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Mito di Orfeo ed Euridice

Un mito di morte e amore

Considerato il poeta per eccellenza, nell’antichità Orfeo è il vedovo affranto della ninfa Euridice, che non riesce a riportare in vita dal regno dei morti perché troppo impulsivo e innamorato. Secondo Ovidio il suo è un errore dovuto all’emotività, eppure pian piano tra gli artisti s’insinua il dubbio.Che farò senza Euridice?» canta un Orfeo affranto alla scomparsa della sua amata, la driade ( una ninfa dei boschi ), che ha perduto perché si è voltato troppo presto mentre la riportava dal regno dei morti a quello dei vivi. Orfeo sprofonda nella disperazione mentre intona la famosa aria musicale in Orfeo ed Euridice (1762) di Christoph Willibald Gluck e del librettista livornese Ranieri de’ Calzabigi, che proprio con questa creazione mirano a riformare dall’interno l’opera lirica. E, non a caso, più di un secolo e mezzo prima, nel 1607, un altro celebre compositore, il cremonese Claudio Monteverdi, aveva scelto lo stesso mito greco come soggetto del primo capolavoro nella storia del melodramma.

Nel mito greco Orfeo, figlio della musa Calliope e di Apollo, è il poeta per eccellenza, la personificazione del canto. Con le sue parole riesce a sedurre uomini, animali di ogni specie e perfino alberi, pietre e mare. Con la forza dei suoi versi commuove, intenerisce, appassiona, tocca l’animo di chi ha modo di ascoltarlo. Per questo sin dall’antichità ogni artista si è identificato con lui, ha voluto vestire i suoi panni e ha cercato di ravvivare il mito con una sua personale interpretazione. Il mito di Orfeo è senza dubbio uno dei più famosi nella mitologia greca, ed è impossibile dar conto di tutte le riscritture che lo riguardano. In una prima fase del mito Orfeo è il cantore, il poeta tra i poeti, e con la lira è rappresentato. Ma finora è quasi sempre solo, colto molte volte nel momento in cui ammansisce le fiere con la sua musica. Piano piano, però, quest’affascinante figura inizia ad accompagnarsi a una donna, e quel canto che lo ha già reso celebre acquista nuove sfumature.

Un amore mitico

Orfeo s’innamora, ricambiato, della ninfa Euridice, e la sposa. Eppure il destino dei due amanti nasce sotto una cattiva stella. Come racconta Virgilio nelle Georgiche, di Euridice s’invaghisce anche il pastore Aristeo, che l’insegue per farla sua e, mentre scappa, Euridice è morsa fatalmente da un serpente. Nelle Metamorfosi Ovidio sceglie di eliminare dalla scena Aristeo: Euridice è spensierata, in compagnia di una schiera di ninfe, quando viene morsa al tallone dal rettile. Appena Orfeo apprende la notizia, piange la sposa e con coraggio decide di recarsi negli inferi per riaverla. Scende fino allo Stige, vince ogni ostacolo grazie alla lira e si presenta a Persefone e a Ade, i signori dell’oltretomba. Canta il suo amore per Euridice e chiede che gli venga data la possibilità di continuare a vivere con lei. Tale è la forza del suo amore e del suo canto che Persefone, Ade, il cane Cerbero e perfino le implacabili Furie si commuovono. Gli viene quindi accordato di portare con sé Euridice, ma a un patto: lui andrà avanti, lei lo seguirà, e Orfeo non potrà mai girarsi indietro, perché altrimenti Euridice tornerà per sempre tra le ombre dei defunti. In nome della passione il poeta ha quindi sfidato i limiti dell’essere umano, con i suoi versi ha sconfitto la morte e il conseguente oblio. La poesia sembra poter influire sul destino ultimo di ogni uomo.

Sembra. Nella risalita che mentre i due amanti sono quasi arrivati alla luce, Orfeo non resiste alla tentazione e si volta per controllare che la sua amata sia veramente con lui. Nel tempo di un attimo Euridice scompare per sempre nell’abisso. Distrutto e impietrito, Orfeo non trova più pace e vaga per la terra, sublimando nel canto un passato che non può più tornare. Quando muore tutti lo piangono, uccelli, alberi, sassi, ma Orfeo potrà tornare a riabbracciare la sua Euridice. Nei secoli la tradizione ha raccontato in questo modo la triste fine di una delle vicende greche più romantiche, uno dei tanti amori che solo la poesia rende immortali.

L' ultimo sguardo

Veronica e Clarissa