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Presentazione Carnevale di Venezia

Sara Russo

Created on November 12, 2024

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IL BAROCCO

GIAN LORENZO BERNINI

GIAN LORENZO BERNINI nasce nel 1598 a Napoli. Sulla scia di Annibale Carracci il giovane Bernini studia i grandi artisti del Rinascimento e la statuaria antica. Poco dopo i vent'anni si fa notare con una serie di gruppi scultorei realizzati per Scipione Borghese, cardinal nepote di papa Paolo V. Negli anni Trenta domina la scena romana: è l'artista prediletto di papa Urbano VIII, che gli affida i primi incarichi architettonici. Sono anni di fervente attività durante i quali Bernini approfondisce l'impiego di artifici prospettici nella scenografia e ritrae numerosi personaggi di rilievo anche stranieri, come il cardinale francese Richelieu e re Carlo I d'Inghilterra!

IL RATTO DI PROSPERINA

Bemini introduCe una serie di invenzioni formali che ricorreranno in seguito in tutte le sue opere scultoree. Scegliendo di cogliere la scena al suo culmine, quando cioè Plutone con una presa decisa cattura la giovane donna, introduce uno straordinario dinamismo, orientando gli arti e i capi in più direzioni oblique. La resa dei dettagli con cui Bernini estremizza la tendenza di molti scultori a riprendere il naturalismo caravaggesco è iperrealistica: le mani del dio sembrano affondare nella morbida carne femminile e sulla guancia di lei si vedono scorsere le sue lacrime

APOLLO E DAFNE

Simbolo per eccellenza della transitorietà dei piaceri terreni è Apollo e Dafne opera commissionata a Bernini dal cardinale Borghese per sostituire la Proserpina donata a Gregorio XV. La lunga lavorazione, dovuta anche a un'interruzione in corso d'opera, produce un risultato tecnicamente straordinario: un Apollo slanciato, leggero e dall'espressività misurata, ispirato a una celebre statua ellenistica delle collezioni papali, l'Apollo del Belvedere, è colto nell'atto di afferrare la ninfa, che si inarca per sfuggire al dio. L'efficacissima rappresentazione delle ciocche fluenti di Dafne, delle foglie che scaturiscono dalle sue dita e del contrasto tra la corteccia dell'albero.

IL DAVID

Il david IL è Massimo esempio di un'azione rapida colta nel momento culminante, mostra a pieno come Bernini riveda senza scrupoli la tradizione rinascimentale. David infatti ha un volto tanto espressivo da apparire quasi una smorfia ed è sbilanciato ben oltre i canoni del contrapposto michelangiolesco. La dinamica dell'azione presuppone inoltre la presenza di Golia, con l'effetto di chiamare in causa direttamente lo spettatore, il quale, più che identificarsi con l'eroe biblico, può quasi credere di essere il suo bersaglio.è evidente che l'impatto dell'opera sui sensi gioca un ruolo primario nella creazione.

LA CAPPELLA CORNARO

''GLI SPETTATORI''

ESTASI DI SANTA TERESA

La tendenza tipicamente barocca a fare dello spazio architettonico il luogo di una rappresentazione che si svolge sotto gli occhi dello spettatore trova una delle sue massime espressioni negli spazi aperti pubblici. A Roma uno degli elementi maggiormente impiegati per ridisegnarli è la fontana, La fontana della Barcaccia, voluta da Urbano VIII nel 1626 per lo slargo corrispondente al nucleo originario di piazza di Spagna che si apriva sul corso diretto da Porta del Popolo al cuore della città. Dato che in loco non era possibile innalzare l'acqua fino a una vasca elevata a causa della scarsità di pressione, Pietro progetta due bacini concentrici di forma ovoidale posti quasi alla stessa altezza, dando a quello centrale la forma di una barca che tre modesti zampilli colmano di acqua.

