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Gabriel De Monti

Created on November 23, 2024

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Olympe de Gouges, pseudonimo di Marie Gouze (Montauban, 7 maggio 1748 – Parigi, 3 novembre 1793), è stata una drammaturga e attivista francese che visse durante la rivoluzione francese. I suoi scritti femministi e abolizionisti ebbero grande risonanza. Nel 1788 pubblicò le Réflexions sur les hommes nègres in cui prendeva posizione contro la schiavitù nera negli Stati Uniti,[2] e nel 1791 la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, in cui dichiarava l'uguaglianza politica e sociale tra uomo e donna.[3]

Olympre de Gouges

Infanzia e formazione

Nata il 7 maggio 1748 a Montauban, Marie Gouze è dichiarata figlia di Pierre Gouze e di Anne-Olympe Mouisset,[4] sposata nel 1737, ma ella apprende ben presto, dalla madre, di essere figlia illegittima di Anne e del poeta Jean-Jacques Le Franc de Pompignan, padrino di sua madre. Ufficialmente Pierre Gouze non firmò mai il certificato battesimale di Olympe, né Lefranc riconobbe mai la paternità. L'educazione di Marie Gouze fu scarsa, così come quella di sua madre, sebbene quest'ultima avesse avuto un istitutore privato. In Occitania il francese era considerato una seconda lingua, quella degli scritti ufficiali, tanto che infatti le sue opere teatrali risentono ancora molto del dialetto. Tuttavia, nonostante tale modesta formazione, nella sua vita avrebbe scritto più di 4000 pagine fra pamphlet e opere politiche e teatrali.[5] Il 24 ottobre 1765, a soli 16 anni, si sposa contro la sua volontà con l'Ufficiale dell'Intendenza e ristoratore Louis-Yves Aubry

Olympe de Gouges fa della difesa dei diritti delle donne un compito che assolve con ardore fin dall'inizio della sua carriera letteraria. Rivolgendosi a Maria Antonietta, redige la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, ricalcata dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789, nella quale afferma l'uguaglianza dei diritti civili e politici tra i due sessi, che nessuno dei due deve prevalere sull'altro, e insiste affinché si restituiscano alla donna quei diritti naturali che la forza del pregiudizio le ha sottratto. Olympe chiede la possibilità di sciogliere un matrimonio e l'instaurazione del divorzio, che sarebbe stato ammesso all'indomani della rivoluzione, proprio grazie alle richieste determinate di Olympe. La scrittrice avanza inoltre l'idea di un contratto firmato tra concubini[16] e milita per la libera ricerca della paternità e il riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio, altro tema molto caro alla De Gouges, dato che il suo padre biologico non le aveva mai concesso il riconoscimento né il certificato di nascita. È anche tra le prime persone a promuovere un sistema di welfare, formulando a grandi linee un sistema di protezione materna e infantile e raccomanda la creazione di seminari nazionali per combattere la disoccupazione. Analogamente propone la creazione di alloggi per i non abbienti e quella di ricoveri dignitosi per i mendicanti.

La sua lotta per i diritti delle donne

Nel 1793 ella assume l'accusa contro i responsabili delle atrocità del 2 e 3 settembre 1792, indicando tra questi in particolare Marat. Sospettando poi che Robespierre aspiri alla dittatura, lo interpella con numerosi scritti che le valgono una denuncia al club dei Giacobini. Dopo la messa in stato di accusa del partito dei girondini alla convenzione, il 2 giugno 1793, indirizza una lettera piena di energia e di coraggio indignandosi di una misura presa contro i principi democratici (9 giugno 1793). La lettera è censurata già nel corso della lettura di essa in una pubblica assemblea. Opponendosi a una legge del marzo 1793 sulla repressione degli scritti denuncia il fatto che essa confligge con i principi repubblicani. Redige poi un manifesto di ispirazione federalista, dal titolo "Le Tre urne o il Saluto della patria, da parte di un viaggiatore aereo". Viene arrestata e deferita al tribunale rivoluzionario il 6 agosto 1793 dove viene messa sotto accusa per le posizioni assunte.[18] Benché ammalata è rinchiusa nella prigione dell'abbazia di Saint-Germain-des-Près, richiedendo invano cure adeguate. Inviata nella petite Force divide la cella con Madame de Kolly, una donna incinta già condannata a morte. Nell'ottobre seguente, ottiene il trasferimento nella pensione di Madame Mahay, una sorta di prigione per ricchi dove il regime carcerario era più blando e tollerante e dove, si dice, avrebbe avuto una relazione con un altro prigioniero. Questi la convince a tentare l'evasione, ma ella preferisce seguire le vie legali contrastando le pesanti accuse contro di lei, reclamando pubblicamente il processo con due manifesti molto coraggiosi che riuscì a far uscire clandestinamente di prigione. Condotta in tribunale il mattino del 2 novembre, appena 48 ore dopo l'esecuzione dei suoi amici girondini, viene condannata a morte sulla ghigliottina. Contrariamente a quello che il biografo postumo Jules Michelet scrisse nel secolo successivo, le testimonianze dell'epoca affermano che ella salì sul patibolo senza alcun timore, con grande coraggio e dignità.[19]

La morte

«Ero sposata con un uomo che non amavo e che non era né ricco né ben nato. Sono stata sacrificata senza una ragione che potesse compensare la ripugnanza che provavo per quest'uomo.»

Scritto nel suo diario:

Il 3 novembre 1793 fu ghigliottinata perché si era opposta all'esecuzione di Luigi XVI e pare avesse attaccato il Comitato di Salute Pubblica. Con la sua morte si avvia non solo la repressione spietata di ogni dissidenza (si veda anche Condorcet), ma un'involuzione liberticida, anche dovuta allo stato di guerra ormai permanente posto in essere dalle potenze alleate e controrivoluzionarie (Prussia, Inghilterra, Austria e Russia).