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LE OLIVE - storia- particolarità- frodi
chimica di piazza
Created on November 25, 2024
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le olive & la loro storia- varietà- usi e frodi
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prof. roberta adami https://view.genially.com/674495e13d0d7483bab5c32f
È un frutto che accompagna da sempre la storia dell’uomo, ma uno dei pochi che non si può cogliere e mangiare: solo se curata con «terapie» messe a punto nei secoli, l’oliva da tavola acquista la sua amabilità dolce-amara
LE OLIVE
UN PO' DI STORIA
Uno dei miti più belli e significativi dell’antichità racconta che un giorno si accese una disputa tra Atena e Poseidone per il possesso dell’Attica, ricca regione della Grecia. Zeus decise che la vittoria sarebbe andata a chi di loro due avrebbe fatto agli Ateniesi il dono che un consesso di dodici dei avrebbe ritenuto il migliore e più utile per gli uomini.
Poseidone colpì le rocce col suo tridente, facendone scaturire un mare salmastro (un’altra versione della leggenda dice che il dio portò un cavallo scalpitante). Atena, più flemmatica e anche più pratica, senza grandi effetti speciali piantò un ulivo e vinse.
Al di là del significato simbolico che oppone un dio maschio signore dei terremoti a una dea femmina e low profile, questo mito fa capire l’importanza della coltivazione dell’ulivo per i popoli di quell’area
L’olio non serviva solo in cucina, ma dentro le lampade per illuminare; si usava in medicina, in veterinaria, nella cosmesi e anche nelle cerimonie sacre, per ungere i re; una corona d’ulivo premiava gli atleti; l’ulivo dava legna e ombra.
Per poterlo coltivare bisognava conoscerne gli andamenti ciclici, così come per tutti i vegetali, e la coltura richiede assenza di conflitti: una società che coltiva l’olivo è una società di pace. Non a caso i messaggeri che chiedevano tregua mostravano una fronda d’ulivo.
Nelle religioni monoteiste, l’ebraismo, il cristianesimo e l’islamismo, religioni dell’area mediterranea, l’olivo è una pianta sacra, simbolo di pace. La più antica testimonianza scritta sull’olivo la troviamo proprio nell’Antico Testamento, nell’episodio del Diluvio Universale: Noè aspettò altri sette giorni e di nuovo mandò la colomba fuori dall’ Arca. Quando scese il vespro, la colomba ritornò da lui: ed ecco aveva nel becco una fronda di olivo. Nel cristianesimo possiamo ricordare la domenica delle Palme che rievoca l’ingresso di Gesù a Gerusalemme accolto dalla folla che agitava rami di olivo e palmizi. L’olio è utilizzato, inoltre, nel battesimo, nella consacrazione dei sacerdoti, nell’unzione dei malati e nella cresima. Per quanto riguarda islamismo : nel Paradiso ci sono due alberi tabù, l’olivo e il fico .
Dice comunque il mito che Atena, soddisfatta dalla vittoria, prima di ritirarsi sull’Olimpo pensò bene di mettersi in scarsella come snack da viaggio una bella manciatina di olive, prese dai rami dell’albero che aveva appena regalato ai mortali.
Già nel I secolo dopo Cristo l’agronomo romano Columella, come facevano Catone e Plinio, dava consigli su come conservare le drupe (perché botanicamente di questo si tratta) aromatizzandole con il mosto, l’aceto, i semi di finocchio, il lentisco.
Ancora oggi consumiamo le olive schiacciate, ripiene, snocciolate, conservate in tanti modi diversi, dentro le insalate, sulle bruschette, sulla pizza, ridotte in pâté e perfino tuffate in un Martini... E dai, un pensierino riconoscente la dea Atena se lo merita o no?
la dolcezza del sale
Sono la salamoia, più o meno leggera (la percentuale di sale disciolto nell’acqua può variare) e prolungata, e la «terapia» con soda caustica o calce a garantire la dolcezza di tutte le olive da mensa (o da tavola, si definiscono così i frutti non adatti alla produzione dell’olio), altrimenti immangiabili. Solo dopo questi trattamenti si possono gustare al naturale, conciate (con olio, peperoncino o altri profumi) o tostate in forno.
Santa Caterina Si chiama anche Lucchese questa varietà toscana, ovale e carnosa. Da aggiungere anche nel classico coniglio con le olive. Taggiasca Molto nota e apprezzata, è però classificata come cultivar da olio. Prende il nome dalla zona intorno a Taggia, nella Liguria di Ponente, dove principalmente si coltiva. È piccola e assai saporita e il colore può virare dal bruno scuro al verde, al marrone chiaro.