LA FONTANA DELLA BARCACCIA

Culmine delle sculture berniniane con l'acqua è la Fontana dei Quattro Fiumi, realizzata al centro di piazza Navona. regge un antico obelisco egizio (appositamente trasportato sul posto) coronato da una colomba, simbolo dei Pamphili. Esaltazione evidente della famiglia papale, la fontana forse celebra anche la fine della guerra dei Trent'anni (1648): vi alluderebbero l'obeli-sco, la colomba e il picco che emerge dalle acque, evocazione del sole e della pace che tornano sul monte Ararat dopo il diluvio.

LA FONTANA DEI 4 FIUMI

LA FONTANA DEL TRITONE

Nella Fontana del Tritone, posta a breve distanza dal palazzo dei Barberini, la vasca centrale diventa un gruppo scultoreo: una serie di emblemi di Urbano VIII, quali le api, la mitra papale e i delfini, formano la pila di sostegno di un bacino conformato come una conchiglia a valve aperte; su questa si erge un muscoloso tritone a due code, che sembra soffiare vigorosamente dentro a una buccina (una grossa conchiglia) dalla quale scaturisce, invece del suono, lo zampillo centrale della fontana.

PIAZZA SAN PIETRO

A determinare le sue scelte sono numerosi fattori. -Il palazzo papale con la finestra delle benedizioni era lontano dalla facciata della basilica; -altrettanto lontano era l'obelisco egizio proveniente dal vicino circo romano di Nerone, -l'allungamento della basilica con un corpo a tre navate aveva finito col celare alla vista di chi si approssimava alla chiesa la bellissima cupola michelangiolesca. Progettando questo spazio come un ovale messo di traverso rispetto al percorso verso la chiesa, riesce ad -ampliare la piazza in direzione del palazzo papale, rendendolo più visibile; -indurre i fedeli a soffermarsi ad ammirare la basilica da un punto in cui il cupolone si scorge ancora bene, grazie alla forma ad ovale; -smorzare invece gli effetti della visione prospettica, facendo apparire la chiesa più vicina e monumentale di quanto non sia realmente, grazie alla forma di trapezio.

Scala Regia

La nuova Scala Regia, realizzata tra il 1663 e il 1666 da Bernini, sfrutta l'idea, già sperimentata da Borromini dieci anni prima, di utilizzare un percorso "a cannocchiale" per fingere una lunghezza assai maggiore di quella reale: a tale scopo la prima rampa è costeggiata da due file di colonne ioniche convergenti, la cui altezza si riduce salendo. La copertura è a botte tronco-conica cassettonata e scandita da archi trasversali..

FRANCESCO BORROMINI

FRANCESCO CASTELLI,sopran-nominato il BORROMINI (dal cognome del patrigno del padre) è stato uno dei più originali artisti del Seicento. Nato nel 1599 a Bissone, sul lago di Lugano, Borromini si trasferisce in giovane età a Milano con il pa-dre, capomastro e architetto, per imparare il mestiere di intagliatore di pietre. Nel capoluogo lombardo si forma come scalpellino presso il cantiere del duomo, dove ha modo di affinare le sue competenze tecniche sui materiali e di studiare, attraverso l'esperienza diretta, un'architettura complessa e stratificata come quella della cattedrale. Intorno al 1619 Borromini si trasferisce a Roma, mettendosi immediatamente in contatto con il nutrito numero di maestranze che lavorano nei cantieri diretti da Carlo Maderno.

SANT'IVO ALLA SAPIENZA

Il progetto di Borromini presenta un impianto originale impostato sullo schema di due triangoli equilateri ruotati che formano una stella a sei punte, simbolo della sapienza e riduzione schematica dell'ape, emblema araldico dei Barberini. La sequenza serrata di lesene scanalate modella l'alternarsi di spazi concavi e convessi lasciando emergere, agli angoli, la forma di un esagono. Dall'alta trabeazione mistilinea che ripete il perimetro della pianta, si espande l'alta cupola .

