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PHILìA
NERI DIEGO
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Transcript
l'Amicizia secondo Aristotele
"il maestro di color che sanno" Dante, Inferno IV
philìa
Platone 428 a.C. - 347 a.C
Epicuro 341 a.C. - 270 a.C.
Cicerone 106 a.C - 43 a.C.
384 a.C./383 a.C. – 322 a.C. Aristotele
470 a.C./469 a.C. – 399 a.C. Socrate
L'amicizia è sin dagli albori dell'indagine filosofica greca uno dei temi più pervasivi e di interesse
Tra i modelli piu celebri troviamo certamente quello di Platone, dei filosofi ellenistici come Epicuro e quello del latino Marco Tulio Cicerone che al tema ha persino dedicato un libro a sé stante, il "Laelius de amicitia" ("Sull'amicizia")
Nessuna di queste però è stata influente quanto la concezione di Aristotele, la cui dottrina fu per secoli ostentata e difesa dalla chiesa cattolica in quanto "ipse dixit"
L'ETICA
Finalismo etico: ogni azione umana è indirizzata verso un fine positivo e desiderabile, cioè un bene, che Aristotele sostiene essere la felicità
Per raggiungere il proprio bene ultimo un ente necessita di realizzare la propria natura
Natura che negli umani è definita dalla ragione
L’agire razionalmente può essere tradotto come agire secondo virtù. Quindi la virtù è il mezzo attraverso il quale si può raggiungere il bene finale.
Aristotele definisce due diversi tipi di virtù umane
Aristotele definisce due diversi tipi di virtù umane
Etica Nicomachea
Virtù etiche
Virtù dianoetiche
Utilizzo della ragione di per se nell'anima intellettiva
Capacità della ragione di dominare gli impulsi provenienti dall'anima sensitiva
Le due più importanti sono sapienza e saggezza
Questi impulsi devono essere regolati secondo la via del gisuto mezzo
La sapienza, che risiede su un gradino superiore, permette attraverso il pensiero teoretico di raggiungere le verità universali
La saggezza è la gestione razionale delle nostre azioni e si manifesta mediante il pensiero pratico
Esalta in particolare la giustizia, considerata intrinsecamente virtuosa e sintesi di tutte le virtù etiche
Il sapiente (ad esempio il filosofo) è in grado di raggiungere la felicità più elevata perché realizza l'essenza razionale dell'anima intellettiva
l'acquisizione della virtù
Quì diventa fondamentale la pratica dell'amicizia(philìa)Essa costituisce uno strumento utile ad acquisire l'abitudine del bene
Aristotele è contrario a ciò che sosteneva Socrate , secondo egli infatti sarebbe bastato conoscere il bene per praticarloma Aristotele sostiene che questo non basti e che l'uomo diventi effettivamente virtuoso attraverso l'abitudine
l'amicizia dimostra anche la natura sociale dell'uomo -> ZOON POLITICON
IL TERMINE PHILìA E L'AMORE
- eros : amore come desiderio carnale (éramai = bramare)
- àgape : amore incondizionato ed altruistico (agapào = avere caro)
- philìa : amore inteso come legame d'affetto ( avente un'origine etimologica sconosciuta , tradotto come amicizia )
le 3 forme di amicizia
- Philìa basata sull'utilità reciproca -> temporanea e passeggera
- Philìa basata sul piacere reciproco -> non garantisce la stabilità a lungo termine
- Philìa basata sul bene reciproco -> più autentica e duratura
Le riflessioni di Aristotele sull'amicizia sono contenute in particolare nei libri VIII e IX dell' ETICA NICOMACHEA " senza amici, nessuno sceglierebbe di vivere, anche se possedesse tutti gli altri beni"
1. [Necessità dell’amicizia. Dottrine sull’amicizia]. [1155a] Dopo queste cose, dovrà far seguito una trattazione dell’amicizia, poiché essa è una virtù o è accompagnata da virtù, ed è, inoltre, radicalmente necessaria alla vita. Infatti, senza amici, nessuno sceglierebbe di vivere, anche se possedesse tutti gli altri beni; anzi si ritiene comunemente che siano proprio i ricchi e i detentori di cariche e di poteri ad avere il più grande bisogno di amici: infatti, quale utilità avrebbe una simile prosperità, se fosse tolta quella possibilità di beneficare che si esercita soprattutto, e con molta lode, nei riguardi degli amici? Ovvero, come potrebbe essere salvaguardata e conservata senza amici? Quanto più è grande, infatti, tanto più è esposta al rischio. E nella povertà e nelle altre disgrazie gli uomini pensano che l’unico rifugio siano gli amici. Essa poi aiuta i giovani a non commettere errori, i vecchi a trovare assistenza e ciò che alla loro capacità d’azione viene a mancare a causa della debolezza, ed infine, coloro che sono nel fiore dell’età a compiere le azioni moralmente belle: "Due che marciano insieme...", infatti, hanno una capacità maggiore sia di pensare sia di agire. E sembra che tale atteggiamento sia insito per natura nel genitore verso la prole e nella prole verso il genitore, non solo negli uomini, ma anche negli uccelli e