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HUMANAE LITTERAE

Victor

Created on March 30, 2025

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Il primo a usare il termine Umanesimo per indicare l’epoca che dalla fine del Trecento a tutto il Quattrocento fu caratterizzata dalla riscoperta del mondo classico, fu Georg Voigt nel 1859. Il termine umanista risale al Quattrocento: humanista indicava colui il quale coltivava le humanae litterae, cioè quelle discipline classiche (letteratura, grammatica, retorica, poesia, storia e filosofia) che erano definite humanae perché concorrevano alla formazione dell’uomo. Il termine usato dai Romani per indicare il processo educativo, infatti, era humanitas (da homo «uomo») e implicava lo studio della letteratura, della retorica e della filosofia. Secondo i Romani, la poesia, il teatro e la storia educavano i giovani sulle passioni e vicende umane; la retorica li formava per la vita politica, insegnando l’arte di comunicare; la filosofia, soprattutto morale, li avvicinava alle conoscenze più elevate. Gli umanisti del Quattrocento rigettano il sapere medievale, come la Scolastica di San Tommaso, cercando di rinnovare la cultura attraverso la ripresa al mondo classico, leggono e riscoprono opere latine e greche con entusiasmo e spirito nuovo, mirando a recuperare l'autenticità degli autori antichi.

La conoscenza dei classici aiuta anche a capire come nascesse e funzionasse il potere politico Era anche utile comparare le vicende greche romane con vicende storiche più recenti in modo da verificare se si presentassero delle costanti, ciò caratterizzò la riflessione del fiorentino Niccolò Machiavelli (1469-1527) è un perfetto esempio di letterato rinascimentale. Storico, politico e scrittore, riassume in se stesso l'ideale rinascimentale d'intellettuale, dividendo la sua vita tra l'impegno civile e l'attività letteraria. La sua opera più celebre è Il Principe, dedicato a Lorenzo il Magnifico, in cui sostiene che un buon principe debba garantire la stabilità dello stato basandosi sulla "verità effettuale". La politica, per lui, deve essere pragmatica e svincolata da implicazioni religiose o morali. Per raggiungere i suoi obiettivi, un principe dovrebbe possedere qualità come determinazione, intelligenza, razionalità e vitalità, oltre alla capacità di adattarsi e agire strategicamente. Il concetto di virtù, fondamentale per Machiavelli, si riferisce all'abilità di comprendere la realtà e tradurla in azione, mostrando astuzia e previsione. La fortuna, invece, rappresenta fattori esterni che influenzano la storia, e le opportunità vanno colte con prontezza. Machiavelli insiste sul ruolo delle capacità individuali nel governare, piuttosto che affidarsi alle istituzioni. Dal punto di vista culturale, Machiavelli attinge dagli antichi, promuove l'imitazione e si concentra su un approccio scientifico e laico. A differenza di Dante, che vede la politica subordinata alla teologia e moralmente guidata, Machiavelli privilegia la forza e l'uso strategico della religione per consolidare il potere. Stilisticamente, Machiavelli rinuncia all'eleganza per privilegiare contenuti rigorosi, con argomentazioni causa-effetto, esempi pratici, e un lessico variato, passando da termini ricercati a espressioni dirette per maggiore concretezza e memorabilità.

Lo studio degli autori classici, in particolare della produzione oratoria e storiografica greco e latina, nutrì in vari umanisti un forte interesse per la vita sociale degli uomini: un interesse che prevedeva una partecipazione attiva sulla scena pubblica. Si parla, in questi casi, di umanesimo civico . Esso maturato nelle realtà dove il potere politico restava aperto alla partecipazione dei cittadini. caso tipico fu la Repubblica di Firenze, e ancora nella prima metà del Quattrocento conservava Le Antiche istituzioni comunali , ad esempio il ruolo di cancelliere venne svolto da umanisti quali Coluccio Salutati e Leonardo Bruni. Questo repubblicanesimo di origine umanistica sarebbe restato fino a metà Cinquecento una presenza non trascurabile in Italia pronto a congelare contro i tiranni che si possono impadroniti del potere politico o a trarre profitto, per scacciarli, dal conflitto tra le grandi barrette quindi con il termine Repubblica desimo si indica una traduzione di Pensiero politico che affonda le sue radici in età classiche e promuove l'idea di Res Publica vivente intesa come comunità politica che si autogoverno. In Italia repubblicanesimo umanista riprendeva la tradizione classica per legittimare l'autogoverno comunale e fondare l'associazione tra libertà e virtù civiche.

