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I Comuni
Gabriele Gerardi
Created on November 12, 2024
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La nascita dei Comuni:
Il Comune : un nuovo soggetto politico
Come abbiamo visto nelle precedenti lezioni, a partire dall'XI secolo, quindi dopo l'anno Mille, in conseguenza della crescita demografica ed economica realizzatasi in questo periodo, si assistette alla rinascita dei centri urbani, molti dei quali, nei secoli successivi alla caduta dell'impero romano, si erano spopolati.
E' in seno ad essi che acquistò forza un nuovo ceto sociale: la borghesia formata da:mercanti, artigiani,medici,notai,giudici,bottegai.Era così chiamata perché, originariamente, risiedevano nei borghi sorti attorno alle mura più antiche dei centri urbani.
Come abbiamo visto, a svilupparsi per prime furono le città di mare che decisero di organizzarsi come piccoli Stati autonomi. Nacquero così le Repubbliche marinare che, dall'anno MIlle in poi, controllarono quasi tutti i commerci del Mar Mediterraneo.
Ma anche altre città maggiormente dinamiche e prospere dal punto di vista economico e sociale, non solo in Italia ma anche in altre regioni dell'Europa occidentale ( Francia, Germania, Fiandre, ..) iniziarono a rivendicare la propria autonomia dalle autorità tradizionali quali i feudatari, i vescovi, il re, l'imperatore.
Avvenne, pertanto, che membri di classi sociali diverse quali: mercanti, artigiani, ma anche nobili senza feudo ed ecclesiastici minori, decisero spontaneamente di unirsi in libere associazioni, allo scopo di difendere e ampliare i propri interessi e privilegi e liberarsi progressivamente dal rigido controllo dei feudatari e conquistare così una sempre maggiore autonomia e indipendenza.Approfondimento di ed.civica: art. 17 e 18 della costituzione relativi alla libertà di associazione ( p. 104 del manuale)
Poco a poco, questi nuovi organismi si trasformarono in veri e propri organi di governo non solo dei centri urbani ma anche dei territori rurali limitrofi, il cosiddetto contado, finendo progressivamente per esercitare delle funzioni che costituivano prerogative regali come: fare le leggi, coniare le proprie monete, eleggere i magistrati e amministrare la giustizia, riscuotere le imposte, garantire l'ordine pubblico, armare l'esercito e dichiarare guerra autonomamente.
Nacquero così i Comuni i quali, dunque, si configuravano come delle entità autonome di autogoverno che riflettevano gli interessi collettivi dei cittadini. Tali istituzioni, progressivamente, divennero sempre più complesse e articolate; si dotarono, infatti, di propri magistrati e anche di proprie leggi che , raccolte in documenti scritti, ovvero , negli statuti, servivano a regolare i vari aspetti della loro vita.
Il movimento comunale coinvolse tutta l'Europa; in particolare, le zone in cui si sviluppò furono: - l’Italia centrale e settentrionale; - la Francia meridionale; - le Fiandre; - la Germania renana; - le coste del mar Baltico.
Per acquisire la propria autonomia, però, le istituzioni comunali entrarono in conflitto con i feudatari dei territori limitrofi, raggiungendo esiti diversi. Così, nelle regioni italiane centro settentrionali, dove il sistema comunale ebbe origine, queste lotte determinarono la quasi totale scomparsa del sistema feudale signorile, per cui i feudi e le signorie vennero incorporati dal Comune cittadino che liberarò i servi dai vincoli di sottomissione ai signori e ai feudatari. Si ebbe quindi la completa fusione politica e territoriale tra il centro urbano e il territorio rurale circostante ( il contado).
Nell'Italia meridionale e in Sicilia, il fenomeno dei Comuni non potè affermarsi e, dunque, le città, non raggiunsero mai una vera autonomia a causa del forte potere monarchico dei Normanni.Nel resto dell'Europa dove si diffuse il sistema comunale, il contado rimase nelle mani dei signori feudali e i Comuni per difendere i loro privilegi ed interessi dovettero ricorrere al sostegno di altri poteri, come quello dell'imperatore o del re o del vescovo.
