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CARAVAGGIO - VITA E "NARCISO"

Dafne Maddaloni

Created on November 9, 2024

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Transcript

CARAVAGGIO E NARCISO

Indice

VITA DI CARAVAGGIO

REAZIONE DELL'EPOCA

TECNICA

ICONOGRAFIA

IL CONTESTO STORICO

Caravaggio visse nel periodo di transizione tra il Rinascimento e il Barocco, una fase caratterizzata da un'intensa controriforma religiosa e da un'arte che puntava a suscitare emozioni forti. A Roma, capitale dello Stato Pontificio, la Chiesa era il principale mecenate e usava l'arte per rafforzare la propria autorità. In questo contesto, Caravaggio si distinse per il suo realismo crudo e la rappresentazione di scene sacre in modo terribile e umano, lontano dalle idealizzazioni tradizionali. Il suo lavoro si inserisce in un'epoca segnata anche da violenze e conflitti sociali, con la Roma dei suoi tempi divisa tra le potenze religiose e politiche e una popolazione segnata dalla povertà e dal crimine. Caravaggio stesso visse in prima persona questa turbolenza, con una vita segnata da scontri violenti e problemi con la legge. La sua pittura, con il suo drammatico uso della luce e dell'ombra, rispondeva alle esigenze di un'arte che doveva stimolare una riflessione immediata e intensa, in linea con le esigenze della Chiesa e dei potenti, ma anche della gente comune, che vedeva riflessa la propria realtà quotidiana.

CHI E' CARAVAGGIO?

ichelangelo Merisi da Caravaggio, pittore lombardo nato nel 1571 a Milano, è una

delle figure più rivoluzionarie della storia dell'arte. La sua opera segna una vera e propria svolta nel panorama artistico del XVII secolo, grazie a un realismo crudo e audace che rompe con le convenzioni dell’epoca. Caravaggio si distinse per la sua capacità di rappresentare soggetti spesso marginalizzati dalla società, come i poveri, i criminali, e figure sacre umanizzate, come si può osservare nelle sue opere "La Morte della Vergine" e "La Cena in Emmaus". La sua pittura non si limitava a rappresentare la realtà, ma la indagava in profondità, con un’intensità drammatica senza precedenti.

TENEBRISMO?

La vita di Caravaggio, oltre ai successi artistici, fu segnata da continui conflitti personali. Dopo essersi trasferito a Roma, la sua fama crebbe rapidamente, ma anche i suoi comportamenti violenti lo portarono in difficoltà. Nel 1606, un duello per motivi d’onore con Ranuccio Tomassoni finì con la morte dell’uomo, costringendo Caravaggio a fuggire da Roma per sfuggire alla condanna a morte emessa dal Papa. Visse in esilio a Napoli, Malta e in Sicilia, fino alla sua misteriosa morte nel 1610, forse per malattia, o forse assassinato per la ricompensa sulla sua testa.

VISUALIZZA LE OPERE

LE OPERE

VOCAZIONE DI SAN MATTEO-1600

LA CATTURA DI CRISTO - 1599

MORTE DELLA VERGINE - 1606

01

NARCISO E LA REAZIONE DELLA SOCIETA'

Narciso di Caravaggio, realizzato tra il 1597 e il 1599, ritrae il momento del mito in cui Narciso si innamora del suo riflesso nell'acqua. Con il suo caratteristico realismo e l'uso drammatico della luce, Caravaggio esplora la solitudine e l'egocentrismo del giovane, trasformando il mito in un'intensa riflessione sulla bellezza e la tragica auto-ossessione.

COME REAGI' LA SOCIETA'?

La reazione della società all'opera Narciso di Caravaggio fu probabilmente mista, ma il dipinto suscitò un certo scandalo e dibattito, come spesso accadeva per le opere del pittore lombardo, che rompevano con le convenzioni artistiche e morali dell'epoca. Da un lato, l'opera fu apprezzata per la sua innovazione stilistica: il realismo estremo e il trattamento naturale del corpo umano erano caratteristici della pittura di Caravaggio e rispondevano al gusto del tempo per un'arte più diretta e drammatica, in linea con le esigenze della Controriforma, che cercava di suscitare emozioni intense e immediate nei fedeli. Il contrasto di luce e ombra, tipico del suo chiaroscuro, rendeva l'immagine potente e psicologicamente coinvolgente.

