Pietro Metastasio e il Melodramma
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Transcript
Pietro Metastasio e il melodramma
Lavoro di Riccardo Palermo
Nel corso del Seicento si verifica una rinascita dell'arte teatrale in tutta Europa. A favorirne la rinascita è lo sviluppo del pensiero e dell'arte barocca secondo cui l'agire dell'uomo è paragonabile alla recitazione in un grande teatro. Questo modo di vedere l'uomo è dovuto all'avvento di un nuovo modo di intendere l'agire umano, cioè come quello di un attore che deve vivere la sua vita recitando nella maniera pertinente al suo ruolo, dunque come se indossasse una maschera e si conformasse al suo personaggio.Un esempio di questo modo di agire si può trovare nelle corti del periodo, dove i membri dovevano rispettare un rigido codice di norme comportamentali e morali affinché potessero conformarsi al meglio nei loro ruoli e, quindi, celare le loro vere intenzioni a favore di un atteggiamento artificioso che avrebbe potuto garantire loro posizioni di rilievo.Anche nei salotti, dove non si sentiva il peso della gerarchia cortese, gli aristocratici dovevano tener in considerazione un codice comportamentale fondato sulla cortesia e l'eleganza. A tal proposito il letterato piemontese Stefano Guazzo (1530-1593) ha coniato l'espressione "civil conversazione".
Il mondo come un palcoscenico
"La menzogna", 1650 circa, di Salvator Rosa
Tra il Cinquecento e il Seicento si verifica una rinascita del teatro mediante la diffusione del "teatro laico" che, in linea con l'ideale rinascimentale di ripresa dei modelli classici, consisteva nella recitazione secondo i modelli classici della tragedia e della commedia.Il teatro torna, con la sua rinascita, a rappresentare i sentimenti dell'uomo e a fornire una mappa dei comportamenti umani che continua tuttora a risuonare nell'arte.A favorire la rinascita del teatro è anche la sua apertura al pubblico e l'edificazione di edifici dedicati proprio alla recitazione.Con l'apertura al pubblico e la nascita di posti dedicati alla recitazione, il ruolo dell'attore diventa un mestiere e sorgono diverse compagnie teatrali finalizzate all'educazione, attraverso la recitazione e l'intrattenimento, per conto delle diverse corti d'Europa.
Il teatro tra Cinquecento e Seicento
Il Seicento in Inghilterra è un periodo di rinascita culturale, favorito prima dalla regina Elisabetta I e poi dal re Giacomo I.Il teatro inglese conosce, in quel periodo, una riforma sul piano formale, in quanto comincia ad essere impiegato il blank verse (versi liberi a pentametro giambico). Nascono e vivono, inoltre, tra il Cinquecento e il Seicento Cristopher Marlowe (1564-1593) e William Shakespeare (1564-1616), entrambi tragediografi autori di opere in cui i personaggi sono caratterizzati da una grande complessità morale e psicologica. Nel caso di Shakespeare, prevale il gusto per le scene di orrore, tragiche e che indagano sul rapporto tra la realtà e l'illusione in cui molti personaggi cadono. I dialoghi sono scritti usando il summenzionato blank verse, alternato tra uno stile aulico e uno stile simile al parlato.Le trame delle tragedie, inoltre, sono esposte violando il principio di unità aristotelico.Con le tragedie Shakespeariane si forma, infine, un nuovo modello di eroe definito dal dubbio tra l'agire e il non agire, motivo di un perenne senso di colpa.
Il teatro inglese nel Seicento
Christopher Marlowe
William Shakespeare
In Spagna il Seicento è il periodo considerato il "Siglo de oro" della letteratura.È in questo periodo che scrivono Lope de Vega (1562-1635), esponente del genere tragicomico, Tirso de Molina (1579-1648), autore di opere caratterizzate da un andamento mirato a sorprendere in maniera ingegnosa, Pedro Calderòn de la Barca (1600-1681), autore di opere conformi alla visione del mondo barocca.Non a caso, un'opera di Calderòn è intitolata "Il gran teatro del mondo", restando in linea con la visione del mondo come un grande palcoscenico, e un'altra "La vita è sogno", andando a rappresentare l'irrazionalismo barocco che finisce per dubitare della realtà.
