ormoni, vitamine (come la vitamina A, E, K) e pigmenti naturali.
L'isoprene
La principale applicazione industriale dell’isoprene è la produzione di gomma sintetica, in particolare:
L'isoprene
L'isoprene ha un impatto significativo anche sull’atmosfera terrestre. Essendo un COV biogenico, reagisce con radicali liberi come l'ossidrilico (OH) e l'ozono, contribuendo alla formazione di aerosol e influenzando il bilancio energetico dell'atmosfera. Sebbene non sia di per sé un gas serra, può interagire con altri composti atmosferici e influenzare la qualità dell’aria e il clima locale.
L'isoprene
l’isoprene è considerato un materiale cancerogene all’uomo poiché nell’industria l’eccessiva esposizione ad esso lo rende tossico ai polmoni:questo porta ad avere delle precise norme di regolamento nel suo uso
sito dove si può vedere le attenzioni e i pericoli dell'isoprene
Riassunto capitolo 9
Fin dall’antichità l’uomo ha ricercato sostanze capaci di tingere tessuti e oggetti, ricavandole da piante, animali e minerali. Alcuni esempi celebri sono l’indaco, ottenuto da piante del genere Indigofera, la preziosissima porpora di Tiro estratta dai molluschi e simbolo di potere, la robbia che dava un rosso intenso grazie alle sue radici, e lo zafferano, utilizzato per sfumature giallo-arancio. Questi coloranti naturali erano estremamente costosi, instabili e di difficile utilizzo: spesso necessitavano di mordenti per fissarsi ai tessuti, offrivano una gamma cromatica limitata e tendevano a sbiadire alla luce e ai lavaggi.
Riassunto capitolo 9
Il colore che vediamo è determinato dalle lunghezze d’onda della luce assorbite o riflesse da una sostanza, e la possibilità per una molecola organica di apparire colorata dipende dalla presenza di legami doppi coniugati che permettono la delocalizzazione degli elettroni. Esempi sono il β-carotene, responsabile del colore arancione delle carote grazie alla lunga catena di legami doppi alternati, e l’alizarina, principale colorante della robbia, che mostra un rosso vivo grazie alla coniugazione unita a gruppi ossidrilici. La comprensione di questi principi lega la chimica strutturale alla percezione visiva del colore.
Riassunto capitolo 9
La vera rivoluzione avviene però nell’Ottocento, quando nel 1856 William Henry Perkin, nel tentativo di sintetizzare un farmaco contro la malaria, scopre accidentalmente la mauveina, il primo colorante artificiale prodotto su scala commerciale. Da questa svolta nasce l’industria dei coloranti sintetici, che in pochi decenni supera e sostituisce quella dei coloranti naturali. Seguono altre conquiste, come la produzione artificiale dell’alizarina, dell’acido picrico e soprattutto dell’indaco sintetico, che a fine secolo rende superflua la coltivazione tradizionale. I coloranti sintetici hanno numerosi vantaggi: costano meno, possono essere prodotti in grande quantità, offrono una varietà di colori molto più ampia e risultano più stabili alla luce e ai lavaggi, eliminando la dipendenza da materie prime rare o stagionali.
Riassunto capitolo 9
Le conseguenze sociali ed economiche sono immense: i colori, un tempo privilegio delle élite, diventano accessibili a tutti; l’industria chimica, soprattutto in Germania e in Svizzera, assume un ruolo guida nello sviluppo scientifico e tecnologico, dando impulso anche ad altri settori come i farmaci, i profumi, le vernici e gli inchiostri. Questo processo non si limita a trasformare la moda e l’estetica, ma contribuisce a modificare in profondità l’economia, i commerci e le strutture sociali.
APPROFONDIMENTI CAPITOLO 9
sitografia capitolo 9 e approfondimento
Capitolo 16: i cfc
I CloroFluoroCarburi (CFC) sono composti chimici formati da atomi di carbonio, fluoro e cloro. Sono incolori, inodori, non tossici e chimicamente molto stabili. Queste proprietà li hanno resi, per decenni, sostanze ideali in vari settori industriali.
I CFC
I CFC sono stati introdotti negli anni ’30 e si sono rapidamente diffusi perché più sicuri dei gas tossici e infiammabili usati fino ad allora (come ammoniaca, zolfo di metile o anidride carbonica).
principali applicazioni
Refrigerazione econdizionamento
Produzione di schiume isolanti
Solventi e detergenti
Propellenti in bombolette spray
effetti sull'ambiente
Il problema dei CFC nasce dalla loro longevità atmosferica: non reagendo facilmente, raggiungono la stratosfera dopo anni. Lì vengono scomposti dai raggi ultravioletti, liberando atomi di cloro (Cl·). Questi atomi partecipano a reazioni catalitiche che distruggono l’ozono (O₃). Il risultato è la conversione dell’ozono in semplice ossigeno, con una perdita netta dello strato protettivo.Un singolo atomo di cloro può distruggere fino a 100.000 molecole di ozono prima di essere neutralizzato.
