La Bellezza
Un'opera d'arte rovinata ci parla ancora di bellezza?
...è necessario ripotarla al suo stato originario...
In modo simile: l'errore traasfigura la bellezza della persona...il perdono è un'opera di restauro
A volte penso che la vita sia come una candela accesa in mezzo al vento. Basta niente per spegnerla: un soffio, una distrazione, un’ombra che passa troppo veloce. Ma finché brucia… mamma mia, finché brucia illumina tutto. E noi… noi siamo quella luce. Non siamo fatti solo di ossa e pensieri. Siamo fatti per scegliere. Per essere liberi. Per accendere il fuoco e tenerlo vivo.
In un mondo che spesso è un campo minato, noi siamo tra i pochissimi che possono ancora decidere dove mettere il piede. Possiamo scegliere di camminare leggeri, di non calpestare i sogni degli altri, di costruire sentieri invece di scavare fosse. È un privilegio enorme. Una responsabilità dolcissima. Possiamo scegliere chi amare, chi perdonare, a chi sorridere anche quando non ci viene facile. Siamo gli scultori del nostro destino, con le mani sporche di possibilità.
Eppure, ci sono stati – e ci sono ancora – uomini, donne, bambini… anime pure che questo dono non l’hanno avuto. A loro è stato tolto tutto. Perfino il diritto di sognare. Eppure… anche senza voce, hanno urlato. Anche senza tempo, hanno lasciato un’impronta. Anche se non hanno potuto scegliere come vivere, hanno deciso che la loro morte avrebbe avuto un significato. Hanno trasformato la fine in un seme. E quel seme, adesso, è nelle nostre mani.
Io ci penso spesso: quanto basta poco per cambiare tutto. Una parola detta con amore, in un giorno qualunque, può diventare la radice di una rivoluzione silenziosa. Un gesto gentile può essere come una goccia d’acqua nel deserto: forse non salva il mondo, ma salva quel metro quadro attorno a sé. E da lì, nasce un’oasi.
Il male fa rumore. Sempre. Ma il bene… il bene è un sussurro che scava nella roccia. È una carezza che sposta le montagne. È un bambino che ride tra le macerie. È qualcuno che abbraccia, anche quando ha il cuore a pezzi.
In un mondo che ha troppe cicatrici, chi ama diventa un cerotto sulla pelle della storia.
E allora vi prego: sceglietelo l’amore. Non quello perfetto. Quello vero. Quello che inciampa, che sbaglia, che si rialza e chiede scusa. Sceglietelo ogni giorno. Sceglietelo come si sceglie la luce quando si è al buio. Perché se noi scegliamo la felicità, anche solo per un istante… quel piccolo istante può diventare eterno per qualcuno. E così il mondo, piano piano, smette di sanguinare.
Noi siamo ancora qui. E mentre ci siamo, abbiamo il potere – immenso, poetico, sacro – di cambiare qualcosa. Di essere, anche solo per un attimo, la differenza. Come una stella che cade, e nonostante tutto… illumina.
E allora, non aspettiamo. Facciamolo adesso. Facciamolo insieme. Perché questo mondo, anche se spezzato, può ancora danzare. Può ancora cantare. Può ancora essere bello. Se ci mettiamo il cuore. Se ci mettiamo noi.
E allora… se un giorno ti svegli e ti senti piccolo, inutile, fuori posto in questo mondo così immenso… ricordati che anche una sola goccia d’acqua sa far fiorire una crepa. Ricordati che anche una sola mano tesa può impedire a qualcuno di cadere nel buio. Che anche un solo sguardo può salvare una vita.
Magari non lo saprai mai. Magari quella persona non te lo dirà. Ma tu, tu sarai stato luce.
E forse non cambieremo tutto. Forse non riusciremo a fermare le guerre, né a guarire ogni ingiustizia. Ma se avremo dato amore, se avremo scelto la gentilezza al posto del cinismo, la compassione al posto della rabbia, la carezza al posto della pietra… allora potremo andarcene da qui con la certezza più bella: di non aver solo attraversato la vita, ma di averla accesa.
Perché alla fine, sai… la cosa più rivoluzionaria che possiamo fare non è urlare più forte. È amare più forte. Amare quando tutto crolla. Amare quando non conviene. Amare quando nessuno se lo aspetta. Amare quando il mondo è buio. Perché è proprio lì che l’amore diventa luce. E non serve che sia grande: basta che sia vero.
