BOLOGNA MEDIEVALE Carlotta Brini
Carlotta Brini
Created on September 23, 2024
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Transcript
La Chiesa è concepita a tre navate divise da possenti pilastri ottagoni in laterizio. La navata centrale è coperta da volte esapartite e illuminata da strette finestre che ricordano quelle degli edifici cistercensi. La testata è sviluppata in un deambulatorio da cui si accede alle cappelle radiali coperte da volte a crociera;al di sopra di esse si trova una robusta raggiera di archi rampanti addossata alle pareti del deambulatorio, per contenere le spinte della semi-volta a ombrello interna. L’imponente protiro di marmo è affiancato all’altezza dell’architrave da eleganti lastre di marmo ornate con motivi zoomorfi.Per molti aspetti San Francesco richiama il gotico francese nell'articolazione absidale, negli archi rampanti, nei pilastroni a lesene all’inizio del coro e nello slancio ascensionale. Tuttavia mantiene muri consistenti ed è costruita in mattoni a vista su intonaco bianco, in uno stile che ricorda il romanico lombardo. Vi sono inoltre una serie di elementi legati all’architettura romanico-padana , com la tipologia della facciata, la sua decorazione e le proporzioni delle campate. Al centro del presbitero domina sull’altare la mirabile pala marmorea eseguita dai veneziani Jacopello e Pier Paolo Dalle Masegne (1388-1393), ornata con rilievi relativi ad episodi della vita di san Francesco. Sul lato meridionale della chiesa si articola il complesso conventuale e dietro il coro sorge il cimitero, che accoglie le tombe di molti giuristi e dottori dello Studio di Bologna, visibili in piazza Malpighi (Tombe dei Glossatori).
ITINERARIO NELLA BOLOGNA MEDIEVALE
Chiesa di San Domenico
Basilica di San Francesco
Pinacoteca
La Basilica di San Francesco venne innalzata nel XIII secolo per iniziativa della comunità Francescana insediatasi in città fin dal 1218 con Bernardo di Quintavalle che aveva ottenuto già dal 1213, la modesta casa di Santa Maria delle Pugliole, il loro primo insediamento a Bologna. Qui i frati rimasero fino al 1236, anno in cui, per interessamento di papa Gregorio IX ebbero la possibilità di avviare la costruzione del grande complesso di san Francesco.Non si conosce con certezza il nome dell'architetto che realizzò il progetto iniziale. Dopo l'arrivo dei francesi (1796) la chiesa fu sconsacrata, ridotta a dogana, subì la dispersione del suo patrimonio artistico. Tra il 1886 e il 1906 Alfonso Rubbiani ne curò un restauro che cercò di restituire alla chiesa l'aspetto originario pur con riscostruzioni.Gravi furono i danni provocati dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale poi ripristinati da restauri.
Polittico di Giotto Tempera e oro su tavola 146,5X217 cm, databile tra il 1330 e il 1334 San Giorgio e il drago di Vitale da Bologna tempera su tavola di 86×70,5 cm, probabilmente realizzata tra il 1330 e il 1335.
All'interno della Chiesa si trova l'’arca di San Domenico, frutto di interventi e mani differenti che si sono susseguiti in un lasso di tempo assai ampio. Nel 1411 l’ arca, nella sua parte fino a quel momento realizzata, fu spostata nel transetto destro della chiesa, trasformato in cappella dedicata al santo fondatore, dove si trova ancora oggi. L’ Arca fu inizialmente commissionata nel 1264 quando i domenicani di Bologna decisero di erigere una sontuoso monumento che potesse accogliere degnamente le spoglie di san Domenico di Guzmán, morto a Bologna poco più di quarant’anni prima, il 6 agosto del 1221. Nei secoli successivi furono eseguite importanti aggiunte all’originaria arca medievale.
