Bologna Medievale
Stefano Antenucci
Created on September 26, 2024
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Transcript
BOLOGNA MEDIEVALE
Basilica di San Francesco
MONOFORE
ARCHETTI PENSILI
PORTALE L'imponente portale marmoreo è dotato di protiro è affiancato da due archi che sorreggono una struttura adibita a sepolcro di personaggi illustri.
CAMPANILE Uno slanciato campanile risalente al 1261 si innalza sul lato meridionale del coro.
FACCIATA La bellissima facciata a capanna (in gran parte ricostruita) è divisa in tre parti da alte lesene ed è aperta da numerose monofore e rosoni. Si noti il coronamento ad archetti e bacini ceramici.
PRESENTAZIONE In un terreno donato dal Comune, fuori dal lato orientale delle mura dei Torresotti (attuale Porta Nova), nel 1236 i Frati Minori, fino a quel momento ospitati in S. Maria delle Pugliole, iniziarono la costruzione della loro grandiosa basilica. Nel 1251 papa Innocenzo IV consacrò l’altar maggiore, nel 1263 il tempio era ultimato.Incerte sono le notizie sull’architetto del cantiere; le fonti menzionano tale Marco da Brescia, forse confuso con Giovanni da Brescia, ingegnere ed architetto attivo a Bologna in quell’epoca. Il cronista Bartolomeo delle Pugliole (XIV secolo), invece, racconta che quando nel 1254 rovinarono le volte dell’abside, dirigeva i lavori frate Andrea maestro della ghiexia, che riportò le gambe spezzate. Nel 1796 l’edificio subì il saccheggio delle truppe francesi che lo ridussero a caserma; il convento fu soppresso e la chiesa, sconsacrata ed ulteriormente spogliata di opere d’arte, fu adibita a caserma. Fu riaperta al culto nel 1842 per divenire pochi decenni dopo un magazzino militare. Fu di nuovo riaperta al culto nel 1886. Grazie agli accurati restauri di Alfonso Rubbiani poté riacquistare il primitivo aspetto (1886-1919).Ridotta a rovina a causa di un bombardamento nel luglio del 1943, la basilica tornò all’antico splendore grazie ai restauri, conclusi nel 1949, del Genio Civile e della Sovrintendenza ai Monumenti, sotto la direzione di Alfredo Barbacci. ESTERNO Benché di forme e aspetto ancora prettamente romanici, il San Francesco di Bologna è tra le costruzioni italiane quella nella quale sono riflesse con maggiore fedeltà le caratteristiche del gotico francese chiaramente riconoscibili soprattutto negli archi rampanti absidali esterni. Di notevole interesse nei pressi dell'abside i tre monumenti funebri (Arche) dei glossatori Accursio e del figlio Francesco d'Accursio, del giurista Odofredo e di Rolandino dei Romanzi. La facciata a capanna è di impronta ancora romanica, tripartita da lesene e decorata da scodelle di ceramica lungo gli spioventi. Il portale si apre entro un protiro marmoreo affiancato da bassorilievi che forse risalgono all'VIII secolo. Alla base del campanile grande è la gotica Tomba di Pietro Canetoli (1382); vicino, affresco con Madonna col Bambino e santi di Pietro Lianori (1405 circa). Incassato fra la chiesa e gli edifici che la fiancheggiano dal lato sud è un piccolo atrio in stile romanico, ma anch'esso fortemente restaurato, con archi a tutto sesto, e sulle pareti frammenti di sculture e elementi decorativi; da qui si accede al chiostro del convento e alla chiesa per un ingresso laterale.
ABSIDE La parte absidale è costituita da un deambulatorio con nove cappelle radiali che coronano un abside poligonale la cui elevazione è bilanciata da pesanti contrafforti ad arco rampante. .
PARTE MERIDIONALE Il lato meridionale evidenzia la facciata a vela, le generose aperture della navata ed i contrafforti di altezza ineguale.
ROSONE
Basilica di San Francesco
INTERNO L'interno è a tre navate scandite da pilastri ottagonali con altissime volte esapartite (cioè divise in sei vele, come a Notre Dame di Parigi). Nel coro si sviluppa un deambulatorio absidale con corona di nove cappelle a raggiera. Sulla controfacciata si trova il Monumento di Ludovico Boccadiferro (1545); sulle pareti della chiesa si trovano: il Monumento di Pietro Fieschi di Francesco di Simone Ferrucci (1492); l'Arca del vescovo Galeazzo Bottrigari (1519); il Monumento di Alessandro Zambeccari opera di Lazzaro Casario (1571); il Sepolcro di Giuseppe Arnolfini (1543); il Sepolcro di papa Alessandro V, opera di Nicolò Lamberti (1424); la Pietra tombale di Ercole Bottrigari (1612). All'altare maggiore è la grandiosa ancona marmorea di San Francesco che fu commissionata ai fratelli Pierpaolo e Jacobello dalle Masegne, ma realizzata dal solo Pierpaolo (1388-1392). Alle pareti del presbiterio sono ricollocati frammenti di affreschi con Storie della vita di san Francesco, realizzati da Giovanni da Rimini nel refettorio del convento, staccati e restaurati. In una delle cappelle radiali è un Crocifisso dipinto da Giovanni Lianori.