Le varietà
Nocellara del Belice Si trova in vendita sia verde (cioè non ancora giunta a maturazione), sia nera. Garantita dal marchio Dop in una doppia versione: per la produzione dell’olio e da mangiare a tavola. Gustosa e carnosa, ottima anche in cottura. Gaeta Si riconosce per il colore rosato-violaceo perché raccolta a piena maturazione a marzo. La polpa, leggermente cedevole, si stacca perfettamente dal nocciolo e ha un sapore morbido con note amare alla fine. È una delle varietà tra le più usate in cucina. Ha il marchio Dop.
Peranzana Si coltiva nella provincia di Foggia soprattutto per la produzione dell’olio. Ha però, come si dice in gergo, una duplice attitudine: raccolta tardi, cioè tra novembre e dicembre, a maturazione avanzata, diventa anche un’eccellente oliva da tavola. La polpa molto compatta è adatta a lunghe salagioni. Ideale per il pâté.
Olive verdi dolci Normalmente sono di dimensione medio-grande, ancora verdi, delle tipologie ascolane o pugliesi. Vendute in salamoia, dopo essere state per prima cosa lavorate con ripetuti trattamenti a base di calce o di soda caustica: sono queste sostanze a dare il caratteristico sapore dolciastro.
La bella della Daunia o di Cerignola Dop, è una delle più grandi olive in commercio. La varietà, solo da mensa, può arrivare a pesare anche 12 grammi; ha forma ellittica non simmetrica, e polpa soda e fibrosa che non si stacca dal nocciolo. L’area di produzione si sviluppa principalmente intorno a Cerignola (FG). Di Kalamata La famosa oliva allungata originaria del Peloponneso è spesso sulle nostra tavole per insaporire insalate o piatti di pesce al forno. Lucida, di colore marrone scuro, è caratterizzata da una piacevole nota amara.
Itrana Bianca Si tratta della stessa varietà conosciuta come Gaeta (n. 5), dalla quale si differenzia per il periodo della raccolta, che avviene ai primi di novembre (tradizionalmente dopo il giorno dei morti): l’oliva, allora ancora acerba, è di colore molto chiaro, che rimane tale anche dopo la salamoia.
Si chiama Leucocarpa (Olea europaea var. leucocarpa) o Leucolea questa cultivar le cui drupe a maturazione invece di essere nere diventano bianche. Ritrovata nei pressi di alcuni monasteri nella zona di Rossano Calabro, questa varietà è oggetto di recupero perché non vada estinta. Dalla molitura si otteneva un olio chiarissimo, usato come olio lampante perché inodore, e come olio sacro nelle cerimonie religiose (olio del crisma) e nelle incoronazioni dei re.
LE OLIVE NERE
le olive di colore nero (completamente nero) in natura quasi non esistono, ma si trovano invece le olive di marrone scurissimo o viola molto scuro, che sembrano nere ma non sono nere.
La dicitura commerciale olive nere che troviamo sulle confezioni al supermercato, si applica a due diverse tipologie di olive: quelle che vengono colorate di nero chimicamente dall’industria, attraverso una sostanza colorante, e quelle naturalmente scure grazie alla loro completa maturazione sull’albero. In pratica molte delle olive nere che siamo abituati a mangiare, in realtà non sono olive nere. Anche se può sembrare assurdo, la stragrande maggioranza delle olive nere in commercio (e specialmente quelle denocciolate) sono false olive nere.
Le vere olive nere, non colorate, hanno davvero molte gradazioni di colore: dal marrone al rossiccio, solitamente di colore mai uniforme, come natura crea. Nere si possono vedere solo in alcune varietà prima del raggiungimento della maturazione.
Come capire se sono olive colorate? Come abbiamo imparato, è obbligatorio indicare tutto nelle etichette degli alimenti. Quindi per capire se quelle che abbiamo per le mani sono olive nere “colorate” o olive naturalmente scure basta leggere: se compaiono i codici alfanumerici sopra citati tra gli ingredienti, allora quelle olive sono “colorate”. La legislazione europea, regolamento CE 1333/08 e regolamento UE 1129/11, classifica queste sostanze come additivi con funzione di stabilizzanti.
Ma perché quindi le olive nere non esistono e troviamo in commercio queste olive “colorate”, solitamente vendute denocciolate o a rondelle? È molto semplice: perché le vere olive nere - come le taggiasche per esempio - sarebbero troppo molli da denocciolare una volta giunte a maturazione. Anche la raccolta e il trasporto delle olive nere mature è decisamente più dispendioso e caratterizzato da perdite rispetto a quello dei frutti verdi non maturi.