L’arca è una vera e propria sintesi teologica, va letta dall’alto verso il basso, che riflette la gerarchia della Chiesa e la cronologia degli eventi. Niccolò D'Antonio de Puia che in seguito fu soprannominato Niccolò dell’Arca realizzò una cimasa,che poggia sulla parte inferiore dell'Arca,per rendere quest’ ultima più compatibile con l'ambiente della Chiesa di San Domenico, riuscendo a creare una struttura di grande verticalità che non schiaccia l'Arca di Nicola Pisano.Iniziando dall’alto si trova una statuetta di circa 50 centimetri raffigurante il padre eterno che tiene in mano il mondo, sotto è rappresentata la creazione dei pesci degli animali e della terra. In seguito viene rappresentata la ricomposizione di tutto il creato e al centro vi è Cristo che affiora dalla tomba con un angelo della passione da una parte e dall’ altra l’angelo dell’annunciazione. Allo stesso livello degli angeli i quattro evangelisti (san Matteo, san Marco, san Luca e san Giovanni). Dopo le rappresentazioni del Padre e del Figlio, viene lo Spirito Santo, che non ha immagini quindi Nicolò dell’Arca lo rappresenta con i suoi effetti e cioè i santi protettori di Bologna (san Francesco, san Petronio, san Domenico e san Floriano; nella parte posteriore: sant’Agricola, san Giovanni Battista, san Procolo e san Vitale). Sei statue furono realizzate da Niccolò e due da Michelangelo (san Procolo, san Petronio).Il sarcofago (1264-1267) rappresenta il primo nucleo medievale dell’arca commissionato a Nicola Pisano per ricollocare i resti del santo in un monumento più insigne.è appoggiato sopra uno zoccolo di marmo verde ed è chiuso nella parte alta da una cornice modellata con un motivo di foglie di acanto e uccelli, reminiscenti dei sarcofagi dell’antichità classica.I 4 lati del sarcofago parallelepipedo sono decorati dai sei pannelli scolpiti ad altorilievo. Questi rappresentano le storie della vita e i miracoli di san Domenico, intervallate da sei statuette: due al centro dei lati maggiori raffiguranti Cristo redentore e la Vergine stante con il Bambino,e quattro santi agli angoli legati all’ istituzione dell’Ordine domenicano. Cronologicamente la storia di san Domenico parte dal pannello di destra posto sul lato lungo del sarcofago rivolto verso l’entrata e procede poi verso sinistra in senso orario.Dall’analisi stilistica di molte figure scolpite che presentano caratteristiche più goticheggianti, con forme nervose e lineamenti più marcati, ma soprattutto per il fatto che dal 1265 Nicola era contemporaneamente impegnato a Siena per l’ importante commissione del pergamo del Duomo, gli studiosi sono concordi nel vedere un’ ampia partecipazione della bottega:prevalentemente Arnolfo di Cambio, Guglielmo da Pisa e due altri allievi (Lapo e Donato) citati da Vasari.Sotto al sarcofago decorato da Nicola Pisano e allievi troviamo la stele di Alfonso Lombardi (1532)con l'adorazione dei magi (al centro) e scene della vita del santo (ai lati).Ai lati della stele di Alfonso Lombardi troviamo due angeli reggitorcia. Quello di sinistra è di Niccolò dell' Arca (1469-1473) quello di destra, stilisticamente molto diverso, è di Michelangelo (1494).Michelangelo scolpì infatti una figura solida e compatta, che si allontana dalle forme equilibrate e raffinate, tipiche del primo Rinascimento della figura di Niccolò. L'angelo di Michelangelo risulta infatti massiccio e mascolino, etereo e fanciullesco quello di Niccolò. Infine nel 1768 Jean Baptiste Boudard realizzò il bassorilievo sotto l’altare con la morte di San Domenico.
POLITTICO CON LA MADONNA IN TRONO E SANTILa tavola è firmata da Giotto, ma non datata, né esistono documenti scritti che permettano di tracciarne esattamente la data. Il dipinto fu probabilmente commissionato dal legato Bertrando del Poggetto (1280-1352) per la cappella privata del Papa Giovanni XXII entro il Palazzo-Castello di Porta Galliera. Quando il Castello fu demolito dai bolognesi in rivolta contro il legato pontificio nel 1334, la tavola di Giotto fu trasferita fuori mura nell’allora periferica ed oggi perduta chiesetta di Santa Maria degli Angeli.il polittico fu trasferito nel 1782 in una cappella privata del Collegio Montalto e smembrato nel 1808, al tempo delle confische napoleoniche, Fu poi ricomposto nel 1894, quando venne rifatta una cornice con guglie e pilastrini che danneggiò, in parte, le estremità dei pannelli; da quell'anno il polittico è esposto nella Pinacoteca Nazionale di Bologna. Rappresenta l’unica testimonianza dell’arte di Giotto a Bologna.Dei cinque scomparti con fondo d’oro, quello centrale raffigura la Madonna assisa in trono col Bambino, in prospettiva intuitiva mentre i laterali raffigurano (da sinistra a destra): San Pietro, l’Arcangelo Gabriele, l’Arcangelo Michele e San Paolo.Ai lati i quattro scomparti presentano un santo ciascuno a tutta figura, su un pavimento scuro uniforme, comune a tutti i pannelli, e un fondo oro semplice. A sinistra san Pietro, col bastone pastorale e le grandi chiavi del paradiso in mano. Segue l'arcangelo Gabriele, girato verso Maria come nelle annunciazioni, che tiene in spalla un bastone, che dovrebbe rappresentare il tradizionale attributo del giglio bianco, da offrire a Maria come simbolo della sua purezza; a destra si vedono san Michele Arcangelo, frontale, reggente il globo e la spada con la quale trafigge il drago dell'Apocalisse ai suoi piedi. Infine, san Paolo, con la tipica veste rossa e gli attributi della spada e delle lettere. Sotto ciascun santo si trova inoltre una scritta esplicativa col nome. Risalta il fatto che sono accoppiati simmetricamente: i due apostoli maggiori patroni della Chiesa romana e due arcangeli. Nella cuspide del pannello centrale si trova l'Eterno con un globo e una chiave, mentre nella predella si trovano teste di santi.In questa tavola troviamo il dinamismo che caratterizza le opere giottesche negli anni Dieci del secolo. Le pose dei due Santi Pietro e Paolo accennano ad un movimento che rende le due figure non statiche. I due Arcangeli Gabriele e Michele mostrano un movimento ancora più spiccato. In tutte queste figure il movimento non è però casuale, ma quasi ricercato e si può notare un bilanciamento ed equilibrio delle masse corporee. È come se in questo polittico siano coniugati il vivo dinamismo giottesco degli anni Dieci del secolo, il suo linguaggio essenziale attinente alla realtà, con la ricerca di raffinatezza gotica delle decorazioni e delle dorature che conferiscono nobiltà ai soggetti rappresentati.