nella maggior parte degli animali, negli individui appartenenti alla stessa specie fra di loro, e soprattutto negli uomini, ragion per cui noi lodiamo coloro che amano gli altri esseri umani. E si può osservare anche nei viaggi come ogni uomo senta affinità ed amicizia per l’uomo. Sembra, poi, che sia l’amicizia a tenere insieme le città, ed i legislatori si preoccupano più di lei che della giustizia: infatti, la concordia sembra essere qualcosa di simile all’amicizia; ed è questa che essi hanno soprattutto di mira, ed è la discordia, in quanto è una specie di inimicizia, che essi cercano soprattutto di scacciare. Quando si è amici, non c’è alcun bisogno di giustizia, mentre, quando si è giusti, c’è ancora bisogno di amicizia ed il più alto livello della giustizia si ritiene che consista in un atteggiamento di amicizia. E non solo è una cosa necessaria, ma è anche una cosa bella: infatti, noi lodiamo coloro che amano gli amici, anzi si ritiene che l’avere molti amici sia qualcosa di bello; ed inoltre, si pensa che sono gli stessi uomini che sono buoni ed amici.
1. [Necessità dell’amicizia. Dottrine sull’amicizia]. Non pochi, poi, sono gli argomenti di discussione in materia di amicizia. Alcuni, infatti, la definiscono come una specie di somiglianza e affermano che gli uomini simili sono amici, dal che deriva il detto che "il simile va col simile" e "la cornacchia va con la cornacchia", e simili; altri, al contrario, [1155b] affermano che tutti gli uomini che si assomigliano sono come dei vasai rispetto a vasai. E su questi stessi argomenti conducono una ricerca più profonda, e fondata piuttosto su considerazioni naturalistiche, Euripide quando dice "la terra inaridita ama la pioggia, e il venerando cielo, pregno di pioggia, ama cadere sulla terra", ed Eraclito quando dice che "l’opposto è utile", "dai suoni differenti nasce la più bella armonia" e "tutte le cose si generano dalla discordia". In senso contrario a costoro, altri, e specialmente Empedocle, dicono: "è il simile che tende al simile". Orbene, questi problemi di carattere naturalistico lasciamoli a parte (giacché non sono appropriati alla presente ricerca). Occupiamoci, invece, dei problemi riguardanti l’uomo e che concernono i caratteri e le passioni: ad esempio, se l’amicizia nasce in tutti gli uomini, ovvero non è possibile che gli uomini malvagi siano amici, e se c’è una sola specie di amicizia o più. Infatti, coloro che pensano che ce ne sia una sola, perché ammette il più ed il meno, danno credito ad un indizio insufficiente, giacché ammettono il più ed il meno anche cose che sono differenti per specie. Ma di queste cose si è trattato precedentemente.
2. [I tre motivi dell’amicizia: bene, piacere, utilità]. A questo proposito ci sarà chiarezza una volta conosciuto ciò che è degno di essere amato. Si ritiene, infatti, che non ogni cosa è amata, ma solo ciò che è degno di essere amato, e che questo è buono o piacevole o utile: si ammetterà che utile è ciò da cui deriva un bene o un piacere, cosicché degni di essere amati saranno il bene ed il piacere intesi come fini. Orbene, gli uomini amano il bene in sé o ciò che è bene per loro? Talora, infatti, si tratta di cose discordanti. Lo stesso vale anche per il piacevole. Si riconosce che ciascuno ama ciò che è bene per lui, e che in senso assoluto è il bene che è degno di essere amato, ma in senso relativo a ciascun uomo lo è ciò che è bene per lui: ma ciascuno ama non ciò che è bene per lui, ma ciò che gli appare tale. Ma non ha importanza: infatti, degno di essere amato sarà ciò che tale appare251. Essendo, dunque, questi tre i motivi per cui si ama, per l’affezione alle cose inanimate non si usa il termine "amicizia": esse, infatti, non possono ricambiarci l’affezione, né noi possiamo volere un bene per loro252 (giacché sarebbe certamente ridicolo volere il bene per il vino; ma se pur così è, ciò che si vuole è che esso si conservi, per averlo per noi); si dice, invece, che bisogna volere il bene per l’amico per lui stesso. Ma quelli che così vogliono il bene degli altri si chiamano benevoli, anche se non vengono da quegli altri ricambiati: la benevolenza, infatti, è amicizia solo quando è reciproca. O non bisogna aggiungere anche "quando non rimane nascosta"? Molti, infatti, sono benevoli verso uomini che non hanno visto mai, ma che giudicano virtuosi, [1156a] o utili: questo medesimo sentimento potrebbe provare per loro uno di quelli. Costoro, dunque, sono manifestamente benevoli gli uni verso gli altri: ma come si potrebbe chiamarli amici, se tengono nascosto l’uno all’altro il proprio sentimento? Bisogna dunque, per essere amici, essere benevoli gli uni verso gli altri e non nascondere di volere il bene l’uno dell’altro, per uno dei motivi che abbiamo detto.