PALA Al centro dell'abside si trova la pala d'altare commissionata nel 1388 dai frati Minori Jacobello e Pier Paolo Dalle Masegne, scultori e architetti veneziani attivi a cavallo tra XIV e XV secolo e completata nel 1393.La pala è costituita da tre registri raffiguranti, dal basso: scene della vita di San Francesco, figure di Santi a figura intera ai lati di un'Incoronazione della Vergine e figure di Santi a mezzo-busto ai lati del Padreterno benedicente. Al di sopra si trova una foresta di pinnacoli e tre edicole delle quali la centrale ospita una Madonna col Bambino aggiunta nel 1884. In cima al pinnacolo centrale si trova un calvario moderno.
NAVATEGrandioso è l'interno a tre navate su archi a sesto acuto. La navata centrale è ricoperta da volte esapartite.Si notino i pilastri che diventano sempre più complessi passando dalla navata (esagonali), il coro dei monaci (sfaccettati) e l'abside (circondati di colonnine in controvena).
NAVATE Altra caratteristica derivata da Notre-Dame è il deanbulatorio a cappelle radiali che prolunga le navate laterali.
NAVATELe navate laterali sono a pianta quadrata e sono coperte da volte a crociera costolonate.
PILASTRI
CATINO ABSIDALE Il catino absidale presenta una complessa struttura dalla spinta verticale accentuata dalle colonnine che salgono fino alla volta a sei vele. Il catino absidale presenta una complessa struttura dalla spinta verticale accentuata dalle colonnine che salgono sino alla volta a sei vele.
Il Polittico di Giotto
PRESENTAZIONE Il Polittico di Bologna è un dipinto a tempera e oro su tavola (146,5X217 cm) di Giotto e aiuti, databile al 1330-1334 circa e conservato nella Pinacoteca nazionale di Bologna. È firmato "OP[US] MAGISTRI IOCTI D[E] FLOR[ENTI]A" sul gradino del trono di Maria. STORIA Il polittico viene descritto per la prima volta nel 1732 da Giampietro Zanotti che lo rinviene nella sagrestia dell'allora periferica ed oggi perduta chiesetta di Santa Maria degli Angeli a Bologna. Lo stesso Zanotti ne rinviene anche la firma asserendo che il committente fu probabilmente Gerra Pepoli. In realtà l'asserzione che Gerra Pepoli fu il committente è priva di fondamento storico ed oltretutto appare improbabile che sia stato chiamato il più grande pittore del tempo per decorare una chiesa di così secondaria importanza quando i Pepoli erano proprietari di numerose cappelle in chiese bolognesi ben più importanti. È stato convincentemente dimostrato nel 2015 come il richiedente sia stato in realtà il legato pontificio Bertrando del Poggetto, che avrebbe commissionato a Giotto, nel 1330-1334, la pala per la cappella privata del Papa Giovanni XXII entro il Palazzo-Castello di Porta Galliera a Bologna. Quando il Castello fu demolito dai bolognesi in rivolta contro il legato pontificio nel 1334, l'annunciazione scolpita da Giovanni di Balduccio per la cappella magna e la tavola di Giotto per la cappella privata furono trasferite fuori-mura nella chiesetta di Santa Maria degli Angeli, probabilmente per la loro iconografia che ben si addiceva al titolo della chiesetta. Il polittico venne smembrato nel 1808, all'epoca delle soppressioni Napoleoniche, e ricostruito solo nel 1894, quando venne rifatta una cornice con guglie e pilastrini che danneggiò, in parte, le estremità dei pannelli; a parte ciò lo stato di conservazione è generalmente buono. Da quell'anno il polittico è esposto nella Pinacoteca Nazionale di Bologna. STILE In questa tavola si ha sicuramente un revival del dinamismo che caratterizzava le opere giottesche negli anni dieci del secolo, come ad esempio il polittico di Santa Reparata conservato oggi del Duomo di Firenze (1310 circa) e la Maestà tra Santi e Virtù di una collezione privata (1315-1320). Le pose dei due Santi Pietro e Paolo accennano ad un movimento che forse non è tale, ma che allo stesso tempo non rende le due figure statiche. I due Arcangeli Gabriele e Michele mostrano un movimento ancora più spiccato. In tutte queste figure il movimento non è però casuale, ma quasi ricercato. Spicca il bilanciamento ed equilibrio delle masse corporee. È come se Giotto avesse combinato in questo polittico il suo vivo dinamismo degli anni dieci del secolo, con la raffinatezza cortese di gusto martiniano della Madonna e dei Santi della National Gallery di Washington (1320 circa). Questa sintesi si concretizzò in quello che possiamo ritenere lo stile maturo di Giotto, un linguaggio essenziale, attinente alla realtà senza sacrificare la nobiltà figurativa dei soggetti rappresentati. Questo nuovo linguaggio di "sciolta raffinatezza" non è però una prerogativa esclusiva di Giotto. In opere coeve, anche l'allievo Taddeo Gaddi e il senese Lippo Memmi, stavano adattando la loro eleganza cortese a posture o movimenti più sciolti. Le finestre di tempo di tutte queste opere si sovrappongono, rendendo a noi difficile eleggere un precursore di questo nuovo linguaggio.