Come abbiamo imparato, è obbligatorio indicare tutto nelle etichette degli alimenti. Quindi per capire se quelle che abbiamo per le mani sono olive nere “colorate” o olive naturalmente scure basta leggere: se compaiono i codici alfanumerici DI SEGUITO citati tra gli ingredienti, allora quelle olive sono “colorate”. La legislazione europea, regolamento CE 1333/08 e regolamento UE 1129/11, classifica queste sostanze come additivi con funzione di stabilizzanti.
Quelle che vediamo nere al supermercato si ottengono con un espediente chimico colorando delle olive verdi con una sostanza chiamata gluconato ferroso - indicato con E579 - o lattato ferroso - indicato come E585. che potete trovare elencata tra gli ingredienti del prodotto.
Un occhio di riguardo va posto anche quando si acquistano le olive verdi, specie quelle di grosso calibro (tipo Cerignola), in quanto di tanto in tanto si scoprono delle truffe sulla colorazione delle olive verdi, con sostanze tossiche come il solfato di rame o la clorofilla ramata. La colorazione delle olive verdi è severamente vietata per legge, al contrario della colorazione di quelle nere.
“L’ingannevole utilizzo della clorofilla ramata e del solfato di rame, con la conseguente colorazione verde brillante delle olive – spiegano dalla Forestale – ha il fine di mascherare i difetti di qualità”. Nel 2016 ad esempio è venuto alla ribalta in Italia un grosso caso di truffa sulla colorazione di olive verdi. Sono state sequestrate in tutta Italia dagli agenti della Forestale 85 tonnellate di olive da tavola colorate e pericolose per la salute.
IL SOLFATO DI RAME è stato riscontrato in concentrazioni doppie rispetto a quanto previsto nella normativa, che ne consente parzialmente l’utilizzo sulla pianta (per contrastare attacchi ‘fungini’), ma non sulle olive. In questi casi il concentrato è stato utilizzato non per pratiche agricole, ma direttamente sulle olive – alcune delle quali raccolte nell’annata precedente e quindi caratterizzate da una colorazione sbiadita – per colorarle di verde intenso e attraente.
COLORANTI FRAUDOLENTI
La colorazione, con il fine di nascondere i difetti delle olive, avveniva utilizzando ANCHE LA CLOROFILLA RAMATA, sostanza alimentare classificata dalla UE come colorante E141 – un procedimento di colorazione vietato tuttavia dalla legislazione italiana e da quella europea nei prodotti come le olive (non è vietato, ahimè, per colorare cibi industriali e dolciumi come bibite analcoliche, budini, caramelle, conserve alimentari vegetali, marmellate e gelati)
Le olive, quindi “vengono immerse in un contenitore di salamoia e soda e con il solfato di rame che serve a compensare la clorofilla. Il colore verde acceso- ha spiegato ancora LA GUARDIA DI FINANZA mostrando un’oliva sequestrata- può essere considerato un colore fraudolento. E la frode in questione è di natura sanitaria“.
controlli sulle olive sono stati effettuati anche sulle tre ‘dop’ registrate presso il Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali: Nocellara del Belice; Bella della Daunia (Bella di Cerignola); Oliva tenera Ascolana. Durante i controlli i forestali non hanno riscontrato problematiche legate al solfato di rame. In occasione delle verifiche, il Corpo forestale dello Stato ha però presentato denunce sia per frode in commercio, relativamente a olive etichettate falsamente come ‘made in Italy’, sia per illecito utilizzo di denominazione protetta, con riferimento a numerosi lotti di falsa ‘Nocellara del Belice’.
I MOTIVI PER LA FRODE
“Il metodo di lavorazione principale per le olive dolci da tavola, il Castelvetrano, prevede l’utilizzo di soda caustica, che permette la deamarizzazione del frutto, da cui deriva il nome dolce DURANTE LA LAVORAZIONE il loro colore verde tende a sfumare verso il giallo e questo fa emergere le macchie i difetti delle stesse olive. L’ingannevole utilizzo della clorofilla ramata E141 e del solfato di rame, con la conseguente colorazione verde brillante delle olive – ha aggiunto – ha il fine di mascherare tali difetti di qualità”.
LATTATO FERROSO
GLUCONATO FERROSO
- DOMANDE
- scrivi la storia mitologica dell'albero di olivo
- scrivi i vari usi storici dell'ulivo ..religiosi, politici,
- etc..
- racconta cosa ricordi delle colorazioni delle olive
- scrivi il numero della classificazione dei coloranti
- racconta alcune frodi