'altra parte, l'idea di rappresentare un mito classico come quello di Narciso in modo così intimo e naturalistico, senza idealizzazioni, poteva sembrare inappropriata per un'epoca in cui l'arte sacra era spesso il principale campo d'azione per pittori come Caravaggio. Inoltre, la forte carica simbolica di auto-riflessione e egocentrismo del mito poteva essere letta come un richiamo alla vanità e all'auto-ossessione, temi che, pur essendo trattati nella letteratura e nell'arte dell'epoca, non erano sempre accolti positivamente da una società che, sotto il dominio della Chiesa, enfatizzava la modestia e la virtù. In generale, quindi, la società reagì con una certa ambivalenza: mentre il dipinto veniva apprezzato per la sua maestria tecnica e per l'originalità della rappresentazione, il tema e il realismo esasperato di Caravaggio non erano del tutto in linea con le aspettative morali e ideologiche del tempo.

02

La tecnica

Un' illuminazione a "lume di candela"

Una foresta nera, oscura fa da sfondo alla scena di Narciso che si specchia, contemplando la sua immagine quasi come volesse prenderla e toccarla. Possiamo osservare un dipinto che si sviluppa in verticale diviso in due porzioni speculari, come in una carta da gioco: sopra Narciso e sotto la sua immagine. Caravaggio riprende il mito e lo interpreta in chiave moderna – manca qui ad esempio la ninfa Eco, che ad esempio troveremo nell’opera di Poussin (Echo and Narcissus, 1627-1630), che si atterrà al testo classico. Caravaggio fa tesoro della cultura artistica lombarda e della lezione di Leonardo: il chiaroscuro crea qui un’atmosfera di grande impatto visivo. Notiamo le forti ombreggiature sia sul corpo sia sulle vesti dell’immagine di Narciso riflessa nell’acqua limpida da permettere a Narciso di specchiarsi ma ricca di ombre – in antitesi con il testo ovidiano, che nelle Metamorfosi scrive: “una fonte che splendeva come argento liquido, non contaminata”

na foresta nera, oscura fa da sfondo alla scena di Narciso che si specchia, contemplando la sua immagine quasi come volesse prenderla e toccarla. Possiamo osservare un dipinto che si sviluppa in verticale diviso in due porzioni speculari, come in una carta da gioco: sopra Narciso e sotto la sua immagine. La superficie dell'acqua non è dipinta con un'accuratezza iperrealistica, ma piuttosto con tocchi di luce che ne esaltano la trasparenza e la fluidità. La superficie è lucida e riflettente, creando un contrasto con il corpo di Narciso che si specchia in essa. Caravaggio sfrutta la riflessione dell'acqua per suggerire il tema dell'illusione e dell'autocontemplazione. La luce che illumina l'acqua gioca sull'idea del doppio, di un Narciso che non è più in grado di separare il proprio corpo dalla propria immagine.

Caravaggio riprende il mito e lo interpreta in chiave moderna – manca qui ad esempio la ninfa Eco, che ad esempio troveremo nell’opera di Poussin (Echo and Narcissus, 1627-1630), che si atterrà al testo classico. Caravaggio fa tesoro della cultura artistica lombarda e della lezione di Leonardo: il chiaroscuro crea qui un’atmosfera di grande impatto visivo. Notiamo le forti ombreggiature sia sul corpo sia sulle vesti dell’immagine di Narciso riflessa nell’acqua limpida da permettere a Narciso di specchiarsi ma ricca di ombre – in antitesi con il testo ovidiano, che nelle Metamorfosi scrive: “una fonte che splendeva come argento liquido, non contaminata”.

+ info

03

ICONOGRAFIA

Narciso, mito e Panofski.