Infine, nelle monarchie feudali dell'Inghilterra, della Francia e della Spagna, dove era stato avviato un processo di accentramento del potere monarchico, i Comuni ricevettero l'appoggio dei sovrani i quali, proprio per rafforzare il loro potere, avevano interesse a ridurre l'influenza dei grandi feudatari all'interno del loro Stato. Per tale motivo, i Comuni godettero della loro autonomia amministrativa e giudiziaria e furono svincolati dalla gerarchia feudale, anche se rimasero inclusi in uno Stato territoriale più vasto sottoposti all'autorità del sovrano.
In sintesi possiamo schematicamente dire che:
I Comuni tedeschi
Un fenomeno simile a quello verificatosi nell'Italia centro settentrionale, dove il sistema comunale ebbe origine, ebbe luogo in alcune aree dell'Impero germanico, ad esempio lungo il fiume Reno oppure nelle Fiandre ( corrispondenti ad una porzione dell'attuale Belgio) dove si era sviluppata una fiorente civiltà urbana.
In queste terre, alcuni grandi mercanti, stipulando tra loro degli accordi, diedero origine a delle leghe commerciali, chiamate <<Hanse>>, parola che significa <<raggruppamento>>, volte a tutelare i loro interessi dei mercanti.Nel 1356 si giunse alla formazione di un'unica grande Hansa chiamata "Lega Anseatica", un'associazione aperta, senza atto costitutivo, statuto e programma, basata solo su alcune regole fondamentali.
Questa confederazione aveva la sua sede principale a Lubecca, ma aveva anche altre sedi in numerose altre città che si affacciavano sul mare del Nord e sul mar Baltico. Le città alleate godevano di particolari privilegi commerciali come, l'esenzione dei dazi doganali normalmente in vigore negli Stati di appartenenza. Tali privilegi facevano di tali città delle "città libere".
Grazie alle navi appartenenti ai mercanti dell’Hansa, un’infinità di prodotti, di diversa provenienza, raggiungeva tutte le città dell’alleanza, originando enormi profitti commerciali. Nel suo periodo di maggiore splendore contò circa 200 membri e riuscì a ottenere il controllo totale del commercio della regione per circa tre secoli.
A partire dal quattrocento, però, in seguito al rafforzamento del potere della grande nobiltà , la maggior parte delle città autonome tedesche vennero riassorbite all'interno dei varo Stati e potentati del territorio tedesco.
I comuni italiani
Il fenomeno dei Comuni in Italia, come abbiamo visto, ebbe origine e si affermò soprattutto nell'Italia centro- settentrionale dove le città riuscirono a liberarsi dal controllo del conte o del vescovo. L'Istituzione comunale subì nel tempo un'evoluzione che possiamo dividere in tre tappe: - Il Comune dei consoli ( metà del XiI secolo); -Il comune dei podestà ( metà del XIII secolo); - Il comune popolare (seconda metà del XIII secolo)
I comuni italiani
Il fenomeno dei Comuni in Italia, come abbiamo visto, ebbe origine e si affermò soprattutto nell'Italia centro- settentrionale dove le città riuscirono a liberarsi dal controllo del conte o del vescovo. L'Istituzione comunale subì nel tempo un'evoluzione che possiamo dividere in tre tappe: - Il Comune dei consoli ( metà del XiI secolo); -Il comune dei podestà ( metà del XIII secolo); - Il comune popolare (seconda metà del XIII secolo)
I comuni dei consoli
Nella fase iniziale, i Comuni furono governati dall'aristocrazia feudale che rappresentava il gruppo sociale più influente e organizzato della città. Il governo del comune, pertanto, era affidato nelle mani di due o più consoli, dei magistrati (da due a venti a seconda delle città) la cui carica durava un anno, al fine di evitare la formazione di regimi dittatoriali. oltre ad eleggerli, ne conferma le decisioni.
Essi: - amministravano la Giustizia e le Finanze, - comandavano la milizia cittadina e - dirigevano la politica estera del comune. I consoli, nelle loro funzioni, soprattutto nelle questioni più delicate, erano coadiuvati da un consiglio minore o senato, formato dai rappresentanti delle famiglie più importanti della città.
I consoli, che venivano scelti tra i cittadini più importanti, i cosiddetti " magnati", venivano eletti dall’assemblea cittadina, chiamata in modi diversi: arengo, parlamento, concione, e formata solo dalla popolazione maschile che prestava servizio militare (con esclusione dei servi, delle persone senza fissa dimora e dei non cristiani).
