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PROMESSI SPOSI
Sofia Pietrocarlo
Created on March 1, 2025
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Transcript
CAPITOLO 33
PROMESSI SPOSI
Don Rodrigo ed il Griso
Nel capitolo 33 dei Promessi Sposi la narrazione si concentra sulla diffusione della peste a Milano, che segna un momento cruciale nella vicenda. Questo capitolo segue gli eventi drammatici legati al male che si abbatte sulla città, accentuando le difficoltà e le sofferenze del popolo. Il capitolo inizia con una descrizione della peste che devasta Milano, una calamità che porta con sé morte, panico e disperazione. Fra Cristoforo, che nel frattempo ha avuto un ruolo importante nella lotta contro le ingiustizie, continua a cercare di aiutare i più bisognosi, ma la situazione si fa sempre più difficile. La storia di Don Rodrigo prosegue, e il narratore ci mostra come la peste colpisce anche lui. Il personaggio di Don Rodrigo è ormai in balia della malattia e della sofferenza, e la sua vita sta per giungere a una conclusione tragica. Il Griso, uno dei più fedeli e crudeli servitori di Don Rodrigo, vive una sorte altrettanto infelice. Durante la peste, il Griso si trova a confrontarsi con il proprio destino. Alla fine del capitolo, il Griso muore di peste, un evento che simboleggia la fine della sua esistenza e la punizione per le sue malefatte. Il suo decesso segna un momento di giustizia morale, dove il male che ha compiuto viene finalmente punito dalla mano della natura, rappresentata dalla peste. In sintesi, il capitolo 33 unisce il tema della giustizia divina, la descrizione della peste come una forza distruttrice, e la fine di alcuni dei personaggi che incarnano il male, come Don Rodrigo e il Griso, in un intreccio di eventi tragici e risolutivi.
La peste di Don Rodrigo
Il tradimento del Griso
Il sogno di Don Rodrigo
La miserabile fine del Griso
CAPITOLO 33
PROMESSI SPOSI
TEMPO
Trama
Renzo, sempre rifugiato nel bergamasco, guarisce dalla peste e decide di andare a Milano per cercare Lucia. Il giovane torna al suo paese dove incontra Tonio, la cui mente è sconvolta dalla malattia, e da Don Abbondio, che lo informa della morte di Perpetua. La casa di Renzo è ormai in abbandono, come la sua vigna, così lui chiede ospitalità a un suo vecchio amico di infanzia. Renzo parte alla volta di Milano.
LUOGO
PERSONAGGI
CAPITOLO 33
Il ritorno di Renzo
PROMESSI SPOSI
L'incontro con Tonio
Alessandro Manzoni riporta l'attenzione su Renzo, che, dopo essere stata lontano dal suo paese per diversi mesi, decide di ritornare per avere notizie di Lucia, nonostante la peste stia devastando Milano. Dopo aver attraversato territori colpiti dall'epidemia, giunge al suo paese natale, dove scopre che molti abitanti sono morti, tra cui perpetua, la serva di Don Abbondio. Quest'ultimo, sopravvissuto alla peste, informa Renzo che Lucia si trova a Milano presso Don ferrante e donna Prassede, mentre sua madre Agnese è ospite di parenti a Pasturo.
L'incontro con don Abbondio
Il rifugio da un amico
La partenza per Milano
LAVORO DI SOFIA PIETROCARLO & LUDOVICA MERLUZZI
Renzo;Bortolo; Tonio; Don Abbondio; L'amico di Renzo.
I PRIMI SINTOMI
Don Rodrigo torna a casa dopo una serata passata con alcuni dei pochi amici ancora in vita e manifesta subito segni di stanchezza e difficoltà a respirare. Una volta a casa ordina al Griso di fare luce per andare in camera, facendo sì che questi si accorga immediatamente delle sue condizioni e spaventandolo. Il Griso capisce subito che il padrone ha contratto la peste e cerca di stargli lontano, nonostante Don Rodrigo cerchi di rassicurarlo incolpando il vino. PAROLE DI MANZONI "Camminando però, sentiva un mal essere, un abbattimento, una fiacchezza di gambe, una gravezza di respiro, un'arsione interna, che avrebbe voluto attribuir solamente al vino, alla veglia, alla stagione"
LA MORTE DEL GRISO
Pochi giorni dopo anche il Griso si ammala di peste, poiché inavvertitamente ha toccato i panni di Don Rodrigo durante il saccheggio (per cercare denaro). L'uomo improvvisamente presenta i segni della peste in una bettola e viene immediatamente portato su un carro dai monatti, su cui muore ancora prima di giungere al lazzaretto (solo e condannato a una morte vergognosa). PAROLE DI MANZONI "Aveva bensì avuto cura di non toccar mai i monatti, di non lasciarsi toccar da loro; ma, in quell'ultima furia del frugare, aveva poi presi, vicino al letto, i panni del padrone, e gli aveva scossi, senza pensare ad altro, per veder se ci fosse danaro. C'ebbe però a pensare il giorno dopo, che, mentre stava gozzovigliando in una bettola, gli vennero a un tratto de' brividi, gli s'abbagliaron gli occhi, gli mancaron le forze, e cascò".
