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MUSEO ARCHEOLOGICO DI NAPOLI

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Created on November 14, 2024

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Transcript

il museo archeologico di napoli

LA STORIA DEL MUSEO

LE COLLEZIONI

LE STATUE ED I MOSAICI

le mie CONSIDERAZIONI

la storia del museo

Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli nacque nel XVIII secolo per volontà di Carlo di Borbone, re del Regno di Napoli, che volle fare della città un simbolo del prestigio culturale del suo regno. Carlo promosse scavi a Ercolano (1738) e Pompei (1748) per valorizzare il patrimonio dell'antichità e trasferì a Napoli le opere della Collezione Farnese, ereditata dalla madre Elisabetta Farnese. La scelta di Napoli come sede del museo rispondeva al desiderio di rafforzare l'identità culturale della capitale e il suo legame con il mondo classico. Suo figlio, Ferdinando IV, unificò la Collezione Farnese e i reperti vesuviani nell'attuale edificio del museo, ristrutturato per l’occasione. Durante la dominazione francese furono avviati i primi allestimenti, e con il ritorno dei Borbone nel 1816, il museo fu denominato Real Museo Borbonico. Nel 1860, divenne Museo Nazionale, ampliando le sue collezioni con reperti provenienti da tutta la Campania e l’Italia Meridionale. Il museo rappresentava quindi un progetto politico e culturale, volto a esaltare l'eredità storica della regione e il prestigio della dinastia borbonica.

Cassetta porta-uscebti cantatrice di Amon Fine XX dinastia - inizio XXI dinastia (1100-1000 a.C. ca.)

Quadretto con scena erotica da Pompei, Casa di Cecilio Giocondo

Insegna delle Terme di Marco Crasso Frugi da Pompei

Parete a tappeto da Stabiae, Villa di Arianna

Statua di Holconius Rufus Da Pompei

Atlante Farnese

COLLEZIOne epigrafa

COLLEZIONE DEGLI AFFRESCHI

COLLEZIOne egiziana

COLLEZIOne FARNESE

COLLEZIONE ROMANA

GABINETTO SEGRETO

LE COLLEZIONI

La Collezione Farnese, tra le più celebri raccolte di antichità, nacque nel Rinascimento grazie alla famiglia Farnese, che arricchì le proprie dimore con capolavori acquisiti attraverso acquisti, scavi e requisizioni. Iniziata da Alessandro Farnese, divenuto papa Paolo III nel 1534, fu ampliata dai nipoti Alessandro e Odoardo. Ereditata da Carlo III di Borbone tramite sua madre Elisabetta Farnese, la collezione giunse a Napoli sotto Ferdinando IV, che la rese centrale nel nascente museo insieme ai reperti vesuviani. Oltre alla Collezione Farnese, nel MANN sono conservati pezzi di altre collezioni come la Collezione Campania Romana, che racconta la vita nelle città antiche di Pompei, Ercolano, Cuma e Capua attraverso sculture, affreschi e decorazioni architettoniche, la Collezione Egiziana, seconda per importanza in Italia, ospita mummie, sarcofagi, amuleti e il celebre Naoforo Farnese, offrendo uno spaccato della civiltà egizia e dei suoi contatti con il mondo greco-romano, la Collezione Epigrafica che conserva iscrizioni in latino, greco e osco, come la Tabula Osca Bantina e il Cippo Abellano, documentando la romanizzazione dell’Italia meridionale, il Gabinetto Segreto che raccoglie oltre 250 reperti erotici provenienti da Pompei ed Ercolano, tra cui affreschi e statuette, che illustrano la vita intima e simbolica nel mondo antico e, infine, la Collezione degli Affreschi che custodisce opere provenienti dalle ville vesuviane, raffiguranti scene mitologiche, nature morte e decorazioni che ricostruiscono l’evoluzione della pittura romana.

Atlante Farnese

le statue che mi sono piaciute di piÙ

La statua di Apollo seduto rappresenta il dio in un momento di riposo su uno sperone roccioso, scolpita in un unico blocco di marmo e porfido rosso. Apollo è raffigurato con un chitone manicato e un himation, con la cetra nella mano sinistra e il plettro nella destra econ la testa adornata da una corona di alloro. Originariamente identificata come "Roma trionfante", l’opera fu acquisita dai Farnese nel 1546. Le parti anatomiche in bronzo furono sostituite in marmo nel 1790 da Carlo Albacini. Si pensa che la statua sia ispirata a un modello del Santuario di Delfi e datata al periodo adrianeo (117-138 d.C.).

APOLLO CITAREDO SEDUTO SU ROCCIA

La scultura di "Eracle a riposo" raffigura il celebre eroe mitologico Eracle (Ercole) in un momento di pausa dopo le sue fatiche. Alta oltre tre metri, la statua mostra Eracle appoggiato alla sua clava, coperta dalla pelle di leone e con la mano destra nascosta dietro la schiena. La scultura evidenzia una muscolatura dettagliata, simbolo della sua forza, con un contrasto tra il lato sinistro rilassato e quello destro in tensione. Datata tra il II e il III secolo d.C., fu scoperta nel 1546 nelle Terme di Caracalla, originariamente senza testa né gambe, che furono successivamente reintegrate nel XVI e XVIII secolo. L'opera si ispira a un originale di Lisippo del IV secolo a.C., reinterpretato in chiave monumentale da Glykon di Atene, riflettendo l’estetica e i gusti del periodo imperiale.

