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l’ILVA di Taranto

Tra acciaio e morte

L’ILVA di Taranto, l’impianto che si trova parzialmente sotto sequestro per ordine della magistratura, è la più grande acciaieria d’Europa. Fondato nel 1961, è un impianto siderurgico a ciclo integrale, dove cioè avvengono tutti i passaggi che dal minerale di ferro portano all’acciaio. Il fulcro della produzione sono i cinque altoforni, dove viene prodotta la ghisa. Ognuno è alto più di 40 metri e ha un diametro tra 10 e i 15 metri: al momento quattro altoforni su cinque sono attivi. L’ILVA di Taranto appartiene al Gruppo Riva, controllato dall’omonima famiglia. Il Gruppo Riva è il decimo produttore mondiale di acciaio.

La storia

Da anni comitati cittadini e ambientalisti contestano l’impianto dell’ILVA, accusandolo di inquinare l’aria e provocare malattie. Nell’ordinanza con cui ha disposto il sequestro e gli arresti, il gip ha scritto che l’impianto è stato causa e continua a esserlo di «malattia e morte» e perché «chi gestiva e gestisce l’ILVA ha continuato in tale attività inquinante con coscienza e volontà per la logica del profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza». Allo stesso tempo i lavoratori e i sindacati difendono l’impianto e l’azienda e hanno annunciato scioperi.

LE ACCUSE

l’arresto della produzione all’ILVA di Taranto significherebbe che per la prima volta dagli anni Cinquanta, l’Italia tornerebbe ad essere un paese importatore di acciaio. Gli altoforni e il resto dell’impianto non sono ancora stati spenti la chiusura della produzione non è una procedura semplice.un altoforno ha una vita operativa di 15 anni durante la quale deve restare acceso. Lo spegnimento può causare un guasto irreparabile dell’altoforno. In ogni caso, dopo uno spegnimento, anche nel caso l’altoforno non si guasti, sono necessari dagli 8 ai 15 mesi per riattivarlo

QUESTIONE COMPLESSA