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l'arminuta

Giusy Dora Propato

Created on September 18, 2025

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Transcript

l'arminuta

L'Arminuta è la storia di una ragazza di tredici anni che,all'improvviso viene mandata via da, quella che pensava fosse casa sua, e portata nella casa della sua famiglia biologica.Fino a quel momento,era cresciuta con persone che credeva fossero i suoi genitori. Non capisce perché sia stata restituita e nessuno glielo spiega. Si ritrova in un paese povero dell’Abruzzo, in una casa piccola e numerosa. La madre naturale è dura e fredda, il padre quasi sempre assente. Per lei è uno shock: cambia ambiente, stile di vita e perde tutte le certezze. All’inizio si sente sola, triste, arrabbiata e inadeguata. Non si sente più come lei e non appartiene a nessun posto. La scuola è difficile e manca tutto ciò che aveva prima. L’unica persona con cui riesce a legare è Adriana, la sorellina vivace e affettuosa, che la aiuta ad affrontare tutto quel mondo. Pian piano, impara a conoscere la sua vera famiglia, ma il dolore del distacco è ancora forte. Scopre segreti del passato e inizia a capire che l’amore, a volte, può essere complicato. Il libro parla di crescita, cambiamento e ricerca di sé. Con uno stile semplice ma profondo, racconta la difficoltà di sentirsi accettati e amati. Non è un finale felice a lieto fine tradizionale ma una lenta rinascita.
La protagonista de L’Arminuta è una ragazza di tredici anni, intelligente, sensibile e riflessiva. All’inizio del romanzo è confusa e smarrita: pensava di vivere con i suoi genitori ma scopre improvvisamente che è stata adottata e viene riportata alla sua famiglia biologica, che non conosceva. Questo evento segna profondamente la protagonista. È silenziosa, osserva molto e tiene tutto dentro i suoi pensieri. Prova dolore, rabbia e vergogna, ma ha un forte bisogno di capire chi è davvero. Nel corso della storia affronta un vero e proprio viaggio interiore. All’inizio rifiuta il nuovo ambiente, la povertà, la freddezza della madre e il comportamento rude dei fratelli. Ma piano piano cambia. Diventa più forte, matura, più consapevole di sé. Il legame con la sorella Adriana la aiuta molto. Grazie a lei, la protagonista scopre l’affetto vero, anche se imperfetto. Inizia a vedere il valore delle relazioni autentiche, anche se difficili. Alla fine, pur restando una ragazza piena di domande, riesce a trovare un suo equilibrio e una nuova identità. Non è più soltanto “l’arminuta”, ma una persona che ha imparato a resistere e crescere.
Cambiare famiglia significa perdere all’improvviso tutto ciò che si conosce: la casa, le abitudini, l’affetto e sentirsi stranieri nella propria vita. La protagonista viene restituita alla sua famiglia biologica dopo aver vissuto per anni con un’altra famiglia, pensando che fossero i suoi veri genitori, e traduzione di ciò si sente rifiutata, come se non appartenesse più a nessun luogo. Deve adattarsi a un nuovo mondo: povero, genitori freddi, uno spostamento fisico ma anche interiore. Cambiare casa vuol dire non sapere più da dove vieni e chi sei, non avere radici. Deve ricostruire il proprio sé, cambiare e fare sintesi. Cambiare famiglia significa affrontare una rottura profonda e iniziare un percorso difficile verso la crescita e la consapevolezza.

Il titolo “L’Arminuta” è una parola in dialetto abruzzese che significa “la ritornata”, “la restituita”, cioè colei che è tornata. Nel romanzo questo nome viene dato alla protagonista quando viene restituita alla sua famiglia biologica. Lei non ha scelto di tornare: è stata rimandata indietro, come un oggetto non voluto. Il titolo quindi racchiude tutto il suo dolore e il senso di abbandono e spaesamento. Essere l’arminuta significa non sentirsi più parte di nessun luogo: non appartiene più alla famiglia che l’ha cresciuta ma nemmeno a quella che l’ha messa al mondo. È un’etichetta che la isola, che la fa sentire diversa. Il titolo è semplice, ma molto forte: esprime in una sola parola il romanzo, cioè la ricerca di identità, affetto e appartenenza dopo una frattura profonda.