La partenza per Milano
Il giorno successivo, di buon mattino, il giovane si mette in cammino diretto a Milano, per cercar prima Lucia e poi portare sue notizie ad Agnese, che si trova a Pasturo. Passa per Monza e verso sera, non distante da Milano, trascorre la notte in un fienile; la mattina, dopo poco cammino, si trova sotto le mura di Milano, fra porta Orientale e porta Nuova.
Il rifugio da un amico
Nell'elenco fatto da don Abbondio c'era una famiglia di contadini morti tutti di peste, tranne un giovane della sua età: la casa era fuori dal paese e Renzo pensò di dirigersi lì. Mentre andava, passò davanti alla sua vigna: tutto era strappato o tagliato; i segni dell'antica coltivazione erano soffocati da erbacce di tutti i generi, e c'era una confusione di foglie, di fiori, di frutti. Dovunque i rovi impedivano il passaggio. Renzo, camminando tra le erbacce, andò verso la sua casa. Appena entrato sentì i topi scappare, vide tutte le pareti scrostate con ragnatele ovunque, e se ne andò verso la casa dove aveva pensato di fermarsi. Lo trova solo, malinconicamente assorto nei suoi pensieri. A prima vista, l'amico lo scambia per il becchino che sovente va a chiedergli aiuto per seppellire i cadaveri; quando riconosce Renzo, lo accoglie festosamente e gli prepara la cena con una buona polenta. Ritrovandosi dopo circa due anni, i due giovani si raccontano le proprie avventure. Renzo viene cosi informato della partenza di don Rodrigo, delle sventure di Lucia e del casato di don Ferrante.
L'incontro con Tonio
Dopo una giornata di cammino, in serata Renzo arriva al paese, sentì una stretta al cuore e fu assalito da una folla di ricordi e presentimenti dolorosi. La prima persona che incontra è Tonio, talmente diverso da quello di un tempo che Renzo lo scambia in un primo momento per Gervaso: la peste, infatti, lo ha reso insensato. La reazione del giovane è di profonda tristezza dinanzi all'amico irriconoscibile e chiuso nel ritornello insensato delle sue parole.
IL DIALOGO
l dialogo tra Don Rodrigo e il Griso in realtà non vuole chiarire nulla, assume semplicemente la funzione di una conferma, la conversazione è del tutto rituale e soltanto alla fine Don Rodrigo impone l'ordine al Griso di andare a chiamare il "Chiodo chirurgo" un medico che, se ben pagato, cura i malati di peste senza denunciarli al Tribunale della Sanitá.
La vigna di Renzo
Renzo è tornato al paese per avere notizie di Lucia: la sua casa porta le tracce del passaggio della devastazione operata dai lanzichenecchi ; la vigna è in parte distrutta e in parte invasa da una vegetazione selvatica.Manzoni indugia a descrivere l'intrico di erbe di ogni genere ed elenca diligentemente i nomi delle piante selvatiche, evidenziandole l'incredibile competenza botanica. Lo stato di abbandono della vigna richiama quello della società colpita dai flagelli della carestia, della guerra e della peste. L'analogia con una società abbandonata a se stessa si sviluppa più chiaramente nella seconda parte della descrizione. Vengono infatti riferiti al campo vegetale termini tipici di un mondo umano disordinato: marmaglia, superarsi, passarsi avanti ... Tuttavia, Renzo non sembra dedicare molta attenzione alle sue proprietà, teso com'è al suo obiettivo principale ovvero la ricerca di Lucia.
Flashback: dall'autunno 1629 all'estate 1630
La partenza per Milano
Il giorno successivo, di buon mattino, il giovane si mette in cammino diretto a Milano, per cercar prima Lucia e poi portare sue notizie ad Agnese, che si trova a Pasturo. Passa per Monza e verso sera, non distante da Milano, trascorre la notte in un fienile; la mattina, dopo poco cammino, si trova sotto le mura di Milano, fra porta Orientale e porta Nuova.
Milano: è lo scenario del secondo viaggio di Renzo quando la città è sconvolta dalla peste del 1630.Bergamo: è qui che Renzo si rifugia durante la sua latitanza da novembre 1628 fino all'estate 1630. Il paese di Renzo e Lucia: il nome non viene mai citato da Manzoni, ma sappiamo che si trova nei pressi di Lecco e che si tratta di una piccola comunità contadina e la casa di Renzo si trova al centro del paese.