E se anche dovesse finire tutto domani, se il cielo si spegnesse e la terra tremasse… che almeno possa restare nell’aria il profumo delle nostre scelte. Di quel piccolo coraggio che abbiamo avuto. Di quella bellezza che, piano, abbiamo lasciato dietro di noi. Come una scia. Come un abbraccio. Come una poesia che non muore mai.
E allora amiamoci. Per davvero. E facciamolo adesso.
Per i Greci
-La bellezza è il connubio tra armonia e proporzione. -L'atleta è il modello della bellezza. In lui sono visibili le virtù fisiche e morali. Il bello include anche le qualità morali (kalokagathia), e coincide con la bontà se spinge alla virtù chi la contempla -Aristotele: la bellezza è data dalla verosimiglianza (mimesi della natura)
...nel Medioevo
la bellezza è riflesso della perfezione di Dio nel mondo creato
i semina Verbi...
...nel Romanticismo
-la bellezza è espressione dei sentimenti più profondi -la bellezza assume così una connotazione soggettiva, legata all'esperienza emotiva -la natura assume un ruolo importante: i sentimenti e la meraviglia provati innanzi ad essa, diventano percezione di una realtà trascendente
Età contemporanea
Realismo in tensione con la sensibilità romantica, la bellezza è percepita nella sua concretezza, riflesso della realtà con le sue imperfezioni
Post modernismo non riconosce i canooni estetici universali, abbracciando una sorta di eclettismo
Modernismo il bello è il funzionale
Nei nostri giorni
"Nella società odierna, influenzata dalla digitalizzazione e dalla globalizzazione, il concetto di bellezza ha assunto nuove dimensioni. Le diverse influenze culturali e i social media hanno reso più fluidi e diversificati i canoni estetici, imponendo tuttavia, allo stesso tempo, standard irrealistici. Da un lato sono emersi movimenti che promuovono l’accettazione della diversità corporea e l’inclusività, sfidando gli stereotipi tradizionali. Dall’altro, paradossalmente, la stessa cultura ha intensificato la pressione verso criteri estetici irraggiungibili. L’uso diffuso di filtri e manipolazioni digitali ha creato un divario crescente tra realtà e rappresentazione, alimentando insicurezze e aspettative distorte"
https://www2.edu.lascuola.it/edizioni-digitali/Spazio-IRC/SPECIALE-GIUBILEO/Percorsi/arte-e-bellezza/3_Il_concetto_di_bellezza_nella_storia.html
Quando la bellezza coincide con i canoni estetici...
Un altro tipo di bellezza...
“Il perdono libera l'anima, rimuove la paura. È per questo che il perdono è un'arma potente.”
“Non è tanto quello che facciamo, ma quanto amore mettiamo nel farlo. Non è tanto quello che diamo, ma quando amore mettiamo nel dare.”
"Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro"
“Il compito più difficile nella vita è quello di cambiare se stessi.”
"Tutti nasciamo originali, ma molti muoiono come fotocopie"
« Il giorno in cui il potere dell’amore annullerà l’amore del potere, il mondo conoscerà la pace. »
Dall'intelligenza artificiale...
...alla realtà!!!
Bellezza è verità, verità è bellezza, / questo è quanto sappiamo sulla terra / e questo è tutto ciò che importa sapere (John Keats)
La bellezza è semplicemente la realtà vista con gli occhi dell’amore
(Rabindranath Tagore)
La bellezza non è che l’immagine sensibile dell’Infinito.
(Francis Bacon)
La bellezza inizia nel momento in cui decidi di essere te stesso.
(Coco Chanel)
Strappare la bellezza ovunque essa sia e regalarla a chi mi sta accanto. Per questo sono al mondo.
(Alessandro D’Avenia)
Il mistero della vita sta nella ricerca della bellezza.
(Billy Wilder)
La bellezza è nella genetica.
Ma anche nell’accogliere, comprendere, prendersi cura, rispettare l’altro.
È così che si diventa belli.
(Fabrizio Caramagna)
Bellezza è l’eternità che si contempla in uno specchio; e noi siamo l’eternità, e noi siamo lo specchio.
(Khalil Gibran)
La bellezza … è l’ombra di Dio nell’universo.
