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MEDITATIO MORTIS
Stefano Collorafi
Created on October 22, 2024
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Transcript
Meditare sulla morte vuol dire meditare sulla vita
UN TEMA RICORRENTE
LA MEDITATIO MORTIS
la morte e' la fine di tutto o semplicemente un passaggio? quesa domanda del mondo antico viene ulteriormente approfondita con il cristianesimo
Tra la fine del mondo antico e la nascita del cristianesimo
MORS: FINIS AN TRANSITUS?
Prospettiva cristiana: la morte non solo è un passaggio, ma è stata vinta dalla risurrezione di Cristo
MORTE COME PASSAGGIO, MA DI SPERANZA
Prospettiva stoica: LA morte è la morte del corpo per cui è un passaggio dell'anima ad altro
MORTE COME PASSAGGIO
Prospettiva epicurea e materialistica: mondo fatto di atomi che quando si disgregano completano il loro ciclo
MORTE COME FINE
in antichita' si pongono queste tre possibili risposte
TRE STRADE
Nonostante le differenti interpretazioni rimane per tutti gli intellettuali antichi la domanda di senso: perché moriamo?
PERCHE' LA MORTE?
- Mors carpit nos, non corripit
Bene autem mori est effugere male vivendi periculum.
'Meditare mortem': qui hoc dicit meditari libertatem iubet
Morieris non quia aegrotas sed quia vivis
E' INFATTI UN QUALCOSA DI NATURALE CHE DEVE ESSERE CONSIDERATA COME INEVITABILE E DA ACCETTARE. RIFLETTERE SULLA MORTE HA IL SENSO DI VIVERE BENE IL PROPRIO TEMPO
pER sENECA LA MORTE è UN PASSAGGIO
seneca
3] Fin dalla sua prima esperienza della luce, l’uomo ha le membra strette in nodi e catene che neppure le bestie allevate tra noi subiscono; e così, benché nato per la felicità, giace con le mani e i piedi legati, piangendo: lui, l’essere destinato a dominare su tutti gli altri. E inizia la sua vita tra i tormenti, per quest’unica colpa: perché è nato. Che stupidità, quella di chi, a partire da questi inizi, si crede nato per imporsi sugli altri! [4] La prima aspettativa di forza, il primo dono del tempo lo rendono simile a un quadrupede. Quando comincia a camminare come un uomo? Quando a parlare? Quando la bocca prende saldamente il cibo? Quanto a lungo la sua testa rimane molle, indizio, tra tutti gli esseri viventi, di estrema debolezza! Poi, le malattie e i tanti rimedi escogitati contro i mali, e anche questi subito superati da nuovi morbi! E tutti gli altri invece intendono la loro natura: alcuni si avvalgono della velocità, altri della capacità di volare celermente, altri sanno nuotare; l’uomo invece non sa fare nulla, nulla che non gli sia insegnato: né parlare, né camminare, né mangiare; in breve, per sua natura, non sa fare altro che piangere! Per questo ci furono molti che ritennero la cosa migliore non nascere, o morire il più presto possibile. [5] A lui solo, tra gli esseri viventi, è stato dato il pianto; a lui solo il piacere, e per di più in innumerevoli variabili, diverse a seconda delle singole membra; a lui solo è stata data l’ambizione, l’avidità, la smisurata voglia di vivere, il pensiero della sepoltura e anche di ciò che sarà dopo di lui. Nessuno ha una vita più fragile, nessuno un desiderio più grande di possedere tutte le cose, nessuno prova una paura più confusa, nessuno una rabbia più violenta. Infine, tutti gli altri esseri si comportano bene nei confronti della loro specie. Vediamo invece che si aggregano e affrontano gli animali di specie diversa: i leoni feroci non lottano tra di loro, il morso dei serpenti non assale i serpenti, anche i mostri marini e i pesci non infieriscono se non su specie diverse dalla loro. Ma l’uomo, per Ercole, i più grandi mali, li riceve dall’uomo.
Plinio il Vecchio
NATURALIS HISTORIA
[7, 1] Cominciamo a buon diritto dall’uomo, in funzione del quale sembra che la natura abbia generato tutto il resto; ma ha preteso, in cambio di doni tanto grandi, un compenso così alto e crudele che non si può giudicare se essa sia stata per l’uomo una buona madre o piuttosto una cattiva matrigna. [2] In primo luogo costringe lui solo, tra tutti gli altri esseri viventi, a vestirsi con risorse non sue. Agli altri ha dato diversi mezzi per coprirsi: gusci, cortecce, pelli, aculei, velli, setole, peli, piume, penne, squame, fiocchi di lana; anche i tronchi degli alberi, li protegge dal freddo e dal caldo con la corteccia, talvolta con un doppio strato: l’uomo soltanto, lo getta nudo, nel giorno della sua nascita, sulla nuda terra, abbandonandolo subito al vagito e al pianto, mentre nessun altro, tra tanti esseri viventi, è esposto alle lacrime, e per di più fin dall’inizio della sua vita. Invece, la capacità di ridere, per Ercole, anche quando è precoce e rapidissima non è concessa a nessuno prima del quarantesimo giorno
[3,2] Si prenda uno dalla folla dei vegliardi: “Vediamo che sei giunto al termine della vita umana, hai addosso cent’anni o più: su, fa’ il rendiconto del tuo passato. Calcola quanto da cotesto tempo han sottratto i creditori, quanto le donne, quanto i patroni, quanto i clienti, quanto i litigi con tua moglie, quanto i castighi dei servi, quanto le corse zelanti per tutta la città; aggiungi le malattie, che ci fabbrichiamo noi stessi, aggiungi il tempo inutilizzato: vedrai che hai meno anni di quanti ne conti. [3] Rievoca nella memoria quando sei stato saldo nei tuoi propositi, quanto pochi giorni hanno avuto l’esito che volevi, quando hai avuto la disponibilità di te stesso, quando il tuo volto non ha battuto ciglio, quando non ha tremato il tuo cuore, che cosa hai realizzato in un periodo così lungo, quanti hanno saccheggiato la tua vita senza che ti accorgessi di quel che perdevi, quanto ne ha sottratto un vano dolore, una stolta gioia, un’avida passione, un’allegra compagnia, quanto poco ti è rimasto del tuo: comprenderai che la tua morte è prematura”. [4] Quale la causa? Vivete come destinati a vivere Sempre, mai vi viene in mente la vostra precarietà, non fate caso di quanto tempo è trascorso: continuate a perderne come da una provvista colma e copiosa, mentre forse proprio quel giorno che si regala a una persona o a un’attività qualunque è l’ultimo. Avete paura di tutto come mortali, voglia di tutto come immortali. [5] Sentirai i più dire: “A partire dai cinquant’anni mi metterò a riposo, a sessant’anni andrò in pensione”. E chi ti garantisce una vita così lunga? Chi farà andare le cose secondo il tuo programma? Non arrossisci di riservare per te gli avanzi della vita e di destinare al perfezionamento interiore solo il tempo che non può essere utilizzato per niente altro? Non è troppo tardi cominciare a vivere solo quando è tempo di finire? Che sciocco oblio della condizione mortale rimandare i buoni propositi ai cinquanta e sessant’anni e volere iniziare la vita dal punto a cui pochi sono arrivati?