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I promessi sposi
Vincenzo Arces
Created on March 9, 2025
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capitoli i-x
I promessi sposi
Nel primo capitolo de "I promessi sposi", Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, due giovani innamorati, stanno per sposarsi. Tuttavia, il loro matrimonio viene ostacolato da Don Rodrigo, un nobile che si è innamorato di Lucia. Per impedire le nozze, Don Rodrigo manda due bravi a minacciare Don Abbondio, il parroco incaricato di celebrare il matrimonio. Don Abbondio, uomo timoroso, è spaventato dalla minaccia e non sa come comportarsi, trovandosi in un dilemma tra il voler evitare guai e il dover spiegare il rinvio a Renzo e Lucia, ignari di tutto. Il capitolo si chiude con Don Abbondio in preda all'ansia, mentre cerca una soluzione.
CAPITOLO I
La vicenda è ambientata nel 1628, durante il dominio spagnolo in Lombardia. Questo periodo storico è segnato da grandi disuguaglianze sociali, corruzione e abusi di potere. I nobili locali, come Don Rodrigo, esercitano un controllo quasi assoluto sulle comunità, avvalendosi di uomini violenti e senza scrupoli, i bravi, per imporre la loro volontà. La Chiesa, rappresentata da figure come Don Abbondio, è spesso debole e incapace di opporsi ai potenti, riflettendo una società in cui la giustizia è inesistente e i più deboli sono lasciati in balia dei soprusi.
SITUAZIONE STORICO-SOCIALE:
AMBIENTE:
Il capitolo si apre con una descrizione dettagliata del paesaggio attorno al lago di Como, in Lombardia. Manzoni dipinge un quadro suggestivo del territorio, caratterizzato da colline, piccoli borghi e montagne. L'ambiente, apparentemente tranquillo nasconde però tensioni e conflitti che emergeranno nel corso della storia.
IL LUOGO E I TEMPI
2) Don Abbondio è un uomo che cerca sempre di adattarsi alle circostanze per proteggersi. Preferisce obbedire ai potenti, come Don Rodrigo, piuttosto che rischiare di mettersi contro di loro. Questo lo rende un personaggio ambiguo: non è malvagio, ma la sua mancanza di coraggio lo rende complice delle ingiustizie.
1) Don Abbondio è un uomo profondamente timoroso. La sua paura domina ogni sua azione, rendendolo incapace di affrontare situazioni difficili o di opporsi ai potenti. Quando i bravi di Don Rodrigo lo minacciano per impedire il matrimonio tra Renzo e Lucia, Don Abbondio cede immediatamente, preferendo evitare il conflitto piuttosto che difendere i due giovani.
Don Abbondio è uno dei personaggi principali de I promessi sposi di Alessandro Manzoni. È il parroco del piccolo villaggio dove vivono Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, e la sua personalità ha un ruolo cruciale nello sviluppo della trama. CARATTERISTICHE:
DON ABBONDIO
1) Anafora: Ripetizione di una parola o di un'espressione all'inizio di frasi o versi successivi, per dare enfasi. Esempio: "Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti..." La ripetizione di "che" crea un ritmo incalzante e sottolinea la ricchezza dei dettagli. 2) Similitudine: Confronto tra due elementi per rendere più chiara o vivida un'immagine. Esempio: "La strada, come un nastro bianco, si snodava tra i campi..." La strada viene paragonata a un nastro, rendendo l'immagine più poetica e visiva. 3) Litote: Manzoni usa spesso un tono ironico per commentare i comportamenti dei personaggi o le situazioni. Esempio: "Don Abbondio non era nato con un cuor di leone." Questa frase sottolinea con ironia la codardia di Don Abbondio, ridicolizzandolo senza esplicitarlo.
Nel primo capitolo de I promessi sposi, Alessandro Manzoni utilizza diverse figure retoriche per arricchire il testo, rendendolo più vivido, espressivo e coinvolgente. Ecco alcune delle figure retoriche principali:
FIGURE RETORICHE
I bravi sono uomini al servizio dei potenti, come Don Rodrigo, e agiscono come strumenti di intimidazione e oppressione nei confronti dei deboli. CARATTERISTICHE: 1) I bravi sono uomini violenti e spietati, pronti a minacciare, picchiare o addirittura uccidere per conto dei loro padroni. La loro presenza incute terrore nella popolazione, che li teme e li evita. 2) Nonostante la loro violenza sia illegale, i bravi operano spesso in totale impunità, grazie alla protezione dei nobili e alla corruzione delle autorità. 3) I bravi sono completamente sottomessi ai loro padroni, come Don Rodrigo, e agiscono in base ai loro ordini senza porsi domande morali.
I BRAVI
Perpetua è un personaggio secondario de I promessi sposi di Alessandro Manzoni. È la serva di Don Abbondio, il parroco del villaggio, e rappresenta una figura popolare, vivace e un po' chiacchierona, che contribuisce a dare un tocco di umorismo e realismo alla storia. CARATTERISTICHE: 1) Perpetua è una serva devota a Don Abbondio, nonostante i suoi difetti. Lo serve con dedizione e cerca di aiutarlo nelle sue difficoltà, anche se spesso lo fa con modi bruschi e diretti. La sua fedeltà è un tratto positivo che emerge nel corso della storia. 2) Perpetua è una gran chiacchierona e ama spettegolare. Sa tutto quello che succede nel villaggio e non perde occasione per condividere notizie e opinioni. Questo la rende una figura vivace e spesso comica, ma anche un po' invadente. 3) A differenza di Don Abbondio, che è indeciso e pauroso, Perpetua è una donna pratica e concreta. Non si perde in ragionamenti complicati e cerca sempre soluzioni immediate ai problemi. Questo la rende una figura rassicurante, anche se a volte un po' brusca.