DESCRIZIONE Il pannello centrale mostra la Maestà, ovvero la Madonna col Bambino seduta su un elegante trono lapideo in prospettiva intuitiva, rifacendosi al modello della Maestà di Ognissanti. Il modellato è tenero e il colore steso con abilità, indice della probabile autografia dello scomparto. È stato notato come il suo volto sia fisiognomicamente differente da quello delle Madonne fiorentine, ma "padanizzato", forse seguendo un modello fornito dal committente. Essa farà da modello per tutti i pittori bolognesi del Trecento.
DESCRIZIONE A sinistra si vede san Pietro, col bastone pastorale e le grandi chiavi del paradiso in mano.
DESCRIZIONE Segue l'arcangelo Gabriele, girato verso Maria come nelle annunciazione, recante non a caso il cartiglio con le prime parole del suo messaggio (l'Ave Maria); tiene in spalla un bastone, che dovrebbe rappresentare il tradizionale attributo del giglio bianco, da offrire a Maria come simbolo della sua purezza; o forse si tratta del bastone dell'araldo, come in tutte le annunciazioni bizantine; il bastone, spesso trilobato, ha dato origine al giglio.
DESCRIZIONE A destra si vedono san Michele Arcangelo, frontale, reggente il globo e la spada con la quale trafigge il drago dell'Apocalisse ai suoi piedi.
DESCRIZIONE Infine san Paolo, con la tipica veste rossa, la barba castana e lunga, e gli attributi della spada e delle lettere.
DESCRIZIONE Sotto ciascun santo si trova inoltre una scritta esplicativa col nome. Risulta evidente come essi siano accoppiati simmetricamente: i due apostoli maggiori patroni della Chiesa romana e due arcangeli.
DESCRIZIONE Nella cuspide del pannello centrale si trova l'Eterno con un globo e una chiave, mentre nella predella si trovano teste di santi entro clipei: Giovanni battista, Maria dolente, Cristo come uomo di dolore, Giovanni apostolo dolente e Maria Maddalena.
Arco di San Domenico
DESCRIZIONE Il primo cui fu commissionata l’opera fu Nicola Pisano nel 1264. Egli realizzò sei pannelli marmorei decorati ad altorilievo e descriventi sei scene della vita del santo, concludendo il lavoro nel 1267. I sei pannelli decorano i quattro lati del sarcofago parallelepipedo. I pannelli sono separati da sei statuette e che vedono il Cristo Redentore, la Vergine con bambino e i quattro santi legati all’ordine domenicano. Cronologicamente la storia di San Domenico parte dal pannello di destra, posto sul lato lungo del sarcofago parte anteriore. Quindi si procede verso sinistra in senso orario. Le sei scene hanno un notevole valore documentario, oltre che artistico, in quanto raffigurano episodi narrati dai frati dell’ordine che avevano conosciuto Domenico quando questi era ancora in vita.