(Gabriela Mistral)
La Bellezza nel pensiero dei ragazzi
- un meccanismo evolutivo, che dipende anche da proporzioni matematiche - stare bene con se stessi
Dostoevskij: biografia e opere
Fëdor Michajlovič Dostoevskij nasce a Mosca nel 1821, secondo di sette fratelli. Il padre, Michail, è medico presso l’ospedale dei poveri ed è un uomo autoritario, progressivamente dedito all’alcolismo; la madre, Marija, proviene invece da una famiglia di mercanti: minata dalle continue gravidanze e dalla tisi muore nel 1837. In seguito a questa scomparsa, Dostoevskij fa domanda per entrare alla Scuola Superiore di Ingegneria di Pietroburgo e vi si trasferisce nel 1838. L’anno successivo il padre viene assassinato dai propri servi, esasperati dai suoi comportamenti: ricevuta la notizia, Fëdor ha il primo degli attacchi epilettici che segneranno la sua vita. Sulla figura paterna Dostoevskij modellerà almeno in parte, molti anni dopo, il personaggio di Fëdor Karamazov nei Fratelli Karamazov (1878-1880), il suo ultimo libro.
A Pietroburgo, Dostoevskij è più interessato alla letteratura che all’ingegneria: legge E. T. A. Hoffmann, Goethe, Hugo, Puškin, Schiller e si innamora di Gogol’ e Balzac – del quale, a soli 22 anni, traduce Eugénie Grandet. Sono gli anni di un apprendistato letterario che lo porterà a scrivere, nel 1844, il primo romanzo, Povera gente, che diventa subito un caso letterario. L’anno successivo, con Il sosia, Dostoevskij introduce nella propria narrativa uno dei suoi grandi filoni tematici: quello del doppio. Nel frattempo, contrae il vizio del gioco – che lo porterà più volte sull’orlo della bancarotta e del quale parlerà esplicitamente nel romanzo Il giocatore (1866).
Affascinato dalle idee socialiste partecipa a Pietroburgo agli incontri del circolo Petraševskij, di ispirazione fourierista (dal nome e le idee del filosofo utopista francese Charles Fourier, 1772-1837): nel 1849, insieme ad alcuni compagni, viene arrestato e condannato a morte ma, come era pratica frequente all’epoca, davanti al plotone d’esecuzione la sentenza è commutata in una condanna ai lavori forzati in Siberia. Questo è, naturalmente, uno spartiacque nella vita di Dostoevskij, che trascorre i successivi quattro anni in un campo di prigionia di Omsk, in compagnia di altri forzati e di un unico libro: la Bibbia. Lì, matura una visione profondamente cristiana del mondo ("Se qualcuno mi dimostrasse che Cristo è fuori dalla verità ed effettivamente risultasse che la verità è fuori dal Cristo, io preferirei restare con Cristo piuttosto che con la verità" scrive in una lettera; e più o meno le stesse parole pronuncerà nel 1871 Stavrogin, il protagonista dei Demoni) e si convince della “missione” del popolo russo, che da qui in poi sarà sempre visto come un ideale di purezza di spirito da contrapporre all’Occidente ateo e corrotto.
Questo punto di vista, che innerva tutta la seconda fase della sua vita e della sua produzione poetica, trova spazio nelle Memorie di una casa morta (1862), il resoconto degli anni della prigionia. Tornato a vivere a Pietroburgo, fonda con il fratello Michail la rivista di ispirazione nazionalista «Vremja» (Il Tempo), che verrà chiusa dopo pochi numeri. Nel frattempo, viaggia in Europa, gioca alla roulette e perde la prima moglie Marija, malata di tisi. È però iniziata la seconda fase della sua carriera letteraria, quella cosiddetta dei “grandi romanzi”. Nel 1864 esce Memorie dal sottosuolo, i cui primi capitoli vengono pubblicati su una nuova rivista co-diretta col fratello, «Epocha» (L’epoca): l’uomo del sottosuolo, altro grande Leitmotiv dostoevskiano, è un individuo abietto, che passa la propria vita nell’indigenza e nell’analisi impietosa delle proprie contraddizioni e bassezze. Convivono in lui la tentazione di umiliarsi mettendo sulla pubblica piazza le proprie miserie e la smania irrazionale di emergere: è l’evoluzione tutta dostoevskiana del già frequentato tema del doppio. Per uscire dal pantano della propria coscienza, d’ora in poi i personaggi dei romanzi di Dostoevskij non avranno altra via che l’immersione nel proprio io e l’accettazione dell’altro attraverso un atto d’amore e di umiltà che ha come punto d’arrivo finale la congiunzione con Cristo.
