BOLOGNA MEDIEVALE
Sofia Ferrato
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Transcript
BOLOGNA
MEDIEVALE
Sofia Ferrato 2 ªH
Bologna è, oggi come nel passato, una città impregnata di arte e cultura. Fin dall'antichità ricopre un ruolo di grande importanza sia per la sua posizione strategica, vicino alla Via Emilia e ad altre significative vie di comunicazione, sia per le numerose vicende storiche che la vedono protagonista nel corso dei secoli. Nel XIII secolo raggiunse il suo massimo splendore, non solo a livello culturale, grazie alla sua celeberrima Università che, fondata nel 1088, è la prima d'Europa, ma anche a livello religioso, in questo periodo si diffusero infatti l'Ordine Francescano, insediatosi in città per mezzo di uno dei primi discepoli di San Francesco e quello Domenicano, fondato da Domeico di Guzmàn proprio a Bologna. Altrettanto importante è inoltre lo sviluppo artistico, che vide come protagonisti diversi artisti, tra cui ricordiamo Nicola Pisano e Niccolò dell'Arca. Nel corso del secolo successivo la città venne assoggettata al potere della chiesa, che se da una parte determinò la perdita della sua indipendenza e sovranità, dall'altra non provocò l'arresto dello sviluppo artistico, contribuendvi anzi, come le famiglie nobili cittadine, per mezzo delle varie commissioni che lo tennero vivo e fiorente. In questo contesto ricordiamo gli artisti Vitale da Bologna e Giotto.
INTRODUZIONE
Il borgo Medievale era famoso per le sue numerose torri
Biblioteca dell'antica Università
Chiesa di San Francesco
Arca di San Domenico
Polittico di Giotto
S.Giorgio e il drago Vitale da Bologna
LE
OPERE
LA CHIESA DI SAN FRANCESCO
CONTESTO, AUTORE E DATAZIONELa chiesa, dedicata a San Francesco, è uno dei primi (e rari) esempi di gotico francese in Italia. Venne innalzata nel XIII secolo per iniziativa della comunità Francescana insediatasi in città fin dal 1218 con Bernardo di Quintavalle, uno dei primi discepoli di San Francesco. Iniziata nel 1236 (o 1237), fu consacrata intorno al 1252 e nel 1263 era ufficialmente completata. Papa Pio IX le conferì nel 1935 il titolo di Basilica. Incerte sono le notizie sull'architetto, alcune fonti menzionano Marco da Brescia e il fratello Giovanni, ma l'attendibilità è dubbia. Certo è invece l'intervento di un certo frate Andrea, nominato dal cronista Bartolomeo delle Pugliole (XIV secolo) come "maestro della ghiexia", ossia capomastro della chiesa, che nel 1254 finì per spezzarsi le gambe quando le volte dell'abside crollarono. La Basilica sorge oggi tra piazza San Francesco e piazza Malpighi, in corrispondenza di quest'ultima, quando San Francesco venne costruita, si trovava il vallo extraurbano occidentale, al di là del quale vi era solo campagna.
STILE E STRUTTURALa Basilica di San francesco vede il congiungersi delle sue forme ancora prettamente romaniche, come si può notare dalla facciata a capanna, con elementi del gotico francese, chiaramente riconoscibili sopratutto negli archi rampanti absidali esterni. La chiesa, liturgicamente orientata con l'abside ad Est, presenta una pianta a croce latina, il transetto non sporge tuttavia dai muri perimetrali. L'imponente facciata è tripartita da alte lesene e caratterizzata da numerose monofore e rosoni. Centrale è il portale marmoreo dotato di protiro, nel cui timpano sono presenti sei formelle altomedievali in stile gotico-veneziano con rilievi zoomorfi. L'interno, come si deduce dalla tripartizione esterna, presenta tre navate scandite da pilastri ottagonali in laterizio con altissime volte esapartite (ossia divise in sei vele, come nella Cattedrale di Notre Dame di Parigi). Nel coro si sviluppa un deambulatorio absidale coronato da nove cappelle a raggiera. È qui notevole lo slancio gotico, come sottolineato dal claristorio luminoso. Nel versante occidentale, su cui si affacciano le cappelle, si possono osservare, dall'esterno, gli archi rampanti. Davanti a questo versante absidale sorgono le tre Arche dei
Vista della facciata, ph Sofia Ferrato
Vista degli archi absidali rampanti, ph Sofia Ferrato
Glossatori, monumenti funebri di celeberrimi giuristi e studiosi bolognesi.
