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Le Microplastiche

Manfredi DamianoClasse 2 Sezione CICS A.Gentili Palermo

Cosa sono le microplastiche ?

Perché sono pericolose?

LA NOSTRA SICUREZZA ALIMENTARE A RISCHIO La diffusione delle microplastiche nell’ambiente marino e terrestre pone seri rischi anche per la nostra sicurezza alimentare. Ogni settimana possiamo ingerire oltre 5 grammi di microplastiche (l’equivalente di una carta di credito) attraverso l’aria, acqua, frutta, verdura, pesci e molluschi, soprattutto quelli che si mangiano interi. Le microplastiche sono di conseguenza state ritrovate nella placenta e recentemente anche nel sangue e nelle aree profonde dei polmoni.

LE SOLUZIONI EUROPEE CONTRO LE MICROPLASTICHE.

Info

Ocean Cleanup, un’organizzazione fondata dall’inventore olandese Boyan Slat, ha progettato una grande barriera trainata da navi per setacciare l’acqua degli oceani per ripescare la plastica. Soprattutto dal “Great Pacific Garbage Patch”, una sterminata macchia di rifiuti che galleggia sulle acque dell’oceano Atlantico, tra le coste statunitensi e il Giappone. Si stima sia grande tre volte la Francia e possa contenere fino a 100.000.000 di chilogrammi di rifiuti plastici.

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Quando finisce in acqua, la plastica si discioglie in piccoli frammenti a causa di diversi processi chimici o fisici: dall’effetto dei raggi ultravioletti al vento, dalle onde ai microbi e alle alte temperature.

Proprio perché sono tanti gli elementi che concorrono al deterioramento, è difficile dire con precisione quanto tempo un singolo frammento impiega a diventare microplastica: a prolungarne il processo concorrono anche gli additivi chimici utilizzati durante la produzione che conferiscono ai materiali determinate caratteristiche, come gli antimicrobici o i ritardanti di fiamma che li rendono più resistenti ai raggi ultravioletti, fino all’impermeabilità.

L’aspetto più pericoloso delle microplastiche è la loro capacità di assorbire contaminanti ambientali (metalli pesanti, pesticidi, e molto altro) per poi rilasciarli negli organismi che le ingeriscono, assieme alle sostanze di cui sono esse stesse fatte (ftalati, ritardanti di fiamma). Ciò espone gli organismi a un vero e proprio cocktail di sostanze chimiche nocive, che possono accumularsi e aumentare esponenzialmente lungo la rete alimentare. I principali effetti di questa ingestione vanno da lesioni e infezioni interne, soffocamento alla riduzione dell’alimentazione (a causa del senso di pseudo-sazietà), fino ad arrivare ad effetti più gravi, interferenza con il sistema ormonale, neurotossicità e morte. A livello ecosistemico non sono ancora chiari gli impatti, ma si pensa che le microplastiche influenzino il ciclo dei nutrienti nei vari comparti ambientali e possano modificare la struttura di intere comunità.

Spesso e volentieri le correnti oceaniche permettono alle microplastiche di accumularsi in alcune porzioni dell'oceano dando origine a quelle che sono state in seguito battezzate giornalisticamente "isole di plastica". Tra tutte le isole di plastica, una tra le più estese è la Great Pacific Garbage Patch, al largo della costa occidentale degli USA, nell'Oceano Pacifico. Si tratta di un'area grande circa tre volte la Francia e originatasi a causa delle correnti superficiali del Pacifico che, muovendosi circolarmente in senso orario, creano una spirale con al centro una zona di “acque ferme”.

L’Unione Europea è al lavoro su diverse soluzioni per cercare di limitare la quantità di microplastiche in mare. Nel 2015, il Parlamento ha votato a favore di una restrizione dei sacchetti di plastica in Europa. Nel 2020 ha imposto il divieto di aggiungere microplastiche primarie (cioè quelle prodotte intenzionalmente di piccola dimensione) all'interno dei prodotti cosmetici e detergenti, dai tessuti, dagli pneumatici, dalle pitture e dai mozziconi di sigaretta. Anche i prodotti usa-e-getta in plastica sono finiti nel mirino dell'Unione che, dal 14 gennaio 2022, ne ha vietato sia la produzione che la vendita.

Distribuzione per regione della produzione globale di plastica nel 2017 – fonte Plastics Europe

Le microplastiche sono pericolose perché possono essere ingerite da molte specie, soprattutto in ambiente marino: dal plancton alla base della rete alimentare, ai pesci, uccelli, tartarughe fino alle balene, foche e orsi polari. Gli organismi ingeriscono le microplastiche accidentalmente, attraverso la filtrazione o l’ingestione delle prede, oppure perché ne vengono ingannati: per molti animali la plastica non solo può avere dimensioni simili al cibo, ma può anche avere lo stesso odore e sapore per la presenza di sostanze, alghe e batteri che gli conferiscono un tipico “sapore di mare”. Anche il colore e il suono che la plastica emette in mare fanno sì che venga scambiata da molte specie per cibo, rimanendone ingannati.

Si può dire che la microplastica è un residuo derivato dal processo di produzione e utilizzo della plastica, uno dei materiali più comuni al mondo, di cui sono fatti tantissimi oggetti che usiamo ogni giorno, dalle bottiglie fino ai rivestimenti interni di tante automobili. Sono sempre più presenti nell’ambiente, disperse negli ecosistemi marini e terrestri ma si tratta di un inquinamento di difficile quantificazione e impossibile da rimuovere totalmente: è per questo che la conoscenza del problema e la prevenzione sono necessarie.

Vengono definite microplastiche tutte le particelle le cui dimensioni sono comprese tra i 330 micrometri e i 5 millimetri.