PERPETUA
Dopo l' incontro con i bravi don Abbondio passa una notte tremenda a pensare una scusa per non celebrare il matrimonio tra Renzo e Lucia. A tarda notte arriva alla conclusione di ritardare il matrimonio di 5 giorni in modo da entrare nell’avvento (periodo in cui era proibito celebrare le nozze). Renzo arriva da don Abbondio per discutere gli ultimi dettagli ma il curato gli dice in maniera confusa che il matrimonio non si può celebrare. Renzo esce dalla casa del curato e incontra Perpetua, la quale gli fa capire che don Abbondio sta nascondendo qualcosa. Allora torna di nuovo da egli e lo costringe a confessare. Il curato afferma che la richiesta di annullare le nozze è giunta da don Rodrigo e Renzo, arrabbiato, lascia la casa e si dirige verso quella di Lucia. Mentre aspetta che arrivi la sua promessa sposa, Renzo racconta tutto l’accaduto ad Agnese, la madre di Lucia.
CAPITOLO II
Nel secondo capitolo de "I Promessi Sposi", il tema della sopraffazione si manifesta con grande intensità attraverso le minacce che i bravi, al servizio di don Rodrigo, rivolgono a don Abbondio. Manzoni, con questa scena, evidenzia l'ingiustizia radicata nella società seicentesca, in cui i deboli, come don Abbondio, Renzo e Lucia, non hanno strumenti per contrastare i soprusi dei potenti. La legge, spesso inefficace o corrotta, non garantisce protezione, e persino figure come don Abbondio, che dovrebbero difendere i più indifesi, cedono alla paura, diventando inconsapevoli complici delle ingiustizie.
LA SOPRAFFAZIONE
3) Pur essendo un uomo semplice e di umili origini, Renzo ha un forte senso della giustizia e della moralità. Nonostante la sua impulsività, cerca di agire con onestà e rispetto, anche se spesso si scontra con un mondo corrotto e ingiusto.
2) Renzo è profondamente innamorato di Lucia e la sua lealtà verso di lei è totale. Nonostante le difficoltà e i pericoli, non si arrende e fa di tutto per realizzare il loro sogno di sposarsi. Il suo amore per Lucia è puro e sincero, e rappresenta una delle forze che lo spingono ad affrontare le avversità.
1) Renzo è un ragazzo impulsivo e spesso agisce d'istinto. Di fronte alle ingiustizie, come le minacce di don Rodrigo che vogliono impedire il suo matrimonio con Lucia, reagisce con rabbia e determinazione. Spesso è tentato di risolvere le situazioni "alle mani"
RENZO
Renzo Tramaglino è uno dei protagonisti de I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. È un giovane popolano di umili origini, fidanzato con Lucia Mondella, e rappresenta la figura dell'uomo semplice ma determinato, che lotta per difendere i propri affetti e la propria dignità di fronte alle ingiustizie. CARATTERISTICHE:
3) Lucia è una persona dolce e gentile, sempre pronta a mettere gli altri davanti a sé stessa. Il suo carattere mite e pacifico contrasta con la violenza e la prepotenza del mondo che la circonda.
2) Lucia è una donna profondamente religiosa. Di fronte alle difficoltà, come le minacce di don Rodrigo o il rapimento da parte dell'Innominato, si affida alla Provvidenza divina, dimostrando una grande forza interiore. La sua fede le dà il coraggio di affrontare le avversità con rassegnazione e speranza, anche quando la situazione sembra disperata.
1) Lucia è descritta come una ragazza pura, modesta e innocente. La sua bellezza non è solo fisica, ma soprattutto interiore: è una persona buona, sincera e profondamente legata ai valori della fede e della moralità.
Lucia Mondella è una delle protagoniste de I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. È una giovane donna di umili origini, fidanzata con Renzo Tramaglino, e rappresenta la figura della purezza, della fede e della virtù in un mondo dominato dalla corruzione e dalla violenza. CARATTERISTICHE:
LUCIA
IPERBOLE: è usata per esagerare alcuni aspetti della narrazione, spesso per enfatizzare le emozioni. ES: "Renzo era così furioso che avrebbe potuto abbattere un albero con le sue mani." Questa esagerazione serve a sottolineare la rabbia e l'impulsività di Renzo quando scopre che don Abbondio ha annullato il matrimonio.
SIMILITUDINE: serve a creare paragoni che aiutano il lettore a visualizzare meglio le scene. ES: "Don Abbondio parlava in latino, come un uomo che, trovandosi in un labirinto, cerca di confondere chi lo segue." Questa similitudine mette in luce il tentativo di don Abbondio di confondere Renzo parlando in latino, paragonandolo a qualcuno che cerca di disorientare gli altri in un labirinto.
CLIMAX: Figura retorica consistente in un graduale passaggio da un concetto all'altro, via via più intenso .ES: "Andava su e giù per la sua saletta, con le mani dietro le reni, urtando talvolta nella tavola, talvolta nel muro.”
