5.2 Giacomo Leopardi
Flavia Cecconi
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Transcript
La poetica del "vago e indefinito"
Il pessimismo cosmico
La natura malvagia
Il pessimismo storico
La natura benigna
Il pensiero
La vita
L'ultimo soggiorno a Recanati. Firenze e Napoli
Le esperienze fuori da Recanati
Giacomo leopardi
(Recanati 1798 - Napoli 1837)
L'infanzia, l'adolescenza e gli studi eruditi
La conversione "dall'erudizione al bello" e dal bello al vero
I "grandi idilli"
La Ginestra
Il ciclo di Aspasia
I temi del pessimismo
Gli argomenti e le forme
Il modello di Luciano
Composizione, titolo e tono
Le operette morali
I canti
La polemica contro l'ottimismo progressista
Gli Idilli
Giacomo leopardi - le opere
(Recanati 1798 - Napoli 1837)
Le Canzoni
Opere: Idilli, canzoni, Zibaldone
"Dall'erudizione al bello" e dal bello al vero
Tra il 1815 e il 1816 Leopardi vive una sorta di conversione, che lui definisce "dall'erudizione al bello", cioè abbandona la prima formazione arida e accademica e si appassione dei grandi poeti (Omero, Virgilio e Dante), cominciando a leggere anche i moderni (Rousseau, Alfieri, Goethe, Foscolo), tramite la lettura degli scritti di m.me de Stael si avvicina alla cultura romantica. Un momento fondamentale della sua formazione è l'amicizia con Pietro Giordani, uno degli intellettuali più significativi dell'epoca, di orientamento classicistico, ma di idee laiche e democratiche, in cui Leopardi trova una guida intellettuale. Questa apertura al mondo esterno gli rende ancora più insostenibile la casa paterna e nel 1819 tenta la fuga, ma questo tentativo viene scoperto e sventato. Lo stato d'animo successivo a questo evento e una malattia agli occhi lo porta in uno stato di prostrazione e aridità, in cui arriva a sostenere la nullità di tutte le cose, nucleo del suo pensiero pessimistico. Questa crisi lo porta dal "bello" al "vero", dalla poesia d'immaginazione alla filosofia (a una poesia riflessiva). Questi furono anche gli anni della sperimentazione letteraria, dall'Infinito comincia la stagione più originale della sua poesia e si infittiscono le note dello Zibaldone (sorta di diario intellettuale incominciato nel 1817, in cui scrive appunti e riflessioni filosofiche, letterarie, linguistiche...).
I temi del pessimismo
Tutte le tematiche si concentrano sui nuclei fondamentali del pessimismo leopardiano: l'infelicità inevitabile dell'uomo, l'impossibilità del piacere, la noia, il dolore, i mali materiali, ma nonsi ha un'impressione di cupezza e oppressione grazie al distacco ironico con cui Leopardi contempla il "vero". Questa contemplazione è portata avanti da una prosa leggera e chiara, a volte percorsa da vibrazioni più intense. Da questo quadro escono le operette più tarde (Plotino che si lega alla solidarietà fraterna tra gli uomini che prefigura la Ginestra e Tristano che si inseisce nell'ultima stagione di critica contro il suo secolo). Alle Operette si può legare anche un'epistola in versi, Al conte Carlo Pepoli (1826) raccolta nei Canti, in cui il poeta analizza il suo stato di aridità ed enuncia il proposito di di deidicarsi all'investigazione dell'"acerbo vero".
