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Attila e gli Unni
Bozza Elena
Created on April 10, 2024
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Transcript
Attila e gli Unni
Elena Bozza, Leonardo Marini, Leonardo Samachis
"Sono infidi ed incostanti nelle tregue, mobilissimi ad ogni soffio di una nuova speranza e sacrificano ogni sentimento ad un violentissimo furore. Ignorano profondamente, come animali privi di ragione, il bene ed il male, sono ambigui ed oscuri quando parlano, né mai sono legati dal rispetto per una religione o superstizione, ma ardono d’un’immensa avidità d’oro. "Ammiano Marcellino
DA ORIENTE A OCCIDENTE
Gli Unni, nomadi selvaggi, abitavano le immense e piatte distese del deserto del Gobi e della Mongolia. Da quella posizione costituivano una continua minaccia soprattutto per i Cinesi, i quali, per difendersi, costruirono la Grande Muraglia. Però gli Hsiung-nu – così i Cinesi chiamavano gli Unni – riuscirono a varcare l'immensa costruzione verso la metà del 3° secolo d.C. e a giungere a Pechino. Dovettero tuttavia presto ritirarsi dietro la spinta di altre popolazioni nomadi. Il seguente spostamento degli Unni verso occidente provocò un vero e proprio ‘effetto domino’. Le altre popolazioni barbariche premuti alle spalle da essi, varcarono i confini dell’Impero Romano. Da quel momento i Romani fecero ricorso al servizio di barbari esterni. Tra questi si contarono in numero sempre crescente gli Unni, che furono al servizio degli imperatori Graziano e Teodosio e dei generali Stilicone ed Ezio.
UN POPOLO DI NOMADI GUERRIERI
Le descrizioni che le fonti antiche riportano di questo popolo sono talmente terribili da sembrare incredibili, anche se la testimonianza di Prisco, che fu ambasciatore alla corte di Attila, è al di là di ogni sospetto. Erano piccoli, esili, più simili a bestie che a uomini, violenti e ferocissimi, vestiti di pelli di animali o di una tunica di tela che non cambiavano se non quando cadeva a brandelli. Vivevano praticamente in simbiosi con i loro cavalli; mangiavano radici e carne cruda, che facevano frollare fra le cosce dei cavalieri e il dorso dei cavalli. Si spostavano con le loro donne e i bambini su carri coperti di pelli. Non avevano alcuna credenza religiosa.
«Combattono alle volte se sono provocati ed ingaggiano battaglia in schiere a forma di cuneo con urla confuse e feroci. E come sono armati alla leggera ed assaltano all’improvviso per essere veloci, così, disperdendosi a bella posta in modo repentino, attaccano e corrono qua e là in disordine e provocano gravi stragi. Senza che nessuno li veda, grazie all’eccessiva rapidità attaccano il vallo e saccheggiano l’accampamento nemico. Potrebbero poi essere considerati senz’alcuna difficoltà i più terribili fra tutti i guerrieri poiché combattono a distanza con giavellotti forniti, invece che d’una punta di ferro, di ossa aguzze che sono attaccate con arte meravigliosa, e, dopo aver percorso rapidamente la distanza che li separa dagli avversari, lottano a corpo a corpo con la spada senz'alcun riguardo per la propria vita. Mentre i nemici fanno attenzione ai colpi di spada, quelli scagliano su di loro lacci in modo che, legate le membra degli avversari, tolgono loro la possibilità di cavalcare o di camminare.» Ammiano Marcellino
curiosità
Giordane scrisse che gli Unni "si procuravano ferite sulle guance come segno di lutto per i guerrieri più valorosi, piangendoli non con lacrime di donne ma con il sangue degli uomini". Inoltre gli Unni praticavano la deformazione cranica, allungandosi le teste. Il procedimento veniva applicato sin dalla più tenera infanzia e consisteva nello stringere la testa del bambino con un bendaggio, approfittando del fatto che a quell'età il cranio era ancora molle e in crescita.
