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Pirandello e il Dramma delle Maschere Prigionieri dell’Apparenza
Pasqualina Perrino
Created on March 6, 2025
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Pirandello e il Dramma delle Maschere Prigionieri dell’Apparenza
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Presentazione del'opera
"Uno, nessuno e centomila" è l’ultimo romanzo di Luigi Pirandello, pubblicato nel 1926 dopo una lunga e complessa elaborazione. Quest’opera rappresenta una chiave fondamentale per comprendere il pensiero dell’autore riguardo all’identità e alla percezione della realtà. La vicenda ruota attorno al protagonista, Vitangelo Moscarda, un uomo che conduce un’esistenza tranquilla e ordinaria fino a quando un’osservazione apparentemente banale della moglie cambia per sempre la sua visione del mondo. La donna gli fa notare che il suo naso pende leggermente da un lato, un dettaglio a cui lui non aveva mai prestato attenzione. Questo semplice commento scatena in lui un vortice di pensieri e dubbi: si accorge improvvisamente che l’immagine che gli altri hanno di lui è diversa da quella che lui ha sempre avuto di sé stesso. Da questo momento inizia per Vitangelo un vero e proprio viaggio interiore, in cui realizza di non essere "uno", ma "centomila", perché ciascuna persona che lo incontra costruisce una propria idea su di lui. E, paradossalmente, si rende conto di essere anche "nessuno", perché non esiste una versione autentica e definitiva del suo essere. Questa rivelazione lo porta a un progressivo annullamento della propria identità: si libera dalle convenzioni sociali, si spoglia di ogni certezza e arriva infine alla follia, accettando la dissoluzione del suo io. Attraverso questa storia, Pirandello esplora in profondità il tema dell’identità come costruzione mutevole e relativa, smascherando l’illusione che esista un "sé" stabile e coerente. Il romanzo rappresenta così una riflessione lucida e inquietante sulla natura frammentata dell’individuo e sulla difficoltà di trovare un senso autentico in un mondo fatto di infinite percezioni.
Protagonista
Vitangelo Moscarda è un personaggio profondamente complesso e tormentato, il cui percorso interiore si sviluppa attraverso un lento e inesorabile processo di disgregazione e riscoperta di sé. La sua storia ha inizio in modo apparentemente ordinario, ma ben presto si trasforma in un viaggio tormentato alla ricerca della propria identità. Tutto comincia con un’osservazione casuale: la moglie gli fa notare che il suo naso pende leggermente da un lato. Questo dettaglio insignificante scatena in lui una crisi profonda, perché gli fa capire che l’immagine che gli altri hanno di lui è diversa da quella che egli ha sempre avuto di sé stesso. Da quel momento, Vitangelo si rende conto di non essere un’unica persona, ma di esistere in infinite versioni, tante quante sono le persone che lo osservano e lo giudicano. Questa rivelazione lo destabilizza, facendolo sprofondare in un abisso di alienazione e smarrimento.La sua reazione a questa scoperta è estrema: non accetta di essere prigioniero delle immagini che gli altri hanno costruito su di lui e decide di distruggere ogni maschera, ogni ruolo impostogli dalla società. La sua diventa una vera e propria ossessione per l’autenticità, un disperato tentativo di liberarsi dalle etichette e dalle aspettative altrui. Tuttavia, questa lotta lo porta progressivamente a un isolamento sempre più profondo. Gli altri non riescono a comprenderlo e lo vedono come un uomo strano, squilibrato, persino pericoloso.Nel tentativo di scardinare le convenzioni sociali, Vitangelo compie azioni che agli occhi degli altri risultano assurde e incomprensibili. Un esempio emblematico è la decisione di donare tutti i suoi beni ai bisognosi, un gesto che lo porta ad essere giudicato folle e infine emarginato dalla società. Questo suo rifiuto delle regole imposte dal mondo lo conduce alla solitudine più totale, ma allo stesso tempo gli permette di raggiungere una nuova consapevolezza. Alla fine del romanzo, Vitangelo abbraccia una concezione completamente nuova dell’esistenza. Accetta di non avere un’identità fissa, di non essere più “uno” ma nemmeno “centomila”. Si lascia andare al flusso della vita, rinunciando all’idea stessa di un io definito e stabile. È una sorta di annientamento dell’individualità, ma anche una liberazione assoluta: non essendo più imprigionato in una forma, può finalmente sentirsi parte dell’universo, in un’esistenza fluida e senza confini. Vitangelo Moscarda diventa così il simbolo della poetica pirandelliana, rappresentando il relativismo dell’identità e l’impossibilità di conoscersi davvero. Il suo percorso lo porta dalla crisi devastante alla dissoluzione totale dell’io, rendendolo un personaggio unico e indimenticabile nella letteratura italiana.
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CITAZIONE
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CITAZIONE
Luigi Pirandello, in Uno, nessuno e centomila, adotta uno stile narrativo che riflette perfettamente i temi dell’opera, basati sulla crisi d’identità e sulla relatività della percezione individuale. Il romanzo è scritto in prima persona, con un tono intimo e riflessivo, che trascina il lettore nel vortice delle elucubrazioni del protagonista, Vitangelo Moscarda. La prosa è spesso frammentata e circolare, con un uso abbondante di digressioni e interrogativi retorici, elementi che sottolineano l’inquietudine esistenziale del personaggio. Pirandello utilizza anche un linguaggio semplice ma incisivo, arricchito da paradossi e ironia, per mettere in discussione la stabilità dell’io e l’illusorietà delle certezze umane. Questo stile, tra il filosofico e il narrativo, contribuisce a creare un’atmosfera straniante che accompagna il lettore nella dissoluzione dell’identità del protagonista.
STILE
Buono studio
Questa frase incarna perfettamente il tono riflessivo e frammentato del romanzo, con il protagonista che analizza se stesso dall'esterno, in un gioco di sdoppiamento tipico della poetica pirandelliana. L'uso della ripetizione ("mi vedevo") e l’alternanza di emozioni contrastanti (pietà e nausea) evidenziano la crisi identitaria e la perdita di un centro stabile del sé, temi centrali dell’opera.
"Mi vedevo vivere. Mi vedevo dall’esterno, come un altro. E ridevo di me stesso, con un senso di pietà e di nausea."
Questa frase, che appare all'inizio del romanzo, esprime in maniera chiara e diretta il conflitto interiore del protagonista. La sua presa di coscienza del fatto che la sua identità è instabile e frammentata, sospesa tra il "uno" che egli crede di essere e il "centomila" che gli altri vedono in lui, è un momento cruciale nella storia. Moscarda si rende conto che la sua percezione di sé non è solo mutata, ma è completamente incoerente con quella degli altri, riflettendo il tema pirandelliano della relatività dell’identità.
"Mi sono accorto che non so più chi sono."