FIGURE RETORICHE
Il capitolo si apre con Lucia che racconta a Renzo e Agnese degli incontri involontari con don Rodrigo, il quale aveva scommesso con il cugino, il conte Attilio, di conquistarla. Renzo, furioso, medita vendetta, ma Lucia riesce a calmarlo. Agnese suggerisce a Renzo di recarsi a Lecco per consultare un avvocato soprannominato Azzecca-garbugli, portando in dono quattro capponi. Giunto dall'avvocato, Renzo viene scambiato per un bravo a causa di un equivoco: Azzecca-garbugli legge una grida contro chi impedisce i matrimoni, credendo che Renzo sia un bravo travestito. Quando scopre l'errore, l'avvocato si infuria e caccia Renzo, rifiutandosi di aiutarlo perché povero e senza appoggi nobiliari. Intanto, Lucia e Agnese decidono di chiedere aiuto a fra Cristoforo. Arriva fra Galdino, un frate laico in cerca di noci per il convento, e Lucia gli dona una gran quantità di noci per accelerare la richiesta di aiuto. Renzo torna a casa di Lucia e racconta il fallimento dell'incontro con l'avvocato. Tra Renzo e Agnese scoppia una breve discussione, ma Lucia riesce a placare gli animi. Alla fine, Renzo torna a casa, mentre Lucia e Agnese attendono l'arrivo di fra Cristoforo.
CAPITOLO III
2) Quando arriva fra Galdino in cerca di noci, Lucia non esita a donargliene una grande quantità, accelerando così la richiesta di aiuto a fra Cristoforo. Questo gesto generoso e pratico rivela un lato attivo del suo carattere, che cerca di agire concretamente per risolvere la situazione.
1) Nonostante il suo carattere timido e riservato, Lucia dimostra un certo spirito d'iniziativa decidendo di rivolgersi a fra Cristoforo per chiedere aiuto. Questo gesto mostra che, pur essendo spaventata, non si arrende passivamente alla situazione, ma cerca una soluzione attraverso vie pacifiche e morali.
2) Lucia è consapevole che qualsiasi azione impulsiva potrebbe aggravare la situazione. Per questo cerca di calmare Renzo quando lui, furioso, medita vendetta contro don Rodrigo. La sua prudenza è dettata dalla paura che la violenza possa portare solo ulteriori disgrazie.
1) Lucia è terrorizzata dalle attenzioni di don Rodrigo, che l'ha avvicinata più volte lungo la strada, facendole capire le sue intenzioni. Questo la rende ansiosa e preoccupata per il suo futuro e per quello di Renzo.
Nel terzo capitolo de I Promessi Sposi, Lucia Mondella emerge come un personaggio complesso, caratterizzato da un profondo timore ma anche da un inaspettato spirito d'iniziativa, che si manifesta in modo sottile ma significativo:
LUCIA: TIMORE E SPIRITO D'INIZIATIVA
3) Agnese ha un linguaggio spesso condito di umorismo e ironia, che riflette il suo carattere vivace e un po' malizioso. Ad esempio, quando commenta la codardia di don Abbondio: "Eh, già! Don Abbondio ha paura della sua ombra... Ma noi dobbiamo fare di necessità virtù."
2) Agnese spesso ricorre a proverbi e modi di dire popolari, che riflettono la saggezza pratica della gente comune. Ad esempio, quando cerca di consolare Renzo o Lucia, usa espressioni tipiche della tradizione contadina, che trasmettono un senso di concretezza e realismo.
1) Agnese parla in modo diretto e semplice, senza giri di parole. Il suo linguaggio riflette la sua condizione sociale di popolana e la sua personalità pratica. Ad esempio, quando suggerisce a Renzo di rivolgersi all'avvocato Azzecca-garbugli:"Vai da quel dottore che sta a Lecco, quello che risolve tutti i pasticci... Portagli quei capponi, e vedrai che ti darà un consiglio utile."
Agnese, la madre di Lucia, è uno dei personaggi de I Promessi Sposi che meglio rappresenta il linguaggio popolare e l'umorismo tipico della gente comune del Seicento. Manzoni utilizza il suo modo di parlare per caratterizzarla come una donna pratica, schietta e un po' maliziosa, lontana dalla raffinatezza dei personaggi colti o nobili.
AGNESE: LINGUAGGIO POPOLARE
Don Abbondio, rappresentante della Chiesa e quindi di un'istituzione che dovrebbe garantire giustizia e moralità, è invece un simbolo della complicità con i potenti. Pur sapendo che don Rodrigo sta agendo ingiustamente, il curato si rifiuta di celebrare il matrimonio tra Renzo e Lucia per paura delle conseguenze. Questo comportamento mostra come anche le istituzioni religiose siano spesso piegate alla volontà dei potenti, rinunciando a difendere i diritti degli umili.
Manzoni inserisce nel capitolo frammenti di gride (editti) che vietano comportamenti come portare il ciuffo (un segno distintivo dei bravi) o impedire i matrimoni. Tuttavia, queste leggi sono presentate in modo grottesco e ironico, evidenziando la loro inefficacia e l'arbitrarietà del sistema giudiziario. Le gride sono uno strumento di controllo sociale, ma vengono applicate in modo selettivo: i potenti, come don Rodrigo, possono agire impunemente, mentre i poveri, come Renzo, non hanno alcuna protezione.
Renzo si reca dall'avvocato Azzecca-garbugli per chiedere consiglio su come contrastare le minacce di don Rodrigo. Tuttavia, l'avvocato, anziché aiutarlo, lo scambia per un bravo e legge una grida (un editto) che punisce chi impedisce i matrimoni. Questo episodio è emblematico dell'ipocrisia della giustizia: le leggi esistono, ma vengono applicate solo a favore dei potenti o contro i deboli. Quando Azzecca-garbugli scopre che Renzo non è un bravo ma una vittima, lo caccia via senza esitazione, rifiutandosi di aiutarlo. Questo dimostra che la giustizia non è accessibile a chi non ha denaro o protezioni nobiliari.
