LAV. ITALIANO
Gabriele Rendina
Created on October 19, 2024
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Transcript
Quando noi fummo là 've la rugiadapugna col sole, per essere in partedove,ad orrenza, poco si dirada,ambo le mani in su l'erbetta sparte soavemente 'l mio maestro pose:ond'io, che fui accorto di sua arte,porsi ver' lui le guance lagrimose;ivi mi fece tutto discovertoquel color che l'inferno mi nascose.Venimmo poi in sul lito diserto,che mai non vide navicar sue acqueomo, che di tornar sia poscia espertoQuivi mi cinse sì com'altrui piacque:oh maraviglia! ché qual elli scelsel'umil pianta, cotal si rinacquasubitamente là onde l'avelse.
Virgilio dice a Dante di seguire i suoi passi e lo invita a tornare indietro, lungo il pendio che da lì conduce alla parte bassa della spiaggia. Entrambi proseguono sulla spiaggia deserta: giungono in un punto in cui la rugiada è all'ombra e ancora non evapora. Di fatto "Pugna",personificazione della rugiada, a verso 122 Dante fa riferimento al fatto che essa resista al sole, questo perché si trova in un luogo in cui per il venticello (l' orezza) evapora poco. La sequenza è di tipo descrittiva e ci sono vocaboli vezzeggiativi come "erbetta" che è un esempio di come Dante elevi il suo lessico una volta arrivato in Purgatorio. Con questi termini, vi è quindi un richiamo ad un campo semantico idilliaco. Infine in questi versi appare chiaro il tentativo di innalzare il lessico sottolineando l'innalzamento morale e spirituale rispetto alla condizione di dannazione.
LA 'VE LA RUGIADA PUGNA COL SOLE
Le lacrime di Dante indicate con l'espressione "guance lagrimose", metonimia in cui si sostituisce un termine con un altro che ha con esso una relazione di contiguità. Esse sono versate da Dante o per l’angoscia e la paura provata durante il viaggio nell’Inferno o perché prova pentimento durante il rito di purificazione e lasciano delle tracce perché le sue guance sembrano macchiate da fuliggine per via delle ombre dell’Inferno che si sono “stampate” sulla sua faccia, velando il colorito originale del suo volto. La parola “arte” nel verso 126 sta ad indicare il sapere pratico di Virgilio che porta alla realizzazione di qualcosa; in questo caso alla purificazione di Dante.
LE GUANCE LAGRIMOSE
MAI NON VIDE NAVICAR SUE ACQUE OMO
Tra i versi 131-132 Dante e Virgilio ritornano sulla spiaggia deserta del Purgatorio dalla quale il Canto ha inizio. Dante inoltre aggiunge con una personificazione che le acque in cui si trovano non sono state mai navigate da uomo che abbia fatto ritorno dopo averne fatto conoscenza. Con questo exemplum Dante fa riferimento alla figura di Ulisse, il quale rappresenta la tragedia dell’uomo intento ad oltrepassare i confini del sapere senza rispettare il volere divino, Dante nel Purgatorio ci mostra l’opposto: un uomo che riconosce i suoi errori, si purifica e inizia il suo cammino di ascesa. In questo senso, il Canto XXVI dell'Inferno e il Canto I del Purgatorio si specchiano l'uno nell'altro come due vie opposte: la via della dannazione e la via della redenzione. Questo confronto sottolinea il messaggio centrale della Commedia: l'importanza di accettare i limiti umani e di affidarsi alla grazia divina per trovare la vera conoscenza e la salvezza.
L'UMILE PIANTA
Il Giunco è il simbolo dell’umiltà e della purezza, virtù essenziali per accedere al Purgatorio. Dante, infatti, non può iniziare il suo percorso di purificazione se prima non viene cinto con questo simbolo, che indica la necessità di spogliarsi dell’orgoglio e di accettare con umiltà il proprio cammino spirituale. Il fatto che la pianta si rigeneri immediatamente sottolinea che l’umiltà, una volta acquisita, non viene perduta, ma è sempre pronta a rinascere, a indicare una virtù che si rinnova continuamente. Il ciclo di “morte” e “rinascita” del giunco riflette anche il percorso di purificazione che Dante sta per affrontare: l’anima, dopo essersi spogliata dei suoi peccati, può rigenerarsi, pronta per ascendere verso la beatitudine. Questo processo di rigenerazione è continuo e naturale, voluto dalla provvidenza divina.