Il teatro spagnolo nel Seicento
Tirso de Molina
Pedro Calderòn de la Barca
Anche in Francia il Seicento corrisponde a un periodo importante della letteratura nazionale: è il momento in cui la questione linguistica porta alla necessità di dover uniformare la nazione sotto un'unica lingua.Parallela a una monarchia che diventa gradualmente sempre più assoluta è la letteratura che diventa gradualmente sempre più definita. Si parla dunque, nel Seicento, di "classicismo francese".Come in Inghilterra, a corte cominciano a lavorare delle compagnie di teatranti professionisti che, mediante il teatro, intendono valorizzare la monarchia.A distinguersi tra gli autori del periodo ci sono Pierre Corneille (1606-1684), a cui si deve la scrittura di "Le Cid", considerata la prima vera tragedia classica della letteratura francese nella quale l'ambientazione cavalleresca è disposta in maniera ordinata ed unitaria; Jean Racine (1639-1699), considerato autore dei versi più puri della lingua francese e membro della corte di Luigi XIV, autore di tragedie ambientate nel mondo antico e scritte secondo i criteri stabiliti dalla Poetica di Aristotele; e Jaen-Baptiste Poquelin (1622-1673), comunemente noto come "Molière", autore di tragedie in cui i personaggi sono approfonditi nei loro comportamenti e nelle loro dinamiche sociali.Il realismo delle tragedie di Molière, rispettando le esigenze del periodo, si concilia con un'azione moralizzatrice eseguita mediante la distinzione dei vizi e delle virtù umane.
Il teatro francese nel Seicento
Jean Racine
Jean-Baptiste Poquelin, o Molière
In Italia la situazione si dimostra differente perché non compaiono, nel Seicento, nomi di autori rilevanti. Le opere teatrali si sviluppano soprattutto in maniera anonima grazie alla prevalenza della Commedia dell'arte, un genere teatrale di origine italiana assieme al melodramma (che si svilupperà nel secolo successivo), la favola pastorale, la commedia e la tragedia ambedue regolari.Nel caso della Commedia dell'arte, gli attori, muniti di poche linee guide sulla trama, erano tenuti a svilupparla mediante l'improvvisazione.Questa caratteristica ha dotato la Commedia dell'arte di un carattere colletivo che ha motivato l'assenza di figure singole di autori che potessero esserne esponenti.Per mezzo di questo genere si sviluppano le figure dei giullari e di dinamiche teatrali che sono servite da modello, come il rapporto tra Zanni, un personaggio dall'atteggiamento astuto da cui poi è nata la figura di Arlecchino, e il Magnifico, un personaggio dall'atteggiamento sciocco. Questo rapporto definisce, infine, il gusto per il duplice e per la beffa che è insito nella Commedia dell'arte.
Il teatro italiano nel Seicento: la Commedia dell'arte
Due Zanni, Jacques Callot
Oltre alla Commedia dell'arte, il genere teatrale che torna in auge è la tragedia, presentata come rispettosa del principio d'unità aristotelico. Nella tragedia seicentesca italiana è prevalente il tema, secondo i valori del cattolicesimo, della lotta tra il bene e il male, cioè tra la virtù, quindi l'ordine, e la passione, ovvero il disordine. La recitazione verte soprattutto sulla parola, lasciando da parte la scenografia e la gestualità e rendendo le tragedie opere più leggibili che recitabili.Per questo motivo si parla di "teatro della parola".Oltre ciò, la tragedia è stata preservata e diffusa grazie anche alle scuole dei gesuiti, nelle quali venivano trattate le tragedie ambientate principalmente in episodi delle Sacre Scritture.Non può mancare, nelle tragedie d'argomento cristiano, la funzione educativa, accompagnata da un'oratoria sacra, caratterizzata da una forza comunicativa capace di generare pathos e suscitare meraviglia.
Il teatro italiano nel Seicento: la tragedia
Il melodramma è un genere teatrale in cui i dialoghi, scritti rispettando una metrica, sono accompagnati dalla musica.Durante il Seicento il melodramma ha conosciuto un periodo di declino sul piano verbale, in quanto gli autori hanno puntato più all'effetto scenico e musicale.Il declino era tale che, a inizio Settecento, l'intellettuale Ludovico Antonio Muratori ha criticato lo stato in cui si trovava il genere affermando che neanche una riforma avrebbe potuto salvarlo. Sarà il poeta Pietro Metastasio, contemporaneo di Muratori e membro dell'Accademia dell'Arcadia, a portare avanti una riforma del genere melodrammatico, mirata alla restituzione di una centralità al testo, che smentirà il summenzionato pensiero del critico.