La solitudine, la nevrosi, la sofferenza, il tormento intorno ai temi della verità, dell’armonia universale, della colpa e della redenzione sono ormai i cardini attorno a cui si muovono le figure che popolano i romanzi della seconda fase dostoevskiana: è così per Raskol’nikov, protagonista di Delitto e castigo (1866), per i Karamazov, per Stavrogin. Nelle figure del principe Myškin, protagonista dell’Idiota (1868) e di Alëša, il più giovane dei Karamazov, Dostoevskij ha invece voluto rappresentare degli uomini assolutamente buoni, vicini, per temperamento e per fascino, a un’idea di Cristo.
I grandi romanzi dostoevskiani sono scritti in modo febbrile sotto la pressione dei creditori (nel 1864 è morto il fratello Michail lasciando Fëdor pieno di debiti), l’acuirsi dei problemi di salute e di gioco e la morte, avvenuta nel 1868 a soli tre mesi, della figlia Sonja, avuta dalla seconda moglie Anna Grigor’evna. È forse questo avvenimento che rende i bambini, sinonimo di un’innocenza spesso violata e di vicinanza con l’Assoluto, un altro dei momenti fondamentali della poetica dostoevskiana. Nel 1876 pubblica il Diario di uno scrittore, dove raccoglie scritti politici, giornalistici e d’occasione: l’opera ottiene un grande successo commerciale. Nel 1880, a Mosca, viene invitato a partecipare all’inaugurazione del monumento a Puškin, e legge il celebre Discorso su Puškin, in cui, ancora una volta, ribadisce il ruolo messianico e universale dell’anima russa. Il 28 gennaio 1881, in seguito a un enfisema polmonare, muore nella sua Pietroburgo, il cupo e odiato sfondo della maggior parte dei suoi romanzi.
La Bellezza
Fabrizio
Created on September 14, 2025
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La Bellezza
Un'opera d'arte rovinata ci parla ancora di bellezza?
...è necessario ripotarla al suo stato originario...
In modo simile: l'errore traasfigura la bellezza della persona...il perdono è un'opera di restauro
A volte penso che la vita sia come una candela accesa in mezzo al vento. Basta niente per spegnerla: un soffio, una distrazione, un’ombra che passa troppo veloce. Ma finché brucia… mamma mia, finché brucia illumina tutto. E noi… noi siamo quella luce. Non siamo fatti solo di ossa e pensieri. Siamo fatti per scegliere. Per essere liberi. Per accendere il fuoco e tenerlo vivo. In un mondo che spesso è un campo minato, noi siamo tra i pochissimi che possono ancora decidere dove mettere il piede. Possiamo scegliere di camminare leggeri, di non calpestare i sogni degli altri, di costruire sentieri invece di scavare fosse. È un privilegio enorme. Una responsabilità dolcissima. Possiamo scegliere chi amare, chi perdonare, a chi sorridere anche quando non ci viene facile. Siamo gli scultori del nostro destino, con le mani sporche di possibilità.
Eppure, ci sono stati – e ci sono ancora – uomini, donne, bambini… anime pure che questo dono non l’hanno avuto. A loro è stato tolto tutto. Perfino il diritto di sognare. Eppure… anche senza voce, hanno urlato. Anche senza tempo, hanno lasciato un’impronta. Anche se non hanno potuto scegliere come vivere, hanno deciso che la loro morte avrebbe avuto un significato. Hanno trasformato la fine in un seme. E quel seme, adesso, è nelle nostre mani. Io ci penso spesso: quanto basta poco per cambiare tutto. Una parola detta con amore, in un giorno qualunque, può diventare la radice di una rivoluzione silenziosa. Un gesto gentile può essere come una goccia d’acqua nel deserto: forse non salva il mondo, ma salva quel metro quadro attorno a sé. E da lì, nasce un’oasi. Il male fa rumore. Sempre. Ma il bene… il bene è un sussurro che scava nella roccia. È una carezza che sposta le montagne. È un bambino che ride tra le macerie. È qualcuno che abbraccia, anche quando ha il cuore a pezzi.
