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Per l'Invalido
Mae Rossini
Created on February 22, 2025
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Transcript
Per l'Invalido
Lisia
Ciceri AlessandroMalighetti SilviaPaggi Nicolo' Rossini Mae
Fallacie argomentative
Esempi di fallacia
Nell’orazione compaiono diversi procedimenti di tipo diversivo, basati su fallacie: viene messa in dubbio la credibilità dell’avversario, il caso viene ricondotto a comportamenti generali e diffusi, i giudici vengono distratti con l’inserimento di elementi non pertinenti, ma utili a far sì che essi simpatizzino con l’accusato. La logica dei fatti è sostituita dalla logica dell’εικός (“ragionevole”, “probabile”), in modo da generare diffidenza, dubbio, incredulità. Si tratta di una tecnica studiata da Lisia, il quale ha la finalità pragmatica di vincere la causa.
L'etopea lisiana
L’ἠθοποία è un elemento caratterizzante dell’oratoria lisiana: il logografo costruisce una personalità del cliente, coerente per tutto il discorso, simulando caratteristiche psicologiche incompatibili con le azioni imputate e perciò utili alla confutazione delle accuse. La descrizione del carattere e delle qualità morali del cliente favoriscono il successo della causa generando l’empatia della giuria, non solo ispirando rispettabilità e credibilità. Un'etopea ben costruita rende il discorso del cliente più persuasivo.
L'Invalido:
Mite
Disgraziato
Buon cittadino
L'iter giudiziario ad Atene
Le azioni legali erano sia pubbliche-"γραφαί”- sia private-"δῖκαι", le quali nascevano solo dalla parte lesa poiché in Attica non esisteva il pubblico ministero. Qualsiasi cittadino poteva avviare una causa che sosteneva in prima persona. La durata del processo attico era di un solo giorno, si formava dalla lettura delle leggi-presentate dagli imputati stessi- delle testimonianze e dai discorsi delle due parti. I giudici, non conoscendo le leggi, ascoltavano le parti e successivamente facevano una votazione privata a caldo.
Docimasia
Assemblee
La docimasia
Ne 'La Costituzione degli Ateniesi', Aristotele descrive l'ordinario svolgimento di un processo di docimasia per la carica di arconte.
- La giuria controlla che il candidato soddisfi i requisiti minimi
- Vengono udite le testimonianze proposte a favore del candidato
- Vengono accolte eventuali accuse avanzate dal pubblico alle quali il candidato risponde con un discorso di difesa (altrimenti si passa direttamente alla votazione per scrutinio)
- Il Consiglio dei Cinquecento vota per alzata di mano, il tribunale per scrutinio
- Una volta approvata la candidatura, il candidato si deve recare ad una pietra e compiere il giuramento, che viene poi ripetuto nell'acropoli.
La docimasia era un’indagine volta ad accertare se una persona possedesse i requisiti legali e morali necessari per venir registrata tra i cittadini, tra i cavalieri, tra gli invalidi, tra i magistrati o gli oratori con diritto di parola in assemblea.l’obiettivo era escludere dalla tribuna pubblica coloro che ne erano indegni (ad esempio per turpitudini sessuali, per mancato pagamento di ammende, per maltrattamento dei genitori, per dissipazione del patrimonio). ATTENZIONE! la docimasia era un'esame di legittimità, non di merito. Per questo motivo in alcuni casi essa poteva essere anche usata come mezzo di censura politica.
assemblee ateniesi
Bulè– “dokimasia”, verifica richieste di assistenza, verifica liste dei neo-cittadini, accertamento delle capacità dei cavalieri di assolvere i propri doveri, verifica dei conti e dei requisiti dei funzionari pubblici. Ecclesia– "eisangelia” e giurisdizione politica Arconti,dieteti,quaranta,undici–cause civili Areopago– cause penali, si occupava di omicidi e tentati omicidi Delfinio- omicidi legittimi e giustificabili. Palladio- omicidi ai danni di metedi,stranieri, schiavi o omicidio involontario-colposo. Freatto- omicidio avvenuti dopo un altro omicidio che aveva causato l’esilio.