I reperti archeologici provenienti dalle tombe confermano che gli Unni indossavano molti diademi, riccamente decorati, dorati o placcati in oro. E addirittura si pensa che la pratica comune altomedievale di decorare gioielli e armi con pietre preziose sembra aver avuto origine con gli Unni.
Le élite dominanti degli Unni praticavano la poligamia, mentre i cittadini comuni erano probabilmente monogami. Le donne probabilmente avevano un grande grado di autorità sulla famiglia. Inoltre, Prisco attesta anche che la vedova di Bleda, fratello di Attila, era al comando di un villaggio attraversato dagli ambasciatori romani, noto per aver avuto leader tribali donne.
ATTILA
Il flagello di Dio
LE ORIGINI
Attila fu una delle figure più cruente della Storia, capace di umiliare il glorioso Impero romano e di terrorizzare per anni un intero continente, guadagnandosi il simpatico soprannome il futuro flagello di dio.Nacque nel 406 d.C d.C. circa. Lui e il fratello Bleda vennero educati dal padre Manzuco secondo gli usi della gente nomade: impararono il tiro con l'arco, il combattimento con la spada e l'uso del lazo, come cavalcare e prendersi cura dei cavalli e tattiche militari e diplomatiche. I fratelli parlavano e forse leggevano anche il gotico e il latino. Quando morì il padre, gli zii lo mandarono a Ravenna “come ostaggio” in garanzia della pace fra gli Unni e l'impero Romano. Per questo conosceva bene il mondo dei romani e sapeva negoziare con loro.
Il regno di Attila
Gli Unni arrivano a Constantinopoli e stipulano un nuovo trattato con l'imperatore Teodosio
Attila combatte l'Impero Romano d'Oriente
Pace di Margus tra gli Unni e l'Impero Romano
Attila e Bleda ereditano l'impero unno dagli Octar e Ruga
Ezio sconfigge gli Unni in Francia
443
434
447
451
438
450
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441
445
436-437
Onoria, sorella di Valentiniano III (Occidente) propose ad Attila di sposarla
Attila assedia Aquileia
Gli Unni invadono i Balcani
Attila si allea con il generale romano d'Occidente Ezio per distruggere il regno borgognone.
Bleda muore e Attila diventa unico sovrano
L'INCONTRO CON PAPA LEONE I
Alcuni storici, fra i quali il Prisco, sostennero la tesi che Attila, superstizioso, si sia lasciato convincere dal ricordo della fine di Alarico, che dopo aver conquistato Roma morì in circostanze misteriose mentre ritornava in patria. Altri citano il leggendario incontro tra il re unno e il Papa Leone I, in seguito al quale il re, inspiegabilmente, aveva accettato di ritirare le truppe. L’ultima ipotesi, probabilmente la più veritiera, è quella che vuole che gli ambasciatori, fra i quali il Papa, abbiano portato con loro una grossa quantità d’oro, che, unita alla effettiva debolezza dell’esercito unno, abbia contribuito in maniera decisiva alla ritirata dell’esercito unno.
LA MORTE DI ATTILA
Dalle poche notizie a nostra conoscenza, Attila morì nei primi mesi del 453. a ucciderlo sembra sia stata un'emorragia che lo colse dopo un banchetto tenuto per celebrare le nozze con la sua nuova moglie Ildiko. Molti anni dopo prese corpo la voce che fosse stata proprio la sposa a ucciderlo nel sonno. Il re unno venne sepolto in tre bare, una di ferro, la seconda d’argento e la terza, la più grande, di oro. Tutto il bottino a lui spettante, conquistato in anni di razzie e ruberie per tutta l’Europa venne sepolto con lui. Tutto il corteo funebre, gli uomini che avevano scavato la tomba e i guerrieri che vigilavano sulla sua persona, vennero uccisi e sepolti in sua compagnia, per rendere segreta la sua sepoltura. La leggenda che è durata di più nel corso dei secoli, vuole che la tomba sia scavata nei pressi di Tisza, vicino al Danubio, in Ungheria. Vero o no che sia, la tomba di Attila non è mai più stata ritrovata.
