Want to create interactive content? It’s easy in Genially!

Get started free

Recensione del libro: "L'eredità di un giudice

Galiga 23

Created on March 19, 2025

Start designing with a free template

Discover more than 1500 professional designs like these:

Transcript

Gaetano Liguori

Recensione del libro: "L'eredità di un giudice

Maria Falcone, nata il 30 aprile 1936 a Palermo, è un'attivista italiana nota per il suo impegno nella lotta contro la mafia e per la promozione della legalità. Sorella del magistrato Giovanni Falcone, assassinato da Cosa Nostra nel 1992, ha dedicato la sua vita a preservarne la memoria e a diffondere i valori per i quali egli ha combattuto. Laureata in Giurisprudenza, Maria Falcone ha intrapreso la carriera di docente, insegnando diritto nelle scuole superiori e all'università. Dopo la tragica morte del fratello Giovanni, Maria ha fondato la "Fondazione Falcone", con l'obiettivo di promuovere la cultura della legalità e sostenere iniziative educative rivolte ai giovani. La fondazione organizza incontri, seminari e concorsi nelle scuole e nelle università italiane, sensibilizzando le nuove generazioni sull'importanza del rispetto delle leggi e del contrasto alla criminalità organizzata. In un incessante viaggio in lungo e in largo per l’Italia ha raccontato a migliaia di ragazzi, insegnanti e persone comuni l’impegno, il coraggio e il valore di Giovanni Falcone e di tutti gli uomini delle istituzioni che si sono sacrificati per la giustizia. Ai giovani spiega cosa è la mafia, da quali logiche e subcultura è alimentata e come ciascuno di noi può combatterla nel quotidiano. Maria Falcone ha rappresentato e rappresenta la Fondazione in Italia e nel mondo.

Maria Falcone

Lara Sirignano

Lara Sirignano è una giornalista italiana con una lunga esperienza nella cronaca giudiziaria, specializzata nella lotta alla mafia. Lavora per l’ANSA, una delle principali agenzie di stampa italiane e dal 2018 collabora con la Fondazione Giovanni Falcone, una assocazione costituita a Palermo il 10 dicembre del 1992 con l'impegno principale di promuovere, attraverso attività di studio e di ricerca, la cultura della legalità nella società e in particolare nei giovani.

Le autrici

Info

l 23 maggio 1992, Giovanni Falcone e Francesca Morvillo atterrano a Palermo. Sull’autostrada A29, nei pressi di Capaci, oltre 500 kg di esplosivo distruggono il corteo blindato. Nell’attentato muoiono Falcone, Morvillo e gli agenti della scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani. La loro morte segna una svolta nella coscienza collettiva: Palermo scende in piazza, gridando il proprio no alla mafia. Ma la stagione di sangue non è finita: il 19 luglio Paolo Borsellino viene assassinato insieme a cinque agenti della sua scorta in via D’Amelio. Da quel momento, lo Stato reagisce con fermezza. La mafia perde progressivamente il suo potere assoluto, anche se la lotta non è finita. Sta a tutti noi raccogliere l’eredità di Falcone e continuare la sua battaglia per la legalità e la giustizia.

La strage di Capaci e l’eredità di Falcone

Nel 1985, per proteggerli, lo Stato manda Falcone e Borsellino all’Asinara, dove lavorano in isolamento all’ordinanza del Maxiprocesso. Al rientro ricevono persino una fattura di 415mila lire, simbolo dell’ostilità nei loro confronti. Il Maxiprocesso si conclude il 16 dicembre 1987 con 19 ergastoli e 2665 anni di carcere per 339 imputati, infliggendo a Cosa Nostra la prima storica sconfitta. Decisiva è la collaborazione di Tommaso Buscetta, che svela la struttura mafiosa. Nel 1986 Falcone sposa Francesca Morvillo, ma le ostilità aumentano. Dopo il pensionamento di Caponnetto, il CSM nega a Falcone la guida dell’Ufficio Istruzione. ”. Nel 1991 diventa Direttore degli Affari Penali e avvia riforme decisive, tra cui il carcere del 41 bis. Il 30 gennaio 1992 la Cassazione conferma le condanne del Maxiprocesso. Per Totò Riina, Falcone deve morire.