Tale assemblea, oltre ad eleggerli, aveva anche il compito di : - decidere sulle questioni più importanti - di approvare le leggi. Essendo, però, molto numerosa e difficile da gestire, spesso veniva sostituita da un Consiglio maggiore che, formato dai cittadini più autorevoli, amministrava la città, emanava le leggi, sceglieva i consoli, decideva l'entrata in guerra o la stipula della Pace; inoltre, curava le relazioni diplomatiche con gli altri Comuni.
I consoli, al momento di assumere la carica, s’impegnavano a garantire la pace, la sicurezza e la giustizia, ma difficilmente riuscivano a farlo dal momento che la vita comunale, infatti, era caratterizzata da forti tensioni popolari derivate dalle continue lotte interne che, quansi all'ordine del giorno, si verificavano tra le famiglie aristocratiche per conquistare il potere e il predominio. Tali tensioni degeneravano molto spesso in violenti conflitti cittadini rendendo, pertanto, sempre più complessa e difficile da governare la vita comunale.
I comuni dei podestà
Per porre fine a questi conflitti e garantire l'ordine e la tranquillità, in molti comuni si decise di affidare il governo cittadino ad un podestà, un magistrato unico che sostituiva i consoli ed era nominato e stipendiato per un periodo di tempo determinato (di solito un anno).
Per evitare che venisse coinvolto nella lotta interna tra le famiglie e si schierasse a favore di una famiglia oppure di un'altra, il podestà era forestiero, cioé, proveniente da un'altra città; pertanto, non resiedeva nei territori dei Comuni ed era privo di legami di parentela con le famiglie aristocratiche.
Egli doveva: - garantire equità nell'amministrazione della giustizia; - essere un esperto di diritto e anche nell’arte militare così da guidare l’esercito cittadino. Con i podestà si cominciò a mettere per iscritto gli statuti comunali, ovvero, quei documenti in cui venivano raccolte le norme che regolavano la vita della comunità.
Nonostante si fosse fatto ricorso ai podestà, non si riuscì a porre termine alla crescente conflittualità. I comuni, pertanto, continuarono ad essere scossi dalle frequenti rivalità tra le diverse casate, che si trasformavano talvolta in vere e proprie guerre urbane.
Possiamo in sintesi dire che :
I comuni popolari
Tali tensioni si accrebbero ancora di più in seguito ai cambiamenti economici e sociali che si verificarono verso la metà del XIII secolo, allorquando la classe borghese, divenuta più numerosa e ricca, cominciò a sopportare sempre di meno il predominio politico della classe aristcratica.
Fu allora che riuscì a imporre la nomina di un " capitano del popolo" il quale era incaricato di difendere gli interessi del popolo contro la prepotenza e gli abusi degli aristocratici. Dobbiamo, però, specificare che costui non difendeva, però, gli interessi di tutti gli abitanti della città ma solo di una parte ristretta, ovvero, di coloro che risultavano iscritti alle Arti e che avevavano conquistato un ruolo politico all'interno dei centri urbani.
Si trattava di uomini d'affari, di proprietari di grandi botteghe manifatturiere o di imprese mercantili, comunque, di persone molto facoltose. Dal popolo erano, invece, esclusi la massa degli artigiani più umili, non organizzati in Arti, e dei semplici lavoratori salariati. Quand'anche costoro cercarono più volte, anche insorgendo in modo violento, di rivendicare i propri diritti o di ottenere un ruolo rilevante, furono sempre sconfitti.
Ciò ci induce a comprendere come nel Comune medioevale si fosse ancora ben lontani dal promuovere una forma di governo fondata sulla democrazia e sulla uguaglianza di diritti. Inoltre, le lotte interne per la conquista del potere non terminarono mai del tutto ma aumentarono di intensità determinando di lì a poco il passaggio dalle istituzioni comunali alle Signorie.
I centri nevralgici delle città comunali
In tutte le città comunali esistevano dei luoghi nevralgici cui corrispondevano altrettante piazze; erano: - la piazza di fronte la Cattedrale; - la piazza del Comune; - la piazza del mercato.
