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La Residenza di Würzburg

Alessia Lanzo

Created on March 23, 2025

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Transcript

Capolavoro del Rococò

La Residenza di Würzburg

Alessia Lanzo 4^A lsa

La pianta

Scalone d'onore

Sala Imperiale

Villa Valmarana

Gli affreschi di Villa Valmarana

Angelica e Medoro presso i pastori

Il mondo nuovo

Alessia Lanzo 4^A lsa

Sacrificio di Ifi genia

Cappella Sansevero

Cappella Sansevero a Napoli

Cristo Velato

Allegoria del Disinganno

Alessia Lanzo 4^A lsa

Struttura

Da palazzina a reggia

Palazzina di caccia di Stupinigi

Una planimetria complessa

Gli architetti

Facciata

Salone

Alessia Lanzo 4^A lsa

Parco

Villa Valmarana

Nel Settecento, in territorio veneziano, si assistette a un aumento della costruzione di ville destinate allo svago e ai piaceri dell’aristocrazia e della ricca borghesia. Tiepolo fu l’artista che meglio seppe interpretare le esigenze di tale committenza. Nel 1757 fu chiamato a Vicenza, con il figlio Giandomenico, ad affrescare gli spazi di Villa Valmarana e del padiglione per gli ospiti, la foresteria. Il committente era il conte Giustino Valmarana, amante del teatro, cui si attribuisce la scelta dei temi e il loro trattamento. La villa era stata costruita nel 1668 da Antonio Muttoni, mentre la foresteria e le scuderie erano state aggiunte nel 1725.

Giambattista affrescò il vestibolo e i vani al pianterreno con episodi tratti dai poemi epici e cavallereschi. Il programma iconografico ha come motivo conduttore quello del valore del legame sentimentale, inteso come sacrificio, fermezza e virtù morale. I soffitti raffigurano allegoricamente l’intervento delle divinità nella vita degli uomini. Le sette stanze che compongono la foresteria furono affrescate da Giandomenico su diversi temi, scene campestri e Passeggiate. Il confronto tra i cicli di affreschi dei due Tiepolo mette in evidenza il passaggio da un gusto figurativo classicheggiante a un gusto moderno, aperto allo spirito del tempo, interessato al mondo borghese e del popolo.

Cristo velato

Di alto virtuosismo nella trattazione del marmo, che sembra essere plasmato come cera, è il Cristo velato di Giuseppe Sammartino (1720-1793), posto al centro concettuale e simbolico della navata. Il corpo senza vita di Cristo traspare in tutta la sua umana sofferenza dal sottile sudario che sembra consumarne le membra. Parimenti la luce, cadendo con diversa incidenza sulla materia, le fa perdere consistenza trasfigurandola in puro spirito.

Angelica e Medoro presso i pastori

Di carattere più leggero e aggraziato sono gli episodi tratti dall’Orlando furioso, nei quali dominano i toni sentimentali e intimi. In Angelica e Medoro presso i pastori si descrive il matrimonio dei due personaggi alla presenza dei contadini che li avevano ospitati. Il mondo cavalleresco di Ariosto è trasferito nei modi narrativi frivoli di un’arcadia veneta galante. Angelica nell’abito e nella postura richiama molte fi gure femminili di Tiepolo, fra cui la Cleopatra di Palazzo Labia, con la quale condivide la maliziosa eleganza e la grazia affidata all’elemento simbolico delle perle che la ornano. La campagna veneta sullo sfondo e i contadini nei loro abiti contemporanei creano un insieme nel quale il raffinato e il popolare sdrammatizzano il pathos in una idillica serenità.

