Want to create interactive content? It’s easy in Genially!
Paradiso 6
chris
Created on November 27, 2024
Start designing with a free template
Discover more than 1500 professional designs like these:
Transcript
Canto vi
Ancillotti Matilde, Lazzarini Martina, Panci Christine
PARADISO
PUNTI FONDAMENTALI DEL CANTO: •Importanza del voto verso Dio; •Libero arbitrio; •Ascesa al 2° Cielo del Paradiso.
Il canto V del paradiso si apre con la riflessione sull’importanza del libero arbitrio e della promessa fatta a Dio. Dante e Beatrice si trovano nel 1° Cielo ovvero il Cielo della Luna dove risiedono le anime di coloro che hanno agito per ottenere fama e gloria terrena compiendo il bene ma con uno scopo personale e non divino.
riassunto canto v
Il Canto VI del Paradiso della Divina Commedia è ambientato nel Cielo di Mercurio, dove risiedono le anime di coloro che agirono per il bene terreno, ma con desiderio di gloria. Qui Dante incontra Giustiniano, imperatore romano, che racconta la storia dell'Impero Romano, simbolo della giustizia e della volontà divina. Giustiniano narra il percorso dell'aquila imperiale, dai tempi di Enea fino all'ascesa di Carlo Magno, evidenziando il ruolo provvidenziale di Roma. Il canto si conclude con una critica alle divisioni politiche tra guelfi e ghibellini, che distorcono il vero significato dell'autorità imperiale.
canto vi
Giustiniano I fu imperatore dell'Impero Romano d'Oriente dal 527 al 565 d.C. È noto per il suo ruolo nella codificazione del diritto romano, il Corpus Iuris Civilis, che divenne la base del diritto europeo. Egli condusse inoltre una estrema lotta in difesa della Chiesa e condannò diversi movimenti eretici, in particolare l'arianesimo, l'ebraismo e il paganesimo. Giustiniano la voce narrante all'interno di questo canto.
Chi era giustiniano
<<Dopo che l’imperatore Costantino portò l’insegna imperiale contrariamente al corso naturale del cielo, il quale moto l’aveva accompagnata un tempo dietro ad Enea che sposò Lavinia, l’aquila fu trattenuta duecento anni e più nell’estrema Europa, vicino ai monti dai quali era uscita la prima volta; e là, all’ombra delle sue sacre ali, governò il mondo passando da un imperatore all’altro, e, così cambiando, arrivò in mano mia. Fui imperatore e sono Giustiniano, che, per amore dello Spirito Santo, dalle leggi tolsi il superfluo e l’inutile. >>
<<Poscia che Costantin l’aquila volse contr’ al corso del ciel, ch’ella seguio dietro a l’antico che Lavina tolse, cento e cent’ anni e più l’uccel di Dio ne lo stremo d’Europa si ritenne, vicino a’ monti de’ quai prima uscìo; e sotto l’ombra de le sacre penne governò ’l mondo lì di mano in mano, e, sì cangiando, in su la mia pervenne. Cesare fui e son Iustinïano, che, per voler del primo amor ch'i' sento, d'entro le leggi trassi il troppo e 'l vano.>>
VV 1-12
1) Pallante morì per assicurare la vittoria di Enea 2)Il dominio dimora 300 anni in Albalonga 3) I Romani sconfissero i Cartaginesi 4) Impero sconfitto al colle di Fiesole
Come si evolve l'Impero?
<<Poi, avvicinandosi il tempo in cui il cielo volle, ricondurre tutto il mondo ad una pace simile alla sua, Cesare lo impugnò per volere di Roma. E quel, che esso fece dal Varo fino al Reno, videro l'Isère, la Loira e la Senna e ogni valle, delle cui acque il Rodano è pieno. Quel che fece, dopo che uscì da Ravenna e passò il Rubicone, fu opera così vasta,ed estesa, che non la seguirebbero né la lingua né la penna.>>
Vv 55-63
<<Poi, presso al tempo che tutto ‘l ciel volleredur lo mondo a suo modo sereno, Cesare per voler di Roma il tolle. E quel che fé da Varo infino a Reno, Isara vide ed Era e vide Senna e ogne valle onde Rodano è pieno. Quel che fé poi ch’elli uscì di Ravenna e saltò Rubicon, fu di tal volo, che nol seguiteria lingua né penna.>>
<<Di quel, che fece con l’imperatore seguente, Bruto è testimone con Cassio all’inferno, e Modena e Perugia furono dolenti. Ne piange ancora la trista Cleopatra, che,fuggendogli davanti,prese la morte, immediata e atroce dal serpente velenoso. Con costui corse fino al Mar Rosso, con costui pose il mondo in tanta pace, che fu chiuso il tempio di Giano. Ma ciò che il segno, che mi fa parlare, aveva fatto prima e che avrebbe fatto poi, per la società umana, che è sottoposta ad esso,>>
Vv. 73-81
<<Di quel che fé col baiulo seguente, Bruto con Cassio ne l’inferno latra, e Modena e Perugia fu dolente. Piangene ancor la trista Cleopatra, che, fuggendoli innanzi, dal colubro la morte prese subitana e atra. Con costui corse infino al lito rubro; con costui puose il mondo in tanta pace, che fu serrato a Giano il suo delubro. Ma ciò che ’l segno che parlar mi face fatto avea prima e poi era fatturo per lo regno mortal ch’a lui soggiace,>>
Giustiniano descrive la croce come simbolo dell'impero e come strumento della redenzione umana. Sotto il dominio Romano, Cristo accettò di essere crocifisso e giudicato per salvare l'umanità, il destino dell'impero fa parte di un piano divino, infatti Roma fu preparata da Dio per svolgere questo ruolo fondamentale. Giustiniano critica successivamente coloro che si dividono tra Guelfi e Ghibellini, due fazioni che usano il simbolo dell'Aquila Imperiale per i propri interessi. Questi conflitti alterano il vero significato del'impero che dovrebbe rappresentare giustizia e unità sotto la volontà Divina.
VV 86-111
<<Questo piccolo pianeta si adorna delle anime buone che sono state attive per conseguire onore e fama: e quando i desideri vogliono questo, deviando così dal vero fine, necessariamente i raggi del vero amore salgono con minore intensità verso Dio. Ma fa parte della nostra felicità vedere pari l’entità dei nostri premi col nostro merito, proprio perché non li vediamo né minori né maggiori del merito. Quindi la giustizia divina purifica i nostri sentimenti a tal punto, che questi non possono mai svolgersi verso il male.>>
<<Questa picciola stella si correda d’i buoni spirti che son stati attivi perché onore e fama li succeda: e quando li disiri poggian quivi, sì disvïando, pur convien che i raggi del vero amore in sù poggin men vivi. Ma nel commensurar d’i nostri gaggi col merto è parte di nostra letizia, perché non li vedem minor né maggi. Quindi addolcisce la viva giustizia in noi l’affetto sì, che non si puote torcer già mai ad alcuna nequizia.>>
VV112-123
Romeo di Villanova fu consigliere del conte di Provenza Raimondo Berengario e in seguito ad una calunnia di tradimento, si allontanò dalla corte e visse in povertà. Questa figura è molto importante per Dante perchè anche lui subì un forzato allontanamento da Firenze: Romeo diventa infatti una sorta di "se stesso" in cui specchiarsi e riflettere sui tormenti della pena ingiusta con la quale Dante si sente condannato.