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Transcript

nel rinascimento

nell'umanesimo e

Filosofia e politica

Pag. XX

francesco guicciardini

Pag. XX

Pag. XX

Pag. XX

Pag. XX

Pag. XX

Pag. XX

thomas hobbes

ugo grozio

thomas more

niccolò machiavelli

tommaso campanella

john locke

Indice

1632-1704

1588-1679

John Locke

Thomas Hobbes

1583-1645

Ugo Grozio

1568-1639

Tommaso Campanella

1483-1540

FrancescoGuicciardini

1478-1535

Thomas More

1469-1527

I Filosofi

Niccolò Machiavelli

L'opera più significativa di Machiavelli è “Il Principe”, un trattato di politica in cui emerge il pensiero dell'autore riguardo al governo Italiano e che fa apparire Machiavelli come un uomo furbo e calcolatore (l'aggettivo “machiavellico” viene utilizzato per indicare qualcosa di subdolo). Lopera fu composta nel 1513 e fu dedicata a Lorenzo de' Medici, duca di Urbino.

Nicolò Machiavelli nacque a Firenze nel 1469 ed entrò nella vita politica attiva dopo essere stato nominato “secondo segretario della Cancelleria della Repubblica”; grazie alle sue qualità ingegnose venne inviato all'estero per alcune missioni, per esempio in Francia da Luigi XII, a Pisa presso l'esercito, in Germania. Facendo questi viaggi Machiavelli analizza la politica e le abitudini delle civiltà e scrive varie relazioni in cui elabora queste analisi politiche e rivolge alcuni consigli al governo di Firenze.

La vita

SARA BOTTAZZO

1. Nicolò Machiavelli

L'opera venne scritta in un periodo in cui la condizione in Italia non era delle migliori:

La situazione in Italia

L'esercito italiano era composto da mercenari (uomini stranieri che venivano pagati per difendere lo Stato);

Carlo III di Francia scese in Italia sconvolgendo gli equilibri politici degli stati regionali e i Medici vennero cacciati da Firenze;

Non cera concordia tra gli stati regionali.

I governanti italiani non erano in grado di gestire guerre e diplomazie perciò la penisola si mostrò debole e facilmente attaccabile;

SARA BOTTAZZO

Il Principe

Il trattato, il cui nome originale era “De Princibatibus”, mira a spiegare quali siano i diversi tipi di Stato retti da un principe ed espone, secondo le idee dell'autore, il modo in cui il Principe dovrebbe agire per rendere più forte il principato. Capitoli I-XI Machiavelli descrive le diverse tipologie di principato: esistono quelli ereditari e quelli nuovi; i principati nuovi si dividono, a loro volta, in misti, civili ed ecclesiastici .

Capitoli XXIV-XXV Machiavelli analizza le colpe dei principi italiani durante il periodo delle guerre e si concentra sul rapporto tra virtù e fortuna (intesa come “destino”, il corso dgli eventi contro cui un essere umano non può intervenire). Capitolo XXVI È un'esortazione a Lorenzo de' Medici per mettersi a capo degli stati italiani e guidare il paese verso un nuovo periodo migliore.

Capitoli XII-XXIV Machiavelli affronta il problema dell'esercito mercenario: non è d'accordo perchè questo tipo di esercito è infedele, formato da soldati non direttamente legati al Paese e al Principe che traggono profitto dal loro lavoro; è necessario, invece, che chi lotta per il Principe e per lo Stato sia mosso da rispetto e fedeltà verso la sua terra. Capitoli XV-XXIII Machiavelli si concentra solo sulla figura del principe: l'idea dell'autore sta dietro la frase “il fine giustifica i mezzi”, cioè ogni mezzo può essere utilizzato per raggiungere l'obiettivo prefissato. Lo scopo di ogni Principe è quello di potenziare e migliorare lo Stato, a prescindere dal suo comportamento: deve essere saggio, razionale e benevolo ma anche furbo e forte.

SARA BOTTAZZO

- conoscenza delle leggi: il Principe deve conoscere l'azione politica e sapere come intervenire;- capacità applicativa delle leggi: il Principe deve saper applicare le regole alle particolari occasioni; - coraggio e decisione: il Principe deve essere convinto di mettere in pratica il piano organizzato. In particolare, Machiavelli scrive che “la fortuna è donna, mutevole e incontrollabile e che quindi va affrontata con polso duro, mentre l’uomo deve essere dotato di una virtù incrollabile, la base del suo essere e della sua persona, tutto ciò su cui fare affidamento”.