Nel terzo capitolo de I Promessi Sposi, Alessandro Manzoni affronta il tema della giustizia al servizio dei potenti, mostrando come le istituzioni e le leggi siano spesso strumentalizzate dai più forti per opprimere i deboli. Questo tema è centrale nel romanzo e viene esemplificato attraverso alcuni episodi chiave del capitolo:
LA GIUSTIZIA AL SERVIZIO DEI POTENTI
Anche se don Rodrigo non appare direttamente nel capitolo, la sua influenza è evidente. Le minacce che ha fatto a don Abbondio sono un esempio di come il linguaggio possa essere usato per esercitare potere e controllo sugli altri. Esempio: "Don Abbondio aveva ricevuto una minaccia così terribile che non osava nemmeno pronunciare il nome di don Rodrigo." Questo mostra come il linguaggio delle minacce possa essere usato per intimidire e silenziare le persone.
Manzoni inserisce nel capitolo frammenti di gride (editti) che vietano comportamenti come portare il ciuffo (un segno distintivo dei bravi) o impedire i matrimoni. Tuttavia, queste leggi sono presentate in modo grottesco e ironico, evidenziando la loro inefficacia e l'arbitrarietà del sistema giudiziario. Le gride sono uno strumento di controllo sociale, ma vengono applicate in modo selettivo e distorto, a vantaggio dei potenti e a discapito dei deboli.
L'avvocato Azzecca-garbugli, credendo che Renzo sia un bravo travestito, legge una grida (un editto) che annuncia pene severissime per chi impedisce un matrimonio. Tuttavia, lo fa in modo confuso e ambiguo, usando un linguaggio burocratico e incomprensibile per intimorire Renzo. Questo episodio mostra come il linguaggio legale e istituzionale possa essere usato in modo distorto per creare paura e confusione, anziché per garantire giustizia.
Nel terzo capitolo de I Promessi Sposi, Alessandro Manzoni mette in luce l'uso distorto del linguaggio come strumento di potere, manipolazione e inganno. Questo tema è particolarmente evidente nei dialoghi e nelle situazioni che coinvolgono i personaggi, mostrando come il linguaggio possa essere utilizzato per nascondere la verità, confondere o esercitare controllo sugli altri. Ecco alcuni esempi:
USO DISTORTO DEL LINGUAGGIO
Padre Cristoforo lascia il convento e si reca alla casa di Agnese e Lucia. Durante il tragitto, vede i segni della carestia che affligge il paese. Con un flashback, viene raccontata la sua storia: Lodovico, figlio di un ricco mercante, uccide in un duello un nobile e si rifugia in un convento, dove matura la decisione di farsi frate. Durante un banchetto organizzato dal nobile, chiede e ottiene il perdono del fratello dell'ucciso, accettando soltanto un pane, di cui ne conserverà un pezzo, in ricordo della pacificazione avvenuta.
CAPITOLO IV
Attraverso un flashback, viene raccontata la vita di fra Cristoforo. Il suo nome di battesimo era Ludovico, figlio di un ricco mercante, abituato al lusso ma intollerante verso le ingiustizie. Un giorno, mentre era in compagnia del suo fedele servo Cristoforo, incontra un nobile spavaldo che lo sfida per una questione di precedenza. Durante il duello, il servo si sacrifica per Ludovico, che uccide il nobile. La folla lo difende e lo consegna a un convento, dove Ludovico decide di farsi frate per espiare la sua colpa, prendendo il nome di Cristoforo in ricordo del servo. Il fratello del nobile ucciso vuole vendicarsi, ma quando fra Cristoforo si reca da lui per chiedere perdono, il nobile rimane colpito dalla sua umiltà e pentimento, al punto da chiedergli scusa a sua volta. La folla di nobili acclama il frate, che umilmente se ne va, accettando solo un pane. Fra Cristoforo si allontana per espiare, lieto del perdono ricevuto.
FLASHBACK
Fra Cristoforo è un uomo di circa sessanta anni, figlio di un ricco mercante. Il suo nome di battesimo era Ludovico, abituato in gioventù all'agiatezza e al lusso, intollerante verso le prevaricazioni del mondo aristocratico, lotta apertamente contro i suoi rivali e si schiera a fianco dei deboli che avessero subito da essi un sopruso. Dopo un omicidio commesso in gioventù a seguito di un disputa sul diritto di precedenza, ha abbracciato la vita religiosa. Fra Cristoforo è un personaggio carismatico e moralmente integro. La sua figura incarna la redenzione e la lotta per la giustizia, in contrasto con la corruzione del mondo.
FRA CRISTOFORO
Fra Cristoforo è uno dei personaggi principali del romanzo. La sua autenticità si manifesta attraverso il suo profondo senso di giustizia e la sua dedizione al bene degli altri. È un frate cappuccino che, nonostante il suo passato turbolento, si impegna a difendere i più deboli e a combattere le ingiustizie. La sua figura rappresenta un ideale di carità e altruismo, rendendolo un simbolo di speranza e redenzione nel contesto difficile in cui si muove. La sua autenticità è quindi legata alla sua coerenza tra le parole e le azioni, mostrando un forte impegno morale e spirituale.