2. [I tre motivi dell’amicizia: bene, piacere, utilità]. A questo proposito ci sarà chiarezza una volta conosciuto ciò che è degno di essere amato. Si ritiene, infatti, che non ogni cosa è amata, ma solo ciò che è degno di essere amato, e che questo è buono o piacevole o utile: si ammetterà che utile è ciò da cui deriva un bene o un piacere, cosicché degni di essere amati saranno il bene ed il piacere intesi come fini. Orbene, gli uomini amano il bene in sé o ciò che è bene per loro? Talora, infatti, si tratta di cose discordanti. Lo stesso vale anche per il piacevole. Si riconosce che ciascuno ama ciò che è bene per lui, e che in senso assoluto è il bene che è degno di essere amato, ma in senso relativo a ciascun uomo lo è ciò che è bene per lui: ma ciascuno ama non ciò che è bene per lui, ma ciò che gli appare tale. Ma non ha importanza: infatti, degno di essere amato sarà ciò che tale appare. Essendo, dunque, questi tre i motivi per cui si ama, per l’affezione alle cose inanimate non si usa il termine "amicizia": esse, infatti, non possono ricambiarci l’affezione, né noi possiamo volere un bene per loro (giacché sarebbe certamente ridicolo volere il bene per il vino; ma se pur così è, ciò che si vuole è che esso si conservi, per averlo per noi); si dice, invece, che bisogna volere il bene per l’amico per lui stesso. Ma quelli che così vogliono il bene degli altri si chiamano benevoli, anche se non vengono da quegli altri ricambiati: la benevolenza, infatti, è amicizia solo quando è reciproca. O non bisogna aggiungere anche "quando non rimane nascosta"? Molti, infatti, sono benevoli verso uomini che non hanno visto mai, ma che giudicano virtuosi, [1156a] o utili: questo medesimo sentimento potrebbe provare per loro uno di quelli. Costoro, dunque, sono manifestamente benevoli gli uni verso gli altri: ma come si potrebbe chiamarli amici, se tengono nascosto l’uno all’altro il proprio sentimento? Bisogna dunque, per essere amici, essere benevoli gli uni verso gli altri e non nascondere di volere il bene l’uno dell’altro, per uno dei motivi che abbiamo detto.