La contemporanea invenzione della stampa, attribuita all'orefice tedesco Johannes Gutenberg, contribuisce grandemente al diffondersi della cultura. I libri manoscritti richiedevano infatti molto tempo per la copiatura e il loro costo era molto alto. Con la stampa invece diviene possibile produrre un gran numero di copie identiche di uno stesso libro, in tempi brevi e a prezzi assai più bassi. Così le biblioteche si moltiplicano e si arricchiscono di volumi. L’ispirazione dell’orafo tedesco proveniva da un’arte già nota, la xilografia, pratica cinese permetteva di incidere una tavoletta di legno, inchiostrandola, per poi riprodurre su carta o su seta l’immagine incisa. Gutenberg intuì che l’inchiostro poteva essere distribuito non solo su matrici ma anche su piccoli prismi di metallo che presentassero, in rilievo, una lettera dell’alfabeto o un segno di interpunzione. Così nacquero i caratteri mobili, che inchiostrati da un rullo, avrebbero riportato su carta un testo. Nacquero così anche le prime tipografie come quella di Aldo Manuzio a Venezia, il Manuzio fu uno dei primi esempi di tipografo-editore, ovvero uno stampatore che svolgeva un ruolo attivo sia nella vendita che nella progettazione del libro.

La disponibilità di molti incunaboli favorirono la circolazione e il confronto dando impulso alla ricerca e alla nascita di idee nuove. Ciò inizialmente pose problemi di censura applicata dalle autorità ecclesiastiche, per questo motivo in tutti i libri fu inserito il frontespizio, una pagina inziale con il titolo, il nome dell’autore, la menzione di data e luogo di edizione e l’insegna dello stampatore. Queste informazioni servivano alle autorità per risalire a tipografi o ad autori che facevano materiali giudicati inopportuni.

La scuola di Atene

Questo affresco, intitolato La scuola di Atene, fu dipinto sulle pareti delle Stanze Vaticane da Raffaello Sanzio, uno dei più grandi pittori dei Cinquecento. Esso raffigura i massimi sapienti dell’antichità. Al centro, ad esempio, si trovano in posizione dominante i due sommi filosofi greci Platone e Aristotele; in primo piano sono l’astronomo Tolomeo e il grande matematico Pitagora. Come gli altri artisti e letterati del suo tempo, Raffaello aveva coscienza del legame profondo esistente fra il mondo dei sapienti antichi e l’età rinascimentale in cui viveva: nel suo dipinto egli volle rappresentare questa continuità fra passato e presente. Perciò Platone assomiglia molto a Leonardo da Vinci mentre Eraclito, la figura in primo piano col gomito appoggiato ad un blocco di marmo, è Michelangelo Buonarroti. Fra i personaggi presenti il pittore ha ritratto anche se stesso e l’architetto umbro Donato di Pascuccio d’Antonio detto il Bramante.

La frase "Homo sum, humani nihil a me alienum puto", (Sono un essere umano, niente di ciò che è umano mi è estraneo) tratta dalla commedia "Heautontimorumenos" di Publio Terenzio Afro, sottolinea il concetto di solidarietà e interconnessione tra gli esseri umani. Essa è strettamente legata all'antropocentrismo, in quanto evidenzia la centralità dell'esperienza umana, e all'umanesimo, poiché promuove empatia, comprensione e valorizzazione delle capacità e emozioni umane. In sostanza, questa espressione rappresenta un invito a riconoscere la rilevanza universale dell'esperienza umana e ad abbracciarne tutte le sfumature.