Il mondo nuovo

Gli ambienti della foresteria sono affrescati dal Giandomenico con soggetti tratti dalla realtà contemporanea. Ne Il mondo nuovo vi è rappresentata una scena del carnevale veneziano: una folla variegata di persone in maschera si assiepa per guardare, all’interno di un casotto ,le immagini proiettate da una lanterna magica, nuovo prodotto della civiltà moderna, mentre un imbonitore, in piedi su uno sgabello con una lunga bacchetta, illustra le scene al pubblico. L’immagine, ironica e malinconica, trascende la scena di genere realistica per divenire metafora del tempo: la folla senza volto raffigura l’intera Venezia che si affaccia con inconsapevolezza al futuro. Tiepolo intuisce che i tempi stanno cambiando: nuove idee si fanno avanti, Venezia sta decadendo, fermenti politici e culturali in Europa fanno presagire la fine di un’epoca e l’avvento di un “nuovo mondo”.

Giandomenico, all’indomani della Rivoluzione francese, riprenderà questo soggetto con maggior consapevolezza nell’affresco oggi alla Ca’ Rezzonico (1791).

La Residenza di Würzburg

Capolavoro del Rococò

La Residenza del principe-vescovo Johann Philipp Franz von Schönborn a Würzburg in Alta Baviera, edificata tra il 1720 e il 1753 su progetto di Johann Balthasar Neumann, si presenta come sintesi degli sviluppi dell’architettura europea tardobarocca e come un’opera d’arte totale, dove architettura, pittura e decorazione si fondono perfettamente. L'edificio è caratterizzato dalle numerose influenze francesi, italiane, fiamminghe e austriache.

Johann Lucas von Hildebrandt (1668-1745), Robert de Cotte (1656-1735), Germain Boffrand (1667-1754), Johann Wolfgang van der Auwera (1708-1756), Antonio Giuseppe Bossi (XVIII sec. – 1764), Giambattista Tiepolo (1696-1770).

La Sala Imperiale

La Sala Imperiale (Kaisersaal) è il fulcro del palazzo. Lo spazio, alto, ampio e ben illuminato da grandi finestre a tre lati, è collocato sull’asse mediano dell’edificio e dà direttamente sul giardino. Si alza sopra la pianta ottagonale allungata ed è sovrastato da una cupola ovale contenente dieci lunette con finestre. La sala colpisce per la varietà policroma della decorazione: le pareti della sala, strutturate con mezze colonne di marmo rosso, gli stucchi sulla volta in bianco e in oro, la rocaille, le sculture e gli affreschi di Tiepolo.

Architettura, elementi ornamentali e decorazione pittorica si fondono nella Sala Imperiale in una intensa e sontuosa unità.

Allegoria del Disinganno

Davanti a ogni pilastro si trovano statue allegoriche di vari autori, tra cui la Pudicizia di Antonio Corradini (1752) e il Disinganno, l’opera più importante di Francesco Queirolo. Il primo è il ritratto di una donna la cui nudità è appena nascosta da un velo trasparente che, con grazia e naturalezza, aderisce al corpo. Il gruppo del Disinganno rappresenta, invece, l’uomo nell’atto di liberarsi da una rete (il peccato) aiutato da un angelo (personificazione dell’intelletto umano e dell’ardore religioso); in basso si trovano un globo, simbolo delle passioni umane, un libro aperto (la Bibbia) e il simbolo massonico delle “grandi luci”. Stupefacente sul piano tecnico è la resa realistica delle maglie della rete.

La pianta dell'edificio

L’edificio è un blocco massiccio di pianta a “U” lungo 167 metri e largo 97, con un ampio spazio riservato al giardino (Hofgarten) in direzione della città. L’aspetto generale è quello di una villa urbana di stile italiano. All'interno l’organismo racchiude quattro cortili nelle ali laterali e due minori nella parte centrale. La facciata è scandita in modo regolare da aperture diverse da piano a piano, lesene, pilastri e fasce marcapiano, che conferiscono al palazzo un andamento orizzontale.