La condizione di isolamento

La lotta a Palermo

Nel 1978 Giovanni Falcone si trasferisce a Palermo, iniziando nella sezione fallimentare. Dopo l’omicidio del giudice Cesare Terranova, entra nell’Ufficio Istruzione su invito di Rocco Chinnici. Qui avvia un’indagine innovativa che svela i legami tra la mafia, il traffico internazionale di droga e il riciclaggio di denaro, superando il segreto bancario. Il successo del processo Spatola porta alle prime condanne esemplari e gli vale la scorta dal 1980. Dopo l’uccisione di Chinnici nel 1983, Antonino Caponnetto affida a Falcone e al pool antimafia – con Borsellino, Di Lello e Guarnotta – la guida delle indagini su Cosa Nostra. Il loro lavoro culmina nel Maxiprocesso di Palermo, che ricostruisce l’ascesa dei Corleonesi di Totò Riina e porta all’arresto di importanti boss e uomini d’affari. La mafia reagisce assassinando, nel 1985, i commissari Beppe Montana e Ninni Cassarà.

Giovanni Falcone è stato un magistrato italiano che ha dedicato tutta la sua vita alla lotta contro la mafia. Tra i primi a comprendere la struttura gerarchica e verticistica di Cosa Nostra, ha sviluppato un metodo investigativo innovativo, fondato sulla ricerca delle prove, sull’analisi patrimoniale e bancaria, sul lavoro di squadra e sul tracciamento dei flussi di denaro. Questo approccio rigoroso ha permesso di istruire il Maxiprocesso di Palermo, svoltosi tra il 1986 e il 1987, che si concluse con 19 ergastoli e condanne per un totale di 2665 anni di carcere. Falcone intuì già negli anni Ottanta l’importanza della cooperazione giudiziaria internazionale, anticipando l’espansione delle mafie oltre i confini nazionali. Il suo impegno è stato riconosciuto a livello globale e, nel 2020, l’ONU gli ha dedicato una risoluzione contro il crimine mondiale. Pur non considerandosi un eroe, credeva fermamente che la mafia fosse un fenomeno umano destinato ad avere una fine.

La formazione

Giovanni Falcone nasce a Palermo nel 1939, in una famiglia borghese. Dopo aver frequentato il liceo classico, si laurea in Giurisprudenza. Inizialmente tenta la carriera militare presso l’Accademia Navale, ma ben presto sceglie la magistratura. I suoi primi incarichi lo portano a Lentini, dal 1965 al 1967, e poi a Trapani, dove rimane fino al 1978. È proprio a Trapani che Falcone si confronta per la prima volta con i clan mafiosi e sviluppa l’intuizione fondamentale di seguire i movimenti economici per colpire i boss. In quegli anni subisce anche il suo primo attentato.

La storia

Giovanni Falcone

Ambientazione

L’ambientazione di Eredità di un giudice è strettamente legata al contesto storico e sociale dell’Italia tra gli anni ‘80 e ‘90, un periodo segnato dalla lotta tra lo Stato e Cosa Nostra. Palermo, epicentro della mafia, è descritta come una città divisa tra paura e resistenza civile, in cui Giovanni Falcone operava sotto costante minaccia. Il clima politico e istituzionale dell’epoca era complesso: da un lato, la magistratura antimafia otteneva importanti vittorie, come il Maxiprocesso di Palermo (1986-1987), dall’altro, vi erano forti resistenze, con ostacoli burocratici e isolamento dei magistrati più esposti. Roma, dove Falcone lavorò al Ministero della Giustizia, rappresenta il luogo delle tensioni politiche e delle rivalità interne alla magistratura, mentre l’Asinara, dove il giudice si rifugiò con Borsellino per scrivere la sentenza del Maxiprocesso, diventa simbolo della solitudine e del sacrificio