UN CONDOTTIERO SPIETATO
"Dove passa attila non cresce più l'erba."
Durante il suo regno si guadagnò la sua terribile fama, eliminando con crudeltà i suoi nemici e permettendo alle sue truppe di saccheggiare città, incendiare case e stuprare le donne dei luoghi invasi. La paura che incuteva nei suoi nemici alimentò miti e leggende: si dice che ogni qual volta prendesse una città, subito chiedeva che gli venissero consegnato i traditori che erano passati al nemico e che questi, pur di non subire la tremenda punizione, si uccidevano senza esitazione. Si narra addirittura che mangiò i suoi figli Erp e Eitil. La sua mania di grandezza era tale che, secondo una leggenda, quando a Milano vide un dipinto che ritraeva degli Imperatori circondati da re barbari imploranti, ordinò di modificare l'opera sostituendo i supplici con gli imperatori e mettendo sè stesso sul trono al posto dei Cesari romani. Nonostante il suo impero si fosse disgregato alla sua morte, è diventato una figura leggendaria nella storia europea.
FINE
SITOGRAFIA: https://www.history.com/topics/ancient-middle-east/attila https://www.focusjunior.it/scuola/storia/attila-storia-del-flagello-di-dio/#main-gallery=slide-1 http://www.latelanera.com/misteriefolclore/misteriefolclore.asp?id=133 https://it.wikipedia.org/wiki/Unni https://www.treccani.it/enciclopedia/unni_%28Enciclopedia-dei-ragazzi%29/ https://www.historiaregni.it/la-prima-descrizione-degli-unni/
Octar era il re dell'ala occidentale degli Unni che espanse l'Impero in Germania e, secondo quanto riferito, morì di eccesso di cibo. Ruga era il signore supremo orientale che dichiarò guerra all'Impero Romano d'Oriente e presumibilmente morì per un fulmine mentre invadeva la Tracia. L'impero ereditato da Attila e Bleda si estendeva dalla regione del Reno fino ai confini dell'Iran sassanide nel Caucaso.
Attila nel 451 varcò il Reno alla testa di un vasto esercito formato da Unni, Ostrogoti e Burgundi; prese a devastare i territori della Gallia, costringendo l’imperatore d’Occidente, Valentiniano III, a inviare un esercito per bloccare l’avanzata con a capo Ezio. Ezio coinvolse i Visigoti di Teodorico I e gli Alani di Sangibano in un’alleanza contro gli Unni.Quando gli Alani arrivarono in Gallia, Ezio e Todorico I mossero alla volta di Orléans, assediata da Attila, per riprenderne il controllo. Attila abbandonò quindi la città e si mosse verso l’aperta campagna, dove il 20 giugno del 451 d.C. si svolse la battaglia dei Campi Catalaunici. Attila venne sconfitto e ritirò le sue truppe oltre il Reno.
Nel 452 Attila penetrò dunque nell'Italia Settentrionale, mettendola a ferro e fuoco. Ad Aquileia, in Friuli, il Re degli Unni incontrò la prima grande resistenza, tanto che ad un certo punto stava per togliere l'assedio alla città, convinto che non potesse essere presa. Proprio quando stava per dare l'ordine però, vide una cicogna bianca calare sulla città, alla ricerca di un nido. Attila, che era molto superstizioso, lo prese come un segnale di buon auspicio e proseguì il suo proposito. Dopo poco tempo, quasi miracolosamente, Aquileia cadde. La seguirono ben presto Padova e Milano e l'imperatore Valentiniano fu costretto a scappare a Roma (allora l'imperatore viveva a Ravenna).