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ECO AVVENTURE

ELENCO

Da dove arriva il nome "Oceano Pacifico"?

Da dove arriva il nome "Oceano Pacifico?Isole di Plastica: cosa sono? Le isole di plastica dove si trovano? Quali sfide sta affrontando oggi l’Oceano Pacifico? Qual'è la soluzione per ridurre le isole di plastica?

Da dove arriva il nome "Oceano Pacifico?

Il nome OCEANO PACIFICO deriva dal fatto che l’esploratore portoghese Ferdinando Magellano, durante il suo viaggio verso le Filippine, trovò l’oceano abbastanza tranquillo, quindi “pacifico”. Il punto più profondo del bacino dell’Oceano Pacifico è conosciuto come Challenger Deep e si trova nella Fossa delle Marianne, ad una profondità di 11.034 m (36.201 piedi). È il punto più profondo registrato nel mondo, situato a est delle Filippine. È così profondo che il monte Everest entrerebbe nel Challenger Deep con oltre un miglio di margine! Quanti “Oceani Pacifici” ci sono? La risposta è uno, ma la circolazione oceanica (causata dall’effetto Coriolis) lo suddivide in due volumi d’acqua indipendenti che si incontrano all’equatore: l’Oceano Pacifico settentrionale e l’Oceano Pacifico meridionale. Le isole Galápagos e Gilbert, pur essendo a cavallo dell’equatore, sono considerate interamente all’interno del Pacifico meridionale. L’oceano è stratificato, e uno dei principali fattori di questa stratificazione è la temperatura: le acque profonde, che compongono circa l’80% del volume dell’oceano, sono molto fredde, con temperature stabili appena sopra lo zero, di solito intorno ai 3,5 °C (38,3 °F). Nella zona superficiale, invece, fino ad una profondità di circa 300 metri (1.000 piedi) la temperatura varia notevolmente. Data la vastità dell’Oceano Pacifico, le sue caratteristiche fisiche come la salinità sono molto variabili sia nel Pacifico occidentale che in quello orientale, a causa dei cambiamenti stagionali delle correnti di superficie. In generale, l’Oceano Pacifico presenta una salinità leggermente inferiore rispetto a quella dell’Oceano Atlantico, per la presenza di precipitazioni atmosferiche. Nelle zone tropicali e sub-tropicali del Pacifico, infatti, le precipitazioni sono più intense e sono associate ai monsoni della regione. A causa di questo fenomeno, la salinità è generalmente inferiore nell’area equatoriale. La salinità, insieme alla temperatura, è anche una componente fondamentale per garantire l’interscambio di ossigeno e nutrienti tra le acque superficiali e quelle più profonde.

L'Oceano Pacifico deve il suo nome al navigatore portoghese Ferdinando Magellano, che lo definì "mar pacifico" durante la sua spedizione, dal 1519 al 1522, alla ricerca di una via più breve per arrivare in Asia senza circumnavigare l'Africa123. Magellano raggiunse acque tranquille ("pacifiche") con venti favorevoli per la navigazione dopo aver attraversato acque turbolente e lo Stretto di Magellano23.

LGli animali che vivono nell’ oceano Pacifico sono: penguins, dugongo, Balena assassina, megattera, sigillo di pelliccia, sigillo di elefante, manta, lontra, tartaruga di mare, lumaca di mare, polpo, calamaro gigante, delfino dai lati bianchi del Pacifico, leone marino stellare, squalo martello.

Utilizziamo il plurale perché ormai, non c’è più solo la famosa Pacific Trash Vortex, ma si sono sviluppate in tutto il Globo, da est a ovest. Vediamo insieme la mappa delle isole di plastica. L’isola di Plastica nel Pacifico (Great Pacific Garbage Patch) Anche detta Pacific Trash Vortex, è il più famoso e grande accumulo di rifiuti galleggiante del mondo. E’ composta soprattutto da plastica, metalli, residui organici in degradazione e parti di multimateriale. E’ situata nell’Oceano Pacifico, e si sposta secondo la corrente oceanica subtropicale del Nord Pacifico. Ha dimensioni sconcertanti: è stimata da un minimo di 700.000 km² fino a più di 10 mln di km². Una penisola iberica di plastica in mezzo all’Oceano Pacifico. L’isola di plastica del Sud Pacifico (South Pacific Garbace Patch) Scoperta dallo stesso team di ricerca che scoprì, nel 1977, la Pacific Trash Vortex, l’isola di plastica si trova al largo del Cile e del Perù. Si stima sia grande 8 volte l’Italia per una superficie complessiva che si aggira intorno a 2,6 mln di km². Contiene più che altro materiale plastico in microframmenti, derivanti probabilmente dall’erosione di plastiche di dimensioni maggiori, da parte degli agenti atmosferici.

Uno dei problemi principali, come è ormai chiaro, è l’inquinamento marino, principalmente dato da rifiuti solidi quali plastica e altri detriti. Nel Pacifico, troviamo il più grande vortice di spazzatura, o zuppa di plastica, conosciuto anche come “Great Pacific Garbage Patch“: si tratta di un’enorme area di accumulo di rifiuti, compresa la plastica, che si trova al centro delle due correnti circolari (gyres) del Pacifico settentrionale e meridionale. L’inquinamento è causato principalmente dalla cattiva gestione dei rifiuti (littering), dal trasporto marittimo, dalle miniere e trivellazioni, dalle fuoriuscite di petrolio e dal dumping oceanico – lo scarico diretto di sostanze inquinanti nell’oceano da industrie, navi o impianti di depurazione. Altre gravi minacce all’equilibrio dell’Oceano Pacifico sono la pesca eccessiva e le pratiche di pesca illegale, che distruggono gli ecosistemi marini e si lasciano dietro un numero incredibile di detriti nocivi.

La situazione è chiara, l’unica maniera per ridurre questo inquinamento è cercare di ridurre al minimo l’uso della plastica, specialmente negli imballaggi. Il riciclo e riuso diventa fondamentale: confezioni di detersivi, bottiglie e buste possono essere riusate dandogli una seconda vita. Cambiare le nostre abitudini di acquisto è di un’importanza unica. Cercare di comprare “alla spina”, utilizzare buste di tela per la spesa, acquistare sistemi di filtrazione dell’acqua per eliminare le bottiglie, promuovere progetti di pulizia dell’ambiente, compresi mari, fiumi e laghi. C’è tanto da fare, è necessario essere in prima linea per il cambiamento, in fondo, alcuni studi condotti dall’University College di Londra, asseriscono che ci vogliono soltanto 65 giorni per consolidare un’abitudine. Quindi in poco più di 2 mesi possiamo cambiare in percentuale le sorti del pianeta.

GRAZIE PER LA VISIONEMAURO INFIMOANTONIO ESPOSITOMICHELE MONISTERI