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Transcript
DANTE ALIGHIERI "Inferno"
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DANTE ALIGHERI
Dante Alighieri, o Alighiero, battezzato Durante di Alighiero degli Alighieri e anche noto con il solo nome di Dante, della famiglia Alighieri (Firenze, tra il 14 maggio e il 13 giugno 1265 – Ravenna, notte tra il 13 e il 14 settembre1321), è stato un poeta, scrittore e politico italiano. Il nome "Dante", secondo la testimonianza di Jacopo Alighieri, è un ipocoristico di Durante nei documenti era seguito dal patronimico Alagherii o dal gentilizio de Alagheriis, mentre la variante "Alighieri" si affermò solo con l'avvento di Boccaccio.
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La selva oscura, la paura, la notte
La Commedia di Dante inizia in modo brusco, senza preamboli, con il protagonista che si ritrova smarrito in una selva oscura, un'immagine che evoca ansia e paura. Questo incipit, nel primo canto dell'Inferno, si distingue dagli inizi delle altre due cantiche (Purgatorio e Paradiso), dove Dante si presenta come poeta, invocando le muse e Apollo per aiutarlo a raccontare le sue esperienze. Il secondo canto dell'Inferno, invece, contiene il proemio poetico, mentre il primo canto funge da introduzione all'intera opera.Dante inizia il suo racconto in modo impressionante, senza spiegare come sia arrivato nella selva. Egli si ritrova lì quasi come un sonnambulo, inconsapevole del suo smarrimento, aumentando il senso di disorientamento. Questo incipit, che richiama l'archetipo delle fiabe e dei racconti cavallereschi, ha anche una forte valenza allegorica.
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Per Dante e per il suo tempo, l'allegoria consiste nel "parlare d'altro", ovvero nel presentare più livelli di significato, oltre a quello letterale immediato.Nel Convivio, Dante propone tre livelli di lettura delle Sacre Scritture: allegorico, morale e anagogico. Nella lettera a Cangrande della Scala, distingue tra l'allegoria dei teologi, più complessa, e quella dei poeti, che riveste messaggi morali con immagini belle. Nel primo canto della Commedia, l'allegoria è chiara: la selva oscura rappresenta il peccato, la via smarrita è sia concreta che simbolica del cammino verso il bene, e il sole che sorge rappresenta la speranza di uscire dal vizio verso la virtù.Tuttavia, l'allegoria non è semplicemente schematica. Il soprassalto iniziale e il non rendersi conto di come Dante sia finito nella selva indicano qualcosa di più profondo: la "dipendenza" dal male. Il peccato, secondo Dante e San Tommaso, non è solo un'azione malvagia ma una pratica radicata. Dante si rende conto di essere intrappolato in una crisi morale senza sapere come ci sia arrivato. Questo riconoscimento è il primo passo verso la salvezza, ma, come il canto mostra, non basta la volontà personale.
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Il colle, il sole, la speranza
Dopo aver superato la notte angosciosa nella selva oscura, Dante scorge un colle illuminato dal primo sole, simbolo di speranza e salvezza. Questo gli dà un senso di sollievo, come un naufrago che, appena scampato alla morte, si guarda indietro contemplando il pericolo appena evitato. Pieno di fiducia, inizia a salire verso la luce, convinto che la salvezza sia vicina.Tuttavia, questa speranza si rivela un'illusione. Non basta riconoscere il proprio stato di peccato e decidere di cambiarlo per ottenere la salvezza. L'ascesa verso la luce, simbolo di Dio e della Grazia, è ostacolata dai vizi del passato che impediscono a Dante di proseguire facilmente il cammino verso la redenzione.