Opere: Operette morali, grandi idilli
Fuori Recanati
Nel 1822 fa un viaggio a Roma, ospite di suo zio, ma non fu contento di questo soggiorno romano che lo lasciò disilluso, infatti gli ambienti letterari romani gli sembrano vuoti e la grandezza monumentale della città lo infastidisce. Nel 1823 torna a Recanati e si dedica alla composizione delle Operette morali, a cui affida il suo pensiero pessimistico, in questo periodo inizia un momento di aridità interiore che lo allontana dalla scrittura poetica e durante il quale si dedica alla prosa, approfondendo l'"arido vero". Nel 1825 l'editore milanese Stella gli offre un assegno fisso per alcune collaborazioni critiche, soggiorna così a Milano e a Bologna. Nel 1827 va a Firenze, dove entra in contatto con Gian Pietro Viesseux e il gruppo di intellettuali della rivista "Antologia", uno dei periodici di punta della letteratura italiana. Tra il 1827 e il 1828 è a Pisa, dove la dolcezza del clima e la tregua dalla sua malattia favoriscono la scrittura poetica (nel 1828 nasce A Silvia e si apre la serie dei "grandi idilli")
Fuori dai Canti
Palinodia al marchese Gino Capponi
La polemica contro l'ottimismo progressista
Il periodo corrispondente alla redazione del "ciclo di Aspasia" corrisponde a un rapporto intenso con le correnti ideologiche del tempo, è una nuova forma di impegno, che però è negativo e polemico. Leopardi critica tutte le ideologie ottimistiche che esaltano il progresso e profetizzano un miglioramento della vita umana, sono un bersaglio anche le tendenze di tipo spirtualistico e neocattolico, che si affermarono durante il periodo della Restaurazione e inneggiano a un posto priviegiato destinato da Dio all'uomo nel cosmo. Leopardi contrappone concezioni pessimistiche che escludono ogni miglioramento della condizione umana, affermando che l'infelicità e la sofferenza sono caratteri naturali, eterni e immodificabili, allo spiritualismo consolatorio il poeta contrappone il metarialismo che nega ogni speranza in un'altra vita. Questa polemica è condotta attraverso varie opere: Palinodia al marchese Gino Capponi (satira contro la società moderna e il progresso).
Opere: ciclo di Aspasia, La ginestra
La fine della vita
Nel 1828 aggravatesi le sue condizioni di salute gli è impossibile lavorare e viene sospeso l'assegno dell'editore, perciò torna a Recanati, dove vive isolato nel palazzo paterno senza rapporti con nessuno. Dopo "sedici mesi di notte orribile" nel 1830 accetta l'offerta che aveva in precedenza rifiutato degli amici fiorentini un assegno mensile per un anno e comincia una nuova fase di esperienza intellettuale, stringendo rapporti sociali più intensi e partecipando con fervore al dibattito culturale e politico (vivrà anche l'esperienza morosa per Fanny Targioni Tozzetti, la cui delusione ispira il "ciclo di Aspasia"). In questo periodo stringe amicizia con il giovane napoletano Antonio Ranieri, personaggio che gli sarà vicino in questi ultimi anni, nel frattempo la famiglia gli concede un piccolo assegno mensile, da cui trae sollievo per le sue condizioni economiche. Dal 1833 si stabilisce a Napoli con Ranieri, qui entra in polemica con l'ambiente culturale di tendenze idealistiche e neocattoliche, in contrapposizione col suo materialismo ateo, questa polemica verrà portata avanti nell'ultimo grande canto La ginestra. Nel 1837 muore.
La prima parte della vita
Giacomo Leopardi nacque nel 1798 a Recanati, borgo dello Stato Pontificio, nelle Marche dal conte Monaldo e dalla moglie Adelaide Antici, esponenti della nobiltà terriera in cattive condizioni economiche. La madre era una donna dura, che si dedicava alla cura del patrimonio dissestato, il padre era un uomo colto e aveva costruito una grande biblioteca (con libri di stampo accademico), era un uomo reazionario, ostile a qualunque idea nuova (cfr. Rivoluzione francese e campagne napoleoniche). Leopardi crebbe quindi in un ambiente conservatore e autoritario. La sua prima educazione fu affidata a precettori ecclesiastici, come si usava nelle famiglie nobili, ma già dall'età di 10 anni cominciò a portare avanti gli studi da solo, chiudendosi in biblioteca per "sette anni di studio matto e disperatissimo", imparando il latino, il greco e l'ebraico e componendo lavori filologici e traduzioni di opere classiche, anche se ancora legata a modelli eruditi di stampo accademico e illuministico.