L'incontro con don Abbondio
Da lontano, poi, vede avanzare una macchia scura, che riconosce per don Abbondio. Anche lui è stato visitato dalla peste: è pallido e la tonaca gli va larga; oltretutto, ha perso il sostegno di Perpetua, morta per il contagio; nel carattere, però, è sempre lo stesso. Neppure la peste ha avuto il potere di scardinare il suo sistema di vita, la sua incessante ricerca della tranquillità. Il curato è rimasto sempre lo stesso: egoista, preoccupato del proprio interesse, senza sensibilità per la sorte altrui. Alle domande incalzanti di Renzo, che vuol avere notizie di Lucia, di Agnese e di fra Cristoforo, risponde infatti sbrigativamente, impaziente com'è di chiedere a sua volta perché mai Renzo si sia ripresentato lì, a turbare la sua quiete. Poiché Renzo non gli assicura di tornarsene presto nel bergamasco, come egli spera, il curato se ne va borbottando il suo malcontento. Questo personaggio non ha subito alcuna evoluzione psicologica: egli è mutato solo fisicamente, ma il suo modo di sentire è quello di un tempo, diviso tra terrori apocalittici e sogni di quiete.
L'INCUBO DI DON RODRIGO
Dopo aver congedato il Griso Don Rodrigo cerca di dormire ma non ci riesce, si sveglia continuamente e aumenta in lui l'angoscia della malattia, infatti nonostante cerchi di allontanare l'idea della peste incolpando i suoi stravizi, questa si impossessa di lui. Finalmente si addormenta ma é continuamente tormentato da incubi e sogni caotici tra cui ne spicca uno in particolare: sogna di essere in una grande chiesa piena di persone distrutte dalla peste (descritti da Manzoni in modo molto macabro con << visi gialli, distrutti [...] con le labbra spenzolate>>). Nell'incubo Don Rodrigo viene circondato dai malati, i quali lo toccano da tutte le parti, spaventandolo e facendolo infuriare (tanto da voler afferrare invano la spada). Ad un certo punto la folla di malati si gira verso una figura lucente dalla lunga barba bianca, compare così Fra Cristoforo, nell'atto di alzare la mano (collegamenti con la premonizione del capitolo VI).Don Rodrigo si sveglia di soprassalto dall'incubo e sente immediatamente un forte dolore, scoprendo infine un bubbone violaceo sul fianco. In preda al terrore, inizia a perdere la testa e chiama il Griso. PAROLE DI MANZONI "E d'uno in un altro, gli parve di trovarsi in una gran chiesa, in su, in su, in mezzo a una folla; di trovarcisi, ché non sapeva come ci fosse andato, come gliene fosse venuto il pensiero, in quel tempo specialmente; e n'era arrabbiato. Guardava i circostanti; eran tutti visi gialli, distrutti, con cert'occhi incantati, abbacinati, con le labbra spenzolate; tutta gente con certi vestiti che cascavano a pezzi; e da' rotti si vedevano macchie e bubboni".
L'incontro con Don Abbondio
Da lontano, poi, vede avanzare una macchia scura, che riconosce per don Abbondio. Anche lui è stato visitato dalla peste: è pallido e la tonaca gli va larga; oltretutto, ha perso il sostegno di Perpetua, morta per il contagio; nel carattere, però, è sempre lo stesso. Neppure la peste ha avuto il potere di scardinare il suo sistema di vita, la sua incessante ricerca della tranquillità. Il curato è rimasto sempre lo stesso: egoista, preoccupato del proprio interesse, senza sensibilità per la sorte altrui. Alle domande incalzanti di Renzo, che vuol avere notizie di Lucia, di Agnese e di fra Cristoforo, risponde infatti sbrigativamente, impaziente com'è di chiedere a sua volta perché mai Renzo si sia ripresentato lì, a turbare la sua quiete. Poiché Renzo non gli assicura di tornarsene presto nel bergamasco, come egli spera, il curato se ne va borbottando il suo malcontento. Questo personaggio non ha subito alcuna evoluzione psicologica: egli è mutato solo fisicamente, ma il suo modo di sentire è quello di un tempo, diviso tra terrori apocalittici e sogni di quiete.
Il rifugio da un suo amico
Nell'elenco fatto da don Abbondio c'era una famiglia di contadini morti tutti di peste, tranne un giovane della sua età: la casa era fuori del paese e Renzo penso di dirigersi lì. Mentre andava, passò davanti alla sua vigna: tutto era strappato o tagliato; i segni dell'antica coltivazione erano soffocati da erbacce di tutti i generi, e c'era una confusione di foglie, di fiori, di frutti. Dovunque i rovi impedivano il passaggio. Renzo, camminando tra le erbacce, andò verso la sua casa. Appena entrato senti i topi scappare, vide tutte le pareti scrostate con ragnatele ovunque, e se ne andò verso la casa dove aveva pensato di fermarsi. Lo trova solo, malinconicamente assorto nei suoi pensieri. A prima vista, l'amico lo scambia per il becchino che sovente va a chiedergli aiuto per seppellire i cadaveri; quando riconosce Renzo, lo accoglie festosamente e gli prepara la cena con una buona polenta. Ritrovandosi dopo circa due anni, i due giovani si raccontano le proprie avventure. Renzo viene cosi informato della partenza di don Rodrigo, delle sventure di Lucia e del casato di don Ferrante.