AUTENTICITA' DI FRA CRISTOFORO
Nel duello tra Lodovico e il nobile emergono due elementi fondamentali: il formalismo e la teatralità, caratteristiche tipiche della mentalità e dei codici d’onore del Seicento. In una società basata sull’onore, il duello è l’unico mezzo per riparare un’offesa. Il duello segue precise convenzioni e regole sociali, proprie del codice d’onore aristocratico dell’epoca, non è un semplice scontro fisico, ma un rituale con norme codificate La scena è ricca di tensione e pathos, Lodovico e il nobile non agiscono solo per combattere ma anche per dimostrare il proprio coraggio davanti agli altri. Il duello, mediante il linguaggio, i gesti e l’ambientazione, presenta elementi scenici e drammatici, che ne accentuano la teatralità.
IL DUELLO TRA FORMALISMO E TEATRALITA'
Fra Cristoforo, giunge a casa di Agnese e li viene a conoscenza della mancata celebrazione del matrimonio di Renzo e Lucia. Il frate sente il dovere di proteggere i due promessi sposi e decide di affrontare direttamente don Rodrigo. Ai piedi della collina su cui sorge il palazzotto di don Rodrigo fra Cristoforo vede gli abitanti del villaggio che dimostrano atteggiamenti violenti compresi i bambini. Fra Cristoforo, entrato nel palazzotto, viene introdotto in una stanza in cui don Rodrigo era a tavola con i suoi commensali. Durante il banchetto i commensali discutono su tre argomenti: il primo riguardava una questione cavalleresca, cioè se fosse legittimo bastonare l’ambasciatore di un nemico; il secondo riguardava la guerra combattuta per la successione al ducato di Mantova; l’ultimo riguardava la carestia. Su quest’ultima tutti erano d’accordo sull’ idea che non esistesse. Successivamente don Rodrigo invita fra Cristoforo a spostarsi in un'altra stanza.
CAPITOLO V
Il colloquio tra Fra Cristoforo e don Rodrigo da subito mostra i segni di un duello verbale anche se inizialmente il frate cerca di controllarsi, cercando di far leva sulla coscienza del nobile e richiamandolo alla giustizia e alla moralità. Il signorotto, tuttavia, si sente offeso e respinge con disprezzo ogni esortazione. Al culmine della discussione, don Rodrigo, furioso, caccia Fra Cristoforo dal palazzo. Prima di andarsene. Fra Cristoforo deluso e infuriato esce, ma nella stanza accanto viene fermato dal vecchio servo, che era stato al servizio di quella casa da molti anni. Costui comunica al frate che lo avrebbe raggiunto in convento per rivelargli quanto stavano tramando all’interno del palazzo. Fra Cristoforo vede nel vecchio servitore un filo della provvidenza. Intanto a casa di Agnese, la madre di Lucia propone l’idea del matrimonio a sorpresa ai due giovani. Lucia non è molto d’accordo ma alla fine si convince su insistenza di Renzo. Per la realizzazione del matrimonio Renzo si reca a casa di Tonio per proporgli di fare da testimone.
CAPITOLO VI
Don Rodrigo è uno dei personaggi più importanti de I promessi sposi e rappresenta i difetti della nobiltà del tempo: arroganza, violenza e mancanza di moralità. Arroganza: Don Rodrigo si crede superiore agli altri perché è nobile e ricco. Tratta le persone comuni con disprezzo e pensa di poter fare tutto ciò che vuole senza conseguenze. Ad esempio, decide di rapire Lucia senza preoccuparsi dei suoi sentimenti o della sua libertà. Violenza: Usa la violenza per ottenere ciò che desidera. Si circonda di uomini fedeli, i bravi, che eseguono i suoi ordini, anche se sono crudeli. Organizza il rapimento di Lucia e minaccia don Abbondio per impedire il matrimonio con Renzo. La sua violenza non è solo fisica, ma anche psicologica. Squallore morale: Nonostante la sua ricchezza, Don Rodrigo è un uomo senza principi. Vive solo per soddisfare i suoi desideri egoistici, senza pensare al bene degli altri. La sua mancanza di moralità lo rende un personaggio negativo e degradato.
DON RODRIGO
3) Mentre il palazzotto si erge maestoso, i paesi e le campagne sottostanti sono afflitti dalla carestia e dalla miseria. Questo contrasto evidenzia l'ingiustizia sociale dell'epoca: da un lato, i potenti che vivono nel lusso e nell'opulenza; dall'altro, il popolo che soffre la fame e l'oppressione.
2) Il palazzo è descritto come tetro e maestoso, con un aspetto che incute timore. Non è un luogo accogliente, ma piuttosto una fortezza che rappresenta la forza e la prepotenza del suo proprietario. Le sue mura spesse e le finestre piccole sembrano quasi voler tenere lontani gli estranei.
1) Il palazzotto sorge in cima a una collina, in una posizione strategica che gli permette di dominare visivamente e simbolicamente i paesi e le campagne circostanti. Questa collocazione riflette il controllo che Don Rodrigo esercita sulla popolazione locale, sia fisicamente che psicologicamente.
