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La leggenda del drago Tarantasio
Elisa Volontè
Created on November 27, 2024
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Transcript
La leggenda del Drago Tarantasio
Maestra Elisa racconta:
Info
Ai tempi di castelli e cavalieri, esisteva uno specchio d’acqua, o meglio una putrida palude, nella quale sfociavano i fiumi Adda di Milano e Brembo di Bergamo: questo era il lago Gerundo e si estendeva fino alle terre cremonesi, toccando numerosi paesi e province.
Si narra che, in quello specchio d’acqua, vivesse il terribile drago Tarantasio: era lungo, di corporatura importante, con due ali, sei zampe con lunghi artigli, una lunghissima coda che si arrotolava su se stessa e fauci con denti affilatissimi. La corazza era una pelle spessa e verdastra come il colore del lago stesso. Aveva anche un alito pestilenziale, così puzzolente che nei dintorni se ne sentiva l’odore e pareva diffondesse un’influenza chiamata la Peste Gialla.
Il Drago passava le sue giornate a fracassare, con i suoi dentacci, le barche che cercavano di arrivare dalle sponde a un grande isolotto, che oggi noi conosciamo come la città di Crema. Di certo qualche barca era riuscita a sfuggire al temibile Drago Tarantasio, in quanto ancora sull’isolotto c’erano dei sopravvissuti! Ma, quel che era peggio, è che il drago si mangiava anche le persone e i piccoli bambini che si avvicinavano alle sponde del lago per giocare.
Un giorno, però, arrivò lungo le sponde del Lago Gerundo un prode e nobile cavaliere da Milano: il suo nome era Umberto Visconti. Una spessa armatura in metallo lo avvolgeva, portava un grosso elmo sul capo e nella mano una lunga lancia per colpire il mostro. Si avvicinò alle sponde del lago: una puzza incredibile gli arrivò sotto al naso.
“Questo Drago dev’essere sconfitto!” gridarono gli abitanti dei paesi vicini. Fu così che un giorno si decise che il Drago dovesse essere ucciso da un valoroso cavaliere. Di certo di prodi giovani in armatura ce n’erano molti nelle province di Bergamo e Milano; ma chi poteva essere così coraggioso da affrontarlo?
“Dove sei immondo Drago! Esci fuori Tarantasio!” grido a gran voce Uberto. Nulla si mosse, le acque del lago era ferme e tranquille. A cavallo del suo fidato destriero il cavaliere cominciò a galoppare lungo le sponde del lago, fino ad arrivare in un luogo dove la natura si era impossessata delle rive: erbacce e i lunghi rami degli alberi si lanciavano nelle acque torbide. Ad un certo punto, sentì un odore acre e intenso, tanto cattivo che gli venne da vomitare. Si voltò e gli prese un colpo! L’enorme Drago Tarantasio si stava avvicinando e il suo alito pestilenziale lo precedeva. Era veramente enorme. La sua coda si agitava e il lago anch’esso. Quando fu in prossimità del Cavaliere Umberto, spalancò le fauci per mangiarlo ma Umberto fu più veloce e astuto. Diede una pacca al suo coraggioso cavallo e gli disse: “Andiamo incontro a questo mostro, mio fidato amico e tessiamo le nostre Glorie! “. Il cavallo prese la carica e si avvicinò a Tarantasio, Umberto con un potente tiro affondò la lancia nel costato del Drago che spalancò le fauci, urlando dal dolore e mostrando i suoi enormi dentacci che fecero rabbrividire il Cavaliere.
Un’enorme nube gialla si elevò nell’aria. Il Drago Tarantasio morì, colpito al cuore e sprofondò nelle acque del lago. Vittorioso, Il Cavaliere Umberto Visconti andò nei paesi vicini a raccontare l’accaduto. Gli abitanti non ci credettero finché il corpo del Drago non venne tirato fuori, con molta fatica, dal lago.
Il Cavaliere Umberto cavalcò poi in tutti i paesi e le province annunciando la vittoria e, perché nessuno si dimenticasse della sua impresa e del Drago Tarantasio, fece scolpire nel suo stemma il mostro con le fauci spalancate mentre mangiava un bambino. Il Cavaliere Uberto Visconti fu festeggiato a lungo da tutti gli abitanti e, glorioso, tornò a Milano con il suo fidato amico cavallo. Per sempre nei secoli fu ricordato.
FANTASTICO O REALISTICO?
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Lo stemma
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lo stemma 2
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Lo scopo della leggenda
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La casata dei Visconti è esistita veramente e per lungo tempo a governato Milano. Quello che viene definito "biscione" e che troviamo disegnato nel loro stemma, non è altro che il drago Tarantasio.
L'epopea del drago del Lago Gerundo ha continuato a ispirare artisti nei secoli successivi, tra cui lo scultore Luigi Broggini, che si ispirò a Tarantasio per creare l'iconico cane a sei zampe, simbolo dell'Agip e, successivamente, dell'Eni.