Lo storico dell’arte Salvatore Settis, in un articolo in cui denuncia l’uso distorto della piazza ai nostri tempi, descrive la piazza come: << la più originale creazione della città italiana, l’erede più nobile e più consapevole dell’agorà greca e del foro romano. Essa è un luogo di discussione e d’incontro, di commercio e di scontro politico, di festa e di lutto. Teatro di rituali collettivi (come il Palio di Siena), si presta alle manifestazioni civiche, accoglie cerimonie religiose, si trasforma talora in mercato, si circonda di caffé e altri luoghi di conversazione>>.
La piazza religiosa, ovvero, la piazza dove si trova il duomo e la sede vescovile, in genere era piccola; le parti laterali della Chiesa erano a loro volta circondate da piazze strette che la isolavano dal tessuto urbano; la Chiesa cattedrale era dotata di un campanile, costituito generalmente da un edificio a torre, detto anche " torre campanaria.
piazza del Duomo di Firenze
La piazza comunale era, invece, la piazza dove era ubicato il palazzo comunale, ovvero, l'edificio dove, nei secc. 12° e 13°, aveva sede la magistratura dei comuni e nel quale si svolgevano l'attività amministrativa e l'esercizio della giustizia.
Tale piazza era spesso abbellita da una fontana ( vedi immagine) o da segni che erano espressione del potere civile come stendardi, l'arengo, ovvero il pulpito da cui venivano pronunciati i discorsi pubblici, ecc..
palazzo comunale di Perugia
Quello nell'immagine è' il "palazzo vecchio" , ovvero il palazzo comunale di Firenze. Come si può notare, il palazzo comunale, come la cattedrale, era dotato di una torre e di campane attraverso cui si richiamavano i cittadini in occasioni come assemblee, guerre, o pericoli
Alla piazza del Duomo e alla piazza comunale si aggiungeva un terzo spazio commerciale: la piazza del mercato, un luogo dove si svolgevano i mercati e le fiere e dove, dunque, i cittadini compravano ogni giorno i generi alimentari. A volte, questi luoghi si specializzavano in una sola tipologia di merci: erbe, frutta, olio, pesce, ecc. ..
I comuni contro l'impero
In un primo momento, nel loro sorgere, i Comuni godettero del favore dell'imperatore che vedeva in essi uno strumento per diminuire il potere e l'influenza dei grandi feudatari. Presto però, l'indipendenza dei Comuni, sempre più restii a rispettare l'autorità imperiale e i loro obblighi nei confronti del sovrano, mise in allarme l'imperatore che, aspirando ad esercitare un potere universale, cercò di limitare la loro autonomia.
Anche la Chiesa, in realtà vedeva nei Comuni una minaccia per l'esercizio del suo potere; tuttavia, volendo mantenere e rafforzare il suo ruolo di superiorità rispetto all'impero, decise di appoggiarli apertamente. A dare inizio alle ostilità tra l'Impero e i Comuni fu Federico Barbarossa, re di Germania, il quale voleva restaurare l'autorità imperiale indebolita dalle autonomie dei Comuni e dal potere del Papa
A tal fine egli voleva, in primo luogo in Italia: - riportare sotto il proprio controllo i Comuni dell'area centro settentrionale; - acquisire una indiscussa supremazia sul Papato e - estendere l'influenza imperiale anche sull'Italia meridionale che si trovava sotto il dominio dei Normanni.
A sollecitare l'intervento dell'imperatore in Italia erano d'altra parte molte famiglie aristocratiche e dei grandi feudatari che volevano abbattere la potenza dei Comuni, ma anche alcuni comuni come Pavia, Lodi e Como che temevano l'espansionismo di città più potenti come Milano. Inoltre, inizialmente, anche il Papa chiamò in aiuto il Barbarossa per rovesciare il Comune popolare che aveva di fatto tolto al pontefice il controllo sulla città.
Per realizzare il suo progetto e rivendicare, così, i diritti imperiali, , Federico Barbarossa, nel 1154, decise di riunire i rappresentanti dei Comuni italiani nella Dieta di Roncaglia in seno alla quale affermò che le Regalie, ovvero, i diritti imperiali di cui si erano appropriati i Comuni, spettavano solo all' Imperatore; se non avessero accettato tali condizioni, sarebbero stati duramente puniti.