In un mondo che ha troppe cicatrici, chi ama diventa un cerotto sulla pelle della storia. E allora vi prego: sceglietelo l’amore. Non quello perfetto. Quello vero. Quello che inciampa, che sbaglia, che si rialza e chiede scusa. Sceglietelo ogni giorno. Sceglietelo come si sceglie la luce quando si è al buio. Perché se noi scegliamo la felicità, anche solo per un istante… quel piccolo istante può diventare eterno per qualcuno. E così il mondo, piano piano, smette di sanguinare. Noi siamo ancora qui. E mentre ci siamo, abbiamo il potere – immenso, poetico, sacro – di cambiare qualcosa. Di essere, anche solo per un attimo, la differenza. Come una stella che cade, e nonostante tutto… illumina. E allora, non aspettiamo. Facciamolo adesso. Facciamolo insieme. Perché questo mondo, anche se spezzato, può ancora danzare. Può ancora cantare. Può ancora essere bello. Se ci mettiamo il cuore. Se ci mettiamo noi. E allora… se un giorno ti svegli e ti senti piccolo, inutile, fuori posto in questo mondo così immenso… ricordati che anche una sola goccia d’acqua sa far fiorire una crepa. Ricordati che anche una sola mano tesa può impedire a qualcuno di cadere nel buio. Che anche un solo sguardo può salvare una vita.
Magari non lo saprai mai. Magari quella persona non te lo dirà. Ma tu, tu sarai stato luce. E forse non cambieremo tutto. Forse non riusciremo a fermare le guerre, né a guarire ogni ingiustizia. Ma se avremo dato amore, se avremo scelto la gentilezza al posto del cinismo, la compassione al posto della rabbia, la carezza al posto della pietra… allora potremo andarcene da qui con la certezza più bella: di non aver solo attraversato la vita, ma di averla accesa. Perché alla fine, sai… la cosa più rivoluzionaria che possiamo fare non è urlare più forte. È amare più forte. Amare quando tutto crolla. Amare quando non conviene. Amare quando nessuno se lo aspetta. Amare quando il mondo è buio. Perché è proprio lì che l’amore diventa luce. E non serve che sia grande: basta che sia vero. E se anche dovesse finire tutto domani, se il cielo si spegnesse e la terra tremasse… che almeno possa restare nell’aria il profumo delle nostre scelte. Di quel piccolo coraggio che abbiamo avuto. Di quella bellezza che, piano, abbiamo lasciato dietro di noi. Come una scia. Come un abbraccio. Come una poesia che non muore mai. E allora amiamoci. Per davvero. E facciamolo adesso.
Per i Greci
-La bellezza è il connubio tra armonia e proporzione. -L'atleta è il modello della bellezza. In lui sono visibili le virtù fisiche e morali. Il bello include anche le qualità morali (kalokagathia), e coincide con la bontà se spinge alla virtù chi la contempla -Aristotele: la bellezza è data dalla verosimiglianza (mimesi della natura)
...nel Medioevo
la bellezza è riflesso della perfezione di Dio nel mondo creato
i semina Verbi...
...nel Romanticismo
-la bellezza è espressione dei sentimenti più profondi -la bellezza assume così una connotazione soggettiva, legata all'esperienza emotiva -la natura assume un ruolo importante: i sentimenti e la meraviglia provati innanzi ad essa, diventano percezione di una realtà trascendente
Età contemporanea
Realismo in tensione con la sensibilità romantica, la bellezza è percepita nella sua concretezza, riflesso della realtà con le sue imperfezioni
Post modernismo non riconosce i canooni estetici universali, abbracciando una sorta di eclettismo
Modernismo il bello è il funzionale
Nei nostri giorni
"Nella società odierna, influenzata dalla digitalizzazione e dalla globalizzazione, il concetto di bellezza ha assunto nuove dimensioni. Le diverse influenze culturali e i social media hanno reso più fluidi e diversificati i canoni estetici, imponendo tuttavia, allo stesso tempo, standard irrealistici. Da un lato sono emersi movimenti che promuovono l’accettazione della diversità corporea e l’inclusività, sfidando gli stereotipi tradizionali. Dall’altro, paradossalmente, la stessa cultura ha intensificato la pressione verso criteri estetici irraggiungibili. L’uso diffuso di filtri e manipolazioni digitali ha creato un divario crescente tra realtà e rappresentazione, alimentando insicurezze e aspettative distorte"
https://www2.edu.lascuola.it/edizioni-digitali/Spazio-IRC/SPECIALE-GIUBILEO/Percorsi/arte-e-bellezza/3_Il_concetto_di_bellezza_nella_storia.html
Quando la bellezza coincide con i canoni estetici...