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Primo ostacolo: la lonza
Dante, mentre cerca di salire verso il colle illuminato dal sole, viene ostacolato da tre fiere: una lonza, un leone e una lupa, che rappresentano vizi che impediscono il cammino verso la salvezza. Più che la loro identificazione specifica, è importante il loro intervento nel momento in cui Dante cerca di avvicinarsi al bene. Queste fiere non appartengono al mondo oscuro del peccato, ma si manifestano quando Dante prende coscienza degli ostacoli alla conversione morale. La prima fiera è la lonza, identificata tradizionalmente con la lussuria, un vizio che Dante sente di poter superare, poiché il sole sorge e la primavera, simbolo dell’amore divino, lo incoraggia. Tuttavia, la lonza lo spinge più volte indietro, verso la selva oscura.
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Secondo ostacolo: il leone
Subito dopo la lonza, Dante si trova di fronte a un leone, con la testa alta e la criniera alzata, simbolo di aggressività e fame. A differenza della lonza, che ostacola il cammino, il leone avanza direttamente contro Dante, trasmettendo paura anche all'aria circostante. Questo secondo ostacolo è comunemente identificato con il vizio della superbia, un peccato di cui Dante si accuserà apertamente nel Purgatorio (canto XIII). La superbia rappresenta un aspetto significativo della sua vita morale, aggiungendo ulteriore difficoltà al suo percorso di redenzione.
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Terzo ostacolo: la lupa
L'ultimo e più devastante ostacolo che Dante incontra sulla via verso il colle è una lupa, magra e afflitta dalla sua stessa avidità, simbolo della cupidigia. Questa bestia, paurosa e affamata, incute in Dante un tale terrore da fargli perdere ogni speranza di salvezza. La lupa, a differenza della lonza e del leone, non rappresenta solo un peccato individuale, ma un male collettivo che affligge l'intera società. La cupidigia è vista come una "peste sociale", capace di corrompere molte persone. La comparsa di Virgilio sembra necessaria proprio per affrontare la ferocia della lupa, considerata la radice di ogni altro peccato, come affermato anche da San Paolo. Dante assocerà questo vizio non tanto alla sua vita personale, ma alla corruzione del suo tempo, in particolare della Chiesa.
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Comparsa di un aiutante: Virgilio
Mentre Dante, ormai sconfitto dalla lupa, precipita nuovamente verso la selva oscura, appare finalmente un soccorritore: Virgilio. Inizialmente delineato come una figura sfumata e quasi evanescente, Virgilio prende forma e si presenta come il poeta mantovano autore dell'Eneide. Si rivolge a Dante con una domanda provocatoria, chiedendogli perché non ascenda verso il "dilettoso monte" della salvezza. Questo dialogo serve a far riconoscere a Dante la sua impotenza e la necessità di un aiuto esterno.
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Virgilio rappresenta l'allegoria della ragione umana, in grado di condurre Dante alla salvezza morale, ma con limiti ben definiti: non può infatti introdurlo nel regno della grazia divina. Sarà Beatrice, simbolo della fede e della rivelazione cristiana, a guidare Dante in Paradiso. Virgilio incarna non solo la ragione individuale, ma anche l'eccellenza culturale e morale della civiltà romana, un esempio di ciò che l'umanità può raggiungere senza il messaggio cristiano.La scelta di Virgilio non è casuale: rappresenta l'autonomia della ragione umana e le sue capacità, ma anche i suoi limiti. Con il procedere del viaggio, Virgilio diventa un personaggio sempre più complesso e umano, con tratti di insicurezza e sofferenza, soprattutto quando si trova davanti ad anime destinate alla salvezza, un destino che a lui, pagano, è precluso.
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Dante si stupisce e chiede aiuto
Quando Dante si rende conto che la figura misteriosa è Virgilio, è sopraffatto da emozioni di sorpresa e venerazione. Dante si rivolge a lui prima di tutto come al suo idolo letterario, lodandolo per la sua grandezza come poeta e riconoscendo quanto l'Eneide e lo stile alto e nobile di Virgilio abbiano influenzato la sua poesia. Dante vede Virgilio non solo come un maestro di poesia, ma anche come un saggio, e lo invoca come soccorritore contro la lupa che lo sta respingendo verso la selva oscura.