SAN GIORGIO E IL DRAGOLa nascita di Vitale da Bologna, o Vitale di Aymo degli Equi, può essere collocata all’inizio del XIV secolo. Di lui abbiamo notizie documentali tra il 1330 ed il 1359. Bologna fu la città in cui sviluppò quasi tutta la sua attività artistica, tra cui vi è anche l' opera tempera su tavola "San Giorgio e il drago"In quaest' opera la mancanza nei due lati orizzontali del medesimo decoro presente sui lati verticali potrebbe far pensare che la tavola sia stata ridimensionata. Il fondo blu anziché dorato, com’era consuetudine nei dipinti trecenteschi, fa pensare che la tavola fosse originariamente inserita in una parete affrescata. ll soggetto del dipinto è quello di san Giorgio che sconfigge il drago e libera la principessa. Eccezionalmente per l'epoca l'opera è firmata in modo criptico, componendo un monogramma e iscrivendo l’una dentro l’altra le lettere del nome VITALIS. La firma appare nella marchiatura del cavallo (in latino equus) in modo da alludere al cognome del pittore: Degli Equi.Anche se databile alla fase iniziale della carriera di Vitale, a colpire è la straordinaria dinamicità di questa rappresentazione certamente non comune in quei decenni, che fanno di questa tavola uno dei momenti più espressivi della sua arte. Nella figura di San Giorgio spicca la feroce determinazione nell’uccidere il drago, nel far sì che il bene trionfi sul male e la chiesa vinca il peccato. Il cavaliere si proietta quasi oltre il suo cavallo per affondare la lancia nella gola del drago mentre cerca un precario equilibrio con la gamba destra, tanto che il piede fa forza sulla groppa del destriero.Il movimento è accentuato dai capelli al vento e la tunica rossa svolazzante sotto la maglia di ferro. La principessa, invece, volge il capo indietro, gettando un ultimo sguardo alla scena.Il cavallo con la testa e lo sguardo girati nel senso opposto al drago rafforzano ulteriormente il dinamismo della figura del santo.Sebbene la rappresentazione sia sostanzialmente costruita su un solo piano (tranne le zampe del cavallo trattate in chiaroscuro e le pieghe del mantello), troviamo resti di punzonature nelle parti in oro (ginocchiere dell’armatura, scarpe e aureola del santo) che aiutano a creare effetto di profondità.
Angelo di Michelangelo Angelo di Niccolò dell' Arca
La città di Bologna conserva le tracce delle civiltà del passato e l'impronta dello splendore medievale. Nel VI secolo a.C. Bologna fu una delle più importanti città etrusche della Padania e fu nota come Felsina, nome che fu mutato in Bononia con l' arrivo dei Romani. Sotto quest' ultimi Bologna fu una città fiorente, con ventimila abitanti, imponenti costruzioni ed un vasto teatro. Bologna raggiunse il suo massimo splendore nel XIII.Fu un secolo di riforme sociali: nel 1256 fu la prima città europea ad abolire la servitù della gleba. In quell'epoca fu ricostruita la cerchia delle mura e Bologna divenne uno dei dieci centri europei più popolosi, con uno sviluppo urbano pari a quello di Parigi. Le lotte di fazione che separarono anche i bolognesi in filo-imperiali e filo-papali favorirono la costruzione nel cuore della città delle torri gentilizie, che conferirono a Bologna il caratteristico volto di città turrita. Un altro aspetto peculiare dell’urbanistica medievale bolognese sono i portici. I monumenti religiosi del gotico, le chiese e i conventi di San Domenico e San Francesco con le tombe dei Glossatori, sono l'espressione di quel rapporto privilegiato con le regioni del nord che favorirà anche uno sviluppo della pittura e della miniatura nel XIV secolo (antigiottesco e antifiorentino).