3. [Le tre specie dell’amicizia]. Ma questi motivi differiscono tra loro per specie: quindi, anche le affezioni e le amicizie. Per conseguenza, le specie dell’amicizia sono tre, di numero uguale agli oggetti degni di essere amati: per ciascuna classe di essi, infatti, c’è una reciproca palese affezione, e quelli che si amano reciprocamente vogliono l’uno il bene dell’altro, bene specificato dal motivo per cui si amano. Orbene, quelli che si amano reciprocamente a causa dell’utilità, non si amano per se stessi, ma in quanto ne deriva loro, reciprocamente, un qualche bene. Parimenti nel caso in cui si amino a causa del piacere: infatti, essi non amano gli uomini spiritosi per il fatto che posseggono quella determinata qualità, ma perché a loro risultano piacevoli. Dunque, coloro che amano a causa dell’utile, amano a causa di ciò che è bene per loro, e quelli che amano per il piacere lo fanno per ciò che è piacevole per loro, e non in quanto l’amato è quello che è, ma in quanto è utile o piacevole. Per conseguenza, queste amicizie sono accidentali: infatti, non è in quanto è quello che è che l’amato è amato, ma in quanto procura un bene o un piacere. Per conseguenza, le amicizie di tale natura si dissolvono facilmente, perché gli amici non rimangono uguali a se stessi: se, infatti, uno non è più utile o piacevole, l’altro cessa di amarlo. E l’utile non è costante, ma è diverso di volta in volta. Quindi, svanito il motivo per cui erano amici, si dissolve anche l’amicizia, dal momento che l’amicizia sussiste in relazione a quei fini. Si riconosce che l’amicizia di questo tipo sorge soprattutto tra i vecchi (giacché gli uomini di tale età non perseguono più il piacevole ma l’utile), e negli uomini maturi e nei giovani sorge solo tra quelli che perseguono l’utile. Ma non è che costoro vivano molto in compagnia gli uni degli altri. Talora, infatti, non riescono piacevoli gli uni agli altri: perciò non sentono neppure il bisogno di tale compagnia, a meno che questi amici non siano utili. Infatti, in tanto risultano piacevoli gli uni agli altri, in quanto hanno la speranza di un bene. Tra queste amicizie viene posta anche quella verso gli ospiti. Invece, si ritiene che l’amicizia dei giovani sia causata dal piacere: questi, infatti, vivono sotto l’influsso della passione, e perseguono soprattutto ciò che è per loro un piacere immediato. Ma col procedere dell’età anche le cose che fanno piacere diventano diverse. È per questo che i giovani rapidamente diventano amici e rapidamente cessano di esserlo: infatti, l’amicizia muta insieme col mutare di ciò che fa piacere, [1156b] e il mutamento di un tale tipo di piacere è rapido. Inoltre, i giovani sono inclini alla passione amorosa, giacché gran parte del sentimento amoroso segue la passione e deriva dal piacere: perciò essi s’innamorano e cessano d’amare rapidamente, mutando sentimento più volte nello stesso giorno. Essi, però, vogliono passare insieme i loro giorni e la vita intera: è in questo modo, infatti, che si procurano ciò che si ripromettono dall’amicizia.
L’amicizia perfetta, invece, è l’amicizia degli uomini buoni e simili per virtù: costoro, infatti, vogliono il bene l’uno dell’altro, in modo simile, in quanto sono buoni, ed essi sono buoni per se stessi. Coloro che vogliono il bene degli amici per loro stessi sono i più grandi amici; infatti, provano questo sentimento per quello che gli amici sono per se stessi, e non accidentalmente. Orbene, l’amicizia di costoro perdura finché essi sono buoni, e, d’altra parte, la virtù è qualcosa di permanente. E ciascuno è buono sia in senso assoluto sia in relazione al suo amico, giacché i buoni sono sia buoni in senso assoluto sia utili gli uni agli altri. E come sono buoni, sono anche piacevoli, giacché i buoni sono piacevoli sia in senso assoluto sia gli uni in relazione agli altri: infatti, per ciascuno sono fonte di piacere le azioni conformi alla sua natura e quelle dello stesso tipo, e le azioni dei buoni sono appunto identiche o simili. E una tale amicizia, naturalmente, è permanente, giacché congiunge in sé tutte le qualità che gli amici devono possedere. Infatti, ogni amicizia è causata da un bene o da un piacere, o in senso assoluto o in relazione a colui che ama, e si fonda su una certa somiglianza. Ma in questa amicizia si trovano tutte le cose suddette in virtù di ciò che gli amici sono per se stessi: in questa, infatti, gli amici sono simili, e c’è pure il resto (il buono e il piacevole in senso assoluto), e sono soprattutto questi gli oggetti degni di essere amati; per conseguenza, in questi uomini anche l’amore e l’amicizia sono del massimo livello e della migliore qualità. Ma è naturale che simili amicizie siano rare, giacché pochi sono gli uomini di tale natura. Inoltre, richiede tempo e consuetudine di vita comune: secondo il proverbio, infatti, non è possibile conoscersi reciprocamente finché non si è consumata insieme la quantità di sale di cui parla appunto il proverbio. Per conseguenza, non è possibile accogliersi come amici, né essere amici, prima che ciascuno si sia manifestato all’altro degno di essere amato e prima che ciascuno abbia ottenuto la confidenza dell’altro. E coloro che si scambiano rapidamente l’un l’altro i segni dell’amicizia, vogliono, sì, essere amici, ma non lo sono, se non sono anche degni di essere amati e se non lo sanno: infatti, la volontà di amicizia sorge rapidamente, ma non l’amicizia.
Grazie per l'attenzione
Zuccarini Cecilia e Neri Diego IV LSA
THANK YOU