Il ritorno di Renzo
Abbandonato don Rodrigo al suo destino, l'autore riporta in scena Renzo che, sotto il falso nome di Antonio Rivolta, avevamo lasciato in un filatoio del bergamasco. Qui si era fermato per alcuni mesi, finché, guastatisi definitivamente i rapporti fra Venezia e la Spagna, Bortolo era stato ben felice di riprenderlo con sé: Renzo era infatti un abile operaio tessile e, d'altro canto, essendo analfabeta, non poteva scalzare il cugino dal suo posto di factotum. Dopo aver ricevuto la lettera di Agnese, Renzo aveva talvolta accarezzato l'idea di farsi soldato nell'esercito di Venezia, immaginando di ritornare nel milanese a seguito di un'invasione militare; Bortolo, però, era sempre riuscito a trattenerlo. La peste, entrata dal territorio di Milano in quello di Bergamo, aveva poi colpito Renzo che, grazie alla sua costituzione robusta, l'aveva scampata. Appena guarito, decide di partire per il suo paese in cerca di notizie di Lucia: ritiene infatti che il grande subbuglio causato dalla peste abbia distratto le autorità dal perseguire i presunti responsabili dei tumulti di san Martino. Salutato dunque Bortolo e messi nella cintura i cinquanta seudi ricevuti a suo tempo da Agnese, Renzo si incammina verso il suo paese, dove spera di trovare la madre di Lucia.
L'incontro con Tonio
Dopo una giornata di cammino, in serata Renzo arriva al paese, sentì una stretta al cuore e fu assalito da una folla di ricordi e presentimenti dolorosi. La prima persona che incontra è Tonio, talmente diverso da quello di un tempo che Renzo lo scambia in un primo momento per Gervaso: la peste, infatti, lo ha reso insensato.La reazione del giovane è di profonda tristezza dinanzi all'amico irriconoscibile e chiuso nel ritornello insensato delle sue parole
IL GRISO E I MONATTI
Mentre Don Rodrigo attende il ritorno del Griso insieme al Chiodo, sente rumori che non preannunciano nulla di buono. Si presentano davanti a lui due monatti accompagnati dal Griso (il quale rimane però nascosto dietro la porta): Don Rodrigo accusa immediatamente il Griso di essere un traditore e cerca di chiamare alcuni dei suoi bravi più fidati, dei quali nessuno accorre perché allontanati dal Griso stesso con finti compiti. Don Rodrigo è intrappolato dai monatti che, nonostante le resistenze, riescono a tenerlo fermo sul letto intanto che lo saccheggiano di tutte le sue ricchezze; anche il Griso inizia a scassinare la serratura dello scrigno di Don Rodrigo per derubarlo, mentre quest'ultimo gli urla contro. Nonostante i tentativi di liberarsi, Don Rodrigo cade infine sfinito e viene portato via dai monatti, mentre il Griso continua a fare bottino.
Il ritorno di Renzo
Abbandonato don Rodrigo al suo destino, l'autore riporta in scena Renzo che, sotto il falso nome di Antonio Rivolta, avevamo lasciato in un filatoio del bergamasco. Qui si era fermato per alcuni mesi, finché, guastatisi definitivamente i rapporti fra Venezia e la Spagna, Bortolo era stato ben felice di riprenderlo con sé: Renzo era infatti un abile operaio tessile e, d'altro canto, essendo analfabeta, non poteva scalzare il cugino dal suo posto di factotum. Dopo aver ricevuto la lettera di Agnese, Renzo aveva talvolta accarezzato l'idea di farsi soldato nell'esercito di Venezia, immaginando di ritornare nel milanese a seguito di un'invasione militare; Bortolo, però, era sempre riuscito a trattenerlo. La peste, entrata dal territorio di Milano in quello di Bergamo, aveva poi colpito Renzo che, grazie alla sua costituzione robusta, l'aveva scampata. Appena guarito, decide di partire per il suo paese in cerca di notizie di Lucia: ritiene infatti che il grande subbuglio causato dalla peste abbia distratto le autorità dal perseguire i presunti responsabili dei tumulti di san Martino. Salutato dunque Bortolo e messi nella cintura i cinquanta seudi ricevuti a suo tempo da Agnese, Renzo si incammina verso il suo paese, dove spera di trovare la madre di Lucia.