ERACLE A RIPOSO

il toro fARNESE

(supplizio di dirce)

Il Toro Farnese è uno dei gruppi scultorei più imponenti dell'antichità, raffigurante il mito del supplizio di Dirce. La scena centrale mostra Dirce che cerca di essere legata a un toro da Anfione e Zeto, figli di Zeus e Antiope, per punirla delle angherie verso la loro madre. Anfione trattiene l'animale per le corna mentre Zeto tenta di legare la donna. La composizione è arricchita da figure come Antiope, che guarda la scena nel retro, il pastore che ha cresciuto i giovani e alcuni animali, elementi che creano un drammatico movimento attorno al grande blocco di marmo da cui l'opera è scolpita. Risalente al II-III secolo d.C. e scoperta nel 1545 nelle Terme di Caracalla, fu inizialmente interpretata erroneamente come una scena delle fatiche di Eracle. Attribuito agli scultori rodii Apollonio e Taurisco, il gruppo richiama ambientazioni dionisiache e il Monte Citerone, luogo del mito. Restaurato e trasferito nel XVIII secolo a Napoli, il Toro Farnese oggi incanta per la grandiosità e la complessità della sua composizione ellenistica e romana.

i tirannicidi

ARMODIO

ARISTOGITONE

Questo gruppo scultoreo rappresenta Armodio e Aristogitone nell’atto di uccidere Ipparco, figlio del tiranno ateniese Pisistrato. Le due figure, scolpite in marmo bianco, sono rappresentate nude e in posture dinamiche e speculari. Armodio è colto in una posizione di slancio con il braccio destro sollevato sopra la testa e il sinistro abbassato lungo il fianco. Aristogitone, invece, indossa una clamide che copre il braccio sinistro, proteso in avanti per proteggere l’amico, mentre il destro è lungo il fianco. Il gruppo è attribuito allo Stile Severo (480-450 a.C.), che supera la rigidità arcaica in favore di maggiore naturalismo e dinamismo. L’originale bronzeo greco, opera di Kritios e Nesiotes (477 a.C.), fu dedicato nell’agorà di Atene come simbolo della libertà contro la tirannide. Rinvenute a Villa Adriana e Baia, le sculture sono alte circa 1.85 metri e poggiano su un plinto aggiunto dagli scultori romani. Questo gruppo è celebre come la prima scultura greca dedicata a uomini mortali per un gesto eroico, divenuto simbolo della democrazia ateniese e della lotta contro la tirannia. La sua fortuna iconografica si è perpetuata nell’antichità attraverso monete, rilievi e vasi dipinti, ed è stata ripresa anche in epoca romana, sia in contesti repubblicani che imperiali.

+info

I MOSAICI che mi sono piaciutI di piÙ

Il Mosaico Memento Mori, rinvenuto in un triclinium di una casa-bottega a Pompei, simboleggia la caducità della vita e l'uguaglianza di tutti di fronte alla morte. La scena mostra un teschio, che rappresenta la morte, sospeso su una livella con filo di piombo, accanto a una farfalla che allude all'anima e a una ruota, simbolo della fortuna mutevole. Ai lati della livella si trovano simboli di ricchezza e potere (uno scettro e un mantello di porpora) opposti a quelli della miseria (bastone da mendicante e bisaccia), evidenziando come la morte livella tutte le differenze sociali. Questo mosaico esprime il tema della transitorietà della vita, riscontrabile anche nella cultura romana attraverso massime e rappresentazioni artistiche, fungendo da monito per riflettere sulla mortalità e apprezzare i piaceri della vita.

MEMENTO MORI

Il Mosaico della Lotta dei Galli di Pompei, rinvenuto nella lussuosa Casa del Fauno, rappresenta due galli in combattimento con grande realismo e dinamismo, evidenziando l'interesse degli antichi Romani per la competizione e il simbolismo legato al duello. I dettagli raffinati delle piume e delle posture trasmettono energia e tensione, rivelando il gusto ellenistico per la rappresentazione drammatica e dettagliata. Oltre al suo valore estetico, il mosaico simboleggia il prestigio e la cultura del proprietario, riflettendo valori come coraggio e forza. Conservato oggi al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, rimane una testimonianza significativa dell'arte e delle passioni romane.

LA LOTTA DEI GALLI

LE MIE CONSIDERAZIONI

Il Museo Archeologico di Napoli mi ha colpito per la sua storia e la grande quantità di reperti custoditi. Grazie a questa visita ho approfondito la mia conoscenza della mitologia e delle usanze degli antichi, scoprendo aspetti della vita quotidiana di Pompei ed Ercolano. Le opere esposte, come i mosaici pompeiani e le sculture della Collezione Farnese, mi hanno affascinato per la loro bellezza e la capacità di raccontare storie del passato. La precisione dei dettagli e la monumentalità delle statue mostrano l’abilità degli artisti e l’importanza dell’arte nella società romana. Questa esperienza mi ha fatto comprendere come i Romani utilizzassero l’arte per celebrare la loro grandezza, decorare la vita quotidiana e tramandare valori e memoria. Mi sono sembrati un popolo ingegnoso, capace di unire funzionalità e raffinatezza, con una visione dell’arte ancora viva e influente nel presente.

GRAZIE PER L'ATTENZIONE

Lavoro a cura di:Martina Cerone

LA STATUA DA ALTRE PROSPETTIVE