La piccola capitale del regno di Don Rodrigo è un'espressione usata da Alessandro Manzoni nel romanzo I promessi sposi per descrivere il palazzotto del signorotto. Questo luogo non è solo la residenza di Don Rodrigo, ma anche il simbolo del suo potere oppressivo e della sua arroganza:
IL PALAZZOTTO DI DON RODRIGO
Fra Cristoforo è il simbolo della fede e della giustizia divina. La sua strategia si basa sulla diplomazia e sulla protezione degli innocenti. In un primo momento, cerca di risolvere la situazione pacificamente, affrontando direttamente don Rodrigo per convincerlo a desistere dai suoi piani. Questo gesto è coraggioso, poiché il frate sa di avere di fronte un uomo potente e pericoloso. Tuttavia, don Rodrigo, accecato dall’orgoglio, non cede. Di fronte al fallimento della diplomazia, Fra Cristoforo passa a un piano B: organizza la fuga di Lucia e Agnese per metterle al sicuro. Questo dimostra non solo la sua saggezza pratica, ma anche la sua profonda compassione e il suo impegno nel proteggere i deboli. La sua strategia riflette l’ideale cristiano di carità e giustizia, contrapponendosi alla violenza di don Rodrigo. Fra Cristoforo ci insegna che, anche nelle situazioni più difficili, è possibile agire con coraggio e umiltà.
LA STRATEGIA DI FRA CRISTOFORO
Don Rodrigo, al contrario, incarna l’arroganza e la violenza del potere. La sua strategia si basa sulla forza bruta e sull’intimidazione. Dopo il rifiuto di Lucia, organizza un rapimento con l’aiuto dei suoi bravi, dimostrando disprezzo per la libertà e la dignità altrui. Anche quando Fra Cristoforo cerca di dissuaderlo, don Rodrigo non cambia idea, rivelando la sua ostinazione e mancanza di scrupoli.
LA STRATEGIA DI DON RODRIGO
Fra Cristoforo informa Lucia, Renzo e Agnese del fallimento della mediazione con don Rodrigo, esortandoli a confidare nella Provvidenza. Renzo, furioso, viene invitato a recarsi al convento il giorno dopo. Intanto, Renzo e Agnese convincono Lucia a tentare un "matrimonio a sorpresa", ma un mendicante sospetto entra in casa, segnalando un pericolo imminente. Nel frattempo, don Rodrigo, infuriato, organizza il rapimento di Lucia con l'aiuto del Griso, ma il vecchio servitore, insospettito, parte per avvisare Fra Cristoforo. Renzo, all'osteria, incrocia i bravi di don Rodrigo e, insospettito, cerca informazioni senza successo. Infine, di notte, Renzo e i suoi compagni si recano di nascosto a casa di don Abbondio per il matrimonio a sorpresa, mentre i bravi si preparano a rapire Lucia. Il brano mostra tensioni, speranze e minacce, con i protagonisti in bilico tra astuzia e pericolo.
CAPITOLO VII
Renzo, Lucia e Agnese organizzano un "matrimonio a sorpresa" per superare l'opposizione di don Abbondio. Il piano prevede che Tonio distragga il curato, mentre Agnese intrattiene Perpetua. Renzo e Lucia entrano di nascosto con Tonio e Gervaso, ma don Abbondio, spaventato, si chiude in camera e inizia ad urlare per chiedere aiuto. In suo aiuto interviene il sacrestano che suona le campane a martello, mandando tutto all'aria e attirando l'attenzione del paese. Nel frattempo, i bravi di don Rodrigo tentano di rapire Lucia, ma trovano la casa vuota e fuggono. Il suono delle campane sveglia il paese, creando confusione. I paesani accorrono, ma don Abbondio tace, e tra la gente si diffondono voci contrastanti. Renzo, Lucia e Agnese fuggono e incontrano un ragazzino mandato da Fra Cristoforo, che li guida al convento. Qui, il frate organizza la loro salvezza: Lucia e Agnese vanno a Monza, Renzo a Milano. La fuga, immersa in un chiaro di luna malinconico, comincia con la traversata del lago, accomopagnata da pensieri di tristezza per l'abbandono del proprio paese.
CAPITOLO VIII
2) Un altro flashback ci rivela la figura di don Rodrigo, un nobile arrogante e prepotente, abituato a fare ciò che vuole senza riguardo per gli altri. La sua ossessione per Lucia e il suo desiderio di possederla sono il motore principale della trama. Questo flashback è cruciale per comprendere le dinamiche di potere e le ingiustizie sociali dell'epoca, in cui i potenti come don Rodrigo possono agire senza rischi.
1) Attraverso un flashback, scopriamo che Lucia è una giovane donna umile e devota, cresciuta in una famiglia modesta. Sua madre, Agnese, è una figura protettiva e preoccupata per il futuro della figlia. Questo flashback serve a sottolineare la purezza e l'innocenza di Lucia, contrapponendola alla corruzione e alla malvagità di don Rodrigo.
Nel capitolo 7, Manzoni utilizza diversi flashback per raccontare la storia di Lucia Mondella e della sua famiglia, nonché per introdurre il personaggio di don Rodrigo, l'antagonista principale.
FLASHBACK CAPITOLO VII
2) Un altro flashback ci mostra come don Rodrigo, dopo aver visto Lucia, decida di impedire il matrimonio con Renzo, ordinando ai suoi bravi di intimidire don Abbondio, il parroco che dovrebbe celebrare le nozze. Questo flashback è fondamentale per comprendere l'intreccio principale della storia, ovvero il tentativo di don Rodrigo di ostacolare il matrimonio tra Renzo e Lucia.