Non per nulla, per dare prova della sua potenza distrusse tutte quelle piccole città che tentarono di ribellarsi. A quel punto, si diresse verso Roma dove riportò il governo nelle mani del Papa Adriano IV da cui ottenne in cambio, l'anno successivo, l'incoronazione imperiale. Ma, in seguito ad una insurrezione popolare, sorta a causa delle violenze usate dalle truppe del Barbarossa, egli fu costretto ad abbandonare la città e ritornare in Germania.
Profittando della sua assenza, i Comuni italiani, in special modo Milano, ripresero la loro politica di autonomia.Ma , nel 1158, Federico Barbarossa, convinto più che mai a imporre la propria autorità con la forza delle armi, ritornò in Italia e costrinse Milano alla resa.
A questo punto convocò una seconda dieta a Roncaglia in seno alla quale quattro famosi giuristi riconobbero in lui la "suprema autorità della Terra", la fonte di ogni legge e il detentore di ogni diritto. I Comuni che si sarebbero opposti alla sua autorità sarebbero stati considerati illegittimi. Per ripristinare la loro legalità dovevano rinunciare ad esercitare ogni tipo di regalia e riconoscere la supremazia assoluta dell'impero.
Per fronteggiare l'imperatore, che in base ai nuovi principi aveva deciso di sostituire i consoli eletti dal Comune con un magistrato nominato dall'Imperatore, alcuni Comuni dell'Italia centro settentrionale, nel Veneto e nella Lombardia, si allearono formando due Leghe: la Lega veronese e la Lega dei comuni Lombardi, i quali avviarono la ricostruzione di Milano.
Successivamente, queste due Leghe si fusero in un'unica Lega, la Lega Lombarda, la quale, sostenuta anche dal nuovo papa Alessandro III, avversario del Barbarossa, riuscì, nel 1176, a sconfiggere a Legnano le milizie imperiali.
La pace di Costanza
Fu a seguito di tale sconfitta che, qualche anno dopo, nel 1183, egli fu costretto a firmare con il Papa e i Comuni la pace di Costanza .Tale pace rappresentò la pietra miliare dell’indipendenza municipale giacché in essa venne affermato e custodito il riconoscimento dell’autonomia giuridica dei comuni italiani rispetto all’Impero. Molti storici ne hanno esaltano la portata, comparandola alla ben più nota Magna Charta del 1215, dal momento che i documenti condividono entrambi l’effetto limitativo dei poteri sovrani a favore dei propri sudditi.
Attraverso questo accordo, Federico Barbarossa rinunciava al suo dominio assoluto e riconosceva ai Comuni la loro autonomia amministrativa e politica . I Comuni, pertanto, divennero legalemente degli stati, aventi il diritto di: - mantenere le regalie e le consuetudini di cui già godevano; - mantenere un esercito, fortificare le mura, - eleggere i propri magistrati - e controllare il contado.
Con il favore divino “Noi, Federico imperatore dei Romani e il nostro figlio re dei Romani, concediamo in perpetuo a voi città, luoghi e persone della Lega, le regalie e le vostre consuetudini, tanto in città che fuori della città: cioè a Verona e al suo castello e ai sobborghi ed alle altre città, luoghi e persone della Lega, in modo che nella stessa città abbiate tutto come finora lo avete avuto o lo avete; mentre fuori possiate praticare senza contrasto tutte le consuetudini che per tradizione avete praticato o praticate, per quanto riguarda il fodro e i boschi, i pascoli e i ponti, le acque e i mulini (come per tradizione foste soliti avere o avete), l’esercito, le fortificazioni della città, la giurisdizione tanto nelle cause penali che nelle civili, all’interno e all’esterno, e le altre cose che si riferiscono al buono stato delle città.”
Federico Barbarossa e l 'Italia meridionale
Nonostante la sconfitta subita a Lepanto nello scontro contro la Lega lombarda, tuttavia, Federico non aveva per nulla spento le sue ambizioni. Spinto, pertanto, dal desiderio di estendere l'influenza imperiale anche sull'Italia meridionale, che si trovava sotto il dominio dei normanni, nel 1185 riuscì a combinare le nozze del figlio Enrico VI con Costanza d'Altavilla, (erede al trono normanna) e ad annettere in questo modo l'Italia Meridionale all'Impero.
