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Eva Fischer e i quadri sulla Shoah

FRANCESCA OLIVIERI

Created on November 27, 2024

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Transcript

Eva Ficher

E la narrazione visiva della Shoah
Arte

inzia l'esplorazone

Sono nata a Daruvar in Jugoslavia il 19 novembre 1920. Vivo in Italia dal 1941 e dal 1946 a Roma. Ho sempre e solo fatto la pittrice. D'altra parte non saprei fare alcun mestiere. E′ già duro quello che mi sono scelta in assoluta libertà e coscienza: sentimenti - questi - meravigliosamente aspri e talvolta amari lungo la strada di vivere. Dicono che la mia personalità pittorica non somigli a quella di nessuno. Accetto con sicura modestia questa definizione. Ma se altri trovassero nei miei quadri colori e modi non miei ne sarei ugualmente lieta poiché in questo mondo nessuno è figlio di nessuno.Importante non è partecipare: importante è credere nel proprio lavoro. Ho girato il mondo in tempi difficili e astrusi coi miei quadri sotto il braccio per mostrarli a chi dicevo io. Fui confortata e incoraggiata. Tornai sempre a Roma città droga per la mia sete artistica. Esposi i primi anni lungo via Margutta e i miei amici e colleghi erano Mafai e Guttuso, Cagli e Amerigo Tot, Luigi Bartolini e Maccari e potrei continuare fino ad Arnoldo Ciarrocchi ed Emilio Greco. Non voglio scordare di dire che la bohème ha un valore quando la puoi raccontare o quando t′accorgi d′averla vissuta senza saperlo. Comunque non è necessaria per un artista: credetemi la creatività è forse meno impulsiva ma certamente vieppiù approfondita quando s′è mangiato almeno il primo piatto. La mia prima "personale" avvenne a Roma, nel '47, alla Galleria La Finestra. Vivevo allora in via del Babuino. Ecco perché questa strada romana mi è rimasta nel cuore. Strada magra, affamata, sognatrice, illusa e delusa da ombre di amici che mi ritornano tutte, e tutte metto in Paradiso, anche chi correva perfettamente lungo l′autostrada per l'inferno. Da allora tempo e luoghi sono cambiati. Oggi si viaggia in jumbo jet ma in quel tempo certe strade dovevi fartele a piedi e, al massimo, in terza classe per andare a parlare di pittura con chi ne sapeva più di te. Mi diplomai - poco più che bambina - all'Accademia di Belle Arti di Lione. C’è ancora lo stesso muro di cinta ma intorno il Tempo l′ha fatta da padrone come è nella logica del suo defluire”

ho sempre e solo fatto la pittrice...

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Fischer nel panorama artistico italiano

Dal 1946 Ficher ha realizzato la serie dei dipinti dedicati alla Shoah: l’artista, testimone di quegli anni di buio assoluto della Storia, dipinse in silenzio il suo dolore, il suo diario personale sulla tragedia vissuta. Questi dipinti vennero tenuti nascosti fino al 1989: il marito e il figlio furono i primi a vederli. Fischer rappresenta la sua storia e i suoi ricordi per trasmettere quanto accaduto e per non dimenticarlo. In questi dipinti, “chi non è tornato ha lasciato ai vivi l’eredità di ricordarli frugando nel tempo nei labirinti della memoria tra frammenti di buio e sprazzi di colore strade notturne senza inizio senza fine in un sentimento di partecipazione al dolore di tutti i tempi”, scrive l’artista. Pittrice della memoria, nonostante la sofferenza vissuta in un campo di internamento, nelle sue opere esprime valori universali di coesione sociale e di pace. Nei suoi dipinti vivono figure piene di speranza in un mondo migliore e oggetti che raccontano la sua vita come fossero esseri senzienti. Negli ultimi lavori, colori gioiosi danno ottimismo, speranza e gioia di vivere, e il tocco del pennello sulla tela diventa simile a un passo di danza. Alessio Onnis

La pittrice ha mantenuto segrete le sue opere sulla Shoah fino al 1989. Le principali mostre sono state presso: Museo di Belle Arti di Osaka, Museo Yad Vashem di Gerusalemme, Museo di Atene, Lefevre Gallery di Londra, Museo di Amsterdam e Fondazione della Cultura Ungherese di Budapest. Recentemente sono state diverse le mostre allestite anche a Roma. “I quadri esposti sono dedicati a mio padre e naturalmente a tutti quelli che non sono tornati … lasciando a noi vivi l’eredità di ricordarli, frugando nel tempo, tra i labirinti della memoria … queste mie opere appartengono ad un sentimento più che alla creazione di stati d’animo, sono una partecipazione al dolore di tutti i tempi.” Eva Fischer

Per aprire il link cancellare https//: che si forma una volta aperto l'url: www.abef.it/evafischer/olii_shoah.html