Il pessimismo storico
La prima fase del pensiero di Leopardi si fonda sul contrasto tra natura e ragione, tra antichi e moderni. Gli antichi, nutriti di illusioni, erano capaci di azioni eroiche, la loro vita era più attiva e ciò favoriva la dimenticanza del nulla e del vuoto dell'esistenza, per questo motivo erano più grandi dei moderni nella vita civile e culturale. Il progresso della civiltà e della ragione ha spento le illusioni e ha reso i moderni incapaci di azioni eroiche, ha causato corruzione, egoismo, viltà. La colpa dell'infelicità è attribuita all'uomo che si è allontanato dalla natura. Questo pensiero causa una forte critica alla società a lui contemporanea, soprattutto all'Italia decaduta dalla grandezza del passato. Da ciò deriva anche un atteggiamento di titanismo, poiché il poeta come depositario della cultura antica si erge contro il destino maligno (che per esempio ha condannato l'Italia a questa situazione negativa che sta affrontando). Questa fase del pensiero di Leopardi è definita dai critici pessimismo storico poiché la situazione negativa del presente è attribuita a un processo storico di decadenza e allontanamento da una condizione di felicità. In ogni caso Leopardi è ben consapevole che la felicità antica era frutto di illusione, poiché la condizione dell'uomo è di per sé infelice.
L'infinito
La vita solitaria
La sera del dì di festa
Il sogno
Alla luna
Gli Idilli
Gli Idilli hanno un carattere molto diverso dalle Canzoni sia per le tematiche, che sono intime e autobiografiche, sia nel linguaggio, più colloquiale e limpido. Il titolo si riferisce a dei componimenti scritti in endecasillabi sciolti tra il 1819 e il 1821: L'infinito, La sera del giorno festivo (poi La sera del dì di festa), La ricordanza (poi Alla luna), Il sogno, Lo spavento notturno, La vita solitaria, pubblicati nella rivista "Il Nuovo Raccoglitore" nel 1825 e poi nell'edizione dei Versi del 1826. Il titolo non ricompare nelle successive raccolte, ma è rimasto d'uso comune, la parola "idillio" deriva dal greco eidyllion, diminutivo di éidos "immagine, quadro", significa quindi "quadretto" e nella letteratura greca antica il suo rappresentante principale fu Teocrito (autore siciliano del III a.C. di poesia ambientanta in un mondo pastorale idealizzato), il riferimento leopardiano non è tanto alla tematica quanto alla brevità dei testi. Nel 1828 Leopardi definì gli idilli come espressione di "sentimenti, affezioni, avventure storiche del suo animo", all'interno di queste opere rappresenta la realtà esterna, scene di natura serena in funzione soggettiva, momenti essenziali della sua vita interiore. Il linguaggio poetico è originale, giocato sul "vago e indefinito" e su una musicalità essenziale.
La natura benigna
Tutto il pensiero di Leopardi si fonda su un sistema di idee continuamente pensate e sviluppate, prima di arrivare ad apprezzarlo attraverso i testi si può seguire attraverso le pagine dello Zibaldone. Al centro del suo pensiero si pone il tema pessimistico dell'infelicità dell'uomo, di cui individua la causa nella fallimentare ricerca della felicità. Secondo un pensiero settecentesco la felicità è identificata con il piacere (sensibile e materiale), l'uomo però non desidera "un" piacere, ma "il" piacere, un piacere che sia infinito. Purtroppo nessun piacere provato dall'uomo soddisfa questa esigenza e per questo motivo nasce in lui un senso di insoddisfazione perpetua, di vuoto incolmabile dell'anima. Da questa tensione insoddisfatta nasce l'infelicità dell'uomo, il senso di nullità di tutte le cose, che non va inteso in senso metafisico o religioso, ma in senso materiale. L'uomo è infelice per sua costituazione, ma la natura in questa prima fase è vista come madre benigna, attenta al bene delle sue creature e ha voluto offrire un rimedio all'uomo ovvero l'immaginazione e le illusioni (gli ideali patriottici, l'amore, il sublime), che nascondono la miseria all'uomo. Per questo motivo gli uomini primitivi, i Greci e i Romani erano felici perché più vicini alla natura (come i bambini), perché capaci di illudersi e ignorare l'infelicità. Con il progresso causato dalla ragione l'uomo si è allontanato da questa condizione e il "vero" lo ha reso infelice.