Un altro tipo di bellezza...
“Il perdono libera l'anima, rimuove la paura. È per questo che il perdono è un'arma potente.”
“Non è tanto quello che facciamo, ma quanto amore mettiamo nel farlo. Non è tanto quello che diamo, ma quando amore mettiamo nel dare.”
"Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro"
“Il compito più difficile nella vita è quello di cambiare se stessi.”
"Tutti nasciamo originali, ma molti muoiono come fotocopie"
« Il giorno in cui il potere dell’amore annullerà l’amore del potere, il mondo conoscerà la pace. »
Dall'intelligenza artificiale...
...alla realtà!!!
Bellezza è verità, verità è bellezza, / questo è quanto sappiamo sulla terra / e questo è tutto ciò che importa sapere (John Keats)
La bellezza è semplicemente la realtà vista con gli occhi dell’amore (Rabindranath Tagore)
La bellezza non è che l’immagine sensibile dell’Infinito. (Francis Bacon)
La bellezza inizia nel momento in cui decidi di essere te stesso. (Coco Chanel)
Strappare la bellezza ovunque essa sia e regalarla a chi mi sta accanto. Per questo sono al mondo. (Alessandro D’Avenia)
Il mistero della vita sta nella ricerca della bellezza. (Billy Wilder)
La bellezza è nella genetica. Ma anche nell’accogliere, comprendere, prendersi cura, rispettare l’altro. È così che si diventa belli. (Fabrizio Caramagna)
Bellezza è l’eternità che si contempla in uno specchio; e noi siamo l’eternità, e noi siamo lo specchio. (Khalil Gibran)
La bellezza … è l’ombra di Dio nell’universo. (Gabriela Mistral)
La Bellezza nel pensiero dei ragazzi
- un meccanismo evolutivo, che dipende anche da proporzioni matematiche - stare bene con se stessi
Dostoevskij: biografia e opere
Fëdor Michajlovič Dostoevskij nasce a Mosca nel 1821, secondo di sette fratelli. Il padre, Michail, è medico presso l’ospedale dei poveri ed è un uomo autoritario, progressivamente dedito all’alcolismo; la madre, Marija, proviene invece da una famiglia di mercanti: minata dalle continue gravidanze e dalla tisi muore nel 1837. In seguito a questa scomparsa, Dostoevskij fa domanda per entrare alla Scuola Superiore di Ingegneria di Pietroburgo e vi si trasferisce nel 1838. L’anno successivo il padre viene assassinato dai propri servi, esasperati dai suoi comportamenti: ricevuta la notizia, Fëdor ha il primo degli attacchi epilettici che segneranno la sua vita. Sulla figura paterna Dostoevskij modellerà almeno in parte, molti anni dopo, il personaggio di Fëdor Karamazov nei Fratelli Karamazov (1878-1880), il suo ultimo libro. A Pietroburgo, Dostoevskij è più interessato alla letteratura che all’ingegneria: legge E. T. A. Hoffmann, Goethe, Hugo, Puškin, Schiller e si innamora di Gogol’ e Balzac – del quale, a soli 22 anni, traduce Eugénie Grandet. Sono gli anni di un apprendistato letterario che lo porterà a scrivere, nel 1844, il primo romanzo, Povera gente, che diventa subito un caso letterario. L’anno successivo, con Il sosia, Dostoevskij introduce nella propria narrativa uno dei suoi grandi filoni tematici: quello del doppio. Nel frattempo, contrae il vizio del gioco – che lo porterà più volte sull’orlo della bancarotta e del quale parlerà esplicitamente nel romanzo Il giocatore (1866).
