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Tiberio

Tiberio, nato da Claudio Nerone e Livia Drusilla, fu adottato da Augusto nel 4 d.C. e sposò Giulia, figlia di Augusto, unendo così le famiglie Claudia e Iulia. Designato successore da Augusto, dopo la morte di quest'ultimo, Tiberio tentò inizialmente di rinunciare al potere, ma fu acclamato imperatore nel 14 d.C. Nonostante le fonti antiche lo descrivano come schivo e crudele, è importante considerare che molte di queste informazioni provengono da autori ostili al potere imperiale. All'inizio del suo regno, Tiberio si mostrò prudente e rispettoso del Senato, inviando il nipote Germanico in campagne militari contro i Germani, ma la crescente popolarità di Germanico alimentò la sua diffidenza, portandolo a inviarlo in Oriente per affrontare i Parti.

Germanico morì nel 19 d.C. in circostanze misteriose, suscitando sospetti di avvelenamento ordinato da Tiberio. Questo evento fece calare la popolarità di Tiberio, che adottò un atteggiamento diffidente e avviò processi contro familiari di Germanico, inclusa la moglie Agrippina, e oppositori politici. Nel 26 d.C., Tiberio si trasferì a Capri, delegando il controllo di Roma a Seiano, un prefetto ambizioso. Quando Seiano mostrò segni di ambizione, Tiberio lo fece arrestare e uccidere nel 31 d.C., insieme ai suoi sostenitori. Nonostante le repressioni, Tiberio lasciò un impero finanziariamente solido e con frontiere tranquille.

Il testamento di Tiberio nominava come coeredi i nipoti Gaio (Caligola) e Tiberio, ma il senato, spinto dal popolo, annullò il testamento e acclamò imperatore solo Gaio, allora venticinquenne. Caligola, che aveva un forte legame con la popolarità della famiglia di Germanico, si distinse per la sua natura autocratica, umiliando la classe senatoria e perseguitando gli oppositori. Voleva instaurare una monarchia assoluta, pretendendo onori divini e la costruzione di un tempio a lui dedicato. Nonostante le elargizioni e i giochi che lo resero popolare tra le masse, la sua politica inasprì l'opposizione senatoria, culminando nel suo assassinio nel 41 d.C. durante un colpo di Stato orchestrato dai pretoriani.

Claudio

L’esperienza autoritaria di Caligola fece riflettere i senatori sui rischi del principato, spingendo alcuni a considerare una restaurazione della res publica. Tuttavia, dopo la sua morte, i pretoriani proclamarono imperatore Claudio, suo anziano zio, che fino ad allora era stato trascurato. Questo atto segnò un cambiamento significativo, poiché Claudio fu nominato dai militari senza il consenso del senato, che dovette accettarlo in cambio di generosi donativi. Nonostante la sua timidezza e le difficoltà fisiche, Claudio si dimostrò un abile governante. È considerato uno dei migliori principi successori di Augusto, in particolare per quanto riguarda l’amministrazione. Riorganizzò la burocrazia, affidandola a funzionari capaci, spesso liberti, meno legati ai potenti senatori. Un provvedimento notevole fu l'ammissione di alcuni provinciali della Gallia Narbonense nel senato, avviando così un processo di assimilazione delle popolazioni non italiche. In politica estera, Claudio intraprese la conquista della Britannia, trasformando rapidamente la parte meridionale in provincia nel 44 d.C.

La vita privata di Claudio fu turbolenta. Dopo due matrimoni, sposò in terze nozze Messalina, con cui ebbe un figlio, Britannico. Tuttavia, il comportamento scandaloso di Messalina e il suo coinvolgimento in una congiura portarono Claudio a condannarla a morte. Successivamente, Claudio si risposò con Agrippina "Minore", sua nipote e figlia di Germanico, suscitando critiche per l'apparente incesto. Agrippina, già madre di Nerone, nato nel 37 d.C., pianificò l'avvelenamento di Claudio nel 54 d.C. per favorire la successione del figlio. Inoltre, manovrò il senato per escludere Britannico, l'erede legittimo, consentendo così a Nerone di diventare imperatore dopo la morte di Claudio.

Nerone

Nerone salì al potere a 17 anni, influenzato da sua madre Agrippina, dal prefetto Burro e dal filosofo Seneca. Dopo aver eliminato Britannico, si liberò della madre e degli alleati, adottando un atteggiamento autocratico. Affrontò una crisi economica svalutando il denario e aumentando le tasse, mentre in campo militare ottenne successi contro i Parti e impose il protettorato sull'Armenia.Il regno di Nerone fu segnato dall'incendio di Roma nel 64 d.C., che devastò la città. Per distogliere l'attenzione, tentò di incolpare i cristiani, iniziando così una dura persecuzione. Alcuni sospettarono che fosse stato lui stesso a appiccare il fuoco per costruire la sua fastosa domus aurea. Nerone si mostrò anche come un artista, gareggiando in competizioni di poesia e auriga, guadagnandosi l'opposizione del senato. Nel 65 d.C. scoppiò una congiura contro di lui, culminata in una feroce repressione di oppositori, tra cui Seneca. Alla fine, nel 68 d.C., le legioni spagnole si ribellarono e lo proclamarono decaduto, portando al suo suicidio.

Dopo la morte di Nerone, furono i militari a decidere la successione, mentre il senato restava impotente. Galba fu rapidamente rovesciato dai pretoriani, che nominarono Otone. Otone affrontò la ribellione delle truppe del Reno, sostenitrici di Vitellio, che infine sconfisse e uccise Otone. Tuttavia, le legioni d'Oriente proclamarono imperatore Flavio Vespasiano, che riuscì a insediarsi a Roma e a eliminare Vitellio. Nel 69 d.C., con l'ascesa di Vespasiano, si chiuse l'"anno dei quattro imperatori" e iniziò la dinastia dei Flavi. Questo periodo evidenziò come la stabilità di un sovrano dipendesse sempre più dal sostegno militare, a scapito del potere del senato.

Vespasiano

Vespasiano morì nel 79 d.C. di morte naturale, segnando un cambiamento nel clima politico rispetto ai suoi predecessori. Prima di morire, designò i figli Tito e Domiziano come successori, consolidando il principio di trasmissione ereditaria del potere. Tito governò dal 79 all'81 d.C., affrontando l'eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei ed Ercolano. Il suo regno fu ben visto dagli storici antichi grazie al suo atteggiamento moderato verso il senato e alla popolarità ottenuta per la vittoria contro gli Ebrei.

Tito

Tito rimase al potere per un breve lasso di tempo, dal 79 all'81 d.C., peraltro funestato da una catastrofe: l'eruzione del Vesuvio, che nel 79 d.C. distrusse le città di Pompei, Ercolano e Stabia e devastò l'intera regione, all'epoca una delle più prospere d'Italia. Il suo regno, però, fu ben giudicato dagli storici antichi per l'atteggiamento moderato del principe nei con- fronti del senato, e anche per la popolarità ottenuta a seguito della vittoria contro gli Ebrei

Domiziano

Domiziano, al potere dall'81 d.C., si distinse per dispotismo e autoritarismo, in contrasto con i suoi predecessori. Il suo conflitto con il senato portò a persecuzioni politiche e all'espulsione di intellettuali come Epitteto. Sotto il suo regno, molti scrittori romani furono costretti al silenzio. Domiziano si concentrò sull'addestramento dell'esercito, occupando regioni oltre il Reno e creando le province della Germania Superiore e Inferiore. Consolidò anche le conquiste in Britannia e tentò di conquistare la Dacia, ma nel 89 d.C. stipulò una pace con il re Decebalo.