I quadri a olio sulla Shoah

Biografia

Taled - Olio su tela

Ricordo del padre - Olio su tela

Arbeit maich frei Olio su tela

Addio Olio su tela

Muro del ricordo Olio su tela

Furto d'ariaOlio su tela

Destinazione lagerOlio su tela

Per noi sopravvissuti, un miracolo ogni giorno (Edith Bruck)Olio su tela

Curriculum mortisOlio su tela

Fosse Ardeatine 1 Olio su tela

Labirinti della memoria Olio su tela

Passi perduti 1Olio su tela

Meditate che questo è stato (P. Levi) Olio su tela

Roma 16 ottobre 1943 Olio su tela

Le vetrate

del Museo ebraico di Roma (1980-81)

Benedizionevetrata

Questo quadro ispira la vetrata più grande del Museo ebraico di Roma: il tema rappresentato riguarda un ricordo molto intimo della Fischer, quello della benedizione (berakhah) che riceveva dal padre Leopold, deportato dai nazisti insieme ad altri 30 familiari e mai più rivisto. Nella pittura a olio e nella vetrata, in particolare, è ritratto il marito della Fischer, lo scrittore e giornalista Alberto Baumann, intento a benedire il figlio Alan. Le altre 5 vetrate sono dedicate a Roma e alle quattro città sacre dell'ebraismo: Gerusalemme, Safed, Tiberiade ed Hebron (ricondotte ai 4 elementi naturali: acqua, fuoco).

Benedizione Olio su tela

Trovo ammirevole la modestia con cui mia madre si approccia ogni volta al pubblico, come fosse un’artista agli inizi e non una pittrice di fama con opere sparse in tutto il mondo. Alan Baumann, figlio

Roma: vetrata
Roma: olio su tela
Gerusalemme: vetrata
Gerusalemme: olio su tela
Tiberiade: vetrata
Tiberiade: olio su tela
Safed: vetrata
Safed: olio su tela
Hebron: vetrata
Hebron: olio su tela

Intervista ad Eva Fischer

Ennio Morricone

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Edith Birkin: “Ultimo respiro – Camera a gas”

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L'arte nel campo di Terezin: le parole e i disegni dei bambini

Se questo è un uomo

Meditate che questo è stato: vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore s tando in casa andando per via, coricandovi, alzandovi. Ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa, la malattia vi impedisca, i vostri nati torcano il viso da voi. Primo Levi

Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici: Considerate se questo è un uomo che lavora nel fango che non conosce pace che lotta per mezzo pane che muore per un si o per un no. Considerate se questa è una donna, senza capelli e senza nome senza più forza di ricordare vuoti gli occhi e freddo il grembo come una rana d'inverno.

Edith Birkin nasce in Repubblica Ceca nel 1927. Fu deportata nel ghetto di Łódź, in Polonia, nel 1941, insieme alla sua famiglia. Purtroppo i suoi genitori morirono dopo breve tempo. Tre anni dopo, nel 1944, fu deportata nel campo di concentramento di Auschwitz, dove lavorò in una fabbrica di munizioni. Nel gennaio 1945 sopravvisse ad una “marcia della morte” in mezzo alla neve verso il campo di Flossenburg, in Germania, e nel marzo dello stesso anno venne trasportata su un carro da bestiame a Bergen Belsen, dove poi fu liberata. Negli anni Settanta comincia a studiare pittura e trova lavoro come insegnante. Inizia così a realizzare una lunga serie di opere, incentrate sulle memorie dell’Olocausto. I suoi dipinti raffigurano infatti le scene più tristi e terribili che lei stessa aveva vissuto. La marcia della morte, le persone come lei chiuse dentro ad un campo di concentramento, gli addii alle persone care, le torture. Opere che ripercorrono luoghi e situazioni che l’artista ha vissuto in prima persona e che sono testimonianze pittoriche di una sopravvissuta.

Nata a Daruvar, in Jugoslavia, nel 1920, Fischer si diplomò a soli 19 anni all’Accademia di Belle Arti di Lione. Rientrata a Belgrado, fu costretta a fuggire dopo il bombardamento di Belgrado del 1941 da parte dei tedeschi, senza dichiarazione di guerra, e la deportazione per mano nazista del padre Leopold, rabbino ed eccelso talmudista e di altri 33 familiari. Assieme alla madre e al fratello più piccolo venne catturata dai fascisti e rinchiusa nel campo Vallegrande nell’isola di Curzola. Da qui riuscì a ottenere un permesso per portare la madre malata a Bologna ma, giunta a destinazione, riuscì a fuggire e a unirsi alla Resistenza. A guerra finita scelse Roma quale città d’adozione e si unì al gruppo di artisti di via Margutta. La sua fu comunque una vita segnata da brevi migrazioni, ovunque il suo estro la chiamò ad agire: Parigi, Madrid, Gerusalemme, Londra. Accogliendo un suggerimento del suo amico Chagall, fu proprio Fischer a realizzare le vetrate per il Museo ebraico di Roma. Nell’occasione realizzò anche una litografia, intitolata Talled, in memoria del padre trucidato dalle SS.