Cl· + O₃ → ClO· + O₂ ClO· + O· → Cl· + O₂
Reazioni politiche e scientifiche
Negli anni ’70, gli scienziati Molina e Rowland dimostrarono per primi il legame tra CFC e distruzione dell’ozono (premio Nobel per la Chimica nel 1995). Il passo decisivo fu il Protocollo di Montréal (1987), firmato da oltre 190 Paesi:
Al giorno d'oggi
Oggi i CFC sono quasi del tutto eliminati dal mercato legale. I dati satellitari mostrano che il buco dell’ozono si sta lentamente riducendo, con prospettive di ritorno ai livelli pre-1980 entro la metà del secolo. Tuttavia, continuano a esserci problemi: emissioni illegali di CFC in alcuni Paesi, e la necessità di bilanciare le alternative per evitare ulteriori contributi al riscaldamento globale.
sitografia capitolo 16: i cfc
Approfondimento
La “chimica del colore” ha spiegazione quantitativa: una molecola è colorata quando possiede un cromoforo — tipicamente una sequenza di legami π coniugati — che rende possibile l’assorbimento di fotoni nel visibile; all’aumentare della coniugazione si osserva uno spostamento batocromico (assorbimento verso lunghezze d’onda maggiori) e un aumento dell’intensità (ipercronismo). Questa è la ragione per cui carotenoidi, antrachinoni (come l’alizarina della robbia) e indigoidi mostrano colori intensi: la loro struttura elettronica abbassa l’energia del salto HOMO→LUMO, assorbendo luce visibile. Dal punto di vista pratico, molte tinture naturali non “restano” sui tessuti se usate da sole: entrano in gioco i mordenti (salì metallici come allume, sali di ferro o stagno) che formano complessi coordinativi con il colorante e con la fibra, migliorando la fissazione e talvolta alterando la tonalità. Soluzioni moderne (spettroscopia UV-Vis, calcoli molecolari) permettono oggi di prevedere come piccole modifiche strutturali spostino il colore. Per chi studiasse chimica organica: gli antrachinoni (alizarina) e gli indigoidi sono classi paradigmatiche per collegare struttura a proprietà ottiche.
Approfondimento
I coloranti naturali — in particolare la porpora di Tiro, l’indaco e la robbia — non furono semplici merci decorative ma beni strategici. La porpora estratta da molluschi del genere Murex era così costosa da diventare emblema di autorità (imperatori, aristocrazia) già nell’antichità; la produzione richiedeva enormi quantità di molluschi e lavoro specializzato, cosa che le conferì valore politico e simbolico. Allo stesso modo l’indaco (prodotto da Indigofera e altre specie) generò rotte commerciali e tensioni: dall’Asia all’Europa l’import del “blu” naturale sovvertì mercati locali (il woad europeo) e venne addirittura bollato “devil’s dye” in alcune reazioni protezionistiche; nelle colonie l’indigo divenne coltura da piantagione spesso legata a condizioni di lavoro forzato e schiavitù, mentre in India la pressione dei planters britannici scatenò rivolte contadine come la “Indigo Revolt” (1859–60). Queste dinamiche mostrano che il commercio dei coloranti ha agito come fattore di potere economico, conflitto sociale e dominio coloniale.
Approfondimento
La scoperta accidentale della mauveina da William H. Perkin (1856) è il caso-esempio: dalla sintesi “in provetta” di un colorante su scala prevedibile nacque l’industria chimica organica moderna. Il successo commerciale dei coloranti sintetici (mauveina, fucsina, metilvioletti, ecc.) spinse alla nascita di imprese chimiche integrate — in Germania nascono e si rafforzano gruppi come BASF, Bayer, Hoechst, che investirono su scala industriale in processi a base di carbone e catrami per estrarre aniline e altri precursori (la “coal-tar chemistry”). La sintesi industriale dell’alizarina (Graebe & Liebermann, 1868) fornì un esempio di come una molecola naturale potesse essere replicata e prodotta molto più a basso costo, distruggendo i mercati della madder naturale e consolidando società chimiche che poi si diversificarono (coloranti → farmaci → materie prime). Inoltre, la ricerca sui coloranti portò direttamente a scoperte nel campo medico: dalla chimica dei coloranti derivano i primi programmi di screening su composti azoici che culminarono, decenni dopo, nella scoperta di antimicrobici (Prontosil) e nello sviluppo di classi di farmaci derivanti dalla chimica organica industriale. In sintesi: il settore dei coloranti fu motore tecnologico, fonte di capitali e banco di prova per la chimica farmaceutica moderna.
Approfondimento
Sanità e ambiente: la chimica dei coloranti ha anche un rovescio: molte molecole o loro metaboliti sono tossici o cancerogeni (in particolare alcuni colouranti azoici che possono essere ridotti in ammine aromatiche come la benzidina). Organismi internazionali e agenzie (IARC, NIOSH) hanno documentato il rischio associato ad alcune famiglie di coloranti e aromatici correlati; perciò molti composti sono oggi regolamentati o banditi. Dal punto di vista ambientale, il processo di tintura tradizionale è altamente impattante: grande consumo d’acqua, scarichi colorati ricchi di sali, tensioattivi, metalli e residui di colorante; si stima che fino al 20% dei coloranti non si leghi alle fibre e finisca negli effluenti, con impatti su ecosistemi acquatici e sulla salute delle popolazioni vicine agli impianti. Questi problemi hanno mosso ricerche su sistemi di trattamento degli effluenti e su alternative di processo.