La ginestra e l'idea di progresso
Una svolta importante nella poetica di Leopardi può essere identificata nel suo testamento spiritule, La ginestra, la lirica che chiude il suo percorso poetico (insieme con Il tramonto della luna, che riprende le antiche tematiche della caduta delle illusioni giovanili). Il poeta riprende la polemica antiottimistica e antireligiosa, ma non nega la possibilità di un progresso civile, cerca di costruire un'idea di progresso dal suo pessimismo. La consapevolezza della negatività della natura, vera nemica, può spronare gli uomini a unirsi in "social catena" e combattere la sua minaccia, ciò può fermare le ingiustizie della società, dando vita a un mondo più giusto e al "vero amore" tra gli uomini. Quest apoesia inoltre è anche la massima realizzazione della "nuova poetica" antiidillica già sperimentata nel 1830, è un vasto poemetto, basato sull'alternanza di toni, dal quadro tragico del vulcano che minaccia distruzione, agli squarci cosmici che proiettano la nullità della terra e dell'uomo nell'universo, alla visione della storia umana su cui incombe la minaccia della natura, fino alle note gentili e delicate del "fiore del deserto", che ha complessi significati simbolici (la pietà verso le sofferenze umane, la dignità dell'uomo contro la forza invincibile della natura.)
Canzoni della seconda fase
Bruto minore,Ultimo canto di Saffo
Canzoni civili
Le Canzoni
Le Canzoni hanno un impianto classicistico, riproducono la metrica duecentesca e dantesca, usano un linguaggio aulico, sublime e tradizionale.
Composizione e tono delle Operette
Nel 1824 dopo la cocente delusione del viaggio a Roma Leopardi si dedica alal composizione delle Operette morali, che scrive tra il '25 e il '27 e pubblicherà nel 1827 (con qualche aggiunta nel '32). Le Operette morali sono prose di argomento filosofico, ma non si tratta di filosofia puramente speculativa, lo scrittore ha un obiettivo pratico: un forte impegno morale e civile e che si riflette nel titolo ("morali"), mentre il diminutivo "operette" indica sia la brevità di questi testi, sia il tono lieve basato sull'ironia e il comico (lontano dalla consueta impostazione seria delle opere filosofiche), che non mina la serietà dei suoi obiettivi. L'opera non tratta di argomenti futili, ma sono scritti di profonda sostanza intellettuale, in cui il pensiero non è sminuito dalla forma ironica e comica. Le armi del ridicolo sono usate con intento serio: combattere le idee correnti, gli stereotipi mentali, i pregiudizi.
Suddivisione in fasi della poetica
Edizioni
Titolo
I canti
Il pessimismo cosmico
Se la causa dell'infelicità è la natura stessa, tutti gli uomini di ogni epoca storica di ogni forma di governo sono infelici, anche gli antichi, anche se sapevano illudersi (quindi erano relativamente meno infelici dei moderni grazie alla vita attiva), erano vittime degli stessi mali. Per questo motivo dal 1824 da una concezione di pessimismo storico passa al pessimismo cosmico, un esenso di infelicità non più legato a un condizione storica e relativa, ma a una condizione assoluta, un dato eterno e immutabile di natura. Da questa visione deriva un abbandono della poesia civile e del titanismo, poiché se l'infelicità è un dato naturale sono vane la protesta e la lotta, non resta che la contemplazione disperata della verità. Leopardi comincia ad assumere un atteggiamento contemplativo, ironico, distaccato e rassegnato (riscontrabile soprattutto all'interno delle Operette morali), il suo ideale non è l'eroe antico che compie imprese generose, ma il saggio antico, soprattutto lo stoico con la sua atarassia (il distacco dalla vita). In ogni caso la rassegnazione non è propria dell'indole del poeta e in momenti successivi tornerà il suo atteggiamento di protesta, di sfida al fato e alla natura fino alla Ginestra, in cui presenta una concezione di vita sociale e progresso basata sul suo pessimismo.