LA CHIESA DI SAN FRANCESCO, i particolari
Protiro
Timpano con formelle altomedievali
Portone marmoreo
Pianta a Croce Latina, il transetto non sporge dall mura perimetrali
Archi rampanti
Rosone
Monofora
Lesena
Vista della navata centrale, ph Sofia Ferrato
Volta esapartita
Pilastro ottagonale
Abside
L'ARCA DI SAN DOMENICO
DATI ESSENZIALISCULTORI: molteplici tra cui i principali sono Nicola Pisano, Niccolò dell'Arca e MichelangeloDATAZIONE: è frutto di numerosi interventi effettuati tra il XIII e XVIII secoloTECNICA: marmo scolpito, (altorilievi e statuette a tuttotondo)COLLOCAZIONE: Basilica di San Domenico, Bologna
Questo monumento sepolcrale viene realizzato per Domenico di Guzmàn, fondatore dell'Ordine dei frati predicanti, morto a Bologna il 6 agosto 1221. La sua realizzazzione copre diversi secoli, poichè frutto di numerosi interventi da parte di altrettanto numerosi artisti. L'Arca verrà tuttavia iniziata solo quarant'anni dopo la morte del frate domenicnano, le cui spoglie verranno prima poste nell'altare della piccola e ormai scomparsa Chiesa di San Nicolò delle Vigne e poi spostate in una cassa di cipresso all'interno di un semplice sarcofago marmoreo, posta all'interno della Basilica di San Domenico, che al tempo era ancora in costruzione. Nella Basilica vedrà diverse collocazioni, ma in essa rimarrà fino ai nostri giorni. A seguito della sua canonizzazzione da parte di papa Gregorio IX, nel 1234, accorsero sempre più pellegrini a visistare il semplice sepolcro che divenne presto inadeguato. Nel 1264 venne per questo commissionato a Nicola Pisano, quello che sarà il primo nucleo dell'opera.
L'INTERVENTO DI NICOLA PISANOIl primo cui fu commissionata l'opera fu dunque Nicola Pisano. Egli realizzò sei pannelli marmorei decorati ad altorilievo e descriventi sei scene della vita del santo, concludendo il lavoro nel 1267. I sei pannelli decorano i quattro lati del sarcofago parallelepipedo. Questi pannelli sono separati da sei statuette che vedono il Cristo Redentore, la Vergine con bambino e i quattro santi legati all’ordine domenicano. Cronologicamente la storia di San Domenico parte dal pannello di destra, posto sul lato lungo del sarcofago parte anteriore. Quindi si procede verso sinistra in senso orario. Le scene hanno anche un valore documentario in merito alla vita di Domenico, poichè raffigurano episodi narrati dai frati dell'Ordine, che lo avevano conosciuto.
L'ARCA DI SAN DOMENICO
L'INTERVENTO DI NICCOLÓ DELL'ARCANel 1411 il monumento funebre cambiò sede per l'ultima volta trovando collocazione definitiva nella cappella appositamente costruita per ospitarlo, la cossiddetta cappella di San Domenico situata a ridosso della parete della navata destra, circa a metà della sua lunghezza. A seguito di ciò, volendo conferire altrettanto prestigio alla tomba venne commissionato il lavoro a questo artista. Dal 1469 al 1473 Niccolò da Bari, che proprio a seguito dell'importante contributo in quest’opera fu soprannominato Niccolò dell’Arca, eseguì la decorazione della cimasa sopra il sarcofago e realizzò l’angelo ceroferario (reggicandelabro) di sinistra. Sulla sommità della cimasa vi è Dio padre, dominatore del mondo che si trova infatti sotto i suoi piedi. Allo stesso tempo ama l’oggetto del suo dominio perché sorregge un’altra raffigurazione del mondo con la mano sinistra tenendolo vicino al cuore. Più in basso i simboli della creazione: i festoni di frutta simboleggiano la terra. I due putti simboleggiano il cielo e gli otto delfini il mare. Ai piedi della creazione Gesù Cristo morto in mezzo a due angeli, quello dell’Annunciazione e quello della Passione. Alle estremità i quattro evangelisti, Matteo, Marco, Luca e Giovanni, che hanno diffuso al mondo intero il messaggio di Gesù Cristo.
L'INTERVENTO DI MICHELANGELOPoichè nel 1494 Niccolò dell'Arca morì lasciando alcune sculture iniziate o da realizzare, subentrò Michelangelo. Costui si trovava a Bologna poichè a seguito della cacciata dei Medici da Firenze venne accolto dal nobile Giovan Francesco Aldrovandi che intercedette e gli commissionò il lavoro. Realizzerà dunque l'angelo ceroferario di destra. Il ragazzo, appena diciannovenne, verrà inevitabilmente influenzato dallo stile di Jacopo della Quercia (facciata di San Petronio) e da Niccolò dell'Arca.