Il teatro italiano nel Seicento: il melodramma
Ludovico Antonio Muratori
A fine Seicento, un gruppo di letterati, provenienti dalle varie zone di Italia che non hanno ottenuto una grande influenza barocca, decide di incontrarsi e di fondare un'accademia che ha come principio la lotta contro la poesia barocca a favore di una poesia fedele ai modelli classici. L'accademia prende il nome di "Accademia d'Arcadia", facendo riferimento alla regione greca dell'Arcadia che, secondo una visione mitizzata che la ritrae come un locus amoenus ruralizzato, si prestava a delle competizioni poetiche e canore tra i pastori del posto, lontani dalle vicissitudini politiche. Per questo motivo i membri dell'Accademia erano tenuti a trovarsi degli pseudonimi che potessero rimandare alla lingua greca e alla poesia bucolica.Spiccano, tra i membri dell'Accademia, Opico Erimanteo, pseudonimo di Gian Vincenzo Gravina, ed Alfesibeo Cario, pseudonimo di Giovanni Mario Crescimbeni, che, dopo aver fondato l'Accademia, l'hanno scissa per delle divergenze sulla riforma da apportare alla poesia.Mentre Crescimbeni era promotore del modello stilistico petrarchesco e del poeta Gabriello Chiabrera, che intendeva adattare la poesia italiana formalmente e contenutisticamente a quella greca classica e arcaica, Gravina era promotore di una poesia che potesse attenersi a un fine etico-pedagogico e dovesse avere la rappresentazione della realtà come tema principale.Dunque, mentre Crescimbeni sosteneva una riforma sul piano formale, Gravina sosteneva una riforma sul piano contenutistico. Dalla scissione, avviata da Gravina, questo fonderà poi l'Accademia dei Quirini, che non godrà di un grande successo.
L'Accademia d'Arcadia
Gian Vincenzo Gravina, noto nell'Accademia con lo pseudonimo di Opico Erimanteo
Insegna dell'Accademia d'Arcadia. Al centro di essa si può trovare il flauto di Pan, strumento simbolo dei tempi arcaici
Giovanni Mario Crescimbeni, noto nell'Accademia con lo pseudonimo di Alfesibeo Cario
Pietro Trapassi (Roma 1698 - Vienna 1782) è stato un membro dell'Accademia d'Arcadia distintosi per la sua riforma apportata al genere teatrale del melodramma.In quanto membro dell'Accademia, ha assunto lo pseudonimo di "Metastasio".Nella sua vita è stato decisivo l'incontro con Gian Vincenzo Gravina che, vedendo nel giovane Metastasio un potenziale, lo ha indirizzato agli studi dei classici.Tra le sue opere, scritte per conto della corte asburgica prima a Napoli e poi a Vienna, spicca "La Didone abbandonata".Nelle opere di Metastasio è presentata un'attuazione di quel che l'autore ha teorizzato nei suoi trattati in merito a come dover intendere il melodramma: seppure il melodramma può considerarsi figlio della tragedia greca, esso può fare a meno del principio di unità aristotelico e della necessità della catarsi (cioè la purificazione della coscienza ottenuta attraverso il terrore), mentre non può fare a meno dell'unione tra musica e testo.I melodrammi di Metastasio hanno come argomenti episodi minori di storia greca, romana e antico-orientale dove i personaggi si trovano coinvolti in un conflitto tra morale e passione che vede spesso la vittoria della prima o la conciliazione dei due termini. I melodrammi presentano dunque un carattere etico-pedagogico, volto ad esaltare le virtù civili e a delineare la figura del "buon cittadino".La struttura del melodramma è divisa in due momenti: i recitativi, durante i quali la trama procede mediante dei dialoghi aderenti a una metrica e una sintassi lucida, e le arie, durante le quali i personaggi esprimono i loro disagi mediante dei versi staccati metricamente ma abbondanti di figure retoriche (come anafore e simmetrie).I melodrammi di Metastasio, infine, presentano un linguaggio derivante da quello petrarchesco ed arricchito con elementi della lingua di Tasso.
Pietro Metastasio