PRESENTAZIONE L’arca è il monumento sepolcrale realizzato per Domenico di Guzman, fondatore dell'Ordine dei Domenicani, morto a Bologna il 6 agosto 1221.Si trova nella cappella a lui dedicata, lungo la navata destra della Basilica di San Domenico e, per l’incredibile bellezza, rimane la più importante opera d’arte di questa chiesa ma anche una delle più importanti di Bologna. STORIA Domenico di Guzmán morì a Bologna il 6 agosto 1221, nel convento da lui istituito e che oggi prende il nome di convento di San Domenico. Sepolto inizialmente nell'altare della piccola e oggi scomparsa chiesa conventuale di San Nicolò delle Vigne, nel 1233 la sua salma fu posta in una cassa di cipresso, racchiusa in un semplice sarcofago marmoreo, e traslata dietro l'altare di una cappella laterale della navata sinistra della nuova basilica in corso di costruzione. Il 13 luglio 1234, Domenico fu canonizzato da papa Gregorio IX e in seguito a tale evento e all'espansione dell'ordine domenicano i pellegrini cominciarono ad accorrere sempre più numerosi a visitare il sepolcro del santo, accalcandosi sul piccolo sarcofago marmoreo che diventò ben presto inadeguato. Si decise quindi di ricollocare i resti del santo in un monumento più insigne, innalzandolo per renderlo più visibile. Nacque quindi il primo nucleo medievale dell'arca con sei pannelli marmorei, decorati ad altorilievo e descriventi sei scene della vita del santo, per racchiudere il nuovo sarcofago. L'opera fu commissionata a Nicola Pisano nel 1264 e portata a compimento il 5 giugno 1267. Alla sua esecuzione parteciparono anche alcuni allievi, quali Arnolfo di Cambio, Lapo e Donato (questi ultimi citati da Giorgio Vasari, ma non altrimenti noti) e il converso domenicano Guglielmo da Pisa. Il sarcofago parallelepipedo in origine poggiava su quattro (forse sei o otto) colonne cariatidi, alcune delle quali si conservano oggi fuori contesto (Museo del Bargello a Firenze, Museum of Fine Arts a Boston e Museo del Louvre a Parigi). Nel 1411 l'arca fu spostata nel transetto destro della chiesa, nel frattempo trasformato in cappella dedicata al santo fondatore. Nei secoli successivi furono eseguite importanti aggiunte all'originaria arca medievale. Nel XV secolo Niccolò da Bari (o "d'Apulia", detto appunto "dell'Arca") eseguì la decorazione della cimasa sopra il sarcofago di Nicola Pisano e realizzò l'angelo reggitorcia di sinistra (1469-1473). Alla fine dello stesso secolo il giovane Michelangelo contribuì con alcune piccole ma significative statue: quella di San Petronio, di San Procolo e l'angelo reggicandelabro di destra (1494). Il secolo successivo Alfonso Lombardi eseguì la stele sotto il sarcofago (e sopra l'altare) raffigurante l'Adorazione dei Magi e scene della vita del santo (1532). All'inizio del XVII secolo venne realizzata l'attuale cappella di San Domenico e l'arca venne spostata nella locazione attuale. Infine Jean-Baptiste Boudard eseguì il bassorilievo sotto l'altare con la morte di San Domenico (1768).
DESCRIZIONE Dal 1469 al 1473 Niccolò da Bari, che dopo quest’opera fu soprannominato Niccolò dell’Arca, eseguì la decorazione della cimasa sopra il sarcofago e realizzò l’angelo ceroferario (reggicandelabro) di sinistra. La sommità della cimasa vede Dio padre, dominatore del mondo che infatti si trova sotto i suoi piedi. Allo stesso tempo ama l’oggetto del suo dominio perché sorregge un’altra raffigurazione del mondo con la mano sinistra tenendolo vicino al cuore. Più in basso i simboli della creazione: i festoni di frutta simboleggiano la terra. I due putti simboleggiano il cielo e gli otto delfini il mare. Ai piedi della creazione Gesù Cristo morto in mezzo a due angeli, quello dell’Annunciazione e quello della Passione. Alle estremità i quattro evangelisti, Matteo, Marco, Luca e Giovanni, che hanno diffuso al mondo intero il messaggio di Gesù Cristo.
DESCRIZIONE Dopo la rappresentazione del padre e del figlio viene lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo non ha immagini quindi Nicolò dell’Arca lo rappresenta con i suoi effetti e cioè i santi protettori di Bologna. Vi sono otto statue, sei di Niccolò e due di Michelangelo: nella parte anteriore San Francesco, San Petronio (Michelangelo), San Domenico e San Floriano. Nella parte posteriore Santa Agricola, San Giovanni Battista, San Procolo (Michelangelo) e San Vitale (completate da Michelangelo).
DESCRIZIONE Nel 1768 Jean Baptiste Boudard realizzò il bassorilievo sotto l’altare con la morte di San Domenico.
DESCRIZIONE Nel 1532 Alfonso Lombardi eseguì la stele sotto il sarcofago raffigurante l’adorazione dei Magi e scene della vita del santo.