Una scena significativa del libro L’Arminuta è quando la protagonista condivide il letto con la sorellina Adriana. In quel momento, la protagonista si sente sola, spaesata e rifiutata da tutti. Ma Adriana, pur non conoscendola ancora bene, le fa spazio nel suo letto, le offre un po’ di calore e vicinanza. Questo gesto semplice ha un forte valore simbolico: rappresenta l’inizio di un legame autentico in mezzo al dolore. Il letto condiviso diventa un simbolo di accoglienza, solidarietà e affetto vero, quello che la protagonista non trovava negli adulti, ma solo nella sorella.

Una frase che colpisce è sicuramente: "Ero l’arminuta,la ritornata. Parlavo un’altra lingua e non sapevo più a chi appartenere". Il soprannome diventa un marchio, infatti per tutto il romanzo, la protagonista, non viene chiamata per nome ma identificata attraverso un evento che non ha scelto: il ritorno forzato alla famiglia biologica. È ridotta a una condizione, a un'etichetta, come se la sua storia si potesse riassumere solo in quel trauma. Con "parlavo un’altra lingua" non si riferisce solo al dialetto diverso, ma anche al fatto che la protagonista si sente estranea, fuori posto. La sua educazione è diversa, il suo modo di pensare, persino di gestire, sono diversi da quelli della nuova famiglia. È come una straniera nella propria vita. Nell’ultima parte della frase emerge il senso drammatico più profondo: non si sente parte di nessun luogo, è divisa, disorientata. Lei non è solo una ragazza spostata da una casa all’altra, ma una persona che ha perso i suoi riferimenti affettivi e culturali. L’identità per lei non è più qualcosa di solido, ma qualcosa da ricostruire con fatica.
Se dovessi incontrare l’autrice Donatella Di Pietrantonio, come prima domanda farei questa:“L’Arminuta prova spesso solitudine, vergogna e rabbia. Come ha fatto a descrivere in modo così realistico i suoi sentimenti? Ha passato le stesse esperienze della protagonista?” E le chiederei: “E se potesse parlare oggi con la protagonista da adulta, che tipo di dialogo immaginerebbe tra lei e l’Arminuta?”

Caro diario... oggi è uno di quei giorni in cui sento ancora più forte il peso di tutto. Guardo fuori dalla finestra di questa casa che ancora non riesco a chiamare “mia” e mi chiedo chi sono. Chi sono davvero. La figlia di chi? Fino a poco tempo fa pensavo di avere una madre e un padre. Di avere una casa dove tutto aveva un senso. Ora so che non era così. Mi hanno restituita come si restituisce un libro in biblioteca, come un oggetto non più utile. Senza spiegazioni. Senza nemmeno guardarmi negli occhi. Qui è tutto diverso: la casa è piccola, fredda, piena di voci e rumori che non conosco. La mamma naturale — dovrei chiamarla così, vero? — è dura, distante. Il papà quasi non parla mai. E i miei fratelli… a volte mi sembra di non parlare la loro stessa lingua. Solo Adriana riesce a farmi sentire meno sola. Dormiamo nello stesso letto. A volte mi stringe forte di notte, anche se non diciamo niente. È come se sapesse che dentro ho un buco, un vuoto che non riesco a colmare. Mi mancano le mie cose, la scuola di prima, le mie abitudini. Mi manca sapere chi sono. Qui non appartengo a niente, ma forse neanche là dove stavo prima. E allora mi chiedo: dove sto io? Oggi a scuola mi sono sentita invisibile. Nessuno sa niente di me, nessuno si accorge se sto bene o male. Ma non importa. Sto imparando a cavarmela. A resistere. A tenere tutto dentro. Vorrei solo che qualcuno, almeno una volta, mi dicesse: "Ti voglio bene", senza chiedermi niente in cambio. Forse un giorno riuscirò a perdonare. A capire. Forse un giorno questa sensazione di essere “l’Arminuta” passerà. Ma oggi... oggi fa ancora troppo male.

abbandono per il dolore del rifiuto e della "restituzione"

smarrimento per la perdita di identità e certezza

rinascita Per il percorso di crescita e riscoperta di sé.