Al centro si trova un portico che si apre sulla corte; la linea del tetto è ornata da balaustre e si interrompe al di sopra del portico per lasciare spazio a un frontone curvilineo. L’aspetto più caratteristico è la planimetria degli interni, lo scalone d’onore, la Sala Imperiale, la Cappella e la Sala Bianca, uno dei vertici della decorazione rococò

Sacrificio di Ifigenia

Il visitatore che entra nel vestibolo della villa è colpito dall’apertura illusionistica della parete destra su di un portico, dietro il quale viene rappresentata la scena del Sacrificio di Ifigenia. L’episodio narra della volontà di Agamennone di sacrificare sua figlia agli dèi per placarne l’ira e permettere la partenza delle navi achee alla volta di Troia. Tiepolo riprende la vicenda da Omero: la giovane, con il pugnale già sul petto, viene salvata da una cerva inviata da Diana per sostituirla nel rito. Drammaticamente isolato sulla destra, si nota Agamennone in piedi e con il volto coperto. La partizione architettonica di Mengozzi crea l’illusione della continuità tra spazio reale e spazio dipinto accresciuto dal particolare della nuvola con la cerva, che pare provenire dallo spazio reale dell’osservatore.

La struttura

La cappella è costituita da un’unica navata a pianta longitudinale con quattro archi a tutto sesto per lato, dai quali si accede alle cappelle laterali, ciascuna delle quali accoglie un monumento sepolcrale di un componente della famiglia, a eccezione delle due centrali, dove si trovano due accessi, uno secondario e l’altro che conduce alla cripta. Il soffitto a botte è affrescato da Francesco Maria Russo con architetture illusionistiche e fantastiche che si aprono a uno sfondato che rappresenta la Gloria del Paradiso. L’ambiente è illuminato da sole sei finestre strombate presenti nella volta.

Lo scalone d'onore

Lo scalone d’onore è lo spazio emblematico della Residenza e uno degli esempi più significativi del Rococò tedesco. Si articola in uno spazio 18x30 metri: qui una rampa centrale conduce da un vestibolo a un pianerottolo dal quale si diramano due scalinate parallele che terminano al piano superiore, un salone che si estende al di sotto di un una campata (670 metri quadrati), dipinta da Tiepolo tra il 1752 e il 1753. Il tema dell’affresco è l’Allegoria dei Quattro Continenti sino ad allora conosciuti; al centro del dipinto si trovano Apollo e gli dèi dell’Olimpo al momento dell’aurora. La composizione fu condizionata dallo spostamento dello spettatore e dalla sua percezione progressiva dell’affresco, che doveva presentare sezioni di pittura in sé concluse ma che fossero in grado di risolversi in un complesso armonico.

Cappella Sansevero a Napoli

Emblematica degli sviluppi della scultura tardobarocca è la Cappella Sansevero, detta Piatella, a Napoli. Fondata nel 1590 e continuata nel XVII secolo, fu decorata per Raimondo di Sangro, principe di Sansevero, tra il 1749 e il 1766. Il sepolcro della nobile famiglia napoletana fu concepito in ogni suo aspetto dal principe, affascinante figura di scienziato, letterato, inventore, alchimista e maestro della Massoneria. Architettura, pittura e scultura concorrono a trasmettere un occulto messaggio in cui si associano scienza ed ermetismo, ideali laici e valori spirituali, simboli cristiani e massonici.

Il parco

L’attenzione per l’integrazione di architettura e paesaggio si rivela nell’organizzazione del vasto giardino. Le facciate luminose e lisce delle ali del palazzo sono immerse nel verde di una natura che coniuga i modelli tipologici del giardino alla francese e all’italiana. Il parco è opera del francese Michael Bernard, progettista di giardini impiegato presso i Savoia anche nei castelli di Moncalieri e di Agliè. Egli attese ai lavori di Stupinigi dal 1740. Il parco ha la forma geometricamente definita del cerchio; gli spazi interni sono disposti all’italiana con prati e aiuole intersecate da viali rettilinei, mentre il bosco che circonda gli edifici non spazia all’infinito, come nella Reggia di Caserta o negli esempi di residenze francesi, ma è contenuto e delimitato da un muro di cinta che segue la forma dell’architettura.