"Narciso non è solo un simbolo della vanità, ma una figura tragica, che rappresenta la solitudine dell'individuo che si perde nell'introspezione, incapace di distinguere il proprio sé dall'immagine ideale che ha di sé"

-Panofski-

Narciso era un giovane cacciatore che per la sua bellezza faceva strage di cuori. Ultima, la ninfa Eco, talmente addolorata dall'indifferenza del giovane, da indurla a vendetta. Quando, nell’ombra di un fitto bosco, Narciso si china a bere su uno specchio d’acqua, s'innamora del proprio riflesso e credendo di aver incontrato un giovane bellissimo, invano cercherà di toccarlo Mentre nelle fonti letterarie greche Narciso muore annegato nel tentativo di raggiungere l’altro (sé), nelle Metamorfosi di Ovidio, il giovane muore di dolore e il corpo sparisce, lasciando il posto al fiore che porta il suo nome. L'iconografia del mito di Ovidio prevedeva molti elementi, il bosco rigoglioso, i cervi, il cane, l’arco del giovane cacciatore, i fiori a lui dedicati, ma Caravaggio cancella tutto questo e coglie il momento in cui Narciso si china sulla fonte e rapito, tenta di afferrare la propria immagine.

La visione di Panofsky applicata a Caravaggio

Nel suo approccio iconografico, Panofsky sostiene che il mito di Narciso non è solo una riflessione sulla bellezza e sull’amore per sé, ma anche una profonda riflessione sull’identità e la percezione. Narciso, infatti, si innamora della propria immagine e, non potendo staccarsene, è condannato alla morte, un destino che Panofsky interpreta come una metafora della condizione umana: l’incapacità di riconoscere la propria natura effimera e la separazione tra l’“io” reale e l’“io” idealizzato. In questo senso, Narciso è simbolo di un’inclinazione universale a perdersi nell’auto-riflessione, un desiderio che è intrinsecamente destinato alla distruzion

Un altro punto saliente della visione di Panofsky è che il mito di Narciso non riguarda solo l’amore per sé stesso, ma anche la solitudine che nasce dal rifiuto del mondo esterno. Narciso, nella mitologia, è condannato a innamorarsi di un’immagine che non può mai diventare realtà. Questo concetto è cruciale per comprendere l'opera di Caravaggio, dove Narciso non si limita a guardarsi, ma è intrappolato in una sorta di contemplazione ossessiva che lo separa completamente da ciò che lo circonda. In Narciso, Caravaggio non ci presenta un Narciso che si relaziona con il mondo, ma un Narciso che è completamente distaccato da esso, annegato nella propria immagine riflessa. La scelta di Caravaggio di concentrarsi sull’isolamento del personaggio, senza nessuna interazione con altri esseri umani o con un ambiente esterno, sottolinea il tema della solitudine che Panofsky ha sottolineato come essenziale nel mito.

fine

Lavoro svolto da Dafne Maddaloni, Gaia Zizza, Giovanni Spadafora, Fabrizio Vonella IVB

Autodidatta precoce: Caravaggio non ricevette una formazione accademica tradizionale, imparando principalmente osservando la realtà e studiando maestri del suo tempo. Passione per il gioco d'azzardo: Il pittore aveva una propensione per il gioco, che lo metteva spesso nei guai e alimentava i suoi conflitti. Modelli dal popolo: Usava spesso modelli provenienti dalle classi più basse, come mendicanti e prostitute, per rappresentare sia soggetti sacri che quotidiani, rompendo con l'idealizzazione tipica dell'epoca. Influenza teatrale: La sua pittura aveva un forte senso di drammaticità e teatralità, con scene che ricordavano i riflettori su un palcoscenico. Opere controverse: Dipinse scene violente e crude, come "Giuditta che decapita Oloferne", che suscitavano scandalo per la loro brutalità e realismo. Mondo di contatti contrastanti: Frequentava una cerchia variegata di amici, che includeva sia mecenati che criminali, riflettendo la sua natura ribelle e poco conformista.

Esilio forzato: Dopo aver ucciso Ranuccio Tomassoni, Caravaggio fu costretto a vivere in esilio in diverse città italiane, ma continuò a ricevere commissioni anche da latitante. Mistero della morte: Morì nel 1610 in circostanze misteriose, forse per malattia o assassinato per la ricompensa sulla sua testa. Il suo corpo fu sepolto in una tomba anonima. Autoritratti e introspezione: Caravaggio usò sé stesso come modello per alcuni soggetti, come "San Girolamo scrivente", riflettendo il suo tormento interiore.