La virtù permette al principe di misurare le proprie capacità e quindi bisogna riflettere per capire come agire per ottenere un risultato applicando la virtù per combattere la fortuna.La virtù è la capacità di correre ai ripari per limitare i danni che può provocare la fortuna; essa si misura in tre ambiti:

Il rapporto tra virtù e fortuna

SARA BOTTAZZO

- Non esiste proprietà privata e la terra viene coltivata a turno; - I metalli pregiati non hanno valore e vengono utilizzati per costruire utensili; - Ognuno ha un mestiere di sole 6 ore, così da dedicarsi allo svago e allo studio, perché la cultura è ritenuta fondamentale per la società; - Nonostante la religione sia fondamentale per condurre l’uomo alla felicità, insieme alla ragione, esiste la tolleranza religiosa; - Esistono i “sifogranti”, ovvero magistrati che vigilano affinché non si ozi.

Thomas More, detto anche Tommaso Moro, fu un letterato e statista inglese, vissuto tra 1478-1535; visse durante il regno di Enrico VIII, di cui fu un fermo oppositore, venendo così condannato a morte. La corrente filosofia di cui è esponente è il Giusnaturalismo, che ha come obiettivo capire la natura e la funzione dello Stato, riportando la politica al “diritto naturale” di Grozio. I suoi pensieri a riguardo scaturiscono dal suo capolavoro: Utopia.“Utopia” è un romanzo nel quale More sogna il suo Stato ideale, dove predilige la ragione, allontanandosi dalla politica inglese del suo periodo; le caratteristiche di questo Stato utopico sono:

DARIA SPAGNULO

2. Thomas More

Nei “Ricordi”, la sua più celebre opera, affronta altri temi come: - l’attività politica dell’uomo, fondamentale per modificare il corso degli eventi della storia, non divenendone così “succube”; - la Fede, che porta l’uomo a proseguire il suo ideale; - la Fortuna, che gioca un ruolo fondamentale nella vita di ogni uomo; - la credenza che tutti gli uomini nascano buoni ma, per via delle loro fragilità, si avvicinano al male. - la severità del governo rispetto alla dolcezza, per il motivo precedente.

Vissuto durante il Rinascimento tra 1483-1540, Francesco Guicciardini fu un esponente dello Storicismo: studio della politica passata, per ricercare la politica migliore per il presente.Egli sostiene nelle sue opere l’impossibilità di descrivere la realtà in pochi concetti universali. Ogni aspetto del creato è infatti particolare, differente da tutti gli altri e per conoscerlo bisogna analizzarlo nella sua unicità; da qui nasce il concetto del “Particulare”.Un altro concetto importante di tutta la riflessione di Guicciardini è la consapevolezza che la realtà storica è soggetta all'azione della Fortuna, che non permette di prevedere o pianificare gli eventi futuri; grande importanza riveste allora la "Discrezione", ovvero la capacità di analizzare i singoli fatti nelle loro sfumature, adattando ad esse il proprio comportamento.

DARIA SPAGNULO

3. Francesco Guicciardini

Fonda il suo pensiero filosofico sulla fisica e sulla magia: parte da queste due discipline per giungere ad una metafisica teologica che, secondo lui, è alla base di un necessario rinnovamento sia politico che religioso. Campanella si concentra soprattutto sull'animazione delle cose, che è universale e sta alla base della magia.

Tommaso Campanella nasce a Stilo, in Calabria, nel 1568. A causa delle sue idee filosofiche, è vittima di una serie di processi per eresia e imprigionamenti. Tornato in Calabria, tenta di realizzare una repubblica universale a carattere teocratico: il modello a cui si ispira è descritto nella Città del Sole del 1602. Muore a Parigi nel 1639.

CHIARA ANGELILLI

La vita e il pensiero

4. Tommaso Campanella

Nella Città del Sole, Campanella descrive la struttura di uno stato perfetto, organizzato da uomini di scienza e governato da un principe sacerdote, detto Sole o Metafisico, coadiuvato dai cosiddetti tre principi collaterali, Pon, Sin e Mor, ovvero potestà, sapienza e amore. Le caratteristiche dello stato sono la comunanza dei beni e delle donne e la religione naturale. La religione dei solari, gli abitanti, si basa sulla ragione. Così come la conoscenza, anch la religione è suddivisa in innata e acquisita: innata è la religione naturale, che sta alla base di tutte le religioni positive, che corrispondono a quelle acquisite. Secondo Campanella, il cattolicesimo è la religione che più si avvicina a quella ingenita, ma deve essere liberata dalle superficialità e dagli abusi.

CHIARA ANGELILLI

Grozio determinò i caratteri che l’uomo possiede fin dallo stato di natura: sono le cosiddette leggi non scritte, indipendenti dall’evoluzione culturali dell’uomo, e sono fondate indipendentemente da Dio, su princìpi propri della ragione, validi anche "se Dio non vi fosse". Grozio individua i diritti naturali in: l’astenersi dalle cose altrui, la restituzione dei beni altrui e del lucro da essi derivato, l’obbligo di mantenere le promesse, il risarcimento del danno arrecato per colpa propria e il poter essere soggetti a pene tra gli uomini. Questa dottrina del diritto naturale è definita giusnaturalismo. Nel corso della storia, la civiltà umana si è evoluta creando organismi sociali sempre più complessi e nuove leggi che fanno parte del cosiddetto diritto positivo.