Palazzina di caccia di Stupinigi

I lavori della Palazzina iniziarono nel 1729, alla fine del regno di Vittorio Amedeo II, su progetto di Filippo Juvarra; furono proseguiti durante il regno di Carlo Emanuele III e Vittorio Amedeo III, ma terminati solo nel XVIII secolo. La Palazzina di caccia di Stupinigi, anche se nasce come ritrovo per la caccia, rappresenta tipologicamente una reggia settecentesca; per la pianta è un’opera tra le più originali della produzione tardobarocca e rococò. Rientra tra gli edifici che i Savoia fecero edificare fuori città, secondo una consuetudine inaugurata dalla Francia (Versailles) e diffusa tra le monarchie europee del secolo.

Gli architetti

Tra i vari architetti che si susseguirono alla direzione dei lavori della Real fabbrica, oltre a Giovanni Tommaso Prunotto, già collaboratore di Juvarra, ricordiamo anche Ignazio Birago di Borgaro, Lodovico Bò, Ignazio Bertola e Benedetto Alfieri.

Una planimetria complessa

Provenendo dalla strada rettilinea che parte da Porta Nuova a Torino, ci si imbatte in due corpi di fabbrica simmetrici, destinati a servizi; questi corpi si distendono lungo l’asse longitudinale formando uno spazio a corte semicircolare, un secondo ottagonale dai lati diseguali e un grande cortile esagonale. In fondo vi è la palazzina, le cui ali delimitano lo spazio dell’esagono. Gli spazi sono organizzati secondo un criterio che ha nella palazzina il suo fulcro e il centro focale. Il nucleo dell’organismo spaziale ha pianta ellittica; da questo si irradiano ali oblique più basse, che si estendono secondo uno schema a croce obliqua. La pianta articolata di Stupinigi ricorda schemi di complessi stranieri (Palazzo Althan a Vienna di Fischer von Erlach) o italiani (Villa Contarini a Piazzola sul Brenta di Baldassarre Longhena), ma lo sviluppo di Juvarra è completamente originale: due bracci del palazzo principale continuano fino a definire il cortile, mentre gli altri due si prolungano di poco oltre la rotonda centrale. A queste ali ne corrispondono altre disposte in diagonale in corrispondenza degli smussi, agli angoli del cortile esagonale.

La facciata

Per la Palazzina di Stupinigi Juvarra abbandona ogni enfasi celebrativa e realizza un edificio elegante di semplici e chiari volumi. All’esterno l’architetto opta per soluzioni differenti: le grandi porte vetrate del salone sono a sguincio, mentre quelle delle ali ne sono prive. La scelta di servirsi di finestre dal taglio netto è contro corrente se si pensa che in quegli anni ogni struttura architettonica, anche la più semplice, acquistava grazia dalle cornici più o meno rocaille delle sue forature. La chiarezza dell’aspetto esterno dell’edificio di ascendenza francese è invece fornita da una decorazione limitata a lesene, semplici cornici e balaustre.

Il salone

Nucleo del complesso è il salone ellittico a doppia altezza. La sala è articolata da gallerie ondulate e da una balconata, al primo piano, che riproduce la forma del quadrifoglio; un baldacchino centrale è retto da altissimi pilastri collegati mediante il ballatoio; copre l’ambiente una cupola sorretta da quattro archi poggianti su altrettanti pilastri. La sala ha un carattere festoso, dato dalla plasticità dell’architettura, dal ricco ornato e dalla luce, che non è usata violentemente o retoricamente, ma per mostrare la qualità dell’invenzione decorativa. Ampie finestre si aprono sul giardino, illuminando scale e gallerie, e creando una suggestiva continuità tra architettura e natura.