Infine, Panofsky analizza Narciso come una figura che rappresenta l'illusione della vanità, destinata alla distruzione. La vanità non è solo la consapevolezza della propria bellezza, ma la condanna a un desiderio che è destinato a non essere mai soddisfatto. Narciso non può amare se stesso senza finire per distruggersi. Caravaggio, con la sua tecnica realistica, rende questa vanità quasi palpabile attraverso la bellezza fisica del giovane, che è il punto focale del dipinto. Tuttavia, la bellezza di Narciso è destinata a svanire, come la riflessione nell’acqua. Caravaggio non solo rende visibile la bellezza del giovane, ma anche il suo destino tragico, che è un destino di morte psicologica e spirituale. L’immagine di Narciso riflessa nell’acqua è destinata a restare in quella dimensione illusoria, senza mai potersi realizzare nel mondo fisico. In questo modo, il dipinto di Caravaggio porta avanti la lettura panofskiana del mito come un ciclo di desiderio e rovina, dove l’auto-contemplazione non porta alla conoscenza, ma alla distruzione del soggetto.

Una delle sue innovazioni più rilevanti fu l'introduzione del tenebrismo, una tecnica che sfrutta i forti contrasti tra luce e ombra per accentuare la tensione emotiva delle scene. Grazie a questa tecnica, Caravaggio riuscì a creare effetti di profondità e a donare una straordinaria vitalità ai suoi soggetti, influenzando in modo decisivo l'arte barocca e i pittori che sarebbero venuti dopo di lui. La sua padronanza della luce, capace di illuminare i volti e i corpi in modo quasi teatrale, contribuisce a conferire alle sue opere un senso di immediatezza e di drammaticità che è diventato uno dei tratti distintivi del suo stile.

Come suggerisce Panofsky, Narciso è simbolo della vanità umana e della fragilità dell’identità. Caravaggio riprende questo tema, mettendo in scena un Narciso completamente immerso nel proprio riflesso. La figura di Narciso nel dipinto non si limita a guardarsi, ma è come se fosse intrappolato in un circolo vizioso di contemplazione che lo isola completamente dal mondo circostante. La riflessione dell’acqua diventa un mezzo per indagare la tensione tra il corpo reale e l’immagine idealizzata, tema che Panofsky sottolinea nel mito. Panofsky insiste sul fatto che il mito di Narciso è fondamentalmente tragico, perché la bellezza di Narciso è destinata a consumarlo, come una bellezza che non può mai essere posseduta o realizzata. In Narciso, Caravaggio cattura questa tragica fatalità. Narciso non interagisce con il suo riflesso, ma lo guarda come se fosse l'unico oggetto della sua percezione. L'acqua, quindi, diventa il luogo in cui la sua esistenza si perde, come la superficie della mente che riflette la sua ossessione.

La novità della pittura di Caravaggio sta quindi anche nella scelta dei colori: sono gli stessi contemporanei a notare che l'artista imita la natura "con poche tinte". La sua tavolozza è basata su un numero ristretto di pigmenti: il bianco di piombo (che in Narciso ritroviamo nei maniche), il verde rame (nei pantaloni), le ocre gialle e rosse (nei capelli), le terre (nel decoro del corpetto), il nero carbone (nel fondo e nell'acqua), virati in gran parte sui toni bruni. Il cromatismo di Caravaggio sopravvive al tempo: colpito ne fu il Courbet, che lo imito ottenendo grande efficacia ad esempio ne "Ritratto di Baudelaire". Nel complesso, l'uso della tecnica caravaggiana nel Narciso raffigura un soggetto che è psicologicamente paralizzato dalla propria ossessione. La luce che evidenzia il suo corpo e la sua immagine crea una tensione tra il suo desiderio di possedere l’immagine ideale e la consapevolezza della sua inaccessibilità. L’ambiente buio e il riflesso nell’acqua accentuano la solitudine del giovane, mentre l’effetto di sospensione temporale amplifica l’idea che Narciso sia intrappolato in un eterno ciclo di contemplazione di sé stesso, incapace di sfuggire alla propria visione distorta e narcisistica. L’uso magistrale della luce, dell’ombra e dei riflessi non fa che accentuare la dimensione psicologica dell’opera, rendendo visibile il tormento interiore del soggetto.