Disgraziato
[2] Καίτοι όστις τούτοις φθονεί οὓς οἱ ἄλλοι ἐλεοῦσι...[2]” Ebbene, chi invidia coloro che gli altri compatiscono...”
Mite
[16] εἶναι καὶ οἷς οὐ προσήκει. οὐ γὰρ ὑβρίζειν εἰκός, … οὐδὲ τοὺς ἀδυνάτους τοῖς σώμασιν ὄντας, ἀλλὰ τοὺς μάλιστα πιστεύοντας ταῖς αὑτῶν ῥώμαις· “Ma io, signori della corte, credo sia necessario che voi distinguiate chiaramente a quali tra gli uomini è possibile [16] essere tracotanti e a quali non si addice. Infatti non (è) verosimile che siano tracotanti … né quelli che sono invalidi fisicamente, ma coloro che confidano particolarmente nelle proprie forze”.[25] … ἀλλ' ὅτι λίαν ὑβριστὴς καὶ βίαιος; ἀλλ' οὐδ' ἂν αὐτὸς φήσειεν, εἰ μὴ βούλοιτο καὶ τοῦτο ψεύδεσθαι τοῖς ἄλλοις ὁμοίως. “… Ma (forse) perché (sono) troppo tracotante e violento? Ma neppure lui stesso lo potrebbe dire, a meno che non volesse anche in questo mentire analogamente al resto”.
1) Ad hominem: ci si allontana dall’argomento centrale contestando l’interlocutore invece dell’argomentazione.
Paragrafo I: "διά γάρ ουδέν άλλο μοι δοκεϊ παρασκεύασα ι τόνδε μοι τόν κίνδυνον ούτος ή διά φθόνον." “Infatti per la sua malvagità io non ho mai avuto rapporti con lui né come amico né come nemico.” Nei confronti dell’avversario viene attuata una denigrazione (διαβολή) per renderlo scarsamente credibile. Nell’orazione l’imputato non pronuncia mai il nome dell’uomo che lo accusa, ma utilizza termini come “l’accusatore” (ό κατήγορος) o il pronome τοιούτος nell’accezione dispregiativa di “una persona del genere”: obiettivo è descriverlo agli occhi dei giudici come un calunniatore, un falso, un arrogante.
2) Appello alla maggioranza: stabilire che un’affermazione è vera solo perché molti credono che lo sia.
Paragrafo X: "Eἰκὸς γάρ, ὦ βουλή, πάντας τοὺς ἔχοντάς τι δυστύχημα τοῦτο ζητεῖν καὶ τοῦτο φιλοσοφεῖν, ὅπως ὡς ἀλυπότατα μεταχειριοῦνται τὸ συμβεβηκὸς πάθος." "È naturale, infatti, membri del consiglio, che tutti coloro che hanno qualche menomazione, questo cerchino e a questo si ingegnino, come trattare la disgrazia che è loro capitata nel modo meno doloroso possibile."
L'invalido cerca di difendersi dall'accusa di andare a cavallo (addotta per dimostrare che non è indigente e non è invalido), ma non presenta vere e proprie prove o testimonianze. Risponde che utilizza il cavallo per fini pratici, per necessità e non per arroganza.
Buon cittadino e di nobile morale
[3] ἤδη τοίνυν, ὦ βουλή, δῆλός ἐστι φθονῶν, ὅτι τοιαύτῃ κεχρημένος συμφορᾷ τούτου βελτίων εἰμὶ πολίτης. “A questo punto dunque, signori della corte, è chiaro che mi invidia, perché, pur trovandomi in tale disgrazia, sono cittadino migliore di lui”. καὶ γὰρ οἶμαι δεῖν, ὦ βουλή, τὰ τοῦ σώματος δυστυχήματα τοῖς τῆς ψυχῆς ἐπιτηδεύμασιν ἰᾶσθαι, εἰκότως. “E infatti credo sia necessario, signori della corte, curare le manchevolezze del corpo con le occupazioni dell'animo, naturalmente”.