Uno dei quattro evangelisti
Gesù Cristo morto
IL POLITTICO DI GIOTTO
DATI ESSENZIALIAUTORE: GiottoDATAZIONE: 1330 circaTECNICA: tempera e oro su tavolaMISURE: 146,5x217 cmCOLLOCAZIONE: Pinacoteca nazionale di Bologna
Esso era originariamente destinato alla Cappella Magna del Palazzo, costruito a Bologna, nei pressi dell'attuale Porta Galliera, per ospitare il Papa di ritorno da Avignone. Questo venne tuttavia successivamente demolito dai bolognesi in rivolta contro il legato pontificio nel 1334. L'opera venne dunque spostata nella chiesetta di Santa Maria degli Angeli. In epoca napoleonica venne poi smembrato e poi ricostruito solo nel 1894. Si dovette, in tal occasione, rifare la cornice, caratterizzata da guglie e pilastrini. Questa è una delle sole tre opere firmate dall'artista: la firma in lettere dorate che riporta "opus magistri jocti de florentia", è situata sul gradino del trono. In quest'opera di grande raffinatezza, Giotto, insieme ai suoi collaboratori, mostra il suo eccezionale talento nella resa dei particolari, nell'eleganza degli ornati e nel gioco di altrenanza dei colori. Ogni Santo occupa una singola tavola che riporta il suo nome. Al centro si trova la Vergine, è seduta su un trono di marmi chiari che vuole creare l'illusione di una profondità spaziale e in braccio tiene il Bambino che cerca le sue attenzioni sfiornadole il mento e scalciando. A sinistra troviamo l'Arcangelo Gabriele, voltato verso la Vergine, e San Pietro con le chiavi del Paradiso e il bastone pastorale. A destra ci sono invece l'Arcangelo Michele, guerriero dalle ali rosse che combatte il demonio (mostro con più teste) e infine San Paolo con il libro e la spada. Nella predella si affacciano i personaggi che accompagnano la passione di Cristo. Nella cuspide sopra la Vergine è raffigurato Dio che sorregge il globo stellato e le chiavi.
Il Polittico è una forma d'arte sacra, una pala d'altare costituita da singoli pannelli separati, che vengono racchiusi in una cornice con il fine di dare all'opera una struttura architettonica. Questo Polittico venne realizzato da Giotto e dalla sua Bottega probabilmente a Firenze intorno al 1330. Il dipinto su tavola venne forse commissionato dal legato Bertrando del Poggetto (1280-1352), che fu cardinale, vescovo cattolico e condottiero francese, per il Palazzo Apostolico di Porta Galliera.
SAN GIORGIO E IL DRAGO
DATI ESSENZIALIAUTORE: Vitale da Bologna DATAZIONE: 1330 / 1335TECNICA: tempera su tavolaMISURE: 86x70,5 cmCOLLOCAZIONE: Pinacoteca nazionale di Bologna
Di questo dipinto su tavola di Vitale da Bologna, si nota subito la mancanza, nei due lati orizzontali, della medesima fascia decorativa a motivi geometrici presente su quelli verticali, il che ci può portare a supporre che sia stata ridimensionata. Lo sfondo blu, anzichè dorato, consuetudine dei dipinti trecentesci, ci suggerisce che la tavola potrebbe essere stata originariamente inserita in una parete affrescata. Il soggetto, riconducibile alla fase iniziale della carriera dell'artista, protagonista della pittura bolognese dal 1330 al 1360, è quello di San Giorgio che sconfigge il drago e salva la principessa. Sebbene legata alla prima fase della sua carriere, quest'opera è una delle più espressive di Vitale da Bologna. Soprendete per l'epoca è il movimento che viene rappresentato, il quale è ulteriormente accentuato dalla posa del cavaliere, con i capelli al vento e il mantello rosso svolazzante, e dalla torsione quasi innaturale della testa del cavallo. A rendere un effetto di tridimensionalità contribuiscono le decorazioni dorate, lavorate a punzione, che ancora sopravvivono, come nelle ginocchiere dell'armatura, nelle scapre e nell'aureola del santo. Queste caratteristiche sono in linea con il linguaggio che Vitale creò coadiuvato dalla sua efficientissima bottega, che è volto alla ricerca di espressività e all'attenzione ai particolari. Ulteriormente eccezionale per l'epoca è il fatto che l'opera sia non solo firmata dall'artista, ma che questo l'abbia fatto in modo criptico, componendo un monogramma inscirvendo una dentro l'altra le lettere del suo nome (VITALIS) e ponendolo come marchiatura del cavallo, in latino equus, che riporta dunque al suo cognome "Equi".
Decorazione dorata, lavorata a punzione