SAN GIOVANNI IN LATERANO

Nel 1646 papa Innocenzo X, in previsione del Giubileo del 1650, decide di mettere mano alla ristrutturazione LA basilica di San Giovanni in Laterano, la più antica chiesa romana paleocristiana. Il restauro della basilica è affidato a Francesco Borromini che, Per conservare la struttura dell'antica chiesa, ingloba la preesistente sequenza di colonne in granito in un sistema strutturale di pilastri architravati, inquadrati da paraste in ordine gigante, ottenendo così una travata ritmica. Su ciascun lato i pilastri sostengono grandi archi a tutto sesto comunicanti con le navate laterali e ospitano dodici tabernacoli con statue degli apostoLI

PIETRO DA CORTONA

PIETRO BERRETTINI, detto DA CORTONA (1596-1669), è stato un pittore e architetto tra i principali del Barocco in Italia. E introdotto al mestiere dal padre, scalpellino, nella bottega dell'artista ANDREA COMMODI (1560-1648). Nel 1612 si trasferisce a Roma dove stringe legami con le famiglie più colte dell'aristocrazia romana, con i collezionisti e i cultori dell'antico. Nell'Urbe studia le statue antiche, le opere di Michelangelo, Caravaggio e Raffaello, che eserciteranno sempre una profonda influenza sulla sua opera. L'amicizia con Marcello Sacchetti, appartenente a una nobile e ricca famiglia fiorentina, molto legata ai Barberini, consente all'artista di cimentarsi nei suoi primi lavori di prestigio.

IL RATTO DELLE SABINE

Tra le tele a soggetto mitologico realizzate per la famiglia Sacchetti ve ne è una raffigurante il Ratto delle Sabine [- fig. 47), ovvero il rapimento delle donne del popolo dei Sabini attuato dai Romani per popolare la città di Roma, da poco fon-data. Il dipinto è uno tra i più rappresentativi non solo dello stile di Pietro da Cortona ma anche della pittura barocca dei primi decenni del secolo. La scena si svolge in primo piano, sullo sfondo di un verdeggiante pacsaggio in cui si intravedono obelischi e antichità, testimonianze della cultura classica dell'artista. La composizione, fortemente asimmetrica, segue una diagonale che dal centro dirige lo sguardo dell'osservatore verso destra, in un crescendo di teatralità determinato dal dinamismo dei gesti e dalla concitazione delle emozioni

IL TRIONFO DELLA DIVINA PROVVIDENZA

Tra il 1623 e il 1639 Pietro da Cortona esegue il lavoro più impegnativo della sua carriera artistica, l'affresco della grande volta del salone da ballo di palazzo Barberini, commissionato dalla potente famiglia per celebrare lo status del casato dopo l'elezione, nel 1623, di Maffeo Barberini a pontefice. Nell'ampia porzione centrale l'esaltazione del pontificato è rappresentata dalla personificazione delle tre Virtù teologali - Fede, Speranza e Carità - che trasportano una corona di alloro entro cui sono rappresentate le api, simbolo dei Barberini.

IL MITO

Il mito, tratto sempre dalle Metamorfosi di Ovidio, narra che Cupido fece innamorare Apollo della ninfa Dafne, la quale, per sfuggire all'amore del dio, che non corrispondeva, invocò l'aiuto del padre Penéo, che la trasformò in un albero di alloro.

IL MITO

Il mito, tratto sempre dalle Metamorfosi di Ovidio, narra che Cupido fece innamorare Apollo della ninfa Dafne, la quale, per sfuggire all'amore del dio, che non corrispondeva, invocò l'aiuto del padre Penéo, che la trasformò in un albero di alloro.

Bernini vuole materializzare il miracolo sotto gli occhi dello spettatore: il blocco marmoreo che include l'angelo e Teresa, posati su una nuvola in stucco, è agganciato alla parete di una nicchia ricavata nel muro di fondo della cappella e incomiciata in modo da nascondere una finestra ovale collocata alla sua sommità: la luce che piove sulle due figure, filtrata da vetri, trasportata dai raggi di bronzo dorato e riflessa dal marmo bianco, sembra così una forza misteriosa capace di sollevare i corpi da terra.

le pareti, rivestite di pregiatissimi marmi dai colori caldi, appaiono come luogo ter-reno, nel quale il cardinale e i suoi parenti, ritratti entro due balconate laterali che ricordano palchetti teatrali, osservano e commentano il miracolo