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"L'INFINITO" DI GIACOMO LEOPARDI

L'INFINITO di Giacomo Leopardi è una delle più celebri opere dell'autore, è un piccolo Idillio (quadretto che esprime sentimenti) scritto a Recanati nel 1819. Con la ripresa di uno stile classico, il poeta va a concentrarsi sulla teoria del piacere e sul concetto di vago ed indefinito, argomenti chiave per tutta la sua vita. Leopardi grazie all'aiuto di sensazioni visive ed uditive, riesce ad utilizzare l'immaginazione per creare l'infinito a cui si ispira. Nell'infinito l'immaginazione dell'uomo strappa la mente dall' arido vero e la conduce verso l'infinito.

L'INFINITO

1 Sempre caro mi fu quest'ermo colle,2 e questa siepe che da tanta parte 3 dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. 4 Ma sedendo e mirando, interminati 5 spazi di là da quella, e sovrumani 6 silenzi, e profondissima quiete 7 io nel pensier mi fingo; ove per poco 8 il cor non si spaura.

Il componimento presenta 15 versi scritti in endecasillabi sciolti, possiamo dividere la poesia in due parti: la prima parte (vv1-8) comprende tutte sensazioni visive (mirando). Grazie alla siepe e al colle ( in anadiplosi poichè paragonabili al limite da superare), che sono gli ostacoli che chiudono lo sguardo rivolto verso l'orizzonte, Leopardi si chiude in una solitudine e con il pensiero va a costruire l'idea di un infinito spaziale con l'immaginazione. La ripetizione di questo-questo ai primi vv. sottolinea che ci troviamo nella fase del "qui-ora" (prima di passare all'immaginazione); Ritroviamo tre iperboli ai vv. 4-6 (interminati,sovrumani,profondissima), che indicano l'immensità di ciò che sente; Ai vv. 2-3, 4-5-6-7 ci sono degli enjambement che enfatizzano le emozioni che il poeta prova; Mentre nei primi versi notiamo la considerazione maggiore per il reale ed il sensibile, in quelli successivi c'è un allontanamento dalla realtà ed un avvicinamento al concetto di infinito attraverso l'immaginazione.

8 il cor non si spaura. E come il vento 9 odo stormir tra queste piante, io quello 10 infinito silenzio a questa voce 11 vo comparando: e mi sovvien l'eterno, 12 e le morte stagioni, e la presente 13 e viva, e suon di lei. Così tra questa 14 immensità s'annega il pensier mio: 15 e il naufragar m'è dolce in questo mare.

Nella seconda parte (vv 8-15) ci sono sensazioni uditive (silenzio). C'è un vero e proprio cambiamento nell' autore, in quanto riusciamo ad ammirare il superamento del limite, obiettivo principale di Leopardi, che riesce quindi a passare dal qui-ora ad un lì-allora. Nel corso della poesia il senso di angoscia viene sostituito da un senso di dolcezza e piacere e notiamo questo passaggio per la presenza di una pausa al centro con "Il cor non si spaura". Ai vv. 8-11 c'è il punto di partenza dell'immaginazione dal dato reale ovvero il vento che stormisce; Ritroviamo antitesi ai vv. 10-11 tra il silenzio e la voce e ai vv. 12-13 tra morte stagioni e viva; Ai vv. 14-15 c'è una metafora che indica l'abbandono dell'esistenza e della conoscenza che va a superare la paura dell'ignoto; Al v. 9 c'è una personificazione della natura che serve per connettere l'io lirico e il mondo naturale.