Neurodidattica lezione 7
Dario Lombardi
Created on November 10, 2024
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Transcript
Conoscere la conoscenza: attenzione, memoria e apprendimento
Una premessa storica
Nella seconda parte de L'Errore di Cartesio , Damasio (1994) esplora la 'neurobiologia della razionalità', ovvero il substrato neurobiologico dei processi che permettono all'essere umano di organizzare e categorizzare le percezioni sensoriali allo scopo di prevedere fenomeni e prendere decisioni. Questo processo rappresenta, in sostanza, il modo in cui l'individuo struttura e utilizza le proprie conoscenze. Damasio identifica tre principali sistemi neuronali coinvolti: la memoria, l'attenzione operativa e gli stati somatici. Questi ultimi, attribuendo valore ai contenuti percettivi, facilitano il funzionamento dell'attenzione e della memoria, potenziando l'elaborazione cognitiva. Dal punto di vista storico-filosofico, il tema dell'attività mentale alla base della conoscenza del mondo ha da sempre affascinato la filosofia. Arthur Danto (1989) ritiene che le teorie della conoscenza ruotino attorno a una triade di relazioni tra soggetto, rappresentazione e mondo. Secondo Danto, queste tre relazioni fondano il processo conoscitivo attraverso: il principio di causalità (relazione soggetto-mondo), la questione della verità (relazione rappresentazione-mondo) e il problema della coscienza (relazione soggetto-rappresentazione).
Una premessa storica
Riflettendo sulle possibili relazioni tra i tre concetti, si osserva che essi sono strettamente interconnessi. La soluzione di una questione dipende dalla risoluzione delle altre. La rappresentazione induce a considerare la relazione tra causa ed effetto. Un esempio di ciò è il tentativo di spiegare come un'entità materiale, come i corpi, possa influire su qualcosa di immateriale, come il pensiero e la mente, che tradizionalmente si è immaginata priva di estensione. D'altra parte, come sottolineava Hume, tra i corpi è possibile osservare una relazione di contiguità; tuttavia, questa percezione potrebbe essere solo il risultato di una nostra credenza, con cui cerchiamo di giustificare la vicinanza spaziale e temporale tra due fenomeni. Le stesse riflessioni potrebbero essere applicate al soggetto (le rappresentazioni sono sempre prodotte da qualcuno?) e al mondo (senza esperire nulla, potremmo comunque avere rappresentazioni mentali dei fenomeni?). Un'altra riflessione che emerge riguardo a questa relazione è di natura gnoseologica, ossia un problema legato alla conoscenza, ma anche antropologica (chi è il soggetto?) e ontologica (il mondo è davvero come lo rappresentiamo?). In termini più ampi: esiste un mondo oltre l'orizzonte della coscienza, al di là di come lo rappresentiamo?
Una premessa storica
Le tre relazioni concettuali hanno plasmato la dialettica delle idee nella storia del pensiero occidentale. Il problema della verità, già presente nei presocratici e in Aristotele, solleva la domanda: le cose sono come i sensi le mostrano o come le comprendiamo? Questa contrapposizione tra realismo e costruttivismo attraversa epoche e scuole di pensiero. Nel Medioevo, la conoscenza è definita come adequatio rei et intellectus , ossia corrispondenza tra cosa e pensiero, una visione ripresa in età moderna da Hobbes e altri, fino al neopositivismo del Novecento. Il costruttivismo, avviato da Cartesio e Hegel, separa il pensiero dalla realtà, sostenendo che pensiamo non le cose in sé, ma le idee che abbiamo di esse. Le risposte filosofiche a questo dibattito si dividono in:
- Fenomenismo (Locke, Kant): le cose esistono, ma non possiamo conoscerle come sono realmente.
- Idealismo (Berkeley, Hegel): le cose esistono solo in quanto pensate.
- Costruttivismo radicale (Rorty, Culler, Glaserfeld): la realtà è il risultato di interpretazioni socialmente negoziate.
Una premessa storica
Da Platone, con la teoria delle idee, a Cartesio, con la distinzione tra res cogitans e res extensa , il processo di conoscenza è stato interpretato in vari modi: dall'astrazione di Aristotele, agli intelletti distinti della scolastica, alle leggi di associazione di Locke, fino alle categorie e allo schematismo trascendentale di Kant. Quest'ultimo afferma che conosciamo solo ciò che percepiamo e siamo consapevoli solo di una parte dei nostri vissuti, attribuiti all'anima. Con la filosofia moderna, il soggetto diventa un'idea, ma da Nietzsche a Freud questa concezione entra in crisi: l'io viene visto come un insieme di pulsioni e ricordi. In questa prospettiva, il rapporto tra rappresentazione e soggetto si riduce a un'interazione che coinvolge anche il corpo. Cartesio, tuttavia, pone una domanda cruciale: come può qualcosa di concreto influenzare una dimensione immateriale come la res cogitans e viceversa? Leibniz risponde con la metafora del grande orologiaio divino che sincronizza res extensa e res cogitans , ma questa spiegazione implica il ricorso alla metafisica.
Una premessa storica
Le questioni relative alla relazione tra verità, coscienza e causalità assumono particolare rilevanza in ambito neuroscientifico. Chris Frith le affronta in questo modo:
- Il nostro cervello percepisce fenomeni come colori e forme, ai quali attribuiamo dei nomi. Queste esperienze e riconoscimenti vanno oltre le semplici categorizzazioni di ciò che è piacevole o spiacevole. Sorge quindi il dilemma: come fa il cervello a scoprire cosa esiste nel mondo e cosa causa le nostre sensazioni?
- Molti scienziati cercano di spiegare come l'esperienza soggettiva possa emergere da un cervello fisico. Tuttavia, non esistono risposte completamente soddisfacenti a questa domanda. A cosa serve allora la coscienza? E perché ci percepiamo come liberi di autodeterminarci?
- Nonostante la stretta relazione con il nostro corpo, a volte restiamo stupiti nel guardarci allo specchio e riconoscerci. Perché questo stupore? È forse la nostra memoria ad essere distorta dalla vanità?