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Alienata

Jean-LouisThéodoreGéricault

con MONOMANIAdell'INVIDIA

Olio su tela, 72 x 58 cm,realizzato da Géricault nel1821-1823 ed esposto al Museodelle Belle Arti di Lione.Quest'opera fa parte di una serie di dieci quadri prodotti dall'artista nei primi vent'anni della sua vita. Questa serie ritrae alienati mentali, affetti dalla fissazione patologica dell'invidia, del gioco, del comando militare, del furto, dell'assassinio e del rapimento di bambini.L'opera gli è stata commissionata dall'amico psichiatra Georget, con lo scopo di utilizzarla a scopo didattico-illustrativo, attraverso l'indagine psicologica del tema della follia. L'opera tocca Gericault da vicino poichè egli soffrì di esaurimento nervoso.

La donna anziana affetta da monomania dell'inividia è rapprasentata tramite una raffigurazione fedele fino alla crudeltà. Il suo volto è accigliato, la pelle rivela la vecchiaia, ricoperta di macchia e solcata da rughe profonde. Lo sguardo è fissato su un interlocutore inesistente, l'oggetto idealizzato dell'invidia. La cuffia bianca slabrata che circonda il viso della donna mette in risalto gli occhi cerchiati di rosso e l'atteggiamento assai diffidente. Il corpo della donna, come in tutti gli altri quadri della serie, emerge dallo sfondo scuro con una forza plastica che contribuisce ad evidenziare la dimensione di questa eterna solitudine.

DESCRIZIONE

Il dipinto è conosciuto anche come "La iena della Salpêtrière", dal nome di un ospedale parigino, noto per il trattamento di persone con gravi problemi psichiatrici, soprattutto donne, spesso ritratte dai medici e artisti come soggetti di studio. La "monomania dell'invidia" è un disturbo mentale identificato nella Parigi ottocentesca, epoca in cui la medicina cominciava appunto ad interessarsi sistematicamente alle malattie mentali.Il termine "iena" accentua la percezione negativa e feroce che si aveva dell’invidia in quel contesto, simboleggiata qui da una donna dall’espressione angosciata, quasi animalesca. Questo soprannome riflette anche lo stigma sociale attribuito a chi soffriva di disturbi mentali, ritenuti spesso “incontrollabili” o addirittura “selvaggi”, una visione rafforzata dalla rappresentazione drammatica del volto nell’opera, che sembra quasi sfigurato dalla potenza emotiva del sentimento dell’invidia, con il fondo scuro ad enfatizzare il senso di isolamento e alienazione.