Alla morte di Federico Barbarossa, il figlio Enrico VI divenne l'erede del sacro romano impero e del trono normanno, ma pochi anni dopo morì anch'egli lasciando come erede un bimbo di appena tre anni che, posto sotto la tutela del papa Innocenzo III, diventerà una delle personalità più forti della storia medioevale: Federico II.
Il regno dei Normanni nell'Italia meridionale
Come abbiamo detto, il fenomeno dei Comuni non riguardò l'Italia meridionale dove a partire dall'XI secolo si era affermato il dominio dei Normanni. Questi erano una popolazione di origine scandinava che, dopo essersi stabilita in Normandia, quindi nel Nord della Francia, continuò a inviare uomini in varie parti d'Europa come soldati mercenari.
Tra questi si distinsero, in particolare, i fratelli Roberto e Ruggero d'Altavilla i quali, attraverso abili azioni diplomatiche e fortunate azioni militari, misero fine al dominio arabo di Sicilia ed estromisero i bizantini dal Meridione, riuscendo in tal modo ad estendere i loro domini su tutta l'Italia meridionale.
Roberto il Guiscardo
Ruggero d'Altavilla
A favorire e rendere possibile l'estensione dei loro domini fu l'alleanza con il papato, il quale, se inizialmente si era mostrato ostile all'insediamento dei normanni, quando in seguito si trovò in conflitto con i Bizantini a causa dello Scisma d'oriente e con l'impero per la supremazia sull'Occidente, cercò di allearsi con i Normanni che erano militarmente forti e che, dal canto loro, volevano che il Papa riconoscesse, e quindi legittimasse, le loro conquiste.
Nel 1059, pertanto, giunsero a firmare l'accordo di Melfi, in virtù del quale Roberto il Guiscardo si dichiarava vassallo della Chiesa e, in cambio, il Papa Leone IX lo riconosceva “ duca di Puglia e di Calabria”. Tale accordo fu molto importante giacché veniva a crearsi nell'Italia meridionale un organismo statale la cui sovranità derivava dal papato e non dall'impero il cui potere veniva in questo modo estromesso dai territori meridionali e insulari della Penisola.
Forte dell'appoggio del papa, Roberto il Giuscardo riuscì, nel giro di pochi anni, a conquistare Bari, Salerno e Benevento, e ponendo fine alla presenza bizantina e longobarda in Italia. Il fratello Ruggero I, da parte sua, riuscì a sottrarre la Sicilia agli Arabi dopo una guerra durata trent'anni (dal 1061 al 1091).
La parte continentale e la parte insulare dei domini normanni furono unificati sotto lo scettro di Ruggero II, figlio di Ruggero, che nel 1130 fu incoronato re di Sicilia, Calabria e Puglia.Gli Altavilla costituirono un regno feudale molto centralizzato suscitando, però, il malcontento di alcune città che rivendicavano una maggiore autonomia, tra cui la Repubblica di Amalfi.
Tuttavia, essi diffusero anche un clima di grande tolleranza religiosa e di rispetto, estremamente insolito per l'epoca, nei confronti delle diverse culture presenti nel territorio, riuscendo in tal modo a ottenere la collaborazione della maggior parte della popolazione. Grazie a ciò si incentivaro l'agricoltura, il commercio, l'industria e anche le arti.
La fortuna degli Altavilla, tuttavia, durò poco più di un secolo; quando infatti non ci furono più eredi maschi, il trono normanno passò nelle mani della dinastia imperiale svedese, allorquando Federico Barbarossa riuscì a convolare a nozze il figlio Enrico con Costanza di Altavilla, l'ultima discendente della casata normanna. Dalla loro unione nacque il futuro Federico II.
RIPASSO ED ESERCITAZIONE:https://it.pearson.com/content/dam/region-core/italy/pearson-italy/pdf/storia/ITALY%20-%20DOCENTI%20-%20STORIALIVE%20-%202017%20-%20Unit%C3%A0%20didattiche%20semplificate%20-%20%20PDF%20-%20I%20comuni%20italiani%20e%20lo%20scontro%20con%20l%27imperatore.pdf