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Nel Medioevo, Virgilio non era solo considerato un poeta, ma anche un sapiente e un profeta. In particolare, la sua Egloga IV veniva letta dai cristiani come una profezia della nascita di Cristo, interpretazione che contribuì a conferire a Virgilio una fama di saggezza profetica. Dante, erede di questa tradizione, trasporta Virgilio nella sua vicenda personale, attribuendogli un ruolo non solo poetico ma anche morale e profetico. Virgilio, dunque, assume un significato attualizzato, diventando una figura chiave nel viaggio di Dante attraverso la sua crisi morale.
Dante si stupisce e chiede aiuto
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Come Dante potrà scampare
Di fronte alla richiesta di aiuto di Dante per scampare alla lupa, Virgilio rivela che non può affrontare direttamente la bestia e liberare subito il Poeta. Invece, annuncia che Dante dovrà intraprendere "altro vïaggio", un percorso molto più lungo e complesso di quello che inizialmente pensava, rendendo chiaro che la liberazione dal male non sarà semplice. La lupa, simbolo della cupidigia, è troppo potente e malvagia, insaziabile nel suo desiderio, e non permette a nessuno di superarla. A questo punto, la narrazione prende una svolta decisiva: l’iniziale tentativo di Dante di raggiungere il colle solatio viene accantonato, e inizia un nuovo viaggio, che costituirà l’intero sviluppo della Commedia.
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Profezia del veltro
Virgilio annuncia a Dante la profezia di un futuro redentore, il "veltro", un cane da caccia che sconfiggerà la lupa (cupidigia) e la respingerà all'Inferno. Sebbene ci sia una certa ambiguità sul destino della lupa se sarà distrutta o solo ricacciata il messaggio è chiaro: la cupidigia, fonte di ogni male contemporaneo, sarà eliminata da un antagonista. L'identità del veltro è stata oggetto di numerose interpretazioni: potrebbe rappresentare una figura politica, un riformatore religioso, o un'utopia di redenzione collettiva. Si ipotizza che questo redentore non sarà avido di beni materiali e nascerà "tra feltro e feltro", un'espressione enigmatica. Dante, però, sottolinea il legame tra la salute morale dell'individuo e quella della collettività: la salvezza non è solo personale, ma collettiva, poiché i vizi individuali sono connessi alla corruzione della società.
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Virgilio guida di Dante...
Virgilio prospetta a Dante un nuovo viaggio, non un semplice aggiramento della lupa (cupidigia), ma un percorso di conversione che non riguarda solo i peccati individuali, ma anche il male del mondo. Virgilio guiderà Dante attraverso l'Inferno, dove i dannati maledicono la loro sorte, e il Purgatorio, dove le anime purganti soffrono con speranza. Tuttavia, Virgilio non potrà accompagnare Dante in Paradiso, poiché essendo pagano, non può accedere al regno di Dio; questo compito spetterà a Beatrice.Il viaggio di Dante ha una forte connotazione pedagogica e conoscitiva: per tornare al bene, è necessario comprendere i peccati (Inferno), come superarli (Purgatorio) e abbracciare le virtù cristiane (Paradiso). Pur consapevole dei propri limiti, Virgilio è animato dalla consapevolezza della missione straordinaria che lo attende, che per ora supera la malinconia che affiorerà nel Purgatorio.
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che lo segue prontamente
Il quale non può che acconsentire prontamente all’invito. Pur di fuggire questo male e peggio, Dante si affida senza troppo pensare alla sua guida, anzi, la prega, nel nome di quel Dio che Virgilio non fece in tempo a conoscere, di condurlo pure a destinazione, fino alla soglia del Paradiso e, per adesso, attraverso la tristezza del primo regno infernale. È un consenso senza riserve, un gettarsi nell’ignoto di un’avventura della quale, sotto la pressione degli spaven- ti di questo primo canto, Dante non sembra calcolare per ora tutti i rischi e le incognite. È nel secondo canto,a mente un poco più fredda, che cominceranno ad affiorare le prime esitazioni...
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