Ugo Grozio è il nome italianizzato di Huig van Groot, nato in Olanda nel 1583. Ugo era quello che oggi chiameremmo un “bambino prodigio”, tanto che a soli dodici anni fu ammesso all’Università, dove si laureò in Legge. La sua storia è legata al conflitto politico-religioso fra arminiani e gomaristi, che si consumava in quegli anni in Olanda. I gomaristi erano calvinisti ortodossi, sostenitori della dottrina della giustificazione per sola fede. Grozio, per la sua formazione umanistica ed erasmiana, non poteva che schierarsi con gli arminiani, che credevano nella non irresistibilità della predestinazione.

La vita e il pensiero

CHIARA ANGELILLI

5. Ugo Grozio

Per Thomas Hobbes la legge naturale è qualcosa di assolutamente differente rispetto all’ordine divino ed universale in cui era concepita dagli stoici, dai romani e dalla tradizione medievale: come i giusnaturalisti, la considera un risultato della ragione umana. Ma se per il giusnaturalista Grozio la ragione è qualcosa di assolutamente autonomo, per l’inglese Hobbes è invece un’attività che agisce condizionata dal contesto in cui opera e assolutamente non come un valore in sé.

Una delle basi principali del pensiero politico hobbesiano poggia sul netto rifiuto dell’assunto aristotelico che considera l’uomo un “animale politico”: nel “De Cive” il filosofo inglese nega l’esistenza di un naturale sentimento di amicizia tra gli uomini, per cui alla base della tendenza degli esseri umani ad associarsi ci sarebbe soltanto il mero bisogno. Hobbes individua, dal canto suo, due assiomi dai quali fa discendere l’intera scienza politica: la bramosia naturale e la ragione naturale.

SARA BOTTAZZO

Il pensiero

6. Thomas Hobbes

Ma, di fatto, non c’è nulla che assicuri che queste regole siano effettivamente rispettate. L’unico modo è quello di costituire un potere tanto forte da rendere assolutamente sconsigliabile qualsiasi azione contraria: lo Stato. Hobbes però non pensa che il diritto possa o debba essere trasferito esclusivamente ad un monarca, ma anche ad un’assemblea. In ogni caso questo patto sociale non viene stretto tra i sudditi ed un sovrano (o assemblea), ma tra i soli sudditi che trasferiscono ad un soggetto esterno i loro diritti: il potere di questo soggetto rimane assoluto ed indivisibile. Chi rappresenta lo Stato è il sovrano, o Leviatano, che ha potere su tutti gli altri che sono solo dei sudditi.

Le leggi di natura dettate dalla ragione non sono però in nessun modo assolute né vincolanti, ma semplicemente “prudenziali”, e la loro validità è condizionata dal fine che si vuole conseguire.

SARA BOTTAZZO

John Locke è stato uno dei più importanti filosofi politici della storia, noto soprattutto per la sua teoria del governo e della società basata sulla libertà individuale e sul contrattualismo. Nel suo lavoro più famoso, "Two Treatises of Government", Locke ha sostenuto che il potere politico deriva dal consenso dei governati e che i governi hanno il dovere di proteggere i diritti naturali dei cittadini, tra cui la vita, la libertà e la proprietà privata.Il filosofo ha una visione positiva dello stato di natura umana, anche se egli visse in un periodo di profonda inquietudine civile e politica in Inghilterra.

Il pensiero politico

SAMANTHA LADDOMADA

7. John Locke

Il potere del governo non deve essere assoluto o arbitrario: quindi, secondo Locke, la forma di governo adatta è la monarchia costituzionale, in cui il governo perderebbe la sua legittimità se tradisse i diritti inviolabili delle persone e i veri sovrani, cioè gli individui, sarebbero autorizzati a destituirlo. Da qui si sviluppa il liberalismo politico, che si basava su tre poteri fondamentali: legislativo, esecutivo e giudiziario. Questi tre poteri, che ispirano Locke, sono ancora oggi alla base della Costituzione dei paesi democratici.

Locke crede che gli uomini non siano esseri asociali e amorali, ma che siano dotati e illuminati dalla ragione. Al contrario di come pensava Hobbes, nello stato di natura di Locke prevale la razionalità che asicura il benessere pacifico della vita. Non sottovaluta, comunque, l'istinto egoistico degli uomini: infatti, come Hobbes, anche lui ritiene giusto che lo stato civile si debba basare su un patto di unione e un patto di sottomissione. Per Locke, l'autorità dello stato di natura è vincolata rispetto alla legge.

SAMANTHA LADDOMADA

lavoro diSamantha laddomada sara bottazzo daria spagnulo chiara angelilli 4H

Grazie dell'attenzione