1) Renzo, il promesso sposo di Lucia, viene presentato come un giovane onesto e laborioso, ma anche impulsivo e passionale. Attraverso un flashback, scopriamo il suo amore per Lucia e la sua determinazione a sposarla nonostante le difficoltà. Questo flashback serve a mettere in evidenza il contrasto tra la semplicità e la rettitudine di Renzo e la malvagità di don Rodrigo.
Nel capitolo 8, i flashback continuano a svolgere un ruolo importante, approfondendo ulteriormente i personaggi e le loro motivazioni:
FLASHBACK CAPITOLO VIII
Il piano di nozze nascosto ne I promessi sposi rappresenta un tentativo disperato e ingenuo di Renzo e Lucia di superare le ingiustizie sociali che impediscono il loro matrimonio. Dopo che don Abbondio, il parroco, si rifiuta di celebrare le nozze a causa delle minacce di don Rodrigo, i due giovani, sostenuti da Agnese (la madre di Lucia) e fra Cristoforo, cercano una soluzione alternativa. Agnese propone un piano basato su una interpretazione approssimativa delle regole ecclesiastiche: se Renzo e Lucia si dichiarano marito e moglie davanti a due testimoni, il matrimonio potrebbe essere considerato valido anche senza la presenza del parroco. Questo piano riflette la semplicità e la fragilità dei personaggi di umili origini, che cercano di opporsi al potere oppressivo di don Rodrigo con mezzi limitati. Tuttavia, il piano fallisce a causa dell'intervento di don Abbondio, che scopre il tentativo e lo impedisce. Questo fallimento ha conseguenze drammatiche: Renzo e Lucia sono costretti a separarsi e a fuggire per sfuggire alle minacce di don Rodrigo, mentre il conflitto si inasprisce ulteriormente.
IL PIANO PER LE NOZZE
Nei capitoli 7 e 8 de I promessi sposi, la fiducia in Dio è un tema centrale, incarnato soprattutto da Lucia e fra Cristoforo. Lucia, con una fede semplice e profonda, si affida completamente alla Provvidenza, accettando le difficoltà senza disperarsi e trovando nella preghiera la forza per superare l’angoscia. Anche quando è costretta a fuggire e separarsi da Renzo, confida nel disegno divino, dimostrando una rassegnazione fiduciosa. Fra Cristoforo, invece, rappresenta una fede matura e attiva: guida spirituale di Renzo e Lucia, li incoraggia a confidare in Dio, ricordando che la Provvidenza non abbandona mai i suoi figli. La sua fede è una forma di resistenza alle ingiustizie, dimostrando che la vera forza viene dalla grazia divina. Renzo, al contrario, fatica ad affidarsi a Dio e reagisce con rabbia e impulsività, ma attraverso fra Cristoforo inizia un percorso di crescita spirituale. In questi capitoli, Manzoni mostra come la fede possa essere un sostegno nelle prove e un invito a confidare nella volontà divina.
LA FIDUCIA IN DIO NEL MOMENTO DELL'ESILIO
Agnese, Renzo e Lucia raggiungono Monza, dove si separano: Renzo va a Milano, mentre Agnese e Lucia si recano al convento dei cappuccini. Il guardiano legge la lettera di Fra Cristoforo e indica loro che solo una monaca, Gertrude (la “Signora”), figlia di un nobile potente, può offrire protezione a Lucia. Gertrude, una figura complessa e tormentata, accetta di aiutare Lucia, ospitandola nel convento. Tuttavia, il suo comportamento è ambiguo, frutto di un passato doloroso: costretta a diventare monaca dal padre per preservare il patrimonio familiare, Gertrude ha vissuto una vita di ribellione e insoddisfazione, culminata in una relazione clandestina con Egidio e in un delitto. Nonostante il suo tormento, Gertrude sembra sinceramente intenzionata a proteggere Lucia, mentre Don Rodrigo continua a tramare nell’ombra.
CAPITOLO IX
Anche il decimo capitolo è quasi interamente dedicato alla figura di Gertrude – la futura Monaca di Monza. La giovane, dopo aver chiesto perdono al padre, viene da questi convocata e, durante la conversazione, si trova a dire un “sì” che viene interpretato come accettazione ad entrare in convento. Da questo momento il mondo intero sembra precipitare intorno ad una decisione che in realtà Gertrude non ha mai preso. Tutti in famiglia sono contenti per la sua scelta ed iniziano i festeggiamenti che coinvolgono parenti ed amici. Il padre, adesso, ha verso di lei un atteggiamento amorevole che la trattiene, ogni volta, dal dire la verità. Dopo una notte agitata, Gertrude viene portata al convento dove incontra la Badessa e le monache che dovranno votare la sua ammissione. Più tardi viene sottoposta ad un colloquio con un vicario che ha il compito di accertare la fondatezza e la solidità della sua vocazione. Gertrude, per paura del padre, mente anche a lui, dichiarando di scegliere liberamente la vita monacale. Niente, dunque, si frappone più lei e il monastero. Una volta presi i voti, Gertrude diviene maestra delle educande alle quali fa scontare la sua rabbia e la sua frustrazione. Esse la temono e spesso non comprendono i suoi improvvisi sbalzi d’umore. L’insopportabile giogo cui si è costretta, trascina Gertrude prima ad un’insana relazione con Egidio, un giovane nobile e scellerato che vive accanto al monastero, e poi alla più grave delle sue colpe: l’omicidio di una consorella che, avendo scoperto la relazione amorosa fra i due, minaccia di rivelare tutto alla Badessa.