Il libro racconta il percorso umano di Maria Falcone, una donna che sceglie di rendere universale il dolore privato e di trasformarlo in una missione educativa e sociale. Dopo la strage di Capaci, Maria intraprende un cammino che la porta a viaggiare in tutta Italia, incontrando giovani, studenti, insegnanti, cittadini, per diffondere la cultura della legalità. Attraverso il suo racconto, emerge la figura di Giovanni Falcone non solo come magistrato, ma come uomo determinato, appassionato, convinto che la mafia potesse essere sconfitta grazie all'impegno collettivo e a una forte presa di coscienza etica. "L'eredità di un giudice" non si limita a ripercorrere i tragici eventi del 1992, ma riflette su ciò che è cambiato nella società italiana in trent'anni di lotta alla criminalità organizzata. Maria Falcone offre un’analisi lucida e appassionata dei progressi compiuti, delle difficoltà incontrate e delle sfide ancora aperte nella promozione della cultura della legalità. Il libro si sofferma sul valore educativo della memoria, sul ruolo fondamentale della scuola e delle nuove generazioni, e sull'importanza di non abbassare mai la guardia. Oggi, a distanza di trent’anni, Maria Falcone racconta con forza e dignità la sua storia personale intrecciata alla storia collettiva del nostro Paese. Le sue parole sono una testimonianza preziosa di come il sacrificio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino abbia innescato una metamorfosi culturale profonda e ancora in atto. "L'eredità di un giudice" è un libro che parla di dolore, ma soprattutto di speranza e di futuro, rivolgendosi in particolare ai giovani, affinché sappiano riconoscere l'importanza della legalità, della giustizia e della responsabilità civile. Un’opera intensa e toccante, che unisce memoria e impegno, e che offre uno spunto di riflessione profondo sul significato di essere cittadini consapevoli e attivi nella difesa dei valori democratici. La storia di Maria Falcone è quella di una donna che ha saputo trasformare la tragedia personale in una testimonianza universale, diventando una delle voci più autorevoli nella lotta alla mafia e nella promozione della cultura della legalità in Italia e nel mondo.

Il 23 maggio 1992 rappresenta una data incisa in maniera indelebile nella memoria collettiva degli italiani. Lungo l'autostrada che collega Trapani a Palermo, la mafia decide di colpire con ferocia inaudita. Un'esplosione devastante uccide il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e tre uomini della scorta: Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani. L'attentato di Capaci, compiuto con una carica di cinque quintali di tritolo, non è solo un attacco personale, ma un vero e proprio attacco allo Stato. La brutalità di quel gesto scuote profondamente l'intero Paese, segnando un prima e un dopo nella storia della lotta alla mafia in Italia. Solo cinquantasette giorni dopo, un’altra tragedia colpisce la nazione: l’assassinio di Paolo Borsellino, amico fraterno e collega di Falcone, insieme ai cinque agenti della sua scorta, in via D’Amelio. Questi eventi tragici suscitano una reazione di rabbia e indignazione mai vista prima. L’Italia intera si risveglia dal torpore e prende coscienza della necessità di combattere la mafia non solo attraverso le istituzioni, ma anche tramite un cambiamento culturale e morale che coinvolga i cittadini. Da questo clima di dolore e di rivoluzione morale nasce la storia personale e pubblica di Maria Falcone, sorella di Giovanni. La sua è una testimonianza sincera, coraggiosa e tenace. In "L'eredità di un giudice", Maria racconta quei giorni terribili in cui, straziata dal dolore, decide di non cedere alla disperazione, ma di trasformare la sofferenza in impegno civile. La morte del fratello diventa per lei una spinta a continuare la sua battaglia per la legalità e la giustizia.