La natura malvagia
L'idea di natura benigna entra presto in crisi, poichè Leopardi si rende conto che la natura mira alla conservazione della specie più che al bene del singolo, il male quindi non è un accidente, ma rientra nel piano della natura, che ha messo nell'uomo il desiderio di felicità infinita senza dargli i mezzi per soddisfarlo. In una fase intermedia il poeta attribuisce la responsabilità del male al fato e contrappone la natura benigna al fato maligno in una concezione dualistica, ma ben presto rovescia la sua concezione della natura (il cui punto d'approdo è il Dialogo della Natura e di un Islandese, ma è preceduto da una lunga riflessione testimoniata nello Zibaldone). La natura è quindi considerata un meccanismo cieco e indifferente alla sorte delle sue creature, un meccanismo crudele, indifferente e distruttivo. Non è più una concezione finalistica (per cui la natura opera secondo uno scopo che porta al bene), ma meccanicistica e materialistica (tutta la realtà è materia regolata da leggi meccaniche). La colpa dell'infelicità dell'uomo non è dell'uomo stesso, che è vittima innocente, ma della natura. Anche se è pensata come un meccanismo inconsapevole, è presentata come una divinità malvagia e le è attribuita la crudeltà che in precedenza attribuiva al fato. Se in precedenza l'infelicità umana è definita come assenza di piacere, secondo questo nuovo pensiero è dovuta ai mali esterni a cui nessuno può sfuggire (malattie, elementi atmosferici, cataclismi, vecchiaia, morte).
Gli argomenti e le forme
Molte delle Operette sono dialoghi, i cui protagonisti sono:
- creature immaginose, personificazioni, personaggi mitici o favolosi (Ercole e Atlante, un folletto e uno gnomo, la Natura e un'anima, la Moda e la Morte);
- personaggi storici mescolati con esseri bizzarri o fantastici (Torquato Tasso e il suo Genio familiare)
- a volte il personaggio è la proiezione dell'autore stesso (Triatano, Timandro)
Differenze Idilli e "grandi idilli"
Il risorgimento, A Silvia, Le ricordanze, La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, Il passero solitario
I "grandi idilli"
Chiusi gli Idilli comincerà per Leopardi un lungo silenzio poetico che durerà fino al 1828, caratterizzato dalla fine delle illusioni giovanili e da uno stato di aridità e gelo che impedisce l'immaginazione e il sentimento, non scrive più poesia, si dedica solo all'investigazione dell'"arido vero", cioè alla filosofia. Il prodotto letterario più importante di questo periodo sono le Operette morali (1824), è inoltre la fase che corrisponde al passaggio al pessimismo assoluto, abbandona atteggiamenti titanici e si assume un atteggiamento ironico e distaccato nei confronti della realtà. Una svolta si verifica col periodo del soggiorno a Pisa del 1828, si conclude il periodo di aridità interiore e si assiste a un "risorgimento" delle facoltà di sentire, commuoversi e immaginare, che non si interrompe neanche nei sedici mesi di "notte orribile" trascorsi a Recanati, nascono in questo periodo i cosiddetti "grandi idilli" (terminologia non attribuita da Leopardi, ma isata per estensione del termine da lui usato per gli "Idilli"). Questi componimenti sono riprendono i temi, atteggiamenti e il linguaggio degli idilli: le illusioni, le speranze, le rimembranze, il linguaggio limpido e musicale. Queste poesie però molto distanti dai pimi idilli, considerata la costruzione di un sistema filosofico di pessismo assoluto. Se la memoria recupera le illusioni e la speranza, fa rivivere sentimenti ed emozioni, a questo processo si accompagna sempre la consapevolezza del "vero", della vanità delle illusioni. Dal punto di visto metrico non usa più l'endecasillabo sciolto ma strofe di endecasillabi e settenari che si succedono senza schema, in un gioco libero di rime, assonanze, cesure, enjambements ("canzone leopardiana": asseconda le immagini vaghe e indefinite).