CAPITOLO X
La Monaca di Monza, (Gertrude ne I promessi sposi), è una nobildonna costretta a farsi monaca contro la sua volontà per obbedire alle pressioni familiari. Nel convento di Monza, vive una vita infelice, segnata dalla ribellione e dalla frustrazione. Incapace di adattarsi alla rigidità della clausura, Gertrude intreccia una relazione clandestina con Egidio, un uomo di malaffare. La loro storia viene quasi scoperta quando una novizia minaccia di rivelarla, ma la giovane scompare misteriosamente, lasciando intendere che sia stata uccisa dai due amanti. Nonostante i suoi crimini, Gertrude mostra anche un lato umano, come quando aiuta Lucia, provando un sincero desiderio di sostenerla, sebbene il suo interesse sia talvolta morboso. La sua figura rappresenta il dramma delle donne obbligate a rinunciare alla libertà per rispettare le imposizioni sociali e familiari del Seicento, diventando simbolo di sofferenza e ribellione in un mondo che nega loro ogni autonomia.
MONACA DI MONZA
Il flashback nei capitoli IX e X de I promessi sposi dedicato a Gertrude, la Monaca di Monza, rappresenta un "romanzo nel romanzo" in cui Manzoni esplora con finezza psicologica la tragica vicenda della giovane. Gertrude, figlia di un nobile milanese, è costretta dal padre a entrare in convento per preservare il patrimonio familiare, senza alcuna vocazione religiosa. Il principe, mosso da orgoglio nobiliare, manipola la figlia, sfruttando la sua debolezza e il suo attaccamento ai privilegi aristocratici. Gertrude, pur avendo la possibilità di rifiutare, cede alle pressioni familiari e sociali, incapace di rinunciare al decoro e agli onori della sua classe. La sua storia è segnata da un conflitto interiore: desidera la libertà e una vita mondana, ma è vincolata dalle convenzioni aristocratiche e dalla paura di perdere il suo status. La monacazione di Gertrude si contrappone a quella di padre Cristoforo, che sceglie il chiostro per sincera vocazione e pentimento dopo un omicidio. Gertrude, invece, accetta di "regnare all'inferno" pur di non rinunciare ai privilegi, diventando vittima e complice del sistema distorto di valori aristocratici. La sua vicenda riflette la tragedia di una classe sociale prigioniera di codici d'onore malintesi, che spingono a crudeltà e prevaricazioni. Manzoni mostra compassione per l'ingiustizia subita da Gertrude, ma condanna la sua incapacità di reagire e le scelte successive che la portano a una vita di sotterfugi e delitti. La storia di Gertrude sottolinea il tema manzoniano della responsabilità morale individuale, esortando a scegliere tra "patire il torto" e "farlo", senza giustificazioni legate ai condizionamenti sociali.
FLASHBACK DELLA MONACA
La trappola tesa dal padre di Gertrude è un momento chiave nella sua storia, che segna l’inizio di una vita di costrizione e sofferenza. Approfittando della sua giovane età e della sua fragilità emotiva, il padre mette in atto una strategia manipolativa per costringerla a prendere i voti. In un momento di particolare vulnerabilità, Gertrude viene chiamata per un confronto apparentemente innocuo, ma carico di tensione. Con toni apparentemente pacati ma pieni di minacce velate, il padre le presenta la scelta di farsi monaca come un dovere familiare ineludibile. Le ricorda che un suo rifiuto comporterebbe disonore e gravi conseguenze per tutta la famiglia, instillando in lei un senso di colpa e paura. Gertrude, spaventata e confusa, cerca di opporsi, ma il padre è abile nel manipolare le sue emozioni. Le fa credere che la vita in convento non sarà così terribile e che potrà mantenere un certo status grazie alla sua nobiltà. Allo stesso tempo, però, le lascia intendere che un suo rifiuto scatenerebbe la sua ira e porterebbe a un isolamento ancora maggiore. Sentendosi intrappolata e senza alternative, Gertrude cede e accetta di prendere i voti, firmando così il suo destino. Questa scena rappresenta una vera e propria trappola psicologica, in cui il padre sfrutta la sua autorità e la fragilità della figlia per piegarla alla sua volontà. Gertrude, privata della possibilità di scegliere liberamente, diventa vittima di un sistema familiare e sociale che nega alle donne ogni autonomia, costringendole a sacrificare i propri desideri in nome di interessi superiori. La trappola del padre è il primo passo verso una vita di infelicità e ribellione, che segnerà per sempre il destino di Gertrude.
LA TRAPPOLA
LA COLPA DI GERTRUDE
La colpa di Gertrude è un elemento centrale della sua storia, che si manifesta su più livelli. Pur essendo vittima delle pressioni familiari, Gertrude è consapevole di aver accettato la vita monastica contro la sua volontà, cedendo per paura e debolezza. Questo le crea un senso di colpa interiore, poiché sa di aver tradito se stessa. La sua ribellione alla clausura, con comportamenti irriverenti e la relazione clandestina con Egidio, un uomo di malaffare, aggrava la sua colpa morale e spirituale. Questa relazione, proibita e sacrilega, la rende complice di azioni immorali. Il culmine della sua colpa è legato alla scomparsa della novizia che minaccia di rivelare la tresca, lasciando intendere il suo coinvolgimento in un omicidio. Tuttavia, Gertrude non perde del tutto la sua umanità: in momenti come l’aiuto a Lucia, mostra un desiderio di riscatto. La sua colpa, dunque, è quella di non aver resistito abbastanza alle pressioni e di aver cercato ribellione in modo distruttivo, pagando un prezzo altissimo.