Trama

"L’eredità di un giudice" è quindi un’opera che unisce la memoria e l’impegno, la testimonianza e l’azione. La figura di Giovanni Falcone, raccontata dalla sorella, emerge non solo come quella di un magistrato coraggioso e determinato, ma anche di un uomo profondamente umano, consapevole dei rischi che correva, ma altrettanto convinto che il suo lavoro fosse necessario per costruire un futuro diverso per l’Italia. Il suo sacrificio, insieme a quello di Paolo Borsellino e di tante altre vittime innocenti, diventa nel libro un esempio luminoso per le nuove generazioni.

Nel libro emerge forte il messaggio che anche dal dolore più grande può nascere la speranza. Maria Falcone racconta con sincerità e passione il suo percorso umano, la sua fatica, le sue paure, ma anche la determinazione a non arrendersi. La sua è una scelta etica, che coinvolge chiunque legga il libro, spingendolo a interrogarsi su quale contributo possa offrire nella propria quotidianità per costruire un Paese più giusto, libero dalle mafie e dalla corruzione.

Un altro aspetto importante che emerge dal libro è la dimensione pedagogica e culturale del lavoro di Maria Falcone. Lei sceglie di portare la testimonianza del fratello nelle scuole, tra i giovani, negli incontri pubblici, diffondendo la consapevolezza che la mafia non è solo un problema di giustizia e di ordine pubblico, ma un male che affonda le radici nella mentalità e nella cultura di un’intera società. Per combatterla, quindi, non bastano le forze dell’ordine o i magistrati, ma serve l’impegno di tutti: educare alla legalità diventa il primo e più importante strumento di lotta.

Uno dei temi centrali del libro è proprio il significato profondo della parola "eredità". Non si tratta di un ricordo statico e passivo, ma di una consegna attiva, di un testimone da raccogliere e trasmettere. Maria Falcone interpreta l’eredità del fratello non come un fardello, ma come un compito, una missione. La sua voce si leva per raggiungere soprattutto i giovani, convinta che la lotta alla mafia e alla criminalità organizzata passi inevitabilmente attraverso l’educazione e il cambiamento delle coscienze. Come Giovanni Falcone sosteneva, la mafia si può sconfiggere solo se si spezza il consenso sociale e culturale che la sostiene, e questo può avvenire soltanto promuovendo i valori della giustizia e della responsabilità civica.

Il libro si muove lungo due linee parallele ma strettamente intrecciate: da una parte c’è il racconto intimo e personale del dolore privato di Maria Falcone, sorella che ha perso un fratello amato in modo violento e ingiusto; dall’altra, c’è l’analisi lucida e appassionata di un impegno pubblico che si fa testimonianza e azione concreta. La scelta di Maria di trasformare il proprio lutto in un impegno instancabile per la diffusione della cultura della legalità è il cuore pulsante di questa opera. Lei stessa racconta come, dopo la morte del fratello, abbia sentito il bisogno e la responsabilità di portare avanti la sua eredità morale, facendosi portavoce dei valori in cui Giovanni Falcone credeva fermamente.

"L'eredità di un giudice" non è soltanto la testimonianza personale di Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone, ma si presenta come un vero e proprio atto di resistenza civile e un invito a riflettere sul senso profondo della legalità nella società italiana. Il libro racconta gli eventi tragici del 1992. Quei giorni segnano una frattura nella storia italiana, scuotendo profondamente le coscienze di un’intera nazione. La narrazione non si limita a riportare i fatti, ma li interpreta come il punto di inizio di una trasformazione collettiva che ha coinvolto cittadini, istituzioni e società civile.

Il mio commento

Giovanni Falcone

«L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza»

  • Autore: Maria Falcone (con Lara Sirignano)
  • Titolo: L'eredità di un giudice. Trent'anni in nome di mio fratello Giovanni
  • Casa editrice: Mondadori
  • Anno di pubblicazione: 2022
  • Genere e sottogenere: Biografia, Memoriale
  • Sintassi: paratattica
  • Lessico: medio

Dati editoriali