Affascinato dalle idee socialiste partecipa a Pietroburgo agli incontri del circolo Petraševskij, di ispirazione fourierista (dal nome e le idee del filosofo utopista francese Charles Fourier, 1772-1837): nel 1849, insieme ad alcuni compagni, viene arrestato e condannato a morte ma, come era pratica frequente all’epoca, davanti al plotone d’esecuzione la sentenza è commutata in una condanna ai lavori forzati in Siberia. Questo è, naturalmente, uno spartiacque nella vita di Dostoevskij, che trascorre i successivi quattro anni in un campo di prigionia di Omsk, in compagnia di altri forzati e di un unico libro: la Bibbia. Lì, matura una visione profondamente cristiana del mondo ("Se qualcuno mi dimostrasse che Cristo è fuori dalla verità ed effettivamente risultasse che la verità è fuori dal Cristo, io preferirei restare con Cristo piuttosto che con la verità" scrive in una lettera; e più o meno le stesse parole pronuncerà nel 1871 Stavrogin, il protagonista dei Demoni) e si convince della “missione” del popolo russo, che da qui in poi sarà sempre visto come un ideale di purezza di spirito da contrapporre all’Occidente ateo e corrotto.
Questo punto di vista, che innerva tutta la seconda fase della sua vita e della sua produzione poetica, trova spazio nelle Memorie di una casa morta (1862), il resoconto degli anni della prigionia. Tornato a vivere a Pietroburgo, fonda con il fratello Michail la rivista di ispirazione nazionalista «Vremja» (Il Tempo), che verrà chiusa dopo pochi numeri. Nel frattempo, viaggia in Europa, gioca alla roulette e perde la prima moglie Marija, malata di tisi. È però iniziata la seconda fase della sua carriera letteraria, quella cosiddetta dei “grandi romanzi”. Nel 1864 esce Memorie dal sottosuolo, i cui primi capitoli vengono pubblicati su una nuova rivista co-diretta col fratello, «Epocha» (L’epoca): l’uomo del sottosuolo, altro grande Leitmotiv dostoevskiano, è un individuo abietto, che passa la propria vita nell’indigenza e nell’analisi impietosa delle proprie contraddizioni e bassezze. Convivono in lui la tentazione di umiliarsi mettendo sulla pubblica piazza le proprie miserie e la smania irrazionale di emergere: è l’evoluzione tutta dostoevskiana del già frequentato tema del doppio. Per uscire dal pantano della propria coscienza, d’ora in poi i personaggi dei romanzi di Dostoevskij non avranno altra via che l’immersione nel proprio io e l’accettazione dell’altro attraverso un atto d’amore e di umiltà che ha come punto d’arrivo finale la congiunzione con Cristo.
La solitudine, la nevrosi, la sofferenza, il tormento intorno ai temi della verità, dell’armonia universale, della colpa e della redenzione sono ormai i cardini attorno a cui si muovono le figure che popolano i romanzi della seconda fase dostoevskiana: è così per Raskol’nikov, protagonista di Delitto e castigo (1866), per i Karamazov, per Stavrogin. Nelle figure del principe Myškin, protagonista dell’Idiota (1868) e di Alëša, il più giovane dei Karamazov, Dostoevskij ha invece voluto rappresentare degli uomini assolutamente buoni, vicini, per temperamento e per fascino, a un’idea di Cristo. I grandi romanzi dostoevskiani sono scritti in modo febbrile sotto la pressione dei creditori (nel 1864 è morto il fratello Michail lasciando Fëdor pieno di debiti), l’acuirsi dei problemi di salute e di gioco e la morte, avvenuta nel 1868 a soli tre mesi, della figlia Sonja, avuta dalla seconda moglie Anna Grigor’evna. È forse questo avvenimento che rende i bambini, sinonimo di un’innocenza spesso violata e di vicinanza con l’Assoluto, un altro dei momenti fondamentali della poetica dostoevskiana. Nel 1876 pubblica il Diario di uno scrittore, dove raccoglie scritti politici, giornalistici e d’occasione: l’opera ottiene un grande successo commerciale. Nel 1880, a Mosca, viene invitato a partecipare all’inaugurazione del monumento a Puškin, e legge il celebre Discorso su Puškin, in cui, ancora una volta, ribadisce il ruolo messianico e universale dell’anima russa. Il 28 gennaio 1881, in seguito a un enfisema polmonare, muore nella sua Pietroburgo, il cupo e odiato sfondo della maggior parte dei suoi romanzi.