Presentazione Essenziale
Florencia Senatore
Created on October 20, 2024
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Transcript
LA VERGINE CUCCIA
GIUSEPPE PARINI
go!
Parafrasi
Ora [alla Dama] viene in mente [quanto è successo durante] il giorno , ahimè giorno crudele! quando la sua bella e giovane cucciola educata dalle Grazie , scherz, fece un leggero segno (segnò di lieve nota - perifrasi) con i suoi bianchi denti il volgare (villan) piede del servo: e costui sfrontato (audace) con il malvagio piede (sacrilego piè - iperbato) la lanciò lontano (lanciolla): ed ella rotolò tre volte (tre volte… tre volte - anafora) ; tre volte scosse il pelo arruffato, e soffiò dalle morbidi (molli) narici la polvere che le irritava (rodente – che provoca irritazione). [527] Indi i gemiti alzando: Aita, aita, parea dicesse; e da le aurate volte a lei la impietosita Eco rispose: e dall’infimi chiostri i mesti servi asceser tutti; e da le somme stanze le damigelle pallide, tremanti, precipitàro. Accorse ognuno; il volto fu d’essenze spruzzato a la tua Dama. [527] Quindi gemendo (i gemiti alzando), aiuto, aiuto (aita aita - onomatopea) sembrava dicesse; e dai soffitti dorati (aurate volte) le rispose l’Eco (personificazione) impietosita; e dalle stanze più basse (infimi chiostri – dalle stanze dove sta la servitù) i servi afflitti (mesti – perché sanno che verrà data una punizione) salgono tutti; e dalle stanze dei piani alti (somme stanze) si precipitano, pallide e tremanti, le cameriere (damigelle). Tutti accorrono; sul volto vengono spruzzate essenze alla tua Dama. [535] Ella rinvenne alfin: l’ira, il dolore l’agitavano ancor; fulminei sguardi gettò sul servo, e con languida voce chiamò tre volte la sua cuccia: e questa al sen le corse; in suo tenor vendetta chieder sembrolle: e tu vendetta avesti vergine cuccia de le Grazie alunna. [535] Infine riprese conoscenza (rinvenne alfin): era ancora agitata da ira e dolore; lanciò sguardi fulminanti (fulminei sguardi - metafora) sul servo, e con voce flebile (languida) chiamò tre volte la sua cucciola: e questa le corse in grembo (al sen le corse); nel suo linguaggio (in suo tenor) le sembrò (sembrolle) che chiedesse vendetta: e tu vendetta avesti (apostrofe) giovane cuccia allevata dalle Grazie (vergine cuccia de le Grazie alunna - riprende esattamente il v.3 ma dal punto di vista del poeta). [542] L’empio servo tremò; con gli occhi al suolo udì la sua condanna. A lui non valse merito quadrilustre; a lui non valse zelo d’arcani ufici: in van per lui fu pregato e promesso; ei nudo andonne, dell’assisa spogliato, ond’era un giorno venerabile al vulgo. In van novello Signor sperò; ché le pietose dame inorridìro, e del misfatto atroce odiàr l’autore. Il misero si giacque con la squallida prole, e con la nuda consorte a lato, su la via spargendo al passeggiere inutile lamento: e tu, vergine cuccia, idol placato da le vittime umane, isti superba. [542] Il servo sacrilego (empio) tremò; con gli occhi bassi (al suolo) ascoltò la sua condanna. A nulla gli valse (A lui non valse) aver servito meritevolmente per vent’anni (merito quadrilustre); non gli valse neppure l’impegno dimostrato nell’eseguire commissioni delicate (zelo d’arcani ufici): invano da parte sua (per lui) fu pregato [di avere pietà] e promesso [di non farlo più]; se ne andò via nudo (nudo andonne), spogliato della livrea (dell’assisa) che l’aveva reso degno di rispetto (venerabile) agli occhi del popolino (al vulgo). Invano sperò [di trovare] un nuovo padrone (novello Signor); perché le dame sensibili (pietose – della cagnetta ma non del servo) inorridirono [sentendo ciò che aveva fatto] e odiarono l’autore di un così atroce misfatto. Il poveraccio (Il misero) rimase in mezzo ad una strada con a fianco (a lato) i suoi poveri figli (squallida prole) e la moglie privata di ogni cosa (con la nuda consorte), a chiedere per strada (su la via spargendo) l’inutile lamento [per l’elemosina] ai passanti (al passeggiere): e tu, giovane cucciola, incedi superba (isti superba) come una divinità placata da [un sacrificio di] vittime umane (idol placato da le vittime umane - metafora).
Analisi
La Dama ricorda il giorno in cui un servo, morso dalla sua cagnolina, osò darle un calcio. Ai guaiti della bestiola accorse tutta la servitù, sia dai piani bassi che dai piani alti, tristi in previsione delle conseguenze che questo gesto avrebbe suscitato. La Dama dopo essere svenuta, si risveglia, chiama con dolcemente la cagnolina che si rifugia prontamente sul suo grembo, e licenzia seduta stante il povero servo. Questi si ritroverà, con tutta la sua famiglia, per strada a mendicare e l’offesa recata alla cagnolina sarà vendicata.