La poetica del "vago e indefinito"
La "teoria del piacere" elaborata nel 1820 è un punto cardine del sistema di pensiero leopardiano, è il punto di avvio della sua poetica e base della sua filosofia pessimistica. Lo sviluppo della sua riflessione si può seguire nello Zibaldone: se nella realtà il piacere infinito è irraggiungibile, l'uomo può figurarsi piaceri infiniti attraverso l'immaginazione, costruendo una sorta di realtà parallela in cui trova un illusorio appagamento al bisogno di infinito, che riguarda tutto ciò che è "vago e indefinito". Si costruisce una sorta di teoria della visione di idee indefinite, scaturite dall'immaginazione e suscitate dall'ostacolo alla vista, scaturito da una siepe, un albero, una torre, una finestra....ma anche una teoria del suono attraverso cui elenca tutti suoni suggestivi perché vaghi: un canto lontano, un canto che proviene da una stanza, il muggito degli armenti... A questa riflessione si aggancia la teoria poetica: il bello poetico è associato al "vago e indefinito", immagini fantastiche che evocano sensazioni che ci hanno affascinato da bambini, che hanno il sapore di "rimembranza", la poesia diventa il recupero della visione e immaginazione fanciullesca attraverso la memoria. Maestri della poesia vaga e indefinita erano gli antichi, che poessedevano un'immaginazione vicina a quella dei fanciulli; i moderni invece hanno perduto questa capacità a causa della ragione, a loro è preclusa la poesia di immaginazione, possono scrivere solo poesia sentimentale nutrita di idee filosofiche nata dalla consapevolezza del "vero". Leopardi comunque con la poetica dell'indefinito non si rassegna a escludere il carattere immaginoso dai suoi versi.
Il modello di Luciano
Il genere letterario serio-comico era già presente nell'antichità e nello Zibaldone Leopardi prende l'autore greco Luciano di Samosata (120-180 d.C.) come modello, di questo autore ci sono pervenute diverse opere, la più famosa sono:
- il gruppo dei Dialoghi degli dei e Dialoghi marini, in cui gli dei della mitologia sono ridotti umoristicamente a proporzioni umane
- Dialoghi dei morti, in cui l'autore fa parlare i defunti e fa satira feroce sulle vanità del mondo e le tradizioni insensate.
Il pensiero dominante, Amore e Morte, Consalvo, Aspasia, A se stesso
Il "ciclo di Aspasia"
L'ultima stagione leopardiana si colloca dopo il 1830 dopo l'allontanamento definitivo da Recanati ed è segnato da una svolta di grande rilievo, presupposto rimane il pessimismo assoluto, ma dopo il distacco ironico delle Operette e dopo il recupero dell'età giovanile dei "grandi idilli" Leopardi ristabilitsce un rapporto con gli uomini e le idee del suo tempo, appare più pronto e combattivo nel diffondere le proprie idee. Questa apertura si verifica anche sul piano umano: nasce l'amicizia con Antonio Ranieri e anche la prima esperienza amorosa con Fanny Targioni Tozzetti, dalla delusione per questo amore (la fine dell'"inganno estremo") nasce il cosiddetto "ciclo di Aspasia", dal nome greco (Aspasia era la cortigiana amata da Pericle nell'Atene del V a.C.) con cui il poeta in una di queste liriche chiama la donna amata. Eccetto il Consalvo (sorta di novella sentimentale in versi), si tratta di poesie molto diverse dagli Idilli, non ci sono più immagini vaghe, o gli "ameni inganni" giovanili, la poesia è nuda, severa, priva di immagini sensibili, sono poesie combattive, energiche, eroiche, il linguaggio è aspro, antimusicale, la sintassi è complessa, si tratta di una vera e propria "nuova poetica".