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inferno

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Transcript

inferno

Introduzione

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Il primo canto della Divina Commedia funge da prologo all’opera e introduce temi centrali come l’allegoria del peccato (la selva oscura) e della salvezza (il colle luminoso). Dante, smarrito, incontra tre bestie feroci (lussuria, superbia, cupidigia) che bloccano il suo cammino. Virgilio appare per salvarlo e offrirsi come guida attraverso l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. Il canto rappresenta il cammino di conversione morale di Dante, simboleggiando il passaggio dall’oscurità del peccato alla luce della grazia divina, con l’aiuto della ragione (Virgilio) e, successivamente, della fede (Beatrice).

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Nel mezzo del cammin di nostra vitami ritrovai per una selva oscura,ché la diritta via era smarrita.Ahi quanto a dir qual era è cosa duraesta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura!Tant’ è amara che poco è più morte;ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte.Io non so ben ridir com’ i’ v’intrai,tant’ era pien di sonno a quel puntoche la verace via abbandonai.Ma poi ch’i’ fui al piè d’un colle giunto,là dove terminava quella valle che m’avea di paura il cor compunto,guardai in alto e vidi le sue spalle vestite già de’ raggi del pianeta che mena dritto altrui per ogne calle. Allor fu la paura un poco queta, che nel lago del cor m’era durata la notte ch’i’ passai con tanta pieta.

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La selva oscura, la paura, la notte

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La Commedia inizia bruscamente, con Dante smarrito in una selva oscura. Questo incipit peculiare, privo di introduzioni poetiche, trascina subito il lettore nell'angoscia del protagonista. La scena, oltre a essere narrativa, è anche allegorica: la selva rappresenta il peccato e l'oscurità morale da cui Dante cerca disperatamente di uscire. Il testo suggerisce che, di fronte alla "dipendenza" dal male, l'uomo ha bisogno di aiuto esterno (Virgilio) e di un percorso di rigenerazione interiore per raggiungere la luce e la virtù.

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E come quei che con lena affannata, uscito fuor del pelago a la riva, si volge a l’acqua perigliosa e guata, così l’animo mio, ch’ancor fuggiva, si volse a retro a rimirar lo passo che non lasciò già mai persona viva. Poi ch’èi posato un poco il corpo lasso, ripresi via per la piaggia diserta, sì che ’l piè fermo sempre era ’l più basso. Ed ecco, quasi al cominciar de l’erta, una lonza leggera e presta molto, che di pel macolato era coverta; e non mi si partia dinanzi al volto, anzi ’mpediva tanto il mio cammino, ch’i’ fui per ritornar più volte vòlto. Temp’ era dal principio del mattino, e ’l sol montava ’n sù con quelle stelle ch’eran con lui quando l’amor divino mosse di prima quelle cose belle; sì ch’a bene sperar m’era cagione di quella fiera a la gaetta pelle

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Il colle, il sole, la speranza

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Dante, dopo aver scorto un colle illuminato dai raggi del sole, prova un momentaneo sollievo dalla paura che lo ha assalito nella selva oscura. Si sente come un naufrago appena scampato alla tempesta, ancora incredulo di essere al sicuro. Con coraggio, inizia a salire verso la luce del mattino, simbolo della salvezza morale e della Grazia divina. Tuttavia, questa speranza si rivela presto illusoria: il passato, con i suoi vizi, interviene e impedisce a Dante di proseguire nel suo cammino verso la redenzione.

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Primo ostacolo: la lonza

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Dante, nel suo tentativo di salire verso il colle illuminato dal sole, è ostacolato da tre fiere: una lonza, un leone e una lupa. Queste rappresentano vizi che impediscono la sua ascesa verso la salvezza morale. Le fiere non appaiono nella selva oscura, ma quando Dante inizia il cammino verso il bene, rivelando gli ostacoli spirituali. La lonza, associata alla lussuria, è il primo vizio che Dante affronta, ma la luce del sole e l’arrivo della primavera suggeriscono che potrebbe riuscire a superarlo.

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l’ora del tempo e la dolce stagione; ma non sì che paura non mi desse la vista che m’apparve d’un leone. Questi parea che contra me venisse con la test’ alta e con rabbiosa fame, sì che parea che l’aere ne tremesse. Ed una lupa, che di tutte brame sembiava carca ne la sua magrezza, 51 e molte genti fé già viver grame, questa mi porse tanto di gravezza con la paura ch’uscia di sua vista, ch’io perdei la speranza de l’altezza. E qual è quei che volontieri acquista, e giugne ’l tempo che perder lo face, che ’n tutti suoi pensier piange e s’attrista; tal mi fece la bestia sanza pace, che, venendomi ’ncontro, a poco a poco mi ripigneva là dove ’l sol tace. Mentre ch’i’ rovinava in basso loco, dinanzi a li occhi mi si fu offerto chi per lungo silenzio parea fioco. Quando vidi costui nel gran diserto, «Miserere di me», gridai a lui, «qual che tu sii, od ombra od omo certo!». Rispuosemi: «Non omo, omo già fui, e li parenti miei furon lombardi, mantoani per patrïa ambedui.

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Secondo ostacolo: il leone

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Subito dopo la lonza, Dante incontra un leone, che si presenta fiero, con criniera alta e sguardo minaccioso. Questa fiera non si limita a bloccare il cammino del poeta, come la lonza, ma si avventa contro di lui, riempiendo l’aria di terrore. Il leone rappresenta il peccato di superbia, un vizio che Dante stesso ammetterà di aver commesso, in particolare nel Purgatorio. Questo secondo ostacolo evidenzia la gravità della superbia nella vita morale di Dante e la sua difficoltà a superarla.

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Terzo ostacolo: la lupa

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Dante incontra la lupa, il terzo ostacolo che impedisce la sua ascesa verso la luce. Questa creatura, magra e avida, simbolizza la cupidigia. Diversamente dai peccati personali come la lussuria (lonza) e la superbia (leone), la cupidigia assume un carattere collettivo, affliggendo molte persone. La disperazione causata dalla lupa è così forte che Dante perde la speranza di salvezza, venendo gradualmente respinto verso il buio. La forza della cupidigia è tale da richiedere l’intervento di Virgilio, che aiuterà Dante a proseguire il cammino.

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Comparsa di un aiutante: Virgilio

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Dante, sconfitto dalla lupa simbolo di cupidigia, viene soccorso da Virgilio, il poeta latino dell'Eneide. Inizialmente enigmatico, Virgilio diventa presto la guida di Dante nel suo viaggio. Virgilio rappresenta la ragione umana, in grado di condurre Dante fino alla salvezza morale, ma incapace di portarlo oltre, nel regno della grazia divina. Egli incarna anche la grandezza della civiltà romana, pur con i suoi limiti. Nel Purgatorio, Virgilio affronterà la propria esclusione dalla salvezza, rispecchiando le contraddizioni della ragione umana.

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Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi, e vissi a Roma sotto ’l buono Augusto nel tempo de li dèi falsi e bugiardi. Poeta fui, e cantai di quel giusto figliuol d’Anchise che venne di Troia, poi che ’l superbo Ilïón fu combusto. Ma tu perché ritorni a tanta noia? perché non sali il dilettoso monte ch’è principio e cagion di tutta gioia?». «Or se’ tu quel Virgilio e quella fonte che spandi di parlar sì largo fiume?», rispuos’ io lui con vergognosa fronte. «O de li altri poeti onore e lume, vagliami ’l lungo studio e ’l grande amore che m’ha fatto cercar lo tuo volume. Tu se’ lo mio maestro e ’l mio autore, tu se’ solo colui da cu’ io tolsi lo bello stilo che m’ha fatto onore.

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Dante si stupisce e chiede aiuto

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Quando Dante incontra Virgilio, il poeta antico che ammira profondamente, è sopraffatto dalla sorpresa e dalla vergogna. Virgilio è per lui non solo un idolo letterario, ma anche un maestro di stile che ha influenzato il suo modo di scrivere, elevando la sua espressione poetica a uno stile alto e nobile. Dante invoca Virgilio come soccorritore contro la bestia che lo minaccia, riconoscendolo non solo come poeta, ma anche come saggio e profeta. Questa visione di Virgilio è influenzata dalla tradizione medievale che lo ha trasformato in una figura profetica e sapiente, leggendolo come precursore della nascita di Cristo. Dante integra Virgilio nella propria narrazione con attributi e profezie che riflettono le preoccupazioni e le credenze del suo tempo.

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Vedi la bestia per cu’ io mi volsi; aiutami da lei, famoso saggio, ch’ella mi fa tremar le vene e i polsi». «A te convien tenere altro vïaggio», rispuose, poi che lagrimar mi vide, «se vuo’ campar d’esto loco selvaggio; ché questa bestia, per la qual tu gride, non lascia altrui passar per la sua via, ma tanto lo ’mpedisce che l’uccide; e ha natura sì malvagia e ria, che mai non empie la bramosa voglia, e dopo ’l pasto ha più fame che pria. Molti son li animali a cui s’ammoglia, e più saranno ancora, infin che ’l veltro verrà, che la farà morir con doglia. Questi non ciberà terra né peltro, ma sapïenza, amore e virtute, e sua nazion sarà tra feltro e feltro. Di quella umile Italia fia salute per cui morì la vergine Cammilla, Eurialo e Turno e Niso di ferute.

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Come Dante potrà scampare

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Virgilio, pur essendo un potente soccorritore, non può affrontare direttamente la lupa che blocca la strada di Dante verso il monte. La bestia, con il suo potere e la sua natura insaziabile, impedisce il passaggio e rappresenta un male così profondo che non può essere sconfitto con un semplice gesto. Virgilio rivela a Dante che il percorso verso la liberazione è molto più complesso di quanto pensasse; non basta salire al colle. Questo momento segna un cambiamento cruciale nella trama: la situazione iniziale di smarrimento e ostacoli viene messa da parte, e Dante deve intraprendere un viaggio più lungo e articolato, che rappresenta l'intero sviluppo della "Commedia".

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Profezia del veltro

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Virgilio profetizza che la lupa sarà sconfitta da un veltro, una figura simbolica che rappresenta un redentore capace di liberare l'Italia dalla cupidigia che la devasta. Tuttavia, c'è una contraddizione nei dettagli della profezia: non è chiaro se il veltro farà soffrire la lupa o la respingerà semplicemente all'Inferno. Questo veltro potrebbe essere interpretato come una figura politica, un riformatore religioso, o un idealizzato movimento di redenzione. In ogni caso, la profezia sottolinea il legame tra la salvezza individuale e quella collettiva, indicando che il cambiamento non può avvenire solo attraverso la conversione personale, ma richiede una trasformazione della società nel suo complesso.

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Questi la caccerà per ogne villa, fin che l’avrà rimessa ne lo ’nferno, là onde ’nvidia prima dipartilla. Ond’ io per lo tuo me’ penso e discerno che tu mi segui, e io sarò tua guida, e trarrotti di qui per loco etterno; ove udirai le disperate strida, vedrai li antichi spiriti dolenti, ch’a la seconda morte ciascun grida; e vederai color che son contenti nel foco, perché speran di venire quando che sia a le beate genti. A le quai poi se tu vorrai salire, anima fia a ciò più di me degna: con lei ti lascerò nel mio partire; ché quello imperador che là sù regna, perch’ i’ fu’ ribellante a la sua legge, non vuol che ’n sua città per me si vegna. In tutte parti impera e quivi regge; quivi è la sua città e l’alto seggio: oh felice colui cu’ ivi elegge!». E io a lui: «Poeta, io ti richeggio per quello Dio che tu non conoscesti, acciò ch’io fugga questo male e peggio, che tu mi meni là dov’ or dicesti, sì ch’io veggia la porta di san Pietro e color cui tu fai cotanto mesti». Allor si mosse, e io li tenni dietro.

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Virgilio guida di Dante...

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Il viaggio che Virgilio propone a Dante rappresenta un percorso di conversione che va oltre il male individuale, affrontando il male del mondo. Virgilio guiderà Dante attraverso l'Inferno e il Purgatorio, mostrando la disperazione dei dannati e le penitenze degli spiriti purganti, per poi congedarsi quando Dante deve ascendere al Paradiso. Beatrice prenderà il suo posto come guida, poiché Virgilio, essendo un poeta pagano, non può accedere al regno divino. Questo viaggio ha un carattere pedagogico e conoscitivo, volto a comprendere i peccati, come superarli e abbracciare i valori cristiani. Nonostante la consapevolezza della propria esclusione dal Paradiso, Virgilio rimane fiero della sua missione, che rimane straordinaria nonostante i suoi limiti.

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che lo segue prontamente

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Dante accetta prontamente l'invito di Virgilio a intraprendere il viaggio, spinto dalla voglia di fuggire il male che lo circonda. Si affida completamente alla guida di Virgilio, pregandolo di condurlo fino al Paradiso, iniziando attraverso l'Inferno. Questo consenso è dato senza riserve, e Dante non considera ancora tutti i rischi e le incognite del viaggio. Solo nel secondo canto, con una mente più calma, iniziano a